Il Presidente degli USA Donald Trump ha dichiarato in un’intervista al New York Post, pubblicata l’8 febbraio, di aver parlato al telefono con il Presidente russo Vladimir Putin per cercare di negoziare la fine della guerra tra Russia e Ucraina. Alla domanda sulla durata della suddetta conversazione telefonica Trump ha risposto: «Preferisco tacere».
Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, da parte sua, il 9 febbraio ha dichiarato alla agenzia russa Interfax di non poter «né confermare né smentire» le informazioni sulla telefonata tra Putin e Trump: «Mentre l’amministrazione di Washington svolge il suo lavoro, ci sono molte comunicazioni diverse, e queste comunicazioni sono condotte attraverso diversi canali, e, naturalmente, in mezzo alla molteplicità di queste comunicazioni, io personalmente potrei non sapere qualcosa, potrei non essere a conoscenza di qualcosa. Pertanto, in questo caso non posso né confermare né smentire».
Il portavoce di Putin può non sapere una cosa del genere? Chi ci crede alzi il mouse (o il telefono) e si autodefinisca in una parola. O in due…
Io, da parte mia, posso solo dire che in teoria tutto è possibile, nulla può essere escluso. In generale, non vedo nulla di improbabile o addirittura sorprendente nel fatto che Trump sia in grado semplicemente di inventare le proprie conversazioni con Putin. Allo stesso modo, è capace di inventare l’esistenza sia dei negoziati che dell’accordo per la fine della guerra. Può dire che i negoziati si sono svolti molto tempo fa, che l’accordo è stato firmato con successo e che «preferisce tacere sul resto». E Peskov può continuare a commentare dicendo che non può né confermare né smentire. E sulla televisione statale russa i politologi e deputati (pro-Cremlino perché gli altri non sono in circolazione libera) inventeranno e analizzeranno le clausole di questo accordo immaginario e le posizioni dei due Capi di Stato. E il fatto che la guerra continui sarà spiegato con il comportamento delle persone cattive che stanno infrangendo un accordo così bello.
Dopodiché Trump si dedicherà ad altre cose per lui ben più importanti: comprare e annettere l’Australia agli USA e rinominare l’Oceano Indiano in Oceano Indigeno.
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L’inviato speciale per l’Ucraina e la Russia Keith Kellogg ha smentito le voci diffuse da certi media e ha dichiarato che non presenterà il piano di Donald Trump per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina la prossima settimana alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Secondo Kellogg, il piano sarà presentato dallo stesso Trump: «Lo aiuteremo a prepararsi, ma non succederà la prossima settimana».
E ora traduciamo le parole di Keith Kellogg dal diplomatico statunitense all’umano quotidiano: Donald Trump non ha un piano sulla fune della guerra e non immagina nemmeno in cosa possa consistere un piano del genere.
Probabilmente, pure Trump capisce (o intuisce) che la guerra non può finire in seguito alla firma di un ordine esecutivo del Presidente degli USA: bisogna fare qualcosa di concreto e ben pianificato. Mentre Trump non sa (o non ha voglia) fare le cose del genere e non pensava (?) di doverlo fare nel corso dei prossimi quattro anni (ricordiamoci che in ogni scherzo che una buona dose di verità).
Di conseguenza, dobbiamo or esprime le nostre condoglianze ai collaboratori di Trump che improvvisamente si sono trovati di fronte a un nuovo problema: devono inventarsi un piano che deve piacere sia al loro capo che a diverse altre persone…
Donald Trump ha dichiarato (ancora il 3 febbraio) che Washington sta cercando di concludere un accordo con Kiev in base al quale l’Ucraina ricambierà agli aiuti americani con «i suoi metalli di terre rare e altre cose».
Olaf Scholz ha criticato l’idea di Trump e ha detto che è «egoista ed egocentrico» usare le risorse dell’Ucraina per finanziare la difesa del Paese.
Vladimir Zelensky ha affermato che il «piano di vittoria» presentato dalle autorità ucraine nel settembre 2024 include investimenti (che a loro volta includono la difesa) nella estrazione delle risorse naturali.
Mario Rossi un lettore comune, come prima reazione è indignato: Trump sta facendo una sorta di sciacallaggio e approfittando della situazione difficile della Ucraina, Zelensky è d’accordo per disperazione e Scholz critica invece di dare l’esempio della cosa giusta da fare.
In realtà, però, la persona che più ha ragione in questa situazione è Zelensky. Non escludo che in un lontano dopoguerra alcune persone dotate di una particolare intelligenza alternativa inizieranno ad accusarlo attivamente di aver «svenduto il Paese», ma non possiamo e non dobbiamo preoccuparci ora di personaggi del genere. L’importante sono l’obiettivo e il risultato. E l’obiettivo è molto chiaro: creare un ulteriore interesse «pratico» dell’Occidente ad aiutare l’Ucraina. Si tratta della continuazione della missione quasi triennale di Zelensky per la ricerca delle armi necessarie per la difesa. Poiché non tutti nell’Occidente sono in grado di pensare alle conseguenze a lungo termine del successo militare di Putin (sia politiche che economiche), lasciamo che ottengano la promessa delle risorse naturali già ora. Mentre quando la guerra sarà finita, l’Ucraina avrà ancora delle opzioni per non costruire la propria economia solo sulla dipendenza dalle risorse naturali.
Se Trump otterrà presto metalli di terre rare dalla Ucraina è una questione a parte. In estrema sintesi: non ne assolutamente sono sicuro.
La Reuters scrive che la Russia sta prendendo in considerazione l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti come sede di un possibile incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump.
Da una parte, in teoria, sembra una scelta logica: nessuno di quei due Stati relativamente seri è membro della Corte penale internazionale che ha emesso il mandato di arresto per Putin.
Dall’altra parte, Donald Trump non sembra intenzionato a dare, finalmente, l’inizio a quelle 24 ore nel corso delle quali aveva promesso di finire la guerra in Ucraina: si limita a confermare – più o meno vagamente – l’intenzione di farlo quando viene posto di fronte a una ennesima domanda esplicita sull’argomento. Questo significa che non sappiamo se e quando il famoso incontro avverrà.
Da un’altra parte ancora, vediamo che per Trump lo show è molto più importante del contenuto e delle conseguenze reali di quello che fa. Vuole apparire (sottolineo: apparire) un figo che risolve tutto in una mossa. Ed ecco che è riuscito a ispirare una mia fantasia folle: Trump che si gira verso i propri collaboratori e dice qualcosa del tipo «ora prendete questo nano, caricatelo sull’aereo e portatelo direttamente in Olanda».
No, oggi ho fumato troppo. Tra un po’ mi riprendo e scrivo qualcosa di serio…
L’Associated Press comunica: la Casa Bianca sta pianificando l’assunzione di altri stenografi perché il personale già esistente non è più in grado di far fronte al carico di lavoro dopo l’entrata in carica del Presidente Donald Trump. Nella prima settimana dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha parlato pubblicamente per un totale di 7 ore e 44 minuti e ha pronunciato 81.235 parole. Joe Biden nel corso della sua prima settimana di quattro anni fa aveva detto solo 24.259 parole (ma ci ricordiamo che non era velocissimo a parlare nemmeno all’inizio della sua Presidenza).
Posso immaginare già la prossima notizia della serie: arriva Elon Musk e, da capo della struttura che gli è stata promessa, taglia pure gli stenografi di Trump.
Posso ipotizzare anche una spiegazione aggiuntiva della suddetta notizia futura: da amante dei regimi strani (tipo quello putiniano), Musk potrebbe avere imparato a giocare con la statistica statale ufficiale (o quella del retail adottata un po’ in tutto il mondo). Prima di fare i tagli aumenti l’entità da tagliare, poi con i «tagli» torni ai livelli di prima e dici di avere raggiunto dei risultati. Questa sarà pure una mossa in linea con l’attuale modo di fare di Trump-presidente: dichiari un obbiettivo ragionevole e utile, ma tenti di raggiungerlo in peggior modo possibile.
Insomma, prevedo delle cose curiose da osservare.
Ehm, però anche la seconda metà della giornata è finita, ma non è stata posta fine alla guerra: che strano…
In realtà, quando aveva detto di riuscire a farla finire in un giorno, non era stato molto chiaro quando sarà precisamente quel giorno. Potrebbe dire «lo faccio in un giorno, il sabato 26 gennaio 2137».
Questa donna deve realmente avere qualche superpotere speciale innato o qualche antico artefatto magico che le permetta di sopportare tutti i giorni il ruolo eroico di moglie di Donald Trump… Io, personalmente, scommetto che Melania avvicina qualcosa alla faccia (non la mano ahahaha) ogni mattina.
E ora passiamo ora alle cose più serie. Continuare la lettura di questo post »
Auguri a tutti noi: da ieri ufficialmente viviamo in un mondo con un nuovo-vecchio Presidente statunitense. È un politico giovane — ha appena 78 anni invece degli 82 del suo predecessore — ma conosciamo già le sue caratteristiche principali: per esempio, sappiamo che è imprevedibile, che particolarmente spesso non intende o non si ricorda di fare quello che dice e che continua a essere convinto di poter lavorare come se le altre Istituzioni non esistessero. Allo stesso tempo, non sappiamo quanto peggio sarebbe stata, se eletta, la sua concorrente alle elezioni presidenziali: di caratteristiche non ne aveva proprio, quindi, molto probabilmente, avrebbe continuato la politica del non fare alcunché già adottata dal predecessore.
Auguri a noi anche per un altro motivo: il Presidente precedente a quello insediatosi ieri ha deciso che non può e non deve essere superato nemmeno da quello nuovo. Ha deciso che il suo nemico politico non deve essere unico a essere ricordato come un personaggio «strano» (utilizziamo tale termine neutrale per evitare la censura ahahaha) e nell’ultimo giorno di lavoro ha firmato questo bellissimo documento:
Insomma, se qualcuno pensa ancora che il corso delle cose abbia preso una brutta direzione, diciamoglielo: si è svegliato un po’ tardi.
Ieri l’agenzia Bloomberg ha deciso di pubblicare una grandissima rivelazione che in pochissimi – appena il 146% delle persone che seguono le notizie internazionali – sapevano già: Vladimir Putin chiederà, durante i colloqui con il Presidente eletto degli USA Donald Trump sulla guerra tra Russia e Ucraina, che l’Ucraina tagli nettamente i legami militari con la NATO e diventi uno Stato neutrale con un esercito limitato. Effettivamente, si tratta delle pretese avanzate da Putin nei confronti dell’Universo già dal momento antecedente l’inizio della grande guerra in Ucraina.
È assolutamente comprensibile perché Putin vuole una cosa del genere: non perché si è dimenticato che prima della guerra la NATO (come l’UE e tante altre organizzazioni interstatali) non consideravano proprio l’Ucraina come un potenziale Stato-membro. Lo vuole per poter attaccare di nuovo, in qualsiasi momento e con la massima comodità uno Stato vicino indifeso, possibilmente ancora meno difeso di prima.
Quello che per ora non mi è del tutto chiaro è quanto Trump conosca le abitudini di Putin: si dice che il Presidente eletto abbia la mentalità da imprenditore (per ora trascuriamo la qualità dei suoi successi imprenditoriali), ma questo dovrebbe significare che si aspetta da ogni propria controparte una certa tendenza a rispettare gli accordi presi. Mentre Putin ha la mentalità non da imprenditore, ma da faccendiere russo degli anni ’90: «prendi qualcosa che è custodito male e scappa»; di conseguenza, rispetta accordi solo fino al momento in cui non si sente abbastanza forte da violarli (in 25 anni ne abbiamo avuto tantissime conferme).
Ora voglio vedere se quanto lo capisce Trump. Ma la Bloomberg è troppo impegnata a inventare le notizie per indagare su questo fatto.
In una intervista alla rivista Time, che lo ha nominato uomo dell’anno 2024 (a proposito: un raro caso in cui la scelta sembra assolutamente logica), il presidente eletto degli USA Donald Trump si è espresso contro la possibilità di permettere alla Ucraina di colpire il territorio russo con missili statunitensi a lungo raggio:
«I disagree very vehemently with sending missiles hundreds of miles into Russia. Why are we doing that? We’re just escalating this war and making it worse.
Se a dirlo non fosse stato Trump, avremmo avuto un altro motivo per indignarci. Anche se innumerevoli deficienti hanno già in qualche modo definito l’autodifesa ucraina – in corso o programmata – con il termine «escalation». Trump, invece, può affermare ogni giorno qualcosa di nuovo: non quello che pensa, non quello che intende fare e non quello che realmente farà. Mentre ciò che pensa, ciò sta per fare e ciò farà effettivamente non è sempre noto, secondo me, nemmeno a lui.
Quindi mi sembra che è troppo presto per dispiacersi per l’Ucraina. È probabile che dovremmo, al contrario, «congratularci» con Putin per l’arrivo di un poliziotto imprevedibile. Non «buono» o «cattivo», ma proprio imprevedibile.
E Trump, da parte sua, si è già dimenticato della propria dichiarazione.