Ultimamente in internet capitano sempre più spesso dei video storici elaborati con l’aiuto delle reti neurali artificiali. In particolare, si fanno due cose. In primo luogo, viene aumentata la risoluzione («upscale»). In secondo luogo, la frequenza dei fotogrammi viene incrementata fino ai 60 fps (in sostanza, vengono aggiunti dei fotogrammi intermedi con lo spostamento calcolato dei pixel). I video «antichi» diventano dunque, più dettagliati, di dimensioni più grandi e con dei movimenti degli umani più scorrevoli (chi ha visto almeno una volta nella vita un filmato di cento anni fa, si ricorda bene dei movimenti comici saltellanti degli omini). E poi, spesso vengono aggiunti pure i colori.
L’ultima delle modifiche elencate mi sembra spesso di utilità discutibile perché la storicità dei colori non è sempre garantita. Ma si tratta comunque dei tentativi interessanti.
Oggi ho pensato di condividere con i lettori qualche bel esempio scoperto di recente.
Parigi negli ultimi anni ’90 del XIX secolo:
Gli operai inglesi nel 1901 (i ragazzi sono ragazzi in tutte le epoche ahahaha):
Mosca, via Tverskaya nel 1896 (a un certo punto c’è pure l’illusione di vedere un personaggio noto):
Visitando il relativo canale su YouTube potrete vedere anche alcuni altri video interessanti.
L’archivio del tag «storia»
Come se nel mondo odierno non fosse già troppa la tristezza, oggi abbiamo un anniversario particolarmente triste. Il 22 aprile 1870 – 150 anni fa – nacque Vladimir Lenin.
Se io fossi un po’ più convinto del ruolo del singolo nella storia, oggi avrei pubblicato un lungo testo su come Lenin sia stato uno di appena due personaggi che sono riusciti a cambiare il corso della storia nel XX secolo. Ma mi concedo il tempo per formulare meglio l’esposizione dell’idea: quando sarà realmente pronta, sarà interessante e utile pubblicarla anche senza il pretesto di una data storica concreta e/o numericamente bella.
Nel frattempo ribadisco un’altra mia idea della quale sono decisamente più convinto. La data storica realmente triste è quella in cui Uljanov-Lenin decise – se si possa parlare di una decisione presa in un momento determinabile – di dedicarsi più alla attività politica che alla professione forense. Quindi sfrutto l’occasione per ricordarvi il mio vecchio (e un po’ lungo) testo dedicato al fatto che Lenin ebbe delle buone possibilità di diventare un buon avvocato. In un modo o nell’altro, il progresso sociale nel mondo si sarebbe verificato anche senza di lui, per la normale evoluzione delle cose. Mentre i suoi contemporanei avrebbero guadagnato qualcosa in più.
Ma egli preferì soddisfare le proprie ambizioni in un ambito sbagliato.
Non posso ricordarlo con delle buone parole.
Tre anni fa mi era già capitato di spiegare perché in Russia la vittoria nella Seconda guerra mondiale si festeggia con un giorno di ritardo rispetto alla maggioranza dei Paesi occidentali. Ora, a causa di una recente decisione della Duma, dovrei fare una spiegazione analoga per un’altra data storica.
Due giorni fa, infatti, è stata approvata in via definitiva la modifica alla legge sulle celebrazioni delle festività militari. Tale modifica è consistita nel spostare la festa della fine della seconda guerra mondiale dal 2 al 3 settembre.
Come sicuramente sapete, la data della fine è ben diversa dalla data della vittoria. Solo il 2 settembre 1945, infatti, fu firmata la resa del Giappone, l’ultimo alleato della Germania di Hitler. Quindi con la suddetta modifica alla legge russa si intende, ufficialmente, di festeggiare il passaggio dalla guerra alla pace e non più la fine del periodo bellico.
Nel frattempo, in diversi Stati del mondo si usa ricordare, oltre alla data della vittoria (l’8 maggio), anche la data della fine della Seconda guerra mondiale. Così, nel Regno Unito e nelle sue ex colonie viene preferita la data del 15 agosto (la data del discorso dell’imperatore Hirohito alla nazione). Negli Usa si preferisce il 2 settembre, ma al giorno d’oggi è una festa ufficiale solo nello Stato di Rhode Island (perché è lo Stato con più militari caduti nella guerra con il Giappone). Solo in Cina la fine della guerra si festeggia il 3 settembre (perché il giorno seguente alla resa del Giappone era iniziato il periodo dei festeggiamenti per la sconfitta ufficiale dell’occupante).
Nell’URSS, per un motivo oggi poco chiaro, i festeggiamenti della fine della guerra furono fissati – con un decreto del 2 settembre 1945 – per il 3 settembre, ma tale data rimase festiva per soli due anni. L’unico ricordo materiale di quella decisione è la medaglia «Per la vittoria sul Giappone», sul retro della quale è riportata la data 3 settembre 1945.
Dopo i tentativi del 1998, 2000 e 2001, quella data è stata «finalmente» rispolverata in modo ufficiale…
La decisione della Duma del 14 aprile – oltre a essere presa in un momento storico che dovrebbe essere caratterizzato dall’impegno in altri ambiti – crea più domande e incertezze che risposte sulla storia. Per esempio: perché riscrivere la storia? (in modo infondato, direi) Perché occuparsi degli eventi così obsoleti? Perché cercare di essere per forza diversi dal mondo occidentale anche nelle questioni così piccole? Boh…
Più o meno tutti sanno che il cliché politico «la cortina di ferro» (Iron Curtain) è stato introdotto da Winston Churchill il 5 marzo 1946 durante il discorso tenuto nel Westminster College a Fulton.
Non tutti sanno che tale espressione deriva da un termine teatrale: safety curtain (o fire curtain). Sul palcoscenico, solitamente, si trova una alta quantità di materiali facilmente infiammabili: per evitare che un eventuale incendio si propaga verso (ma in realtà anche da) la sala, viene installata e utilizzata una speciale cortina antincendio. Un po’ come le porte antincendio installate in mezzo ai corridoi di molti edifici pubblici contemporanei. Già nel 1794 il teatro londinese Drury Lane fu dotato di tale sistema di sicurezza.
La cortina di ferro teatrale può avere aspetti estetici differenti…
Ma il principio di funzionamento è sempre lo stesso: Continuare la lettura di questo post »
Una notte dell’aprile del 1953 lo scrittore russo Nikita Krivoshein stava tornando a casa a piedi dopo una sera trascorsa con degli amici. Passando di fronte alla sede centrale della KGB (all’epoca si chiamava NKVD), aveva improvvisamente compreso che la vita – non la sua, ma in generale – è cambiata radicalmente. Per darsi una spiegazione razionale di questa illuminazione gli ci erano però voluti alcuni attimi.
Ma alla fine la spiegazione era arrivata.
Nel palazzo della KGB, a differenza di tutte le notti dei decenni precedenti, non c’era nemmeno una finestra illuminata.
Non so se devo precisare, per le persone nate e cresciute al di fuori dal contesto della storiografia russa, in conseguenza a quale evento fu possibile quel cambiamento…
Per me il 5 marzo – la data ufficiale della morte di Stalin – è sempre una festa.
Ieri, all’età di 95 anni, è morto l’ultimo maresciallo ancora vivente dell’URSS – e l’ultimo Ministro della difesa dello stesso Stato – Dmitry Yazov. La sua età, il suo grado e il suo incarico non sono però sufficienti per ricordarlo sulle pagine di questo blog.
Lo ricordo in qualità di uno dei otto membri del Comitato statale per lo stato di emergenza. Sì, intendo quei otto anziani impauriti per la imminente perdita del potere che tra il 18 e il 21 agosto del 1991 avevano tentato di invertire il corso della storia con un colpo di Stato. Avevano cercato di rianimare, con tanta forza, la fottuta URSS che proprio in quei giorni passava gli ultimi giorni della propria agonia. La lotta contro la storia è già una impresa inutile; in aggiunta gli otto anziani avevano tantissima paura: se rivedete i filmati, notare facilmente come tremavano le loro mani.
Dmitry Yazov, in forza della sua professione e del suo incarico, aveva ordinato l’ingresso dell’esercito nel centro di Mosca. Allo scopo di «riconquistare» il palazzo del Governo sovietico e «difendere» altri punti strategici dal proprio popolo. Certo, una parte dei militari impiegati si era schierata con l’oppositore Boris Eltzin, ma un’altra parte era pronta a eseguire ogni ordine del Ministro Yazov.
Ecco, non so cosa sia successo nella testa di Dmitry Yazov nel corso della notte tra il 20 e il 21 agosto, ma, nonostante la pressione esercitata dai colleghi, si era rifiutato di usare l’esercito contro i cittadini comuni. E, di conseguenza, aveva ordinato il ritiro dell’esercito dalla città. Il Comitato aveva dunque perso.
Nei successivi 29 (quasi) anni sono accadute un po’ di cose. Ma, in ogni caso, ora posso dire:
Riposa in pace, Dmitry Yazov
L’altro ieri avevo la testa occupata da pensieri decisamente più allegri, ma, purtroppo, non si scappa dalla vita reale: il 31 dicembre 2019 è stato raggiunto un traguardo pesante. Vladimir Putin è arrivato ai suoi primi vent’anni al potere.
Per tale occasione sul sito ufficiale del Presidente della Federazione Russa è stato pubblicato uno speciale progetto multimediale: «Putin. 20 anni». Si tratta di una raccolta delle foto e dei video – con i relativi commenti testuali – che illustrerebbero il lavoro di Vladimir Putin a partire dal 31 dicembre 1999 (la data in cui fu nominato facente funzioni da parte del dimissionario Boris Eltzin). Sul sito sono per ora disponibili solo i materiali relativi agli anni 1999–2004, ma nelle prossime settimane dovrebbero essere aggiunte altre loro grosse porzioni.
Nel suo complesso, questo documento digitale potrebbe essere visto come una semplice fonte delle immagini storiche o come una piccola testimonianza del crescente culto della personalità. Le persone interessate – e attente – ai dettagli possono, invece, trovare delle piccole perle. Una di queste, per esempio, è la foto relativa alla ratifica nel 2004 dell’unico accordo bilaterale ancora vigente tra la Russia e l’Ucraina: quello sull’utilizzo dello Stretto di Kerch. Nello stesso documento si parla del confine tra i due Stati perché, qualora qualcuno non lo ricordasse, il suddetto Stretto si trova proprio tra la Russia e la Crimea. Il sito che stiamo ora studiando, in una maniera apparentemente neutrale sottolinea l’importanza storica di quel incontro, ma io non so di preciso cosa avesse voluto comunicarci l’autore del sito stesso. Che quella firma era il primo passo di un leader lungimirante verso la «grande vittoria storica»? Perché la storia è un processo continuo. Qualcuno non si ricorda come nel 2014 lo stesso Putin ha deciso di appropriarsi della Crimea? Qualcuno non si è accorto che nel 2018 lo stesso Putin ha deciso di impedire, con l’uso della forza militare, alla Ucraina di utilizzare lo Stretto di Kerch?
Ecco, io non so ancora come sarà illustrata sul sito la vita politica di Putin negli anni 2014–2019. Presumo, però, che possa diventare una ennesima illustrazione del principio «ogni giorno combino quello che voglio e voi non potete farci niente».
Ecco, direi che almeno per ora mi sono risparmiato la fatica di stilare un bilancio del ventennio di Putin. Nonostante tutta la mia antipatia verso il personaggio, non posso non riconoscere che gli effetti del suo operato non possono essere affrontati con leggerezza. Avrei avuto bisogno di numerose schermate di testo solo per una bozza estremamente schematica della mia analisi. Poche persone si possono permettere il lusso di iniziare una grande opera senza avere un contratto in tasca.
È sempre interessante studiare le mappe politiche e amministrative, anche quelle attuali.
Negli USA, per esempio, i confini di molti Stati sono tracciati in un modo banalissimo: seguendo le latitudini e le longitudini. Due Stati, addirittura, hanno i territori perfettamente rettangolari (Colorado e Wyoming).
In Africa, soprattutto al nord, delle enormi porzioni del deserto sono state spartite con l’uso di un semplice righello: tanto, non pare che ci sia qualcosa di utile per l’attività umana in quei territori.
In Russia, solo il confine tra la Repubblica di Komi e la Regione autonoma di Nanetsia sembra, in alcuni tratti, una linea retta (guardate la parte destra dell’area grigia sulla mappa).
In Italia i confini tra le Regioni non sono assolutamente retti.
Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Possiamo dedurre che le zone in tutti i sensi inutili e noiose sono state divise con un righello. Le zone interessanti, belle e ricche, invece, sono state divise seguendo qualche principio più complesso: per esempio, seguendo il rilievo geografico (fiumi, catene montuose e etc.) o le opere umane. L’applicazione pratica di quanto dedotto è molto ampia, pensate alla sola pianificazione dei viaggi turistici.
La mappa degli USA:
La mappa dell’Africa: Continuare la lettura di questo post »
L’incunabolo «Cronache di Norimberga», scritto in lingua latina da Hartmann Schedel e pubblicato nel 1493, raccontava la storia del mondo dal «momento della sua creazione» fino all’anno di pubblicazione. Tutto in 596 pagine.
Le ultime pagine furono lasciate vuote in quanto destinate alla descrizione degli eventi accaduti tra il 1493 e la Fine del mondo. Appena 6 pagine vuote.
Supponendo che l’uomo saggio fu notevolmente più informato di noi su determinate questioni, possiamo andare avanti con la massima serenità: il peggio è già accaduto un po’ di tempo fa.
P.S.: anche se, pensandoci bene, bisogna riconoscere che nulla vieta al mondo di finire più volte: potrebbe farlo anche con la frequenza del raffreddore invernale di una persona media. Ma in quel caso dovremmo preoccuparci ancora meno.
Qualche anno fa avevo inventato un «bel» modo di bocciare gli studenti all’esame di diritto privato con una sola domanda. Bisogna chiedere la definizione del Codice civile: più del 50% degli studenti sbaglia in un modo banalissimo e viene mandato a casa perché non sa una delle cose basilari.
Poco fa mi sono reso conto che è facilissimo adottare tale tattica anche agli esami di storia. I miei amici storici potrebbero chiedere agli studenti in quale lingua è scritto il motto sullo stemma del Regno Unito.
È sempre bello dimezzare il lavoro da fare, ahahaha