Perché non ho ancora pubblicato un post musicale dedicato ai Rainbow? Non saprei.
Tempo fa mi era pure capitato di postare due video di un loro ex tastierista, ma ho comunque rinviato per troppo tempo. Tutti i progetti di Ritchie Blackmore meritano una loro attenzione, quindi anche i Rainbow.
Il primo brano selezionato per oggi è «Ariel» (dall’album «Stranger in Us All» del 1995):
E il secondo è il strumentale «Snowman» (dall’album «Bent Out of Shape» del 1983):
L’archivio del tag «rock»
Molto probabilmente mi era già capitato di scriverlo: a eccezione dei primi due album, non mi piacciono i «The Rolling Stones».
Il cantante del gruppo – Mick Jagger – da solista mi sembra invece più ascoltabile. Ha fatto appena quattro album e, considerati l’età e alcuni problemi di salute, difficilmente ne farà altri notevoli. Quindi accontentiamoci…
La prima canzone di Mick Jagger selezionata per il post musicale di oggi è «God Gave Me Everything» (dall’albume «Goddess in the Doorway» del 2001):
E la seconda canzone è «Hard Woman» (dal primo album «She’s the Boss» del 1985):
Questa volta il post musicale è dedicato esclusivamente al duetto atomico di Joe Bonamassa e Tina Guo.
Non mi vengono in mente (ma nemmeno nei risultai di ricerca) dei brani capaci di svolgere efficientemente la funzione del tradizionale secondo video, quindi mi limito a ricordare altri miei post dedicati a Joe Bonamassa (uno dei miei musicisti contemporanei preferiti).
Penso che la canzone «Highway Star» sia ben nota anche alle persone che non sono mai state dei grandi fan dei Deep Purple. Come tanti altri grandi classici musicali, la canzone è nata per caso: a settembre del 1971, mentre i Deep Purple stavano andando a Portsmouth in autobus durante il loro tour in Gran Bretagna, qualcuno dei giornalisti presenti a bordo aveva chiesto a Ritchie Blackmore come facesse il gruppo a scrivere le canzoni. A quel punto Blackmore aveva preso una chitarra acustica (secondo altri fonti un banjo) e iniziato a suonare un riff della nota Sol a ripetizione. Ian Gillan, da parte sua, aveva iniziato a improvvisare un testo, composto anche dalle frasi prive di alcun senso particolare (tipo «… Steve McQueen, Mickey Mouse and Brigitte thingy»). A dicembre dello stesso anno, durante le registrazioni in studio, il gruppo aveva dunque perfezionato il testo e la musica della canzone. Nello stesso periodo il basista Roger Glover aveva inventato il titolo della canzone.
La versione nota a tutti fa dunque parte dell’album «Machine Head» del 1972:
Come tutte le canzoni ben riuscite, anche la «Highway Star» è stata successivamente cantata da diversi altri gruppi musicali. Oggi vi propongo due di quelle cover. La prima è del gruppo Metal Church (inserita anche nell’omonimo album d’esordio del 1984):
La seconda cover, secondo me molto più interessante dal punto di vista musicale, è del gruppo italiano Quintorigo (contenuta nell’album «Grigio» del 2000):
Quest’ultimo è un bel esempio di utilizzo moderno degli strumenti classici, inspiegabilmente snobbato dalla maggioranza dei musicisti. Probabilmente, è anche una questione della capacità.
Alla fine di settembre avevo postato due canzoni di Sting nella mia rubrica musicale. Prevalentemente per motivi di giustizia storica dovrei postare anche qualcosa dei Police, il gruppo di origine di Sting.
Il gruppo mi sembra molto meno interessante del cantante-solista, ma ha comunque prodotto qualche canzone ascoltabile.
In qualità della prima metterei la «Every Breath You Take» (dall’album «Synchronicity» del 1983):
E la seconda potrebbe essere la «Roxanne» (dall’album «Outlandos d’Amour» del 1978):
Qualche settimana fa ho fatto una scoperta in materia dei video musicali personalmente per me quasi scioccante. Ho scoperto che il video della canzone «My Favorite Game», il quale ricordavo dai tempi di adolescenza, inizia e finisce con le scene che in televisione sono sempre state inspiegabilmente tagliate. Ma quelle scene influiscono sensibilmente sul senso del video:
[in effetti, mi ero sempre chiesto come facesse ad andare avanti con la macchina anche allontanandosi dai comandi].
A questo punto, in qualità della seconda canzone dei Cardigans metterei la «Carnival» (scelta a caso) dall’album «Life» del 1995.
A volte i ricordi giovanili diventano, per qualche strano motivo, più importanti della musica.
Alla maggioranza delle persone, secondo le mie osservazioni, Sting è ben noto, ma solo grazie alle sue canzoni pubblicate tra la metà degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Uno degli esempi migliori è la «Englishman in New York» (dall’album «… Nothing Like a Sun» del 1987):
Nonostante i naturali mutamenti dovuti all’età (non solo quella di Sting), penso che a volte riesca ancora a produrre qualcosa di interessante. Tra le canzoni meno vecchie potrei scegliere, per esempio, la «I Love Her But She Loves Someone Else» (dall’album «The Last Ship» del 2013):
Come tanti altri gruppi inglesi degli anni ’60, anche The Animals all’inizio della loro carriera cedettero alla moda di cantare le note canzoni americane simulando per di più l’accento americano. Il risultato più noto di tale pratica (per il gruppo in questione) è stata la canzone «The House of the Rising Sun» (inclusa anche nella versione statunitense dell’album «The Animals» del 1964):
Secondo me, però, non meno interessante è la loro interpretazione della «I’m Crying» (versione del 1964):
A volte le preferenze delle grandi masse sono poco comprensibili (ma questo non significa che la prima delle due canzoni faccia schifo).
Esistono i cantanti che sanno cantare (relativamente pochi).
Esistono i cantanti che non sanno cantare ma si ostinano nel tentare di farlo (tantissimi, direi la maggioranza schiacciante).
Esistono i cantanti che non sanno cantare, lo sanno e quindi per non fare una brutta figura semplicemente parlano, cercando di seguire il ritmo della musica (numerosi, ma non tantissimi).
Tra i rappresentanti della terza categoria dei cantanti a volte capitano degli esempi interessanti, meritevoli di attenzione. Il post musicale di oggi è dedicato a uno di loro: Mark Knopfler.
La sua prima canzone selezionata per oggi è la «Silvertown blues» (dall’album «Sailing to Philadelphia» del 2000):
Mentre la seconda è la «What It Is» (dallo stesso album):
Il post musicale di oggi si apre con una lezione di Joanna Connor su come far divertire i propri vicini di casa senza farli diventare dei nemici mortali (solo la gente con scarsa fantasia si ripete ogni anno con le solite grigliate).
In qualità del secondo video metterei un breve pezzo della sua esibizione al Western MD Blues Festival.
Mi ricordo che anni fa, quando avevo visto per la prima volta Joanna Connor in un video (e non conoscendola ancora), non riuscivo proprio a concentrarmi sulla musica. Ma poi mi sono abituato.