Non sono un grande fan di Sinéad O’Connor, ma capisco l’importanza che aveva avuto, almeno nei primi anni della sua carriera musicale, per la vita culturale irlandese e, in qualche misura, mondiale. Dunque, ho deciso di ricordarla nella mia rubrica musicale.
Lo faccio postando due brani tratti dall’album con il quale era diventata realmente famosa: il «I Do Not Want What I Haven’t Got» del 1990.
La prima canzone di oggi è la «Nothing Compares 2 U»:
Mentre la seconda canzone è la «I Do Not Want What I Haven’t Got»:
Molto probabilmente avete già letto che Sinéad O’Connor è morta il mercoledì 26 luglio per cause che la polizia londinese definisce «sospette».
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Ieri ho sentito, quasi per caso, una nuova (per me) versione live del brano «Cause We’ve Ended As Lovers» di Jeff Beck (eseguita nel 2007). Si tratta di un evento interessante anche per il fatto che ho finalmente saputo della esistenza della bassista australiana Tal Wilkenfeld. Interessante.
E dato che ci sono, aggiungo – da tradizione – un secondo brano. Facciamo che sia la «Rice Pudding» (dall’album «Beck-Ola» del 1969).
Nella rubrica musicale seguiranno altri approfondimenti su entrambi musicisti menzionati oggi.
L’altro ieri, il 15 giugno, il famoso rocker francese Johnny Hallyday avrebbe compiuto 80 anni. E io ho pensato che sia un bel pretesto per ricordarlo nella mia rubrica musicale… Certo, la sua scelta – mai mutata – di cantare in francese lo ha un po’ penalizzato fuori dal mondo francofono (anche se dal punto di vista puramente commerciale aveva un suo senso razionale), ma è comunque stato un fenomeno interessante della cultura mondiale.
Come al solito, ho scelto per il mio post due canzoni. La prima è la «Un Jour Viendra» (dall’album «Sang pour sang» del 1999):
Mentre la seconda canzone scelta è la «Je te promets» (dall’album «Gang» del 1986):
P.S.: mi ricordo ancora le immagini dei funerali di Johnny Hallyday a Parigi nel 2017: non so quanti musicisti di oggi avrebbero «raccolto» un pubblico delle dimensioni simili pure morendo.
Il 14 marzo 1966 uscì, ancora come un singolo, la canzone «Eight Miles High» del gruppo rock statunitense The Byrds. Inizialmente la canzone ebbe una vita difficile: fu vietata per la trasmissione via radio a causa della «pubblicizzazione della droga» (a un certo punto Gene Clark e David Crosby ammisero di averla scritta ispirandosi almeno in parte alla esperienza del consumo delle droghe) e non raggiunse il Billboard Top 10 a causa della sua complessità stilistica (almeno per il pubblico di massa). Ma, ovviamente, tutto questo non ha impedito al gruppo di includere la canzone nel proprio terzo album di studio: «Fifth Dimension» (pubblicato il 18 luglio 1966).
I critici musicali, successivamente, definirono questa canzone come la prima del rock psicodelico e un classico dell’epoca della controcultura. Ma i critici sono gli ultimi personaggi che mi potrebbero interessare. Molto più importanti sono la qualità della musica che percepisco io e le reazioni dei colleghi/"concorrenti" importanti degli autori. Relativamente al secondo punto posso constatare che la «Eight Miles High» è stata suonata, nei decenni successivi, da tantissimi altri gruppi e musicisti/cantanti singoli. Per esempio, il gruppo The Ventures ha incluso la canzone nel proprio album «Go with the Ventures» (pubblicato l’11 giugno 1966, tre mesi incompleti dopo la pubblicazione del singolo originale).
Tra le altre innumerevoli interpretazioni interessanti potrei selezionare quella del gruppo The Leathercoated Minds creato da Snuff Garrett e J. J. Cale (a me tanto caro). Si trova al primo posto del loro unico album «A Trip down the Sunset Strip» del 1967:
Concludo il post musicale odierno con la versione della «Eight Miles High» da 19 minuti registrata nel 1969 dal gruppo rock olandese Golden Earring (inclusa nell’album «Eight Miles High» uscito il 17 novembre 1969):
Ora, se vivi e interessati, potete andare a cercare le altre interpretazioni della canzone…
Il Planet P Project è uno dei progetti musicali avviati dal tastierista statunitense Tony Carey (ex membro dei Rainbow) in Germania all’inizio degli anni ’80. Nell’ambito di tale progetto erano stati registrati solo due album moderatamente popolari, dopodiché Carey era tornato alla attività da solista: essa è sempre stata più di successo dal punto di vista commerciale.
La musica del Planet P Project, comunque, mi sembra stilisticamente interessante almeno in qualità di un buon monumento alle tendenze stilistiche della sua epoca. Dunque, oggi posto due canzoni dal primo album «Planet P Project» uscito nel 1983. L’album in generale non è molto lineare nel suo stile, quindi è stato impossibile selezionare due brani più rappresentativi. In più, ho pensato di evitare quei due che hanno avuto il maggior successo alla radio…
La prima canzone selezionata per oggi e la «King For A Day»:
E la seconda canzone selezionata è la «Send It in a Letter»:
La maggior parte della musica delle due canzoni riportate – e dell’album in generale – era stata registrata da Tony Carey in prima persona. Di conseguenza, posso constatare che un musicista così «versatile» avrebbe potuto meritare un po’ più notorietà…
Esattamente 50 anni fa, l’8 aprile 1973, Pablo Picasso morì all’età di 91 anni nella sua villa Notre-Dame-de-Vie (a Mougins). Prima di morire pronunciò le famose parole: «Brindate a me, alla mia salute, poiché sapete che io non posso più bere».
Dall’altra parte del mondo, in Giamaica, Paul McCartney fu a cena con Dustin Hoffman. L’attore chiese al musicista se fosse capace di comporre – per scommessa – una canzone in questo esatto momento, letteralmente dal nulla. McCartney accettò di fare un tentativo.
A quel punto Hoffman prese una rivista e lesse la notizia della morte di Picasso e delle sue ultime parole. McCartney prese immediatamente la chitarra e iniziò a comporre una canzone proprio con quelle parole:
The grand old painter died last night
His paintings on the wall
Before he went he bade us well
And said goodnight to us all.
Drink to me, drink to my health
You know I can’t drink any more
Drink to me, drink to my health
You know I can’t drink any more!
Così è nata la canzone «Picasso’s Last Words (Drink to Me)», poi entrata a far parte dell’album «Band on the Run» dei Wings (1973). Il grande pittore ispirò gli altri fino all’ultimo.
Cosa posso aggiungere a questa canzone? Posso aggiungere che Picasso continuò a ispirare gli altri anche dopo la propria morte. Per esempio, il gruppo The Modern Lovers registrò la canzone «Pablo Picasso» (inclusa nell’album «The Modern Lovers» pubblicato nel 1976):
È successo non solo nella musica, ma quello è un altro argomento…
Più o meno tutti gli interessati alla musica degli anni ’50/’60 del XX secolo conoscono il duo country-rock statunitense The Everly Brothers. Il periodo della massima popolarità dei fratelli Phil e Don Everly fu stato tra il 1956 (l’anno del debutto) e il 1963 (l’anno in cui i due furono chiamati alla marina militare). Proprio in quegli anni registrarono le loro canzoni più famose; a quel periodo è dedicato il mio primo post musicale sul duo.
Molti critici musicali, però, sostengono che i fratelli Everly avrebbero raggiunto l’apice della loro forma artistica nella seconda metà degli anni ’60, dopo il ritorno dal servizio alla marina. Provo dunque a pubblicare due canzoni appartenenti a questo loro periodo musicale.
La prima canzone di oggi è la «Love Is Strange» (dall’album «Beat & Soul» del 1965):
La seconda canzone scelta per oggi è la «The Price of Love» (dall’album «In Our Image» del 1966):
La popolarità e la rilevanza musicale del duo, comunque, è quasi completamente tramontata dopo il litigio del 1973 tra i due fratelli, sebbene se si siano riuniti negli anni ’80 per continuare a registrare delle canzoni fino al 2005.
Nel 1988 Sting aveva pubblicato il mini-album «…Nada como el sol», composto da alcune sue (e non solo) canzoni in spagnolo e portoghese. Sentire la «Frágil» era un po’ strano…
Dopo quel mini-album non mi era mai capitato di sentire Sting in spagnolo. Ma qualche giorno fa mi è capitato, a sorpresa, sentire la «Por Su Amor» di Sting e il musicista spagnolo (?) Kurt. Direi che questa sembra molto più interessante…
Però oggi è una domenica, non solo il primo giorno dell’anno: questo significa che dovrei rispettare la tradizione (che ho creato con le proprie mani, ahahaha) e pubblicare qualche video. Ma, considerata la particolarità della data, ho pensato che fosse opportuno fare una edizione speciale del video-post musicale.
Trovo logico postare la canzone «New Year’s Day» degli U2 (dall’album «War» del 1983):
In generale posso dire che questa è, secondo i miei gusti, una delle poche canzoni ascoltabili del gruppo.
Il brano strumentale «Cat’s Squirrel» è stato eseguito e registrato, nel corso degli anni, da diversi gruppi rock e blues-rock. Tutti quei gruppi hanno accompagnato il titolo del brano con una nota strana: «una canzone popolare inglese». Mentre in realtà, come ben sanno gli esperti del blues, il prototipo di tale brano è il «Mississippi Blues», registrato nel 1953 dal bluesman Charles Isaiah Ross (noto anche come Dr. Ross):
Il nuovo nome del brano, quello pseudo-popolare-inglese, è comparso per la prima volta sulla copertina dell’album dei Cream «Fresh Cream» del 1966. Ecco la loro interpretazione:
Nel 1968, poi, sono stati i Jethro Tull a includere il brano, sempre con il nome «Cat’s Squirrel», nel proprio album del debutto «This Was».
Poco dopo la pubblicazione del primo album, il gruppo è stato lasciato da uno dei fondatori: Mick Abrahams. Quest’ultimo ha fondato, nello stesso 1968, il gruppo Blodwyn Pig. Anche con questo secondo gruppo ha spesso suonato il brano «Cat’s Squirrel»:
Il brano è stato suonato anche da alcuni altri gruppi, ma non vorrei appesantire troppo il post musicale di oggi. Forse un’altra volta…