L’archivio del tag «putin»

Lo humor di guerra

Questa volta il discorso annuale di Putin davanti alle Camere riunite del «Parlamento» russo (tenutosi ieri) ha avuto solo un aspetto che può essere definito interessante e sorprendente: non è stato dedicato interamente alla guerra e alle minacce all’Occidente. Questa volta ha parlato anche della Russia, quindi dello Stato le cui problematiche interne reali non lo hanno mai interessato in un modo particolare. Ha raccontato che la Russia che «si trova dalla parte del bene» (non è una citazione, ma il senso generale di una parte del discorso) sta crescendo e crescerà ancora di più, lo Stato russo aiuterà a tutti perché per esso l’importanza della vita è fondamentale (posso ridere?), gli «eroi» della «operazione militare speciale» dovrebbero raggiungere i vertici direzionali del Paese… Ah, e poi Putin pensa — non sappiamo ancora quanto ragionevolmente — di poter fare dei piani almeno fino al 2030. Insomma, oltre al semplice fatto di una certa varietà degli argomenti, nulla merita lo spreco del tempo per i commenti.
Di conseguenza, non vorrei che dietro a questo evento abbastanza noioso vengano perse le poche e rare cose relativamente interessanti.
Spostiamoci alla città ucraina di Orekhiv: si trova a circa 60 chilometri a sud-est di Zaporizhzhya e a meno di 40 chilometri dalla città di Tokmak occupata dall’esercito russo. Secondo l’amministrazione militare ucraina regionale, Orekhiv è distrutta al 95%. I combattimenti attivi per Orekhov hanno avuto luogo nella primavera del 2022, poi l’esercito ucraino è riuscito a difendere la città, rendendola un importante centro logistico a 10 chilometri dalla linea del fronte. Nel febbraio 2024 le forze armate ucraine hanno affermato che le truppe russe avevano accumulato riserve nell’area di Orekhiv e si stavano preparando per un’offensiva sulla città…
Ma nei giorni scorsi sulla bacheca dedicata ai sospetti ricercati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina sono comparsi due nuovi avvisi. Uno di questi avvisi «wanted» riporta la descrizione di Vladimir Putin, mentre il secondo riporta la descrizione del governatore di nomina russa dei territori occupati della regione di Zaporizhzhya, Yevhen Balitsky:

Mi piace il fatto che i militari ucraini abbiano mantenuto, dopo oltre due anni di guerra, una certa capacità di scherzare: è una buona fonte di speranza per la vittoria…


La metà sono fantasie

Maria Pevchikh, una delle collaboratrici di Alexey Navalny e la presidente della sua Fondazione anticorruzione, ha dichiarato ieri che Navalny avrebbe dovuto essere scambiato con Vadim Krasikov (un presunto ufficiale dell’FSB condannato all’ergastolo in Germania per l’omicidio dell’ex comandante ceceno Zelimkhan Khangoshvili a Berlino nell’agosto 2019), che la trattativa sarebbe arrivata alla sua fase finale e che Putin avrebbe deciso di uccidere Navalny perché non voleva vederlo libero.
Mi sembra abbastanza scontato il fatto che i collaboratori e i colleghi di Alexey Navalny abbiano fatto tutto il possibile, durante i tre anni della sua incarcerazione, per promuovere l’idea di uno scambio e per coinvolgere nei negoziati il maggior numero possibile di influenti politici europei e americani. Come dice ora Maria Pevchikh, «noi, il suo team, non potevamo fare a meno di lavorarci, e lo abbiamo fatto». E io vorrei tanto avere delle fondamenta per poter credere che questi sforzi si stavano gradualmente avviando verso il successo.
Ma oggi, purtroppo, devo constatare che non sapevamo nulla prima, e non sappiamo ancora oggi nulla di quale fosse la posizione di Putin e dei suoi collaboratori sui tentativi di scambiare il politico Navalny con l’assassino Krasikov. Prima o poi conosceremo i dettagli di queste trattative da parte «occidentale» (molto probabilmente dalla parte della Germania, la quale era la detentrice del principale «capitale di scambio» in questa situazione). Ma non possiamo sapere cosa fosse accaduto dalla parte del regime di Putin. Putin è sicuramente un maniaco e un assassino e non c’è alcun motivo di credere che in questo caso si sia discostato dal suo solito schema di torturare e uccidere le persone che considera propri nemici o che semplicemente vede come un pericolo. Ma, allo stesso tempo, possiamo logicamente presumere che Navalny vivo fosse stato per Putin una merce di scambio di massimo valore, da utilizzare pin qualche situazione «estrema»: da utilizzare per liberare qualcuno di importante o ottenere qualcosa di importante.
Di conseguenza, sono portato a considerare le parole di Maria Pevchikh serie e commentabili solo a metà.


Alcune persone particolarmente ingenue si chiedono: dov’è la tanto (e da tanto tempo) promessa «terribile risposta» dell’Occidente alla morte di Alexei Navalny «finalmente» avvenuta? È vero: l’ho sentita anche con le mie orecchie.
E la risposta desiderata non c’è e non può esserci: perché anche il Capo di Stato o di governo occidentale più determinato ha sempre lo stesso parlamento, gli stessi problemi politici interni e le stesse prospettive elettorali di prima (ricordiamo, per esempio, Biden, che aveva minacciato punizioni già anni fa). Così, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che, come passo simbolico, Bruxelles rinominerà il regime di sanzioni imposte per le violazioni dei diritti umani in onore di Alexei Navalny; gli Stati Uniti hanno annunciato un «importante pacchetto di sanzioni» contro la Russia in relazione all’omicidio di Navalny e al biennio della guerra in Ucraina; il Regno Unito ha imposto sanzioni contro sei dipendenti del carcere IK-3 «Polar Wolf» di Kharp (quello dove è stato ucciso Navalny)… Che paura per Putin!
Quindi, se c’è una speranza per un rapido cambio di regime in Russia, io per ora la vedo solo in tre opzioni, due delle quali sono mega-banali e, di fatto, possono essere buttate subito in discarica:
1) stare con il culo per terra e aspettare che Putin muoia da solo (e questo evento non garantisce dei cambiamenti automatici in meglio);
2) stare con il culo per terra e aspettare che Putin venga fatto fuori da un colpo di Stato interno, cioè uno di quegli fenomeni che nella storiografia russa si chiamano «rivoluzioni di palazzo» (anche questo evento non garantisce assolutamente dei cambiamenti automatici in meglio);
3) sperare che l’opposizione russa si unisca nell’unica azione ragionevole: iniziare non a raccontare ai russi per la miliardesima volta quanto sia brutto il regime attuale (noi sappiamo già da tempo che è pessimo), ma a bombardare i cervelli dei rappresentanti del regime stesso, raccontando il duro destino di chi non farà fuori Putin velocemente. Bombardare con l’aiuto di metodi di distribuzione pubblica delle informazioni già noti da tempo: hai fatto questo e quello, otterrai questo e quello come punizione. La gente continua ad accumulare informazioni, mentre i complici di Putin continuano ad accumulare un tormento interno. Con un simile comportamento, si può almeno sperare che qualcuno vicino al bunker decida un po’ prima di organizzare la vera e propria «rivoluzione di palazzo».
Deve iniziare a farlo l’opposizione russa, mentre gli altri, volendo, possono contribuire…


La voce e l’udito

La qualità del video di oggi è pessima, ma non importa: prima di tutto va ascoltato. Un noto politico russo tenta di cantare l’inno russo assieme ai membri del «Dvizhenie pervyh» (il «Movimento dei primi», una organizzazione poco nota e poco attiva, creata per diffondere la parola di quel politico tra i coetanei).

Io rimango a favore di una preselezione tra gli aspiranti studenti di ogni tipo di istituto di istruzione, ma, allo stesso tempo, penso che tutti debbano avere la possibilità di studiare da qualche parte. Un tipo con le capacità di disegnare molto modeste deve comunque avere la possibilità di studiare la pittura; un tipo nato senza l’udito e senza la voce deve comunque avere la possibilità di studiare il canto. Così, probabilmente, il mondo diventa un po’ meno brutto…


Putin embodies war

Molto probabilmente avete già letto che Vladimir Zelensky ha tentato per l’ennesima volta – ora il giorno della apertura del Forum di Davos – di spiegare ai leader occidentali che il nome di Putin è il sinonimo della guerra:

In fact, Putin embodies war. We all know that he is the sole reason why various wars and conflicts persist, and why all attempts to restore peace have failed. And he will not change. He will not change.

Il testo completo del discorso è disponibile, anche in inglese, sul sito della Presidenza ucraina: volendo, potete leggerlo da voi. Mentre io mi trovo costretto a constatare una grande banalità: il problema principale dell’Occidente consiste nel fatto che quest’ultimo continua non percepire la guerra in Ucraina come propria. La prima a rischiare gli effetti tragici di tale incomprensione è l’Ucraina, ma non sarà nemmeno l’ultima. Non si tratta di «affari interni tra gli slavi», ma della propensione di Putin alla guerra: io, come Zelensky [ho attivato la modalità della mania di grandezza], continuo a cercare le parole nuove per ripetere sempre lo stesso concetto.


Gli auguri presidenziali per il 2024

Secondo la tradizione da me stesso creata anni fa, il primo video domenicale dell’anno è quello del discorso presidenziale con gli auguri di Capodanno…
Anche quest’anno inizio con il discorso del Presidente ucraino Vladimir Zelensky (i sottotitoli in inglese sono visibili in automatico):

Le persone con lo stomaco forte e la testa particolarmente resistente possono provare a sentire pure il discorso di Putin (pure in questo caso i sottotitoli in inglese sono visibili in automatico): Continuare la lettura di questo post »


Avrà sbagliato il mese

Proverei iniziare il nuovo anno con una barzelletta politica…
Ieri, il 1 gennaio, Vladimir Putin ha fatto visita in un ospedale militare vicino a Mosca per fare gli auguri di buon anno nuovo alle — come si dichiara ufficialmente — persone rimaste ferite nella guerra che lui ha iniziato in Ucraina. E, tra le altre cose, ha commentato l’attacco ucraino alla città russa di Belgorod del venerdì 29 dicembre:

Quello che è successo a Belgorod è senza dubbio un atto terroristico. Perché sotto la copertura di due razzi, hanno usato lanciarazzi multipli, MLRS. Come militari, sapete cosa sono gli MLRS. Sono armi indiscriminate che colpiscono le aree. E hanno usato queste armi per colpire il centro della città. Un attacco mirato alla popolazione civile

E poi ha aggiunto che l’esercito russo «risponde» agli attacchi del genere colpendo esclusivamente obiettivi militari…

Loro [gli ucraini] vogliono intimidirci e creare insicurezza nel Paese. Intensificheremo i nostri attacchi. Nessun crimine contro i civili resterà impunito

Ah, no: quello che ho appena descritto è successo veramente. Non so se funziona bene come una barzelletta, anche se politica.


Fino a quale fine

Dopo quasi due anni di guerra l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrel ha finalmente iniziato a capire qualcosa e ha dichiarato, in una intervista a The Guardian:

Putin cannot be satisfied with a piece of Ukraine and to let the rest of Ukraine belong to the European Union, but he cannot be satisfied with a limited territorial victory. He will not give up the war, especially not before the American election, which may present him with a much more favourable scenario. So we must prepare for a conflict of high intensity for a long time.

Si vede che l’impegno di alcuni politici d’opposizione russi esiliati ha iniziato a produrre i suoi primi risultati positivi… Ma ci sono ancora delle cose da spiegare qualche migliaio di volte. Infatti, nella stessa intervista Borrel dice:

Putin has decided to continue the war until the final victory.

Il problema che nel corso di tutti i propri discorsi pubblici Putin — ma anche i suoi complici più o meno stretti — ha di fatto mostrato tre cose:
1) gli obbiettivi dello Stato russo nella guerra in Ucraina mutano nel corso del tempo (resistono solo la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina);
2) non è mai stato definito il concetto della vittoria (la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina non possono essere dei sinonimi della vittoria perché, se ci pensate bene, sono due fenomeni non misurabili);
3) da quanto la conquista di Kiev in pochi giorni è diventata un obbiettivo irraggiungibile, parla della guerra come di una condizione di vita permanente.
Di conseguenza, Putin non continuerà la guerra fino alla vittoria. Continuerà la guerra fino alla fine. Bisogna solo vedere se fino alla fine della vita propria, della Russia, dell’Occidente o del pianeta. L’opzione destinata a realizzarsi dipende anche dall’impegno di Borrel.


Chi è a favore della candidatura?

Un po’ di trash leggero: un «gruppo di elettori volontari» si è riunito per sostenere e promuovere la partecipazione di un candidato indipendente alla Presidenza russa. Vediamo quanti sono a favore…

Maggioranza raggiunta.
P.S.: moltissime delle persone inquadrate agiscono in tal modo veramente per la propria volontà: evidentemente, sono convinte che il regime che le protegge sia eterno.
P.P.S.: non c’è bisogno che scriva il nome del candidato, vero?


Il giovedì 14 dicembre si era tenuta l’ennesima (ma la prima dall’inizio della invasione della Ucraina) «linea diretta» con Vladimir Putin: un mix tra una grande conferenza stampa annuale e una sessione delle risposte pubbliche ai singoli sudditi privati. Questa volta è durata poco più di quattro ore ed è stata priva di grandi dichiarazioni di rilievo da parte del protagonista o di domande scomode da parte dei giornalisti presenti (questo ultimo aspetto non è una grandissima sorpresa ormai da qualche anno).
Ma se volete comunque scoprire quali sono gli argomenti realmente importanti per Putin (compresi quelli esistenti nella sua realtà immaginaria), potete leggere il riassunto delle sue risposte alle domande concordate (sì, tutte) in anticipo con i giornalisti presenti. Molto probabilmente scoprirete qualcosa di nuovo – per voi – su Putin.