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Il ruolo perso da Lukashenko

Il martedì 2 luglio il premier ungherese Viktor Orban era andato a Kiev per presentare a Zelensky il proprio «piano di pace»: cessare il fuoco e cercare di trattare con Putin. Tradotto nel linguaggio degli esseri umani: smettere di opporre resistenza (perché non ha iniziato l’Ucraina a fare la guerra) e accettare le condizioni di Putin per la «pace» (la quale, come sospettiamo, non sarà assolutamente duratura). Zelensky aveva trovato le forze per rispondere a Orban in un modo diplomatico.
Il venerdì 5 luglio, invece, il premier ungherese Viktor Orban si è presentato a Mosca da Putin per «continuare la missione di pace». Dalle dichiarazioni pubbliche di Orban e Putin, però, non sono riuscito a capire quale «piano» il primo abbia presentato al secondo. Putin ha ripetuto il proprio vecchio mantra secondo il quale «è sempre disposto a trattare» (tradotto nel linguaggio umano: disposto a imporre le proprie condizioni alla Ucraina), mentre il suo portavoce Peskov ha dichiarato che Orban avrebbe iniziato i suoi viaggi di pace per l’iniziativa propria.
Ecco: la politica estera del premier Orban esercitata nel corso degli anni mi fa sospettare fortemente che il contenuto delle sue «proposte di pace» non sia nato nella sua testa. Perché, appunto, coincide troppo con i desideri di Putin. Allo stesso tempo, non escludo che l’iniziativa di viaggiare in giro per il mondo con le suddette proposte sia realmente sua. Infatti, potrebbe avere capito di avere una chance di aumentare il proprio peso politico in Europa, assumendosi il ruolo perso da Lukashenko. Il ruolo di una persona che ha ancora la voglia e la capacità di parlare con tutti, compresi gli esponenti peggiori della politica internazionale (cioè Putin). L’"ultimo dittatore d’Europa" Lukashenko ha esagerato un po’ con le repressioni interne e non viene più accettato in Europa nemmeno in qualità di un addetto allo spurgo diplomatico. Orban, invece, vede la possibilità di guadagnarci qualcosa (non importa se politicamente o economicamente) da tutte le parti: da suo amico Putin e in Europa che pensa di rappresentare.
C’è solo un piccolo dettaglio da precisare: i suoi sforzi difficilmente porteranno a dei risultati utili nell’ottica della pace, e prima o poi se ne accorgeranno tutti.


Troppo spaventato?

Vladimir Zelensky non ha escluso, nella recente intervista, che Vladimir Putin possa essere invitato al prossimo vertice di pace organizzato dall’Ucraina. Secondo Zelensky, se la Russia e l’Ucraina riusciranno a trovare un modo per sedersi al tavolo dei negoziati, non egli si aspetta che Putin vi partecipi «nel prossimo futuro» perché ritiene che il presidente russo sia «troppo spaventato per venire».
Indipendentemente da quello che intende Zelensky con quanto appena riportato, sospetto che Putin potrebbe avere paura di presentarsi al summit di pace per il banale motivo della sicurezza personale. Infatti, non ha paura della guerra perché – purtroppo, non senza motivo pensa che l’Occidente non abbia il coraggio di entrare in conflitto serio con lui; non ha paura che le sue richieste territoriali folli (le cosiddette «condizioni di pace») non vengano soddisfatte perché tale negazione non incide in alcun modo sulle sue condizioni attuali; non ha paura di essere costretto a fare qualcosa perché, ripetiamo ancora una volta, vede che l’Occidente non fa alcun tentativo di serio di farlo nemmeno con la forza.
Invece il mandato di arresto internazionale non è considerato un scherzo. L’Occidente «debole» ha paura, per una serie di motivi, di usare la forza militare, ma potrebbe non avere paura a mandare dieci persone fisicamente preparate a immobilizzare le guardie del corpo di Putin.
C’è un modo di contrastare questa paura / non paura di Putin? È un altro argomento enorme.


Una visita importante

Il ricercato internazionale Putin è riuscito a compiere un’altra visita all’estero sicura e, allo stesso tempo, importante: il 18 giugno si è recato in Corea del Nord, per la prima volta dal 2000…
Possiamo ridere all’infinito del solo fatto, come possiamo ridere, per esempio, del corteo del ricercato che viaggia per le strade vuote di Pyongyang…

…oppure dei grandi striscioni con il suo ritratto… Continuare la lettura di questo post »


Impasse

Ieri, il 5 giugno a San Pietroburgo è partita l’edizione 2024 del Forum economico internazionale. Nel 2024 il tema dell’evento è «Le basi della multipolarità: la formazione di nuovi centri di crescita». Un tempo lo SPIEF era considerato una prestigiosa (almeno secondo i criteri russi) piattaforma internazionale, alla quale partecipavano Capi di Stato e dirigenti di grandi aziende straniere. Al terzo anno di grande guerra in Ucraina, Vladimir Putin interverrà al Forum di San Pietroburgo in compagnia dei presidenti di Bolivia e Zimbabwe e di una delegazione del movimento terroristico talebano.
Non so ancora se ci saranno degli eventi meritevoli di vostra attenzione nel corso di questo Forum, quindi oggi vi comunico solo una piccola curiosità. Una delle prime cose che vedono i visitatori del Forum è l’albero genealogico di Vladimir Putin che la società genealogica «La casa delle tradizioni familiari „Kristina“» ha esposto sul proprio stand. L’albero genealogico in questione inizia con un uomo di nome Nikita (senza cognome), vissuto all’inizio del ’600. Allo stesso tempo, l’albero non contiene alcuna menzione dei parenti di Putin nati dalla metà degli anni ’50 in poi. Così, né l’ex moglie di Putin Liudmila (nata nel 1958), né le sue figlie (che Putin per qualche motivo chiama in pubblico con l’espressione «quelle donne») sono elencate nell’albero genealogico… Per non parlare di altri parenti.
Come reagiscono i russi? Hanno già definito quell’albero come «l’impasse di evoluzione».

[se siete interessati, ecco l’immagine più grande]
Voi avete in mente un nome più adatto per questa opera d’arte?


In realtà, una decisione tipica

Vladimir Zelensky ha definito come «una decisione non tanto forte» il rifiuto di Joe Biden di partecipare al cosiddetto «vertice di pace» («June 2024 Ukraine peace summit», che si terrà il 15–16 giugno in Svizzera). Secondo Zelensky, Putin applaudirà all’assenza di Biden, molto probabilmente anche con una standing ovation.
Il fatto che Putin sarà felicissimo dell’assenza di Biden è, per me, un fatto scontato. Non perché ha paura di Biden (triplo ahahahaha), ma perché riceverà ancora una volta la conferma del fatto che Biden è realmente il presidente americano più conveniente per lui (Putin). Un presidente che non fa nulla di concreto affinché le cose, non si sa mai, non vadano male (e «speriamo che tutto si risolva da solo»). In generale, Putin si accontenta della propria ragionevolezza. Chi può, lo racconti a nonno Joe poiché si rallegri: se non agli elettori, almeno al «partner autorevole» d’oltreoceano il suo comportamento è piaciuto.
Mentre Zelensky ha dimostrato una maestria diplomatica notevole, non avendo ancora detto pubblicamente nulla di quanto scritto sopra. Capisco perché per ora si senta obbligato a fare i miracoli diplomatici del genere. E, allo stesso tempo, mi sembra sempre più evidente che già a novembre (o, al massimo, a dicembre) avrà l’opportunità diplomatica di dire tutto quello che pensa su Biden. Mi dispiace per il motivo di quella opportunità, ma non mi dispiace più per la sorte di Biden.


Un po’ di buffonata

Cosa posso postare in qualità del video della settimana? Per esempio, alcune scene della buffonata chiamata «l’insediamento e l’inaugurazione del nuovo mandato di Putin» (quinto o sesto, dipende da come contiamo).

P.S.: nel frammento in cui lo avete visto con la mano sulla Costituzione, sta dicendo «Giuro di servire fedelmente il popolo nell’esercizio dei poteri del Presidente della Federazione Russa». I 24 anni precedenti mi fanno dubitare un po’ del fatto che riesca a fare un buon servizio.
P.P.S.: la limousine utilizzata è una Aurus Senat, prodotta (a partire dal 2018) in Russia per le massime cariche dello Stato russo.


La scelta dei vicini

Ieri a Mosca (ma pure in alcune altre città russe che ora, però, non ci interessano) si è svolta la parata militare facente parte dei festeggiamenti del Giorno della Vittoria nella Seconda guerra mondiale. Anni fa ho già scritto del perché del 9 maggio, quindi evito di ripeterlo (volendo potete seguire i link). Avrei potuto evitare anche di commentare quanto sia «azzeccato» festeggiare quella vittoria da parte di uno Stato che proprio ora sta conducendo, da aggressore, una guerra nazista. Ma ho pensato che del festeggiamento ufficiale di ieri bisogna sottolineare due dettagli piccoli, ma interessanti.
In primo luogo, alla suddetta parata Putin ha pronunciato un discorso nel corso del quale, tra le altre cose, definito come eroi i partecipanti alla guerra in Ucraina. Secondo me intendeva le persone diverse da quelle che ho in mente io.
In secondo luogo, possiamo provare a vedere chi era seduto vicino a Putin sulla tribuna durante lo svolgimento della parata. Non prestiamo troppa attenzione ai veterani finti della Seconda guerra mondiale, vediamo chi è seduto nella fila dietro:

Gli organizzatori della parata hanno messo alle spalle di Putin il tenente maggiore Chalym Chuldum-ool, il maggiore Boris Dudko e il capitano Sergei Bacherikov, che hanno combattuto in Ucraina e hanno ricevuto il titolo di Eroi della Russia. Chi saranno? Continuare la lettura di questo post »


Il patriarca rischia!

L’insediamento di ieri del nuovo presidente russo (non ho ancora imparato bene il suo nome) è un argomento per nulla interessante. Si è trattato solo dell’ennesimo rituale religioso-magico, avremmo anche potuto ignorarlo completamente. Non si è visto (e non poteva essere visto) alcunché di nuovo, inaspettato o influente sulla nostra vita in quella sceneggiata…
Solo un piccolo episodio, in un certo senso curioso, mi ha rallegrato un po’: il patriarca Kirill ha augurato a Putin di rimanere al potere fino alla fine della sua vita. Lo ha detto durante un servizio di preghiera in occasione dell’insediamento di Putin nella Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino:

La benedizione di Dio, la copertura della Regina dei Cieli possa rimanere con voi tutti i giorni della vostra vita, fino alla fine dei tempi, come diciamo noi. E con audacia dirò: Dio conceda che la fine della sua vita significhi la fine della vostra permanenza al potere. Voi avete tutte le carte in regola per svolgere questo grande servizio alla Madrepatria per un periodo di tempo lungo e di successo.

Se non Kirill, ma qualche altro sacerdote (a differenza di Kirill, rispettato dalle persone normali) avesse detto esattamente la stessa cosa, lo avrebbero incarcerato immediatamente. Perché è impossibile dire, in relazione a Putin, qualcosa del tipo «preghiamo che tu muoia e faccia dunque in modo che l’incarico finalmente si liberi»!
E ora i sacerdoti e i laici hanno un modo relativamente (purtroppo, molto relativamente) sicuro per esprimere il loro atteggiamento nei confronti di Putin: semplicemente citare la suddetta frase di Kirill.


Un problema dimenticato

Ieri, parlando dell’attentato al Krokus Hall City del 22 marzo, Putin ha detto che «la Russia non può essere l’obiettivo degli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici» perché secondo le sue «fonti» i terroristi avrebbero avuto l’obiettivo di «danneggiare l’unità nazionale russa» (di uno enorme Stato multinazionale? Boh…).
Insomma, fa di tutto per non ammettere di essere stato avvisato dell’attentato con settimane di anticipo dagli americani. Allo stesso tempo, io sono sorpreso dal fatto che nel corso delle due settimane passate dal giorno dell’attentato non abbia accusato l’Ucraina con quella intensità che tanti si aspettavano. Nei primi giorni tale fenomeno poteva anche essere spiegato con un alto grado di disorientamento mentale del personaggio. Mentre nel periodo successivo avrebbe anche potuto inventare dei cosiddetti «risultati delle indagini»: ma non abbiamo visto nulla di particolare.
Altrettanto interessante, però, è il fatto che tutti gli altri solo grazie a quell’attentato si sono accorti di avere una visione molto limitata del mondo. Negli ultimi due anni ci siamo abituati ad avere al centro della nostra attenzione le guerre in Ucraina e in Israele, ma ci siamo dimenticati che per i terroristi dell’ISIS rimaniamo (noi, tutti gli occidentali) degli infedeli che, per esempio, non hanno mai lasciato la Siria agli islamisti. E, di conseguenza, che «andiamo puniti». Putin, poi, per una varietà di motivi era realmente convinto di essere l’ultimo a rischiare: per esempio, perché da anni cerca di fare l’amicizia con i vari gruppi estremisti in giro per il mondo.
Ma se ignoriamo il (o ci dimentichiamo del) problema, esso non sparisce.


Altri sei anni

La settimana scorsa avevo per la mente un altro argomento per il video domenicale, dunque recupero oggi ciò che avrei potuto fare sette giorni fa.
Il designer russo Egor Zhgun (in Russia è abbastanza noto da anni per alcune sue opere grafiche animate e non) ha pubblicato, nell’occasione della recente «rielezione» di Putin all’ennesimo mandato presidenziale, la terza puntata del proprio cartone animato che riassume gli ultimi anni, appunto, della presidenza di Putin. Come le precedenti due, anche questa puntata contiene tantissimi dettagli: suppongo che la maggioranza di essi dovrebbe esservi facilmente comprensibile.

Se non capite qualcosa, chiedete pure.
Io, intanto, aggiungo i due video precedenti. Continuare la lettura di questo post »