Donald Trump ha dichiarato che potrebbe recarsi a Istanbul il 15 maggio, dove probabilmente si svolgeranno i colloqui russo-ucraini, ma non ne è ancora sicuro perché ha in programma tantissimi incontri.
Avendo osservato il comportamento di Trump degli ultimi 3+ mesi, possiamo immaginare facilmente che a Istambul ci andrebbe di corsa, anche a piedi, per mostrare a tutti ancora una volta di essere l’uomo delle soluzioni. Ma sta aspettando di capire se la sua presenza sarà unica o meno: se ci saranno anche altri due personaggi.
Effettivamente, nel finesettimana Zelensky aveva fatto una grandissima mossa dichiarando che il giovedì 15 maggio aspetterà Putin a Istanbul per un colloquio (come lo stesso Trump gli ha chiesto di fare). È una grande mossa perché Zelensky capisce benissimo – a differenza di Trump e quasi tutta la squadra di quest’ultimo – che Putin farà qualsiasi cosa per non andarci! Non ci andrà un po’ perché ha paura di finire in un luogo potenzialmente nemico e un po’ perché in caso contrario dovrebbe negoziare direttamente con Zelensky al quale nega la legittimità (perché lo odia per il coraggio, per la tenacia, per il fatto che è stato eletto con i veri voti popolari e per tante altre cose). Di conseguenza, Zelensky ora sta costringendo Putin a fare due cose contemporaneamente: mostrare dispetto a Trump e inventare una scusa – in ogni caso ridicola – per non andare a un colloquio che egli stesso (Putin) ha proposto. Lo sta costringendo di mostrare un’altra volta, con una chiarezza ancora più grande, di non essere interessato alla pace. Immaginate le bestemmie che volano in questi giorni nella residenza di Putin…
Ora sarebbe bello convincere Trump di fare una dichiarazione pubblica più precisa: «io e Zelensky ti aspettiamo a Istambul, che fai?».
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Xi Jinping, in visita di quattro giorni a Mosca (dove è anche stato un ospite d’onore alla parata militare, svolgendo la funzione della difesa antiaerea di Putin), ha regalato a Putin un grande grammofono:
Dato che i cinesi non fanno mai i regali senza senso — c’è un significato preciso in ogni regalo — ora mi chiedo: cosa ha cercato di comunicare il compagno Xi? La risposta «Vladimir, tu sembri uscito dal XIX secolo» mi sembra logica, ma troppo banale…
Non so se ve ne siete accorti, ma da ieri conosciamo un nuovo – non so dire il numero seriale perché ho perso il conto – motivo della guerra in Ucraina espresso direttamente da Vladimir Putin.
Infatti, ieri su uno dei canali televisivi statali russi è uscito il film documentario «Russia. Cremlino. Putin. 25 anni»…
Probabilmente avrei dovuto mettere tra virgolette anche la parola documentario, ma non mi va di rendere il testo troppo pesante dal punto di vista visivo: tanto, avete già capito che si tratta di propaganda.
Insomma, in una delle scene di quel film Putin ha affermato che il mancato riconoscimento dell’indipendenza e della sovranità della Russia da parte dell’Occidente ha portato, alla fine, alla «operazione militare speciale» in Ucraina. Dopo il crollo dell’URSS, l’Occidente decise che la Russia si era indebolita e volle dividere la Federazione Russa in altre 4–5 parti.
Chi e quando lo voleva? Putin, ovviamente, non lo dice. Mentre io non riesco proprio a ricordarmi intenzioni o tentativi del genere. Allo stesso tempo, mi ricordo benissimo che lo stesso Occidente aveva tanta paura della divisione dell’URSS in una qualsiasi quantità di parti perché questo poteva comportare – secondo i politici di allora – la divisione dell’arsenale nucleare tra diversi nuovi Stati. Tale divisione era stata evitata grazie alla assegnazione di tutto l’arsenale alla Russia, il che si è rivelato (come vediamo ora) una scelta fatale per la pace.
Ma Putin pensa che tutti si siano dimenticati già tutto, quindi ci racconta il suddetto nuovo motivo della guerra. Boh…
Trump ha condannato il massiccio attacco dell’esercito russo di ieri alla Ucraina, compresa la città di Kiev:
I am not happy with the Russian strikes on KYIV. Not necessary, and very bad timing. Vladimir, STOP! 5000 soldiers a week are dying. Lets get the Peace Deal DONE!
Mi chiedo se Zelensky e Biden siano ancora secondo lui colpevoli dell’inizio della guerra. E se sia Zelensky a non volere che finisca?
In realtà, è interessante ma non importante. Ciò che è importante è: molto probabilmente è impossibile offendere seriamente Trump: quando egli finalmente capirà tutto di Putin (prima o poi dovrà farlo, nonostante le capacità limitate), semplicemente passerà a qualche questione più semplice e veloce da «risolvere». Gli è già successo molte volte fare in questo modo. Ma non sarà in grado di offendersi nello stile di Putin, tipo: «Non mi rispetti, quindi ora ti rovino tutta la tua misera esistenza». Il suo livello di cultura è notoriamente basso, ma è comunque basso secondo i criteri americani. Purtroppo, in questo particolare momento storico è da considerare una cosa negativa.
La giornalista Kristen Welker ha raccontato, in una diretta a NBC News, che Donald Trump nel corso di una conversazione con lei avrebbe detto di essere «molto arrabbiato» con Vladimir Putin (il quale ha messo in dubbio la legittimità di Vladimir Zelensky) e avrebbe minacciato di imporre dazi secondari sul petrolio russo durante una conversazione con lei.
Almeno in questo specifico caso ci credo facilmente che la reazione di Trump al comportamento di Putin sia proprio quella della rabbia: si è già abituato che tutti in qualche modo cercano di accontentarlo. Ancora più facilmente ci credo quando si dice della sua ipotetica intenzione di introdurre le sanzioni secondarie: si tratta più o meno della stessa logica dei dazi (quanto sia funzionante e utile è un’altra questione).
Allo stesso tempo, sono contento per il fatto che Trump continui a scoprire ciò che è evidente più o meno a tutti gli altri: la pace o la tregua in Ucraina non sono tra gli obiettivi primari di Putin. Di conseguenza, Trump sta trattando con un personaggio che ha gli obiettivi completamente diversi dai suoi. In queste condizioni è possibile arrivare al risultato sperato? Ovviamente no.
Ma quello che mi diverte maggiormente è il comportamento miope di Putin, il quale per l’ennesima volta ha dimostrato di essere un tattico e non uno stratega. Pensava di ingannare un tipo impulsivo come Trump? Pensava di poterlo fare almeno per un periodo di tempo non tanto breve? Triplo ahahaha! È ovvio che prima o poi dovrà affrontare le conseguenze: sarebbe interessante vedere quali.
Tra poco vedremo come è realmente Trump arrabbiato, ahahaha
Il corrispondente speciale del giornale russo «Kommersant» Andrei Kolesnikov scrive: nel pomeriggio del 18 marzo, durante una parte riservata di un incontro con i rappresentanti dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori, Putin non ha parlato di affari, ma di Ucraina (questo modo di fare gli capita regolarmente). Tra le altre cose, ha affermato che la Russia non rivendicherà «Odessa e altri territori» della Ucraina se nel corso dei colloqui di pace la Crimea, le autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e le regioni annesse di Kherson e Zaporozhye saranno riconosciute come territori russi.
Chi riconoscerà questi territori come russi? Gli USA o l’Ucraina? E se non li riconoscerà, lo Stato russo continuerà a rivendicare «Odessa e altri territori»? In base a ciò che sappiamo oggi sulle modalità dei negoziati, possiamo supporre che il riconoscimento sia richiesto alla Ucraina: Trump è pronto a riconoscere qualsiasi cosa, purché il risultato sia qualcosa che possa essere definito un «accordo». Egli chiamerà il fatto stesso dell’"accordo" il proprio grande successo e andrà a creare altri «successi» da qualche altra parte.
E un altro dettaglio: le regioni di Kherson e Zaporozhye dovrebbero essere riconosciute come territori russi nella loro interezza, come scritto nella «costituzione» putiniana, o solo entro quelle loro parti attualmente controllate dalle truppe russe? Sicuramente l’Ucraina non riconoscerà queste regioni come interamente russe e, di conseguenza, lo Stato russo continuerà a rivendicare «Odessa e altri territori»; continuerà pure la guerra stessa. «Perché l’Ucraina è intransigente».
Quindi c’è una logica nel fatto che Putin abbia fatto la dichiarazione di cui sopra proprio di fronte all’Unione degli Industriali e degli Imprenditori. Ha lasciato intendere che le entrate derivanti dalle commesse belliche continueranno.
Ieri Trump e Putin si sono parlati al telefono per due ore e mezzo. Ufficialmente, hanno concordato i seguenti punti:
1) una tregua di 30 giorni nel colpire il sistema energetico della Ucraina e della Russia (Putin avrebbe già ordinato all’esercito russo di farlo):
2) saranno avviati negoziati per garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero;
3) la Russia e l’Ucraina si scambieranno prigionieri nel formato 175 per 175 il 19 marzo;
4) la Russia consegnerà 23 militari ucraini gravemente feriti come «gesto di buona volontà»;
5) sono stati istituiti gruppi di esperti russi e statunitensi per continuare a lavorare sulla risoluzione del conflitto;
6) i presidenti hanno discusso della cooperazione in Medio Oriente: entrambi condividono l’opinione che l’Iran non debba essere in grado di distruggere Israele;
7) i presidenti hanno concordato gli sforzi congiunti sulla non proliferazione nucleare e sulle questioni relative alla sicurezza globale;
8) Putin ha proposto e Trump ha appoggiato l’idea di organizzare partite di hockey tra giocatori della NHL e della KHL
Cosa si può dire in merito? Per esempio:
1. l’annunciato cessate il fuoco di 30 giorni si è trasformato in una tregua solo nel settore energetico (è già meglio di niente, ma è pochissimo),
2. la sicurezza della navigazione per chi?
3. lo scambio di prigionieri è sempre una buona cosa;
4. anche la consegna degli ucraini gravemente feriti è positivo.
5. si creano gruppi: il solito bla, bla, bla burocratico;
6. la cooperazione sul Medio Oriente: significa che non ci sarà la cooperazione;
7. la non proliferazione nucleare: assolutamente ridicolo perché Putin ha già portato le armi nucleari in Bielorussia.
Inoltre, Putin avrebbe chiesto di non fornire più gli aiuti militari alla Ucraina nel corso dei suddetti 30 giorni. Ma se realmente «vuole la pace», perché dovrebbe esserne interessato: se non aggredisce, quelle armi non verranno mai utilizzate contro il suo esercito.
Boh, vedremo.
Dmitry Peskov (il portavoce di Putin), rispondendo alla domanda di un giornalista sulla data di un possibile incontro tra Putin e Trump, ha dichiarato:
Per ora è impossibile parlare dei tempi, perché non ci sono indizi. Se i presidenti prenderanno una decisione, l’incontro sarà ovviamente preparato nei tempi che gli stessi Capi di Stato stabiliranno.
Ma noi, i semplici osservatori, almeno un indizio ce l’abbiamo. Possiamo presumere che Putin non si trovi totalmente fuori dal contesto reale e che sappia che la guerra gli costa tanto, gli sta portando via le ultime riserve economiche e che sicuramente non può essere continuata all’infinito (anche se può continuare molto più a lungo di quanto speriamo noi). Allo stesso tempo, capisce che l’imprenditore Trump è abituato alle trattative e non alle guerre. Di conseguenza, Putin partecipa al gioco, fa finta di trattare e avanzare delle proprie condizioni, ma presto smetterà di farlo. Perché, alla fine, la tregua è anche un suo obiettivo, anche se per motivi diversi da quelli di Trump.
Quindi dell’incontro si inizierà a parlare presto.
Il mercoledì 12 marzo Putin si sarebbe recato – evidentemente per dimostrare che il ritiro delle truppe ucraine dalle zone ovest è il merito del suo genio militare – nella regione Kursk. La regione è talmente contenta del suo arrivo che gli alberi sono già coperti da foglie verdi, mente all’interno dell’edificio funziona l’aria condizionata. Con il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate della Federazione Russa si scambiano tanti discorsi da contenuto quasi nullo, ma aiutandosi da mappe cartacee. Insomma, si tratta di un film molto interessante…
Ma la cosa più interessante è che Putin è vestito da guardia giurata di un supermercato (si trova a 1470 rubli, circa 14,70 euro):
Sì, nella produzione di questo film si sono impegnati proprio tutti.
Putin ha dichiarato di essere d’accordo con la proposta della tregua per 30 giorni, ma che questa dovrebbe portare a una «pace a lungo termine». Ha dichiarato, ma si è anche interrogato:
Cosa faremo con l’area controllata dall’esercito ucraino nella regione di Kursk? Se interrompiamo le ostilità per 30 giorni, cosa significa? Che tutti [i militari dell’esercito ucraino] che sono lì se ne andranno senza combattere? Dovremmo lasciarli uscire da lì dopo che hanno commesso una marea di crimini contro i civili? O la leadership ucraina darà loro l’ordine di deporre le armi, di arrendersi? Come avverrà? Non è chiaro.
E come verranno risolte le altre questioni lungo tutta la linea di contatto? Si tratta di quasi duemila chilometri. E lì le truppe russe stanno avanzando in quasi tutti i settori. […] Come verranno utilizzati questi 30 giorni? Per continuare la mobilitazione forzata in Ucraina? Per rifornirla di armi? Per addestrare le unità appena mobilitate? O non si farà nulla di tutto ciò?
Allora la domanda sorge spontanea: come verranno affrontate le questioni del controllo e della verifica? Come possiamo garantire che non accadrà nulla di simile? Chi darà l’ordine di fermare le ostilità? E qual è il prezzo di questi ordini? Quasi duemila chilometri [di linea di contatto]. Chi stabilirà chi e dove ha violato un eventuale accordo di cessate il fuoco?
In generale, Putin rispetta rigorosamente la tradizione di incolpare gli altri per ciò che fa (o sta per fare) lui stesso. Non è una grande novità.
Ma, stranamente, è stato proprio lui a portarmi all’idea che il graduale ritiro dell’esercito ucraino dalla regione di Kursk, a cui stiamo assistendo in questi giorni (e che era comunque destinato ad accadere prima o poi), può essere spiegato non solo dall’andamento dei combattimenti non particolarmente fortunato per l’esercito ucraino. Le ragioni degli insuccessi sono una grande questione professionale a parte, ma il fatto che il destino delle forze armate ucraine nella regione di Kursk potesse diventare una delle «condizioni» di Putin poteva essere previsto e in qualche modo scongiurato. Ed è forse quello che sta accadendo ora. Ma questa è solo una delle teorie che mi vengono in mente.