L’archivio del tag «musica»

La musica del sabato

Il 14 marzo 1966 uscì, ancora come un singolo, la canzone «Eight Miles High» del gruppo rock statunitense The Byrds. Inizialmente la canzone ebbe una vita difficile: fu vietata per la trasmissione via radio a causa della «pubblicizzazione della droga» (a un certo punto Gene Clark e David Crosby ammisero di averla scritta ispirandosi almeno in parte alla esperienza del consumo delle droghe) e non raggiunse il Billboard Top 10 a causa della sua complessità stilistica (almeno per il pubblico di massa). Ma, ovviamente, tutto questo non ha impedito al gruppo di includere la canzone nel proprio terzo album di studio: «Fifth Dimension» (pubblicato il 18 luglio 1966).

I critici musicali, successivamente, definirono questa canzone come la prima del rock psicodelico e un classico dell’epoca della controcultura. Ma i critici sono gli ultimi personaggi che mi potrebbero interessare. Molto più importanti sono la qualità della musica che percepisco io e le reazioni dei colleghi/"concorrenti" importanti degli autori. Relativamente al secondo punto posso constatare che la «Eight Miles High» è stata suonata, nei decenni successivi, da tantissimi altri gruppi e musicisti/cantanti singoli. Per esempio, il gruppo The Ventures ha incluso la canzone nel proprio album «Go with the Ventures» (pubblicato l’11 giugno 1966, tre mesi incompleti dopo la pubblicazione del singolo originale).

Tra le altre innumerevoli interpretazioni interessanti potrei selezionare quella del gruppo The Leathercoated Minds creato da Snuff Garrett e J. J. Cale (a me tanto caro). Si trova al primo posto del loro unico album «A Trip down the Sunset Strip» del 1967:

Concludo il post musicale odierno con la versione della «Eight Miles High» da 19 minuti registrata nel 1969 dal gruppo rock olandese Golden Earring (inclusa nell’album «Eight Miles High» uscito il 17 novembre 1969):

Ora, se vivi e interessati, potete andare a cercare le altre interpretazioni della canzone…


La musica del sabato

Il 7 maggio c’era stato il 190-esimo anniversario della nascita del compositore tedesco Johannes Brahms. E dato che a me la musica di Brahms piace tanto, non potevo non sfruttare anche questa occasione formale per ricordarlo nella propria rubrica del sabato.
Per l’importante anniversario ho pensato di scegliere quella composizione di Brahms che, secondo i critici musicali, illustra in un modo particolarmente forte tutta la creatività musicale del compositore: si tratta del «Ein deutsches Requiem» («Un Requiem tedesco»), composto nel periodo tra il 1865 e il 1868 e poi integrato dal compositore stesso nel 1869 con un movimento in più. Oggi posto proprio la versione finale in sette movimenti.

Probabilmente è un po’ lungo per essere condiviso su internet, ma in realtà merita…


La musica del sabato

Il pianista classico ungherese/britannico András Schiff è internazionalmente noto, tra tante altre cose, per due motivi: 1) è considerato uno dei migliori esecutori delle composizioni di Ludwig van Beethoven; 2) ha registrato delle composizioni di Beethoven con il pianoforte Broadwood della epoca del compositore.
Il secondo motivo, dal punto di vista tecnico, è in realtà solo una piccola curiosità: un pianoforte è uno strumento troppo complesso per essere restaurato con successo (a differenza, per esempio, di un violino), mentre una qualsiasi replica moderna non potrà garantirci il suono autentico (anche perché non sappiamo con la certezza assoluta come era). Di conseguenza, oggi posto – «semplicemente» – due sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven suonate da András Schiff con uno strumento moderno.
Inizio con la sonata n. 15 «Pastorale» (op. 28) del 1801:

E poi aggiungo la sonata n. 30 (op. 109) del 1820:

Due sonate scelte solo in base all’umore degli ultimi giorni…


La musica del sabato

Il Planet P Project è uno dei progetti musicali avviati dal tastierista statunitense Tony Carey (ex membro dei Rainbow) in Germania all’inizio degli anni ’80. Nell’ambito di tale progetto erano stati registrati solo due album moderatamente popolari, dopodiché Carey era tornato alla attività da solista: essa è sempre stata più di successo dal punto di vista commerciale.
La musica del Planet P Project, comunque, mi sembra stilisticamente interessante almeno in qualità di un buon monumento alle tendenze stilistiche della sua epoca. Dunque, oggi posto due canzoni dal primo album «Planet P Project» uscito nel 1983. L’album in generale non è molto lineare nel suo stile, quindi è stato impossibile selezionare due brani più rappresentativi. In più, ho pensato di evitare quei due che hanno avuto il maggior successo alla radio…
La prima canzone selezionata per oggi e la «King For A Day»:

E la seconda canzone selezionata è la «Send It in a Letter»:

La maggior parte della musica delle due canzoni riportate – e dell’album in generale – era stata registrata da Tony Carey in prima persona. Di conseguenza, posso constatare che un musicista così «versatile» avrebbe potuto meritare un po’ più notorietà…


La musica del sabato

A volte può capitare che qualche mio post musicale venga influenzato dalle mie scoperte cinematografiche. Per esempio: qualche settimana fa mi è venuta la voglia di riascoltare la Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler. L’avrei condivisa anche con voi, ma mi ricordo di averlo già fatto poco più di due anni fa… Di conseguenza, ho iniziato a pensare alle alternative valide e ho trovato presto la soluzione ovvia!
Il post di oggi può essere dedicato al Concerto per violoncello in mi minore (Op. 85) del compositore inglese Edward Elgar. Questa composizione, scritta presumibilmente nel 1919, è stata per la prima volta eseguita il 27 ottobre 1919 alla apertura della stagione 1919–1920 della London Symphony Orchestra. Nonostante l’occasione importante, la prima di questo Concerto è stata professionalmente tragica per Elgar: il resto del programma doveva essere diretto dal suo collega / concorrente Albert Coates, il quale aveva tenuto impegnata l’orchestra nelle prove fino a non lasciare a Elgar il tempo necessario per le prove del suo concerto. Inevitabilmente, dunque, la prima esecuzione era andata un po’ male…
Per fortuna, però, la composizione non è andata persa: nei decenni successivi è stata eseguita e registrata molte volte. Ora la potete apprezzare anche voi:

E, ovviamente, ricordatevi che nei buoni film sono nascosti tanti riferimenti interessanti.


La musica del sabato

Esattamente 50 anni fa, l’8 aprile 1973, Pablo Picasso morì all’età di 91 anni nella sua villa Notre-Dame-de-Vie (a Mougins). Prima di morire pronunciò le famose parole: «Brindate a me, alla mia salute, poiché sapete che io non posso più bere».
Dall’altra parte del mondo, in Giamaica, Paul McCartney fu a cena con Dustin Hoffman. L’attore chiese al musicista se fosse capace di comporre – per scommessa – una canzone in questo esatto momento, letteralmente dal nulla. McCartney accettò di fare un tentativo.
A quel punto Hoffman prese una rivista e lesse la notizia della morte di Picasso e delle sue ultime parole. McCartney prese immediatamente la chitarra e iniziò a comporre una canzone proprio con quelle parole:
The grand old painter died last night
His paintings on the wall
Before he went he bade us well
And said goodnight to us all.
Drink to me, drink to my health
You know I can’t drink any more
Drink to me, drink to my health
You know I can’t drink any more!
Così è nata la canzone «Picasso’s Last Words (Drink to Me)», poi entrata a far parte dell’album «Band on the Run» dei Wings (1973). Il grande pittore ispirò gli altri fino all’ultimo.

Cosa posso aggiungere a questa canzone? Posso aggiungere che Picasso continuò a ispirare gli altri anche dopo la propria morte. Per esempio, il gruppo The Modern Lovers registrò la canzone «Pablo Picasso» (inclusa nell’album «The Modern Lovers» pubblicato nel 1976):

È successo non solo nella musica, ma quello è un altro argomento…


La musica del sabato

Più di sei mesi fa mi era capitato di postare, nella mia rubrica musicale, alcune sonate del compositore statunitense John Milton Cage. In quella occasione, però, non vi avevo proposto una delle composizioni più famose di Cage: «4′33»«, una pièce musicale in tre movimenti composta nel 1952 per una quantità variabile degli strumenti musicali. La durata di esecuzione corrisponde al nome della composizione: 4 minuti e 33 secondi.
Per la prima volta nella storia la «4′33»" è stata eseguita il 29 agosto 1952 dal pianista David Tudor (al concerto di beneficenza organizzato in sostegno alla creatività nell’ambito dell’arte moderna), ma a me piacciono di più alcune altre interpretazioni.
La mia versione preferita per una orchestra è quella eseguita nel 2022 dalla Berliner Philharmoniker (dirige Kirill Petrenko):

La versione per il solo pianoforte meglio riuscita è secondo me quella di Armin Fuchs (il video è del 1952):

La versione per la chitarra più interessante è quella suonata da Felix Salazar (con una chitarra del 1867):

E poi, una composizione musicale così moderna non poteva non essere apprezzata pure dai musicisti non classici. Concludo dunque il post musicale odierno con una interpretazione realmente moderna, anche se un po’ rumorosa: quella in stile metal dei Dead Territory:

Bene, ora lascio riposare le vostre orecchie.


La musica del sabato

Il sabato 4 marzo è morto Michael Rhodes, uno dei bassisti statunitensi più richiesti degli ultimi decenni…
Suppongo che il suo nome sia sconosciuto alla maggioranza degli ascoltatori «dilettanti» del rock: per esempio, perché Rhodes praticamente da sempre non aveva alcun legame fisso con alcun gruppo. Oppure, ancora più probabilmente, perché il basso è l’ultimo strumento al quale uno ascoltatore non professionale presta l’attenzione. In ogni caso, non mi sembra una situazione bella o giusta: i musicisti bravi vanno ricordati.
Io ci ho messo un po’ di tempo a capire in quale modo potrei ricordare Michael Rhodes nella mia rubrica musicale. Volevo postare qualcosa di rappresentativo e, allo stesso tempo, nuovo (mi era già capitato più di una volta di postare qualche canzone di Joe Bonamassa, con il quale Michael Rhodes aveva collaborato spesso negli ultimi anni).
Alla fine, ho pensato di selezionare i seguenti due brani…
Prima di tutto, la canzone «Redemption» di Joe Bonamassa (dall’album «Redemption» del 2018):

E poi aggiungo la «Through With The Past» dei The Cicadas (dall’album «The Cicadas» del 1997):

Molto probabilmente nell’ottica dell’argomento del basso esistono degli esempi non meno validi, ma non mi sono (ancora) venuti in mente.


La musica del sabato

Tra due settimane esatte, il 1° aprile, sarà il 150-esimo anniversario della nascita del compositore Sergej Rachmaninov, ma io ho pensato, per una serie di motivi, di dedicargli un post musicale già oggi: anche perché la bellezza dell’arte non dipende dalle date, esiste sempre…
Tra parentesi: (da oltre un anno osservo nella mia mente l’ombra di un blocco ogni qualvolta sto per pubblicizzare qualcosa di russo. E poi mi ricordo che esistono le personalità – e le loro opere – che si sono formate, affermate e creato non grazie a, ma nonostante l’attività dello Stato e si sono dunque guadagnate una posizione meritata nel patrimonio mondiale: quello culturale, scientifico, tecnico etc. Sergej Rachmaninov è una di quelle persone.).
Scegliere appena una o due composizioni tra tutte quelle lasciateci da Rachmaninov potrebbe sembrare una missione difficile, ma io, fortunatamente, sono riuscito a inventare un criterio.
Per il tradizionale post musicale del sabato ho scelto il concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol minore (op. 40) composto nel 1926. Si tratta della prima composizione scritta da Sergej Rachmaninov dopo l’esilio volontario dalla Russia colpita dalla Rivoluzione d’ottobre. In un primo periodo tale concerto non ebbe un particolare successo tra il pubblico, ma fu una composizione importante per il compositore stesso: segnava l’uscita da un periodo psicologico difficile e il ritorno all’attività creativa adeguata alla sua portata. È una «piccola» vittoria della persona sulle circostanze.
Il concerto è stato revisionato dal compositore stesso due volte, io metto la versione definitiva del 1941:

Farò in tempo a postare, in futuro, anche le composizioni più apprezzate di Sergej Rachmaninov. Ma oggi ho voluto fare proprio come ho fatto.


La musica del sabato

Più o meno tutti gli interessati alla musica degli anni ’50/’60 del XX secolo conoscono il duo country-rock statunitense The Everly Brothers. Il periodo della massima popolarità dei fratelli Phil e Don Everly fu stato tra il 1956 (l’anno del debutto) e il 1963 (l’anno in cui i due furono chiamati alla marina militare). Proprio in quegli anni registrarono le loro canzoni più famose; a quel periodo è dedicato il mio primo post musicale sul duo.
Molti critici musicali, però, sostengono che i fratelli Everly avrebbero raggiunto l’apice della loro forma artistica nella seconda metà degli anni ’60, dopo il ritorno dal servizio alla marina. Provo dunque a pubblicare due canzoni appartenenti a questo loro periodo musicale.
La prima canzone di oggi è la «Love Is Strange» (dall’album «Beat & Soul» del 1965):

La seconda canzone scelta per oggi è la «The Price of Love» (dall’album «In Our Image» del 1966):

La popolarità e la rilevanza musicale del duo, comunque, è quasi completamente tramontata dopo il litigio del 1973 tra i due fratelli, sebbene se si siano riuniti negli anni ’80 per continuare a registrare delle canzoni fino al 2005.