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La musica del sabato

Qualche tempo fa ho scoperto una versione interessante di una nota canzone: B. B. King canta la sua «The Thrill Is Gone» assieme a Tracy Chapman. Non male.

E, per rispettare la tradizione dei due video musicali, aggiungo una versione live della stessa canzone. Essa è interessante per una grande (in tutti i sensi) partecipazione:


La musica del sabato

Nella edizione odierna della mia rubrica musicale ascoltiamo una bella sinfonia di Louis-Hector Berlioz: la «Sinfonia fantastica: Episodio della vita di un artista in cinque parti» (Épisode de la vie d’un artiste, symphonie fantastique en cinq parties).

Questa sinfonia sarebbe stata composta in onore alla attrice inglese Harriet Smithson (la prima moglie del compositore) ma successivamente dedicata all’imperatore russo Nicola II (il compositore fu molto apprezzato anche economicamente in Russia). Ma tale opportunismo umanamente non bellissimo è solo una piccola curiosità: conta il risultato finale, vero?


I ritratti doppi

Nei giorni passati alcuni miei amici e conoscenti hanno postato delle foto curiose su Facebook. E io ci ho messo un po’ a trovare la loro fonte.
Si tratta di una raccolta di fotomontaggi dove i vari superstar della musica nella loro età attuale (o quella massima raggiunta se già defunti) posano con le proprie «versioni» più giovani.

Sì, direi che è un progetto simpatico.


La musica del sabato

Perché non c’è mai stato Roy Orbison nella mia rubrica musicale? È un grande mistero. Ed è una grande svista.
Oggi rimedio postando due sue canzoni.
La prima è la «Only the Lonely» (facente parte dell’album «Lonely and Blue» del 1961). All’inizio di settembre avevamo già sentito la versione cantata da Chris Isaak.

La seconda canzone di oggi è la «In Dreams» (dall’album «In Dreams» del 1963):


La musica del sabato

Per il post musicale di oggi ho selezionato una opera famosa, ma sempre meritevole di un ascolto in più: la «Sonata al chiaro della luna» di Ludwig van Beethoven.

Per gli interessati alla storia di questa sonata esiste il relativo articolo su Wikipedia, ma la bellezza di ogni opera musicale si esprime prima di tutto nei valori assoluti e autosufficienti: la bellezza del suono.


La musica del sabato

Pochi giorni fa, il 15 gennaio, Captain Beefheart avrebbe compiuto 78 anni. Approfitto di questo pretesto per pubblicare un post musicale dedicato esclusivamente a egli (più di un anno fa lo avevo incluso nel post dedicato alla canzone «I Got the Same Old Blues»).
Come da tradizione, ho selezionato due canzoni.
La prima è la «Further Than We’ve Gone» (dall’album «Blue Jeans And Moonbeams» del 1974):

E la seconda è la «China Pig» (dall’album «Trout Mask Replica» del 1969):


La musica del sabato

Devo raccontarvi chi era Elvis Presley? Non penso.
Dato che quattro giorni fa, l’8 gennaio, avrebbe compiuto 84 anni, lo ricorderei nella mia rubrica musicale con due brani – entrambi dall’album «His Hand In Mine» del 1960. Nonostante fosse morto oltre quarant’anni fa, penso che molte sue canzoni siano ancora ascoltabili.
La prima canzone è «His Hand In Mine».

E la seconda è «I’m Gonna Walk Dem Golden Stairs».


La musica del sabato

Considerando che siamo ancora in un periodo festivo particolare, ho pensato di ispirarmi – nella scelta della musica per questo sabato – al ballo di Capodanno di Vienna. Uno dei compositori più apprezzati in tale occasione è il «re dei valzer» Johann Baptist Strauss II.
Figlio di un noto compositore austriaco, J. B. Strauss II fu costretto a studiare la musica di nascosto (il padre fu intenzionato a farlo diventare un banchiere) e rimanere senza l’eredità dopo avere deciso di dedicarsi professionalmente alla propria passione (la musica, appunto). Il risultato eccezionale dimostra, ancora una volta, che i talenti crescono meglio in un ambiente ostile che in un giardino curato. Incontrando e superando gli ostacoli sentono aumentare il desiderio della propria meta.
La prima delle due opere selezionate per il post di oggi è «Radezky Marsch»:

Mentre la seconda è «Persischer Marsch»:


La musica del sabato

Una decina d’anni fa a San Pietroburgo si celebrò – come accade tutti gli anni – una delle più importanti feste cittadine ufficiose. Come da tradizione, nell’auditorium utilizzato per la parte istituzionale della festa – in sostanza un concerto di livello non proprio altissimo con alcuni discorsi ufficiosi in mezzo – furono presenti le massime istituzioni locali (tra il pubblico) e gli artisti locali più noti a livello federale e apprezzati in modo reciproco dalle istituzioni di ogni livello (sul palcoscenico, tra i partecipanti al concerto).
Ma ecco che, improvvisamente, sul palcoscenico comparve il compositore Oleg Karavaychuk…
Provate a immaginare il carattere più brutto che potete. Il carattere di Oleg Karavaychuk era molto peggio. Si vestiva in un modo un po’ bizzarro e arcaico: immaginate un povero pittore di Montmartre della fine dell’800. Viveva in una stanza minuscola di un appartamento in condivisione (uno di quelli co-posseduti e co-abitati da più famiglie in contemporanea): la maggior parte dello spazio della stanza era occupato da un pianoforte. Karavaychuk dormiva quindi sotto il pianoforte e utilizzava la sua superficie superiore come tavolo. Prima di andare a suonare in pubblico toglieva la federa (mai lavata) dal suo unico cuscino e se la metteva in tasca. Arrivando nella sala da concerto, si sedeva davanti al pianoforte e si copriva tutta la testa (faccia compresa) con quella federa: per fare in modo che gli ascoltatori ed egli stesso si concentrassero esclusivamente sulla musica e non su chi ascolta o suona. Suonando, spesso si sdraiava quasi completamente sotto il pianoforte.
Insomma, è evidente che a quel concerto festivo fu invitato per sbaglio.
Una volta salito sul palco, si avvicinò al microfono e con la sua terribile voce scricchiolante disse: «Cari amici! Tutto ciò che avete sentito nel corso di questo concerto è una merda terrificante. Per coloro che pensano di avere sentito male, ripeto: M-E-R-D-A. Finalmente possiamo ascoltare la musica.»
Nel totale silenzio che si instaurò nella sala, il compositore Oleg Karavaychuk si sedette davanti al pianoforte, si mise in testa la famosa federa e iniziò a suonare una delle sue opere fantastiche.
Ieri, il 28 dicembre, sarebbe stato il 91-esimo compleanno di uno dei musicisti e compositori russi contemporanei più particolari e interessanti. Oleg Karavaychuk è stato l’autore non solo di molte opere classiche, ma anche delle musiche ipnotizzanti per oltre 150 film russi e sovietici. Purtroppo è morto il 13 giugno 2016, essendo già fisicamente debole e con la capacità di suonare limitata.
Per il post musicale di oggi ho scelto due sue opere.
In qualità della prima metterei la «Il valzer di Ekaterina II con i favoriti»:

E, visto che ho nominato il notevole lavoro di Karavaychuk con il cinema russo, aggiungo pure un esempio concreto. È tratto dal film «Il monologo» del 1972 (dubito che sia mai stato tradotto in italiano):


La musica del sabato

Un mese e mezzo fa avevo postato due canzoni di Alan Parsons’ Project. E subito avevo pensato di dover postare, un giorno, anche qualcosa di Alan Parsons stesso. Sarebbe logico, vero? Ebbene, il momento è giunto.
In realtà la differenza principale tra Alan Parsons’ Project e Alan Parsons è la libertà di Parsons di registrare cosa e come egli voleva (senza concordare il tutto con il collega dell’APP Eric Woolfson). Mentre per il resto il modo di lavorare è rimasto lo stesso.
Beh, la libertà è una prova che ognuno supera come può.
La prima delle canzoni di Alan Parsons scelte è la «Back Against the Wall» (dall’album «Try Anything Once» del 1993):

Mentre la seconda è la «Wine from the Water» (sempre dall’album «Try Anything Once» del 1993):