Il compositore e pianista francese Erik Satie fu – e in un certo senso rimane ancora oggi – un personaggio molto particolare del mondo musicale. Pur essendo stato un autodidatta (per due volte fu escluso dal conservatorio parigino a causa degli scarsi risultati accademici), riuscì a diventare uno dei riformatori della musica del primo quarto del XX secolo. Così, per esempio, fu il fondatore o precursore delle numerose correnti musicali: l’impressionismo, il primitivismo, il costruttivismo, il neoclassicismo e il minimalismo. Inoltre, alla fine degli anni ’10 del XX secolo inventò il genere della «musica d’arredamento» (musique d’ameublement): quella musica – ora tipica dei negozi e delle mostre – che «non ha bisogno di essere ascoltata» perché fatta di melodie semplici e discrete che vengono ripetute centinaia (se non migliaia) di volte senza pause.
Allo stesso tempo, nei primi cinquant’anni della propria vita Satie fu praticamente sconosciuto al grande pubblico: sarcastico, acrimonioso e ritirato, visse e lavorò lontano dagli ambienti musicali francesi dell’epoca. Divenne dunque ampiamente noto solo grazie a Maurice Ravel, il quale organizzò nel 1911 una serie di concerti di Satie e lo presentò agli editori giusti. Proprio dopo questi fortunati eventi iniziò il periodo di contatto con i più famosi compositori a egli contemporanei e di una certa influenza sui loro stili di comporre la musica.
Tra le importanti composizioni del tardo periodo fortunato di Satie ho pensato di selezionarne, per oggi, una neoclassica. Quindi posto la dramma sinfonica in tre movimenti «Socrate», scritta negli anni 1917–1918 sulla base di tre «Dialoghi» di Platone.
Anche se capisco che nonostante tutta la sua apparente semplicità, a qualcuno potrebbe sembrare pesante…
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Ieri era il 140-esimo anniversario dalla nascita di Igor Stravinskij, uno dei miei compositori preferiti. So che la cultura non ha bisogno dei pretesti formali per essere ricordata, studiata o semplicemente contemplata. Però alcuni pretesti vanno comunque sfruttati…
Della eredità musicale ricca e stilisticamente molto varia di Stravinskij ho scelto, per questa volta, l’opera-balletto da camera «L’Histoire du soldat» composta nel 1917. Il nome e il contenuto di questa composizione non c’entrano alcunché con gli avvenimenti di quest’anno o con quelli dell’anno di creazione. La composizione si basa interamente su alcune fiabe popolari russe. In breve, la trama è:
Un soldato povero vende la propria anima (rappresentata da un violino) al diavolo per un libro che permette di predire il futuro. Dopo avere insegnato al diavolo di usare il violino, il soldato torna nel proprio villaggio natale. La conversazione con il diavolo era però durata tre lunghi anni e ora nessuno degli abitanti del villaggio riconosce più il soldato: nemmeno la madre e la ex fidanzata (quest’ultima, nel frattempo, si è sposata). A questo punto il soldato inizia a sfruttare il libro ricevuto dal diavolo e diventa favolosamente ricco. Ricco, ma non felice, quindi si mette a giocare a carte con il diavolo: il denaro contro il violino. Il diavolo vince ma — felice per essersi arricchito — perde il violino. Il soldato si impossessa del violino, cura una principessa malata (promessa dal re a chi riuscirà a liberarla dalla malattia) e scappa con lei dal regno. Alla fine, però, finisce all’inferno per avere disobbedito al diavolo. L’opera termina con il trionfo del diavolo espresso in una sua marcia sarcastica.
Nonostante il genere formale di opera-balletto, «L’Histoire du soldat» è una composizione che non prevede le parti vocali. In più, negli anni successivi Stravinskij aveva scritto, sulla base di questa opera-balletto, due omonime suite:
1) quella del 1919 per pianoforte, clarinetto e violino…
2) e quella del 1920 per i sette strumenti della composizione originale: clarinetto, fagotto, cornetta, trombone, violino, contrabasso e percussioni (un mescuglio molto curioso):
Non sapendo quale delle due possa interessarvi di più, le ho messe entrambe, ahahaha
Il compositore ungherese Bela Bartok (1881–1945) è stato uno dei principali innovatori musicali della propria epoca, ma al giorno d’oggi è ricordato e amato prevalentemente per la seconda grande missione di tutta la sua vita: l’etnografia musicale. Di conseguenza, tra le composizioni di Bartok più eseguite prevalgono ora quelle basate sul folklore ungherese, romeno, bulgaro, slovacco, jugoslavo etc..
Ora riporto solo un esempio di quelle composizioni: le danze popolari romene preparate per una orchestra d’archi.
Ma trovo giusto ricordare anche (e soprattutto) qualche bella composizione originale di Bela Bartok, qualcuna che provenga più dalla sua testa che dai materiali raccolti durante i viaggi e poi rielaborati. Per esempio, potrei postare la «Musica per archi, percussioni e celesta» comporta nel 1936:
Ovviamente, non posso prevedere quale delle due «correnti di Bartok» sia più vicina alle preferenze di ogni singolo lettore/ascoltatore del presente post…
Il pianista e compositore austriaco Carl Czerny era considerato a Vienna, nella prima metà del XIX secolo, uno dei migliori insegnanti di pianoforte. E, infatti, è stato un leggendario metodista, famoso per avere scritto una altissima quantità di studi per il pianoforte. C’è chi sostiene che è impossibile trovare, in tutto il mondo, un pianista degli ultimi duecento anni che non abbia durante la propria vita suonato almeno una composizione di Carl Czerny.
Fino al 1815 Carl Czerny fu un concertista apprezzato sia dai compositori che dal pubblico: Ludwig van Beethoven gli affidò l’esecuzione del suo Terzo Concerto per pianoforte e orchestra. Nel 1815, però, Czerny smise di suonare il pianoforte e si concentrò sulla pedagogia e la composizione.
Per oggi la mia intenzione abbastanza ovvia è stata quella di selezionare due composizioni «normali» (e non degli studi) di Carl Czerny. Il risultato è il seguente.
La prima composizione selezionata è la sonata per due pianoforti in do maggiore, op. 119 («sonata militaire et brillante»):
Mentre la seconda composizione selezionata è la sonata per due pianoforti in sol maggiore, op. 120 («sonata sentimentale»):
Secondo me la tendenza alla pedagogia si percepisce comunque…
Il compositore Pierre Boulez per molti anni è stato uno dei maggiori esponenti dell’avanguardia musicale francese. Non so se questo aspetto abbia realmente favorito la sua popolarità nel senso tradizionale: la musica che componeva poteva spesso sembrare – per l’orecchio di uno ascoltatore medio – troppo «particolare» e quindi troppo difficile. Di conseguenza, al largo pubblico Pierre Boulez è più noto in qualità del direttore d’orchestra: un altro ambito dove ha raggiunto dei livelli notevoli.
Ma io, come al solito, preferisco comunque dedicare il post musicale alle opere originali («primarie») dell’artista, quindi per oggi ho selezionato le seguenti due composizioni di Pierre Boulez…
Inizierei con il «Dialogue de l’ombre double» per il clarinetto e gli strumenti elettronici (composto negli anni 1982–1985; lo stesso compositore aveva successivamente creato una versione anche per il fagotto):
E poi aggiungo la Sonata n. 2 per il pianoforte (composta nel 1948), una delle composizioni più nota tra quelle tipiche dello stile di Pierre Boulez:
Alla sua attività da direttore d’orchestra ci tornerò più tardi…
Un giorno del 1800 il compositore austriaco Franz Joseph Haydn vide presentarsi a casa sua un visitatore-cliente un po’ particolare che fino a quel momento non aveva mai interagito direttamente con il padrone della casa: il macellaio della zona – e, soprattutto, un grande fan di Haydn – che gli chiese di comporre un minuetto per il matrimonio della figlia. Il compositore accettò e consegnò, il giorno concordato, il lavoro svolto. Dopo alcuni altri giorni, poi, Haydn udì provenire dalla strada una esecuzione molto forte e un po’ stonata di quel minuetto. A quel punto si avvicinò alla finestra e vide una orchestra da strada, gli sposi, tanti ospiti e il macellaio con un grande toro a seguito. «Maestro! Il miglior ringraziamento da parte di un macellaio può essere solo il migliore dei suoi tori», esclamò il cliente felice.
È per questo che il minuetto in Do maggiore di Haydn si chiama «Minuetto del toro» (oppure il «Minuetto del bue»):
Un giorno Franz Joseph Haydn fu impegnato a Londra a dirigere l’esecuzione di una delle sue sinfonie. Gli spettatori desiderosi di vedere dal vivo il compositore famoso si radunarono vicino al palco e solo per questo motivo si salvarono da un grande lampadario improvvisamente caduto dal soffitto. Haydn, fortemente impressionato da quanto accaduto, espresse comunque una grande soddisfazione per il fatto che la sua musica salva le vite umane.
Oggi molti storici della musica sostengono che la sinfonia eseguita in quella occasione sarebbe stata la Sinfonia n. 102 in bemolle maggiore (composta nel 1794):
Forse ho trovato un nuovo principio per scegliere le composizioni musicali da postare…
Già diverse settimane fa avevo pianificato per il post musicale di oggi una composizione del compositore statunitense Morton Feldman. Per qualche volontà suprema, al figlio degli immigrati ucraini è capitato questo «onore» proprio nel triste periodo che osserviamo ora…
Non potevo e non volevo ripianificarlo per i tempi migliori. Ho solo preferito cambiare la composizione musicale scelta. Oggi posto le tre «Triadic Memories» (pubblicate nel 1981), tipiche dello stile di Feldman: lento, quasi timido o triste, con diverse ripetizioni.
Tra il 1831 e il 1842 Frédéric Chopin compose, tra le altre cose, quattro ballate per pianoforte. In questo caso, però, il termine ballata è un po’ ingannevole perché utilizzato da Chopin nel senso di un interludio di balletto o pezzo di danza, equivalente alla ballata italiana dei secoli XIII–XV.
Le quattro composizioni, ognuna a una parte, nonostante il nome comune sono totalmente indipendenti l’una dall’altra e sono considerate tra le più difficili del repertorio pianistico standard. Allo stesso tempo, le quattro ballate vengono spesso eseguite nei concerti e sono state registrate tantissime volte.
Considerata la loro lunghezza limitata, ho pensato che sia possibile pubblicarle tutte in un unico post musicale. In specifico questo caso tutte le ballate vengono suonate dal pianista polacco Krystian Zimerman.
La ballata «№ 1» – ор. 23, in sol minore (1831–1835):
La ballata «№ 2» – op. 38, in fa maggiore (1836–1839):
La ballata «№ 3» – op. 47, in la bemolle maggiore (1840–1841):
La ballata «№ 4» – op. 52, in fa minore (1842–1843):
Ho scelto queste esecuzioni, ma ce ne sono tante altre non meno belle…
Il compositore tedesco Franz Grothe si era professionalmente impegnato, in particolar modo, nel comporre musica per il cinema. Nel periodo dal 1929 al 1969 aveva scritto le musiche per 170 film, 71 di questi ultimi sono stati prodotti entro il 1945.
Grothe è stato un personaggio particolare: nel 1933 si iscrisse alla NSDAP ma allo stesso tempo ebbe una relazione sentimentale con una ebrea, nel 1936 tentò di emigrare negli USA ma non riuscì a stabilirsi alla Hollywood a causa dei problemi critici con l’inglese, negli anni della Seconda guerra mondiale compose la musica per i film e per le canzoni patriottici ma nel 1948 ottenne il permesso di praticare la propria professione in quanto «non fu un partecipante attivo ai crimini dei nazisti» (ma fu multato per 10.000 marchi per avere nascosto il fatto della propria iscrizione al partito)…
Ma in questa sede Franz Grothe ci interessa per un altro motivo.
Negli anni 2000 la professoressa della teoria musicale Patricia Hall (University of California) ha trovato negli archivi del campo Auschwitz-Birkenau i manoscritti della partitura del foxtrot di Grothe «Il periodo più bello della vita». La musica in questione fu arrangiata e suonata dai detenuti ai concerti per gli ufficiali del campo di concentramento negli anni 1942–1943. Patricia Hall ha altrettanto stabilito che due di quei musicisti detenuti sarebbero sopravvissuti, mentre il destino del terzo è sconosciuto. Dopo il ritrovamento la musica riscoperta è stata suonata per la prima volta in pubblico – nella sua versione adattata dai detenuti – il 30 novembre 2018. Eccola:
Avendo parafrasato in mente una espressione di Theodor Adorno, non aggiungo altri video musicali.
Improvvisamente, per il post musicale di oggi ho voluto selezionare qualcosa di positivo e rasserenante. In tal senso potrebbe andare bene il concerto per flauto in sol maggiore di Christoph Willibald Ritter von Gluck:
Mi dispiace tanto che diverse composizioni di Gluck siano andate perse…