Si sta avvicinando un importante anniversario musicale: il martedì 10 ottobre ci sarà il 210-mo compleanno di Giuseppe Verdi. Ovviamente, non potevo ignorare tale evento nella mia rubrica musicale…
Nella ricerca di qualcosa di adatto all’occasione, ho prima di tutto pensato al duetto (sostenuto dal coro) «Libiamo ne’ lieti calici» dall’opera «La traviata»: secondo me va benissimo per la festa di riconoscimento dei meriti del compositore.
E poi ho pensato che sarebbe bello aggiungere qualche aria famosa scelta a caso, per il semplice motivo della sua esistenza. Per esempio, potrebbe essere «D’amor sull’ali rosee» dall’opera «Il Trovatore»:
C’è chi dice che non si fanno gli auguri (e non si festeggia) in anticipo perché questo porterebbe la sfortuna. Ma a Verdi, ormai, quale sfortuna posso portare? Ho pure contribuito – seppure per ora non ce ne sia alcun bisogno – alla conservazione della sua memoria… Dunque spero di avere anticipato bene i festeggiamenti.
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Probabilmente avete già letto che al Festival di Venezia è stato mostrato il film un po’ idiota «Maestro» dedicato al grandissimo Leonard Bernstein. Spero almeno che quel fatto si riveli per qualcuno – finalmente! – un motivo per scoprire la musica del compositore.
E, per non farvi aspettare troppo, posto un’altra composizione di Bernstein: la «Serenade after Plato’s „Symposium“» del 1954:
Oggi mi andava così.
La Sinfonia n. 8 in Si minore di Franz Schubert viene comunemente chiamata «incompiuta» perché il compositore aveva completato solamente le sue prime due parti (delle tradizionali quattro). Ma a me sembra che possa essere considerata una composizione logicamente intera e compiuta anche nella sua versione esistente.
P.S.: secondo me prima o poi a qualcuno verrà in mente di chiedere a una AI di completare questa sinfonia sulla base delle bozze di Schubert.
Franz Joseph Haydn compose e diresse per la prima volta la propria Sinfonia n. 45 in Fa diesis minore nel 1772, mentre si trovò assieme alla orchestra di corte nella residenza estiva del mecenate principe Nikolaus Esterházy. Tale sinfonia si chiama la «Sinfonia degli addii» perché nel corso della esecuzione del finale i musicisti a turno smisero di suonare, spensero la candela del loro leggio e lasciarono la sala: in tal modo i musicisti e il compositore protestarono pacificamente contro un soggiorno forzato prolungatosi eccessivamente in lontananza dalle famiglie. La storia narra che il messaggio sia stato colto.
L’interpretazione scelta per il post odierno è stata registrata – il 9 marzo 2018 – dal vivo dalla orchestra Sinfonia Rotterdam, diretta da Conrad van Alphen. La finale è suonata e recitata proprio come ideato da Haydn.
Ora tocca anche a noi a pensare alla fine delle vacanze.
Per qualche motivo sconosciuto mi è venuta in mente la ipnotica «Boléro» Maurice Ravel (composta nel 1928). Dunque, la inserisco subito nella mia rubrica musicale del sabato!
L’interpretazione in questione è quella della orchestra Wiener Philharmoniker diretta da Gustavo Dudamel.
La Sinfonia n. 2 «The Age of Anxiety» di Leonard Bernstein (composta tra il 1948 e il 1949) ha un titolo che potrebbe essere interpretato in un modo un po’ improprio, ma non importa: la buona musica ci permette di immaginare una grande varietà di cose.
Dunque, oggi posto proprio questa sinfonia, nella interpretazione della Israel Philharmonic Orchestra diretta dal direttore d’orchestra francese Frédéric Chaslin:
Per il momento corrente è anche abbastanza facile da ascoltare.
Oggi ho deciso, senza alcun motivo particolarmente originale, di pubblicizzare tra i miei lettori «Les nuits d’été» (op. 7) di Louis-Hector Berlioz. Anche se so benissimo che le opere del genere non hanno bisogno della mia pubblicità.
La suddetta versione è della Orchestra Sinfonica della Frankfurt Radio diretta da Lionel Bringuier. Canta Véronique Gens.
Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Fa minore (Op. 21) fu completato da Fryderyk Chopin nel 1830 ma pubblicato solo nel 1836: è per questo motivo che viene numerato come secondo nonostante sia stato composto prima del «primo».
Ma a noi, ovviamente, può e deve interessare solo per motivi puramente musicali.
Non avevo dei motivi particolari per pubblicare proprio questo Concerto, quindi lo faccio solo perché mi è venuta la voglia di farlo…
Il post musicale di oggi sarà abbastanza in linea con l’umore degli ultimi giorni. Infatti, mi andava di postare il poema sinfonico di Sergei Rachmaninov «L’isola dei morti» (Op. 29).
Il poema è stato composto tra il 1908 e il 1909 come la reazione a una opera pittorica, ma il mio cervello lo interpreta (come, ovviamente, tutte le altre opere artistiche) in base alle circostanze del momento corrente.
Il 22 maggio c’era stato il 210-esimo anniversario della nascita del compositore più sfortunato della storia: Richard Wagner. Egli fu un bravo compositore (già il solo fatto ci dovrebbe bastare oltre 150 anni dopo la sua morte), un antisemita a parole (sulla pratica collaborava tranquillamente con i musicisti ebrei) e uno di quei simboli culturali dei quali si era appropriato il Terzo Reich (senza alcuna scelta in merito del personaggio: morì cinquant’anni prima). Al giorno d’oggi non so proprio perché Wagner debba essere commentato – o addirittura criticato – negli aspetti diversi da quelli puramente musicali; anche se capisco che il fatto dell’esecuzione della sua musica potrebbe essere visto come una provocazione in alcune rare circostanze.
Il compleanno non è assolutamente una circostanza sbagliata, dunque oggi ricordo un bravo – anche se a volte un po’ difficile – compositore nella mia rubrica musicale. Come al solito, lo faccio selezionando due composizioni del protagonista.
La prima composizione di Wagner scelta per oggi è la Polen ouverture, composta nel 1832 e redatta nella sua versione definitiva nel 1836:
La seconda composizione di Wagner scelta per oggi è la Faust ouverture, composta nel 1840 e definitivamente pronta nel 1855:
Purtroppo, ogni regime politico distruttivo ci ruba tante cose belle, il cui reale valore può essere ripulito e recuperato solo col tempo: ogni volta, però, si rischia che quella cosa bella concreta invecchi troppo.