Nel 1777 Wolfgang Amadeus Mozart compose il Concerto per oboe e orchestra in do maggiore per l’oboista bergamasco Giuseppe Ferlendis. Per qualche motivo che mi rimane ancora non del tutto compreso, l’oboe è uno dei miei strumenti a fiato preferiti. Di conseguenza, questo Concerto mi piace in un modo particolare.
Circa un anno più tardi Mozart rielaborò questo proprio concerto per adattarlo al flauto: lo fece perché il flautista olandese Ferdinand Dejean gli commissionò una serie di composizioni da concerto… E poi non pagò il compositore con pretesto che fosse, appunto, una composizione precedente adattata. In questa sede non mi metto a giudicare quello stronzo tirchio e povero di cervello. Scrivo solo che assieme alla versione originale per l’oboe, questo Concerto è tuttora una delle composizioni più suonate nei concerti di musica classica.
Non so perché non ho pubblicato per così tanto tempo la musica di Mozart!
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Non so se lo possano dire in tanti, ma io sì: si sta avvicinando la mia festa preferita dell’anno. Sicuramente, però, più o meno per tutti si sta concludendo un altro anno abbastanza particolare. E allora concludiamolo in un modo particolare anche nella mia rubrica musicale!
Cercando di selezionare qualche composizione particolarmente emozionante, mi sono a un certo punto ricordato del Concerto grosso n. 5 del compositore inglese Charles Avison (un grande esponente del periodo del barocco e del classicismo, ma oggi spesso ingiustamente trascurato). La sua composizione che ho scelto per oggi fa parte del ciclo «12 Concerti Grossi after Scarlatti» ed è abbastanza breve, dunque ve la propongo in due interpretazioni diverse: volendo, potete scegliere subito quella che corrisponde allo vostro stato d’animo attuale.
La prima interpretazione del Concerto grosso n. 5 di Charles Avison selezionata per oggi è quella dinamica, quasi vivace, propostaci dall’Ensamble «L’Aura Soave» di Cremona:
La seconda prima interpretazione del Concerto grosso n. 5 di Charles Avison selezionata per oggi è quella un po’ melanconica e in un certo senso stilisticamente simile allo spirito invernale inglese. In questo caso è eseguita dalla Orchestra of the Age of Enlightenment londinese:
Chi le ascolta entrambe può valutare se sia solo io a sentire la differenza nella interpretazione, ahahaha
Buoni preparativi al Capodanno a tutti!
Il lunedì 11 dicembre il compositore francese Louis-Hector Berlioz avrebbe compiuto 220 anni. Naturalmente, l’espressione avrebbe compiuto va presa tra le virgolette: grazie alla propria musica Berlioz si è guadagnato una delle migliori forme di immortalità. E, ovviamente, io non potevo non fargli gli auguri nella mia rubrica musicale… L’unico problema sta nel fatto che i regali sono stati portati da Berlioz stesso.
A partire dal 1842 Berlioz compì numerose tournée all’estero sia in qualità di compositore che in qualità di direttore d’orchestra, trovando sempre un meritato apprezzamento del pubblico. dunque, per il post musicale festivo di oggi ho pensato di selezionare due composizioni scritte da Berlioz proprio per suonarle durante i concerti.
La prima composizione scelta è la ouverture «Le Carnaval romain» («Il Carnevale romano») composta nel 1844 per grande orchestra sinfonica.
La seconda composizione di Berlioz scelta per oggi è la ouverture «Le Corsaire» («Il Corsaro») composta sempre nel 1844 e sempre per grande orchestra.
Auguri a Berlioz, ahahaha
È da troppo tempo che nella mia rubrica musicale non compare il grande compositore norvegese Edvard Hagerup Grieg. Ma oggi rimedio postando la Sonata per violino e pianoforte in fa maggiore (op. 8) composta nel 1865.
Si tratta di una composizione quasi giovanile (Grieg la scrisse a 22 anni), appartenente al periodo iniziale della vita professionale del compositore – quando la divulgazione della cultura nazionale fu una delle sue passioni più grandi – ma comunque di un certo interesse musicale. Almeno per me.
Per postare le composizioni più note di Grieg c’è ancora abbastanza tempo. Spero.
Il compositore francese François Couperin – il cui 355-esimo compleanno era ieri, il 10 novembre – fu molto apprezzato in Francia e in Europa durante il maggior parte della propria carriera e nei primi anni dopo la morte, poi quasi totalmente dimenticato e riscoperto solo alla fine del XIX secolo. Si potrebbe dire che gli è andata molto bene perché il clavicembalo – lo strumento per il quale scrisse la maggioranza delle proprie composizioni – non è mai tornato a essere largamente di moda.
Allo stesso tempo, si può dire che Couperin compose in generi musicali diversi: la musica leggera per il clavicembalo (grazie alla quale ottenne la fama e la posizione di uno dei clavicembalisti di corte a Versailles), la musica da concerto per ensemble strumentale (per le feste reali) e la musica sacra per l’organo (un genere che gli fu molto vicino grazie alla istruzione ricevuta da ragazzo e ai primi lavori da musicista).
Nel presente post musicale mi concentrerei sulla musica leggera di Couperin, in quanto è stata essa a renderlo famoso tra i contemporanei e nel tempo.
La prima composizione di François Couperin che ho scelto per oggi è «Les Sentiments»:
La seconda composizione scelta per oggi è «Les rozeaux»:
Tornerò, molto probabilmente, ancora a François Couperin per pubblicizzare le sue composizioni di altri generi.
P.S.: quando ero piccolo, un mio vicino di casa aveva, tra i vari strumenti musicali, anche un clavicembalo. All’epoca mi sembrava uno strumento da suoni troppo buffi, dunque non riuscivo proprio ad apprezzarlo.
Avrei inserito il chitarrista spagnolo Andrés Segovia nella mia rubrica musicale già tempo fa, ma è sempre stato difficile farlo per un motivo puramente tecnico: su internet sono pubblicati troppi pochi video con i quali avrei potuto illustrare il mio post. Ci sono alcuni video nei quali si sente (e si vede) suonare Segovia ormai abbastanza anziano e quindi impossibilitato – per dei motivi comprensibilissimi – di muovere le dita come ai tempi migliori. Si tratta di una grande perdita per coloro che apprendono la cultura da YouTube: per esempio, perché Segovia è l’autore di una delle più famose trascrizioni per la chitarra classica della «Asturias», una composizione per pianoforte del compositore spagnolo Isaac Albéniz ritenuta quasi impossibile da suonare con la chitarra (tra le versioni disponibili su YouTube la mia preferita resta quella di Leszek Rojsza).
Ma con il passare del tempo trovo sempre meno probabile che su YouTube possano finalmente comparire le registrazioni di Andrés Segovia realizzate all’apice della sua lunga carriera. Tecnicamente è quasi normale: quel periodo corrisponde alla metà del XX secolo, quindi le eventuali registrazioni andrebbero anche restaurate.
Allo stesso tempo, sarebbe brutto non scrivere di uno dei padri della moderna chitarra accademica. Segovia fece tantissimo per portare il riconoscimento del suo strumento allo stesso livello del pianoforte o del violino, ha trascritto per la chitarra tante composizioni della musica classica, convinse i compositori a lui contemporanei a comporre la musica appositamente per la chitarra e aggiornò la tecnica di esecuzione delle composizioni musicali in modo da permettere l’ascolto della chitarra anche nelle grandi sale da concerto e non solo nei salotti (suonava utilizzando non solo i cuscinetti delle dita ma anche le unghie, il che rendeva il suono più forte e più nitido; tale tecnica aveva anche portato all’utilizzo dei nuovi materiali per la fabbricazione delle corde).
Insomma, alla fine ho scelto quel video-esempio che possa pubblicizzare la lunga e ricca carriera di Andrés Segovia:
Succederà, prima o poi, il miracolo delle nuove pubblicazioni su YouTube?
Per questa edizione della rubrica musicale ho voluto selezionare una composizione di Gustav Mahler. Anzi, un ciclo di composizioni: cinque canzoni per voce e orchestra chiamati «Kindertotenlieder» («Canti per i bambini morti») e basati sulle poesie del poeta tedesco Friedrich Rückert. La prima, la terza e la quarta canzone sono state composte da Mahler nel 1901, mentre le restanti due solo nel 1904.
Fortunatamente, ho trovato questa versione registrata nel 1968 dalla Berlin Radio Symphony Orchestra, il cantante Dietrich Fischer-Dieskau e il direttore d’orchestra statunitense Lorin Maazel.
Per qualche strano motivo – e contro ogni logica – l’interpretazione della parte vocale viene spesso affidata alle donne: anche se si tratta delle poesie scritte da un padre che ha perso (a causa di una malattia) due suoi figli. Molto probabilmente si tratta di una forma di sessismo arcaico che in un certo senso è ancora ben radicato pure nel mondo della musica classica: si presume forse che solo le madri si preoccupino della sorte dei figli. Boh… Ma noi abbiamo la libertà di ascoltare solo quelle versioni che ci sembrano migliori.
Si sta avvicinando un importante anniversario musicale: il martedì 10 ottobre ci sarà il 210-mo compleanno di Giuseppe Verdi. Ovviamente, non potevo ignorare tale evento nella mia rubrica musicale…
Nella ricerca di qualcosa di adatto all’occasione, ho prima di tutto pensato al duetto (sostenuto dal coro) «Libiamo ne’ lieti calici» dall’opera «La traviata»: secondo me va benissimo per la festa di riconoscimento dei meriti del compositore.
E poi ho pensato che sarebbe bello aggiungere qualche aria famosa scelta a caso, per il semplice motivo della sua esistenza. Per esempio, potrebbe essere «D’amor sull’ali rosee» dall’opera «Il Trovatore»:
C’è chi dice che non si fanno gli auguri (e non si festeggia) in anticipo perché questo porterebbe la sfortuna. Ma a Verdi, ormai, quale sfortuna posso portare? Ho pure contribuito – seppure per ora non ce ne sia alcun bisogno – alla conservazione della sua memoria… Dunque spero di avere anticipato bene i festeggiamenti.
Probabilmente avete già letto che al Festival di Venezia è stato mostrato il film un po’ idiota «Maestro» dedicato al grandissimo Leonard Bernstein. Spero almeno che quel fatto si riveli per qualcuno – finalmente! – un motivo per scoprire la musica del compositore.
E, per non farvi aspettare troppo, posto un’altra composizione di Bernstein: la «Serenade after Plato’s „Symposium“» del 1954:
Oggi mi andava così.
La Sinfonia n. 8 in Si minore di Franz Schubert viene comunemente chiamata «incompiuta» perché il compositore aveva completato solamente le sue prime due parti (delle tradizionali quattro). Ma a me sembra che possa essere considerata una composizione logicamente intera e compiuta anche nella sua versione esistente.
P.S.: secondo me prima o poi a qualcuno verrà in mente di chiedere a una AI di completare questa sinfonia sulla base delle bozze di Schubert.