Ho pensato che pure nella mia rubrica musicale andrebbero rispettate alcune tradizioni musicali internazionalmente riconosciute. Per esempio, tutti (spero) conoscono il tradizionale concerto di Capodanno della Filarmonica di Vienna che si tiene ogni 1 gennaio alla sala Musikverein. Uno dei compositori più rappresentati a quei concerti è Johann Baptist Strauss II, quindi anche questa volta metto due sue brevi composizioni.
La prima sarà la «Tales From The Vienna Wood»:
Mentre la seconda composizione scelta per oggi è la «Tritsch-Tratsch Polka»:
Ancora una volta auguro un felice 2021 a tutti.
L’archivio del tag «musica classica»
Il nome del compositore russo Alexander Zhurbin non sempre si associa – in Russia e negli USA (dove passa una parte considerevole del suo tempo a partire dal 1991) – alla musica classica. In entrambi gli Stati, infatti, si ricordano prima di tutto i suoi musical. Il pubblico russo un po’ più informato potrebbe anche ricordarsi delle sue musiche per i film e le canzoni leggere.
Avere una visione così limitata di un personaggio della cultura interessante non è però tanto bello. Zhurbin ha una istruzione musicale classica e ha scritto anche la musica classica nel corso di tutta la propria vita professionale, anche se le sue fonti del reddito – necessarie a tutti, anche ai compositori – si trovano in altri generi musicali. Quindi con il post musicale di oggi pubblicizzo non solo il compositore (che molti dei miei lettori potrebbero non conoscere), ma pure il suo impegno nella musica seria.
Inizierei a farlo con la Sinfonia № 2 «Giocosa», scritta da Zhurbin nel 1970 all’età di 25 anni. In essa si sentono diversi rimandi alle tendenze della musica classica tedesca della seconda metà del XVII secolo, ma – nonostante una apparente originalità non elevatissima – è una composizione bella da ascoltare. Ma nemmeno particolarmente impegnativa…
Nella storia della musica classica possiamo ricordare diversi compositori che hanno trovato l’ispirazione nella cultura popolare senza scivolare nel così provincialismo per la qualità delle opere culturali. I primi esempi che potrebbero venire in mente a una persona media sono George Gershwin, Michail Glinka o Manuel de Falla…
L’elenco dei nomi può essere continuato anche con quello del compositore norvegese Edvard Grieg. L’influenza della cultura norvegese non si percepisce sempre allo stesso modo e nella stessa misura nelle sue composizioni, quindi si potrebbe scriverne diversi trattati… Io risolvo il caso postando solo una composizione, una delle più famose di Grieg: il Concerto per pianoforte e orchestra in La minore (scritto nel 1868 durante il soggiorno in Danimarca). Si tratta dell’unico concerto completato di Grieg.
Oggi ascoltiamo la versione della London Symphony Orchestra diretta da André Previn e con Arthur Rubinstein al pianoforte.
Giacomo Puccini è un compositore talmente famoso che è inutile tentare di raccontarne qualcosa di originale. Mi sembra invece molto più sensato ricordare che oltre alle opere liriche (per le quali è meritatamente noto e apprezzato in tutto il mondo) ha scritto, durante la sua lunga carriera, anche numerose composizioni di altro genere. Vorrei dunque dedicare il mio post musicale odierno proprio a due esempi di queste ultime. La passione professionale di Puccini verso l’opera lo aveva spinto a prevedere almeno una voce umana anche nei pezzi molto più brevi, ma io, almeno per questa volta, limiterei il campo dello studio alle sole composizioni strumentali.
Inizierei con il «Piccolo Valtzer» per pianoforte composto nel 1894:
E poi metterei la «Scossa elettrica», una marcetta brillante per pianoforte, composta presumibilmente nel 1899:
Più è famoso un autore e più è utile conoscere i suoi lati artistici meno pubblicizzati.
P.S.: anche se avrei potuto aggiungere anche una piccola fantasia personale. Chissà quante volte, recandosi al (o tornando dal) Conservatorio di Milano dove aveva studiato, Giacomo Puccini era accompagnato dal suo grande amico e compagno degli studi Pietro Mascagni. Però, una delle vie che molto probabilmente avevano percorso più volte, ora porta il nome meno scontato tra i due possibili. Io, facendo quella via, a volte rifletto su questo aspetto.
Manuel de Falla è probabilmente il primo tra gli spagnoli a essere entrato nella famiglia dei grandi compositori europei di musica classica come un componente non inferiore agli altri. Per riuscire a farlo non ha dovuto uniformarsi ad alcuna tendenza: semplicemente, ha unito il flamenco spagnolo con la sonorità di una orchestra sinfonica. Nel corso della propria carriera musicale ha scritto delle composizioni di varie tipologie, ma io, per il post di oggi, ho voluto scegliere qualcosa che rappresenti al meglio la sua caratteristica appena menzionata.
Di conseguenza, la prima composizione scelta è la «Danza española» (dall’opera «La vida breve») suonata dalla orchestra ungherese di Budafolk (la solista è la violinista ungherese Katica Illényi). Alcune tendenze al pop di questa interpretazione sono giustificate dal fatto che si tratta pur sempre di una danza.
Mentre la seconda composizione selezionata per oggi è la «Serenata andaluza» (suonata dalla orchestra Frankfurt Radio Symphony, solista Javier Perianes):
Per oggi è così, ma molto probabilmente tornerò ancora a Manuel de Falla.
Francesco Maria Veracini è stato un compositore e violinista italiano del XVIII secolo particolarmente apprezzato, ai suoi tempi, non solo in patria ma anche in Inghilterra. Oggi non è particolarmente noto alle larghe masse e questo è un motivo ulteriore per proporre qualche sua composizione nel mio tradizionale post del sabato sera.
Per esempio, potrei iniziare dalla Serenata in Fa maggiore per flauto e organo:
E poi aggiungere questa Sonata in Re maggiore:
Non tutti (o non sempre) si ricordano che il famoso compositore Gaetano Donizetti – al quale avevo già dedicato un post – ebbe un fratello maggiore Giuseppe Donizetti, anche egli compositore: forse non grandissimo, ma sicuramente buono.
La vita da mercenario musicale nel senso stretto del termine aveva portato Giuseppe Donizetti a svolgere il ruolo del maestro della musica militare a corte di ben due sultani turchi nel periodo dal 1828 al 1856 (l’anno della morte di Giuseppe). Precedentemente, invece, aveva prestato il servizio militare-musicale nell’esercito napoleonico e poi in quello sabaudo.
Ma a noi oggi interessa il periodo turco di Giuseppe Donizetti. Perché i due inni nazionali turchi scritti dal nostro protagonista ci mostrano quanto erano importanti per la Turchia dell’epoca, nonostante le differenze estetiche, alcuni valori culturali occidentali. In una certa misura si potrebbe sostenere che oggi si manifesta un processo di direzione esattamente opposta.
Il primo inno nazionale scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1829 e si chiama «La marcia di Mahmudiye» in onore dell’allora sultano Mahmud II:
Il secondo inno scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1839 e si chiama «La marcia di Mecidiye» in onore del nuovo sultano Abdul Mejid I:
Avrei potuto provare a scrivere delle differenze tra i due inni, ma rischio di farlo troppo male pure del punto di vista dilettantistico. In ogni caso, alcune differenze fondamentali si sentono facilmente.
Tutta la biografia del compositore Gioachino Rossini sembra confermare quel strano stereotipo secondo il quale le persone apparentemente più allegre sarebbero in realtà fortemente depresse dentro. Così, Rossini scriveva la musica molto ritmica e quasi sempre allegra, non nascondeva il proprio amore verso la bella vita, ma allo stesso tempo manifestava spesso dei visibili sbalzi di umore nella vita quotidiana e ha sofferto sempre più la depressione negli ultimi anni della propria vita.
Però ancora oggi la sua musica fa stare bene gli altri (almeno io lo ringrazio e ascolto ahahaha).
La prima delle sue composizioni selezionate per il post di oggi è la Sonata I in Sol maggiore (la prima delle sei sonate scritte per due violini, un violoncello e un contrabasso nel 1804):
E la seconda è la Serenata (scritta nel 1823):
Giuseppe Verdi è stato un grandissimo compositore ma, secondo la mia opinione personale, la sua eredità musicale è un po’ abusata nell’Italia contemporanea. La sua musica viene ficcata da tutte le parti anche quando si potrebbe tranquillamente farne a meno. Così, per esempio, l’importanza di Verdi non verrebbe assolutamente sminuita se qualcuno osasse di fare una Prima in meno con qualche sua composizione. Anche tra i soli compositori italiani possiamo facilmente ricordare diversi candidati altrettanto validi.
Considerato tutto questo, direi ci tenevo tantissimo a postare qualche composizione strumentale di Giuseppe Verdi meno conosciuta delle altre. O, almeno, meno conosciuta al pubblico «comune»…
Insomma, per oggi ho scelto il Quartetto per archi in mi minore (composto nel 1873):
Bene, finalmente mi sono anche espresso in merito.
Reinhold Glière è logicamente considerato un compositore russo, seppure sia nato a Kiev (all’epoca una città dell’Impero Russo) da genitori tedeschi e abbia acquisito la cittadinanza russa solo all’età di ventidue anni. Effettivamente, ha passato la maggior parte della propria vita fisica e professionale tra l’Ucraina zarista/sovietica e la Russia.
Molto meno logico è associare il nome di Reinhold Glière solo con il titolo del «padre del balletto sovietico» o con i numerosi incarichi accademici e/o amministrativi che ha ricoperto durante la sua lunga vita professionale. Nonostante l’indiscutibile dato storico del suo grande riconoscimento ufficioso e istituzionale durante il periodo stalinista (i riconoscimenti del genere hanno un loro costo per la persona), non possiamo non riconoscere che sia stato anche un compositore di alta qualità. Gli artisti hanno la fortuna di rimanere nella storia – soprattutto nel lungo periodo – con ciò che vale realmente nella lunghissima storia dell’umanità: con le loro opere. Lo si può dire anche di Reinhold Glière.
Quindi per il post musicale odierno ho scelto il suo Concerto per arpa e orchestra (composto nel 1938) suonato dalla orchestra sinfonica moscovita «Filarmonica russa»: