Ho riflettuto sopra per alcune settimane, ma alla fine mi sono deciso: oggi vi svelo quale strumento ho utilizzato per pianificare meglio i miei viaggi estivi del 2024. Eccolo:
È il «Baedeker’s Northern Italy: Handbook for Travellers» pubblicato nel 1906, ma finito tra le mie mani solo all’inizio di luglio 2024 (al momento della sua pubblicazione non sapevo ancora leggere). Come potete notare, qualcuno dei precedenti lettori ha strappato la mappa iniziale, ma il resto del libro è integro.
La Wikipedia sostiene che la casa editrice Baedeker è una pioniera nel settore delle guide turistiche mondiali. Non sono sicurissimo della assoluta ragionevolezza di tale affermazione, ma il libro concreto capitato a me sembra Continuare la lettura di questo post »
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Questo sabato faccio una eccezione e, anziché segnalarvi un nuovo articolo lungo, vi consiglio una lettura di importanza più globale.
Alcune settimane fa ho finito di leggere un libro che mi interessava da un po’ di tempo: «Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century» dell’economista russo Sergey Guriev (dissidente al regime di Putin; attualmente è il provost e professore di economia alla Instituts d’études politiques (Sciences Po) di Parigi) e del politologo statunitense Daniel Treisman. È un libro che descrive la nuova tipologia dei dittatori che si è affermata e diffusa nel XXI secolo, spiega come i dittatori di oggi si differenziano da quelli del passato e perché, in un certo senso, i «nuovi» dittatori sono più pericolosi per il nostro povero mondo. Considerando che negli ultimi mesi il mondo sembra proprio impazzito, il suddetto libro appare come uno degli strumenti utili per mettere in ordine i nostri tentativi mentali di comprendere quello che sta succedendo attorno.
Ammetto che in realtà «Spin Dictators» è scritto in un modo meno accademico di quanto mi aspettavo prima di iniziare la lettura (almeno rispetto al livello accademico al quale sono abituato io), ma questo è anche un suo pregio: diventa un libro accessibile e interessante non solo per quelli come me, ma anche per le persone «normali», comuni. Infatti, può essere letto non solo assieme ai numerosi dati statistici allegati che rafforzano e illustrano le considerazioni degli autori, ma anche come una semplice narrazione. In entrambi i casi si tratta di una lettura interessante e utile.
Ve lo coniglio ora anche per consentirvi di fare in tempo a regalarvelo per una delle vicine feste e, eventualmente, leggerlo proprio durante il periodo festivo meno carico di impegni rispetto a tanti altri periodi dell’anno.
P.S.: il libro è inglese, purtroppo non so se e quando uscirà anche in italiano.
Ovviamente, il primo adattamento cinematografico tedesco del «Niente di nuovo sul fronte occidentale» – uscito sul Netflix – non poteva essere programmato per il momento storico corrente. Ma è uscito nel momento storico migliore per essere visto appena possibile. Per ricordarsi ancora una volta cosa sia la guerra.
Non ho ancora visto questo film e, di conseguenza, per ora posso solo consigliarvi di (ri)leggere il romanzo di Remarque: è molto bello (come tanti altri suoi romanzi).
Un interessante fenomeno socio-culturale (ma forse anche economico?) che si sta sviluppando in Russia a partire dal 24 febbraio difficilmente sarà trattato dai giornalisti occidentali prima della fine della guerra in Ucraina. Ma questo non lo rende meno interessante e, in un certo senso, meno ottimistico. E allora sarò io a anticipare i giornalisti, gli storici e i sociologi.
Gli editori e le librerie russe testimoniano che a partire dal 24 febbraio 2022 in Russia è aumentata la domanda, da parte dei lettori, dei libri di storia dedicati alla Seconda guerra mondiale in generale e alla Germania nazista in particolare. Per alcuni libri o autori (sia russi che occidentali) l’aumento della domanda può arrivare anche a diverse centinaia di percento. La seconda ondata dell’aumento della domanda è iniziata il 21 settembre: il giorno della proclamazione da parte di Putin della mobilitazione «parziale» dei civili per la guerra.
Il fenomeno in questione potrebbe sembrare, a un lettore occidentale, solo un piccolo fatto statistico. Alle persone che si orientano un po’ di più nella realtà quotidiana russa è invece evidente un’altra cosa: si tratta di una importantissima fonte per le ricerche sociologiche quantitative. Infatti, nella Russia contemporanea i sondaggi sono di fatto impossibili: la maggioranza delle persone ha paura di rispondere (o di rispondere sinceramente) alle domande riguardanti la politica (nel senso più ampio del termine) e, da sette mesi e mezzo, la guerra. Succede perché ognuno ha in mente un ragionevole dubbio: chi è la persona che mi sta facendo la domanda? È un agente in borghese? È un informatore della polizia? Se rispondo in un modo «sbagliato», dopo quanto tempo mi arrestano?
Di conseguenza, siamo costretti a studiare l’opinione dei cittadini residenti in Russia basandoci anche su una molteplicità di fonti indirette. Compreso il mercato dei libi.
Non mi ricordo più bene chi mi abbia consigliato il libro del generale tedesco Fridolin von Senger und Etterlin «Neither fear nor hope», ma non importa. L’importante è che oggi io posso consigliare a voi questa opera impressionante, al confine dell’incredibile. Si tratta della descrizione di alcuni singoli momenti della Seconda guerra mondiale, raccontata da uno dei loro diretti e attivi partecipanti come se quei momenti fossero un banale gioco di ruolo o una partita sportiva. Momenti raccontati nei loro aspetti puramente tecnici con quasi lo 0% delle emozioni: se non ci fossero alcune – non particolarmente frequenti – considerazioni critiche nei confronti di Adolf Hitler (non posso valutare quanto siano sincere), si potrebbe addirittura pensare che si tratti di una raccolta di rapporti scritti trasformati in un libro di divulgazione storica. Solo gli ultimi capoversi di tutto il libro appaiono, a grande sorpresa, più tipici per un romanzo di avventura che per una raccolta di memorie rigorose: pare che l’ex alto ufficiale, essendo indubbiamente una persona altamente istruita e dotata di un certo stile, segnali in tal modo la trasformazione – almeno sulla carta – di un militare in un civile.
Insomma, è uno dei libri di storia più insoliti che io abbia mai letto.
Dal punto di vista dei contenuti, non so quale parte vi possa interessare di più (anche se non penso che si possa distinguere tra quelle più e meno importanti). Nel libro si parla dell’inizio della invasione della Francia, di alcune operazione nell’URSS, nel Nord d’Italia e in Sicilia, dei lunghi combattimenti nella zona di Montecassino e, infine, della prigionia nei campi americani e britannici. Considerata la mia «specializzazione», metterei in evidenza una osservazione di von Senger poco ovvia per molti nostri contemporanei sulla guerra in Russia.
Più o meno tutti si ricordano, fin dai tempi scolastici, del famigerato Generale Inverno che avrebbe aiutato a sconfiggere tutti gli invasori della Russia. Fridolin von Senger und Etterlin aggiunge, da parte sua, che nell’esercito sovietico era presente anche il Generale Buio:
In relazione alle difficoltà di adattamento delle truppe alle condizioni locali, ho spesso ricordato una situazione analoga. Un soldato occidentale è in svantaggio rispetto alla sua controparte russa perché è meno preparato all’oscurità. Quando dovevamo operare di notte, accendevamo le luci. Mentre i russi fanno ancora la maggior parte delle loro operazioni notturne al buio: le riparazioni, i rifornimenti di carburante e le lunghe marce durante le lunghe notti invernali. La notte per loro è una copertura segreta e un alleato, ma per un occidentale è un nemico e un’ulteriore fonte di paura in battaglia.
[pezzo tratto dal Capitolo 5, traduzione mia]
Direi che consiglio questo libro a tutti gli amanti veri della storia che hanno la disponibilità mentale ad ascoltare anche la voce della parte opposta. Volendo, potete provare a cercare l’edizione italiana: so che il libro è stato tradotto (il titolo italiano dovrebbe essere «Combattere senza paura e senza speranza», se ho capito bene). In inglese, comunque, si trova senza grossi problemi.
Dicono che il libro di Quentin Tarantino «Once Upon a Time in Hollywood» sia per niente peggio del quasi omonimo film. Infatti, il regista-scrittore non ha banalmente trasportato la storia dal film sulla carta (sarebbe stata una missione persa già in partenza), ma l’ha ampliata con molti elementi aggiuntivi. E, soprattutto, l’ha raccontata in un modo puramente letterario, come un vero romanzo. Senza, per fortuna, perdere il messaggio principale del film.
Insomma, chi ha già letto il libro dice che sia realmente bello.
Ma io, personalmente, non intendo di leggerlo nei prossimi anni: aspetto di dimenticare un po’ il film (o, almeno, l’impressione — positiva! — che mi ha fatto al momento della visione) per ritornare alla storia con una mente più libera. Libera dagli inevitabili confronti tra il libro e il film.
Però non potevo non condividere con voi una informazione tanto preziosa: Quentin Tarantino si è meritato la nostra attenzione.
Qualcuno dei presenti pensava di avere lasciato nel lontano (e per qualcuno pure terribile) passato anche il solo nome del Libraccio? Allora sarà il Libraccio a venire da voi a ricordare della propria esistenza, ahahaha… E, comunque, la maggioranza degli ex scolari cresciuti prima poi dovrà tornarci per sentire altri tipi di dolori.
In realtà, la scelta della nota catena di vendita dei libri di testo mi sembra più che ovvia in questi tempi particolari. Meno male che gli amministratori sono riusciti a inventare (o copiare da altre attività commerciali) questa mossa poco originale. Oppure, originale per una libreria vera.
P.S.: mi ricordo bene come, oltre dieci anni fa, durante la guerra non dichiarata tra due librerie universitarie una di queste ultime finì allagata con tutta la merce nel magazzino (mentre l’altra, «per un miracolo divino», ebbe in quel momento il magazzino completamente vuoto). E allora io e un mio amico… Ah, no, nonostante tutto non mi conviene raccontare certe cose…
Il Washington Post ha pubblicato un frammento di un nuovo libro dedicato a Donald Trump: «I Alone Can Fix It». Questa volta, in particolare, si tratta dell’ultimo, «disastroso» anno della presidenza di Trump e, tra le altre cose, del piano del generale Mark Milley contro l’eventuale rifiuto del 45-esimo presidente di lasciare il potere nel caso di una probabile – ai tempi – sconfitta elettorale.
Non so quanto senso possa avere la lettura di un libro del genere (almeno per i non cittadini americani), ma sono comunque contento che Donald Trump contribuisca alla crescita economica – attraverso la generazione delle opere intellettuali ben vendibili – anche ora, nel periodo in cui può essere dimenticato come un incubo della notte passata. Ma in base del pezzo pubblicato avete comunque la possibilità di prendere una vostra decisione.
P.S.: sul libro si parlerebbe anche del fatto che Trump ha sottovalutato il tristemente noto coronavirus. Per fortuna, è vero solo in parte: nonostante tutto, è stato proprio Trump ad acquistare diverse centinaia di milioni di dosi dei vaccini quando questi ultimi erano ancora in fase di sviluppo. È dunque riuscito a risparmiare tempo e soldi preziosi per i propri cittadini. La verità storica rimane una cosa abbastanza importante.
È una storia abbastanza curiosa: qualche tempo nella biblioteca della cattedrale di Sheffield è stato restituito un libro preso in prestito nel relativamente lontano 1709… Esatto: ben 312 anni fa. Per il solo dovere di cronaca aggiungo che si tratta di una ristampa de «The Faith and Practice of a Church of England Man» del 1704.
Ma il punto più interessante è un altro. Il vice priore della cattedrale (felicissimo per il ritrovamento del libro) si è messo a ipotizzare — per scherzo! — l’entità della multa da infliggere agli eredi del lettore ritardatario. Ebbene, dovrebbe utilizzare il sistema adottato nelle biblioteche italiane (almeno quelle che conosco io): sanzionare il ritardatario con due giorni della interdizione al prestito per ogni giorno di ritardo.
Ehm, forse i giorni di blocco sono più di due… non mi ricordo… non mi è mai capitato di consegnare con un ritardo sufficientemente grave… Spero di avere presto delle informazioni precise dai bibliotecari di mia conoscenza.
In ogni caso, la risposta «italiana» al suddetto grave ritardo sarebbe l’unica realmente simmetrica e allo stesso tempo sufficientemente divertente. Scrivo subito una mail, ahahaha
P.S.: in quanti hanno pensato che si sarebbero tenuti il libro?
Sono quasi dispiaciuto per avere saputo del libro «Prisoners’ Inventions» solo ora e non sedici mesi fa. Avrei potuto provare – grazie anche ai disegni riportati – a «ripeterlo a casa» almeno in una minima parte…
Ma è interessante non solo dal punto di vista tecnico. È interessante anche vedere quali sono gli oggetti realmente importanti per i detenuti californiani; come sono capaci le persone a organizzare una vita normale (almeno dal loro punto di vista) anche nelle condizioni di vita più anomale.