L’archivio del tag «guerra»

I prigionieri russi

Dieci giorni fa, il sabato 16 maggio, in Ucraina sono stati fatti prigionieri (dopo essere stati feriti in battaglia) altri due militari russi: il sergente Aleksandrov e il capitano Erofeev. Appena dopo la diffusione della notizia, il Ministero della difesa russo ha dichiarato che i due si sarebbero licenziati dall’Esercito prima di partire a combattere nell’est ucraino. Si tratta di un comportamento ormai tipico dello Stato russo, in adozione almeno dai tempi della guerra in Afghanistan: quello di rinnegare i propri militari pur di non ammettere ufficialmente di partecipare a una guerra di dubbia necessità o semplicemente malvista dall’estero.

Con pochissime eccezioni alla prassi, lo Stato russo non provvede al recupero dei prigionieri e, a partire dalla attuale guerra con Ucraina, non riconosce ai caduti in battaglia il diritto ad essere seppelliti come tali. Anzi, spesso nega il diritto a un nome sulla lapide. Perché arruolarsi e prestare il giuramento, se mancano la protezione e, soprattutto, la riconoscenza?

Ma torniamo ai due prigionieri. Lo Stato avrebbe potuto dichiarare pubblicamente una cosa semplicissima: i nostri agenti si trovavano nell’area «separatista» ucraina per informarci del conflitto armato che si svolge vicino ai nostri confini. In questo modo, avrebbe comunicato una versione condivisibile dal mondo civile senza ammettere di condurre una guerra in Ucraina. Ma, per pura stupidità, si è preferito tradire i propri militari.

Ora siete un po’ più informati sulla «grandezza» della Russia.

P.S.: volevo scrivere pure dell’unica possibile (secondo me) soluzione del conflitto militare tra la Russia e l’Ucraina, ma forse mi conviene di dedicarne un testo a parte.


Il perché della visita di Hollande

Nella notte tra il venerdì 5 dicembre e il sabato 6 dicembre un An-124-100 russo aveva fatto un atterraggio di emergenza nell’aeroporto nigeriano di Kano. Le possibili cause sono tre e ora non ci interessano.

Ci interessa, prima di tutto, il fatto che l’aereo appartiene a 224LO, una azienda controllata dal Ministero della Difesa russo. Da più di vent’anni questa azienda si occupa del traporto aereo commerciale nelle zone di guerra in tutto il mondo. Guadagnando, naturalmente, delle somme importanti per il Ministero.

In secondo luogo ci interessa il fatto che l’aereo in questione (numero RA-82038) stava effettuando il volo dalla capitale della Repubblica Sudafricana Bangui verso la capitale del Ciad N’Djamena. A bordo c’erano 18 russi e 2 francesi, 2 elicotteri Gazelle e le eliche di scorta, un fuoristrada blindato, diverse casse con i Kalashnikov etc. Tutto il carico era destinato, in teoria, alla base francese Istres-Le Tubé. A questo punto potete pure vedere il relativo manifesto di trasporto.

La prima reazione del Ministero degli Esteri russo è stata, come spesso capita, curiosa. In un primo momento è stata negata l’appartenenza dell’aereo alla Russia. In un secondo momento si è sostenuto che si tratterrebbe di un aereo russo con l’equipaggio francese. Poi, finalmente, è stata ammessa pure la composizione del personale a bordo. I due francesi, come ora sappiamo, erano degli ufficiali che stavano accompagnando il carico alla destinazione.

L’ambasciatore francese a Lagos, intanto, aveva precisato che l’aereo doveva trasportare solo i due elicotteri Gazelle con le eliche.

E’ abbastanza logico supporre, a questo punto, che tutte quelle armi il cui trasporto la Francia non aveva ordinato, erano in realtà un carico aggiunto di nascosto e destinato ad essere scaricato allo stesso modo in Nigeria. Perché è evidente che il movimento terroristico Boko Haram, attivo nella regione, pur non essendo in grado di produrre armi e munizioni (come tutto il resto, tranne le banane) se li procura da qualche parte. E tutti i Governi africani arrestano con una certa periodicità quegli aerei che trasportano i carichi bellici sospetti.

Evidentemente, questa volta i diplomatici russi e francesi sono riusciti a convincere il Governo nigeriano della appartenenza di tutto il carico all’esercito francese. Infatti, la sera dell’8 dicembre l’An-124-100 era stato rilasciato. A questo punto, però, dobbiamo chiederci sui veri motivi della visita improvvisa di François Hollande a Mosca il 6 dicembre.


Abbattuto con il Photoshop

Come tanti di voi sanno, un giorno prima del summit del G20 a Brisbane in Australia la televisione di Stato russa ha diffuso la seguente immagine:


(ecco la stessa immagine in un formato più grande)

Si è sostenuto che sarebbe una fotografia satellitare americana che testimonierebbe l’abbattimento del tristemente famoso Boeing di Malaysia Airlines da parte di un caccia (ucraino?). Tutti ormai sanno che si tratta di fake, piuttosto mal realizzato, ma io vi spiego brevemente il perché. Magari il mio racconto vi servirà per creare delle opere un po’ più credibili.
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Il settimo convoglio

Inizierei la nuova settimana con un argomento leggero. Con una semplice nota.

I giornalisti (ma forse pure i loro utenti) si staranno ormai stancati delle notizie sui «convogli umanitari» russi spediti nelle aree «indipendentiste» ucraine. Quello arrivato ieri, infatti, è ormai il settimo (il primo era arrivato nell’area interessata dai combattimenti a metà agosto). Ed io ne scrivo per un’unica ragione: qualche settimana fa ho trovato la spiegazione abbastanza semplice e credibile a questa raffica di convogli.

Naturalmente, vi ricordate che ogni convoglio è composto da diverse decine (anzi, centinaia) di grossi camion quasi vuoti (vedi la foto alla fine del post). Il fatto è che non trasportano aiuti umanitari. Trasportano il carburante nei loro serbatoi.

In sostanza, fanno il pieno poco prima di lasciare il territorio russo, poi lasciano una buona parte del carburante sul territorio controllato dai «ribelli» e tornano indietro. Ora sapete con cosa si alimentano tutti i mezzi militari che in questi mesi circolano tra le città di Donetsk e Luhansk.

Chiedo scusa per l’ennesima banalità pubblicata a tutti coloro che lo sapevano già.


Il Portale è aperto

La legge sullo status speciale dei territori ucraini proclamatesi indipendenti (quelle nelle provincie di Donetsk e Luhansk) è stata trasmessa al presidente Poroshenko per la firma finale. Ed è praticamente certo che verrà firmata.
Non vorrei provocare dei traumi psichici agli idealisti, ma in sostanza l’approvazione e l’entrata in vigore di questa legge non significa alcunché di bello.

Perché la realtà è la seguente. Si ha un territorio, che pur essendo piccolo, non è controllabile al 100% dalle istituzioni ucraine, dotato dei confini con la Russia e l’Ucraina incustoditi e dell’accesso al mare. Un territorio che è invece pieno di personaggi russi e ucraini di dubbia reputazione, i quali per mesi hanno combattuto contro «la banda dei fascisti ucraini» utilizzando le armi russe.

Che fine fanno i territori del genere? Per esempio, fanno la fine del Kosovo di alcuni anni fa, diventando un territorio perfetto per il transito di armi e droga. Una specie di portale interdimensionale, sul quale guadagnano coloro che lo controllano fisicamente. Potrebbe essere utilizzato, per pura ipotesi, al fine di esportare armi agli Stati colpiti da qualche embargo. O per importare delle sostanze dubbie negli Stati confinanti.

Non sono un fan delle teorie di complotto e delle dietrologie, ma in quale altro modo può essere sfruttata una entità territoriale del genere?


Il ritiro delle truppe

Come sanno già in molti, ieri il presidente Putin aveva ordinato il ritiro di tutte le truppe russe che erano «in esercitazione» al confine con l’Ucraina. Le truppe in questione dovrebbero tornare nelle zone della loro dislocazione regolare.

Supponiamo che ciò accada realmente. Ma dobbiamo pure sempre ricordare una cosa semplice: anche domani verranno mandate sulla Luna, il fatto potrà tranquillamente essere negato dai comunicati ufficiali.

E’ evidente che l’ordine di cui sopra è stato fatto al fine di facilitare i prossimi incontri internazionali di Putin. Oltre alla sua parziale resa davanti alle sanzioni («sì-sì, ora faccio il bravo») può significare la fine della operazione sulla riconquista della Ucraina. Di conseguenza:

1. L’Ucraina è persa come il territorio di sfruttamento economico perché è stata spinta, dall’intervento militare russo, verso l’UE;
2. E’ persa la neutralità militare della Ucraina perché essa è stata spinta, dall’intervento militare russo, verso la NATO;
3. Per lo stesso motivo è stata ottenuta l’ostilità del popolo ucraino (al posto della amicizia di prima);
4. Di tutto il Sud-Est ucraino è stata conquistata solo una piccolissima parte;
5. Il passaggio via terra verso la Crimea è stato negato dagli stessi abitanti russi del sud ucraino che hanno costruito con le proprie mani le barricate e le trincee per non far passere gli invasori;
6. Circa 4000 uccisi tra russi e ucraini;
7. L’economia russa è fortemente danneggiata a causa della fuga dei capitali quasi raddoppiata (85,2 miliardi di dollari nei primi 9 mesi dell’anno) e della guerra delle sanzioni;
8. Lo status di Rogue State di fatto già riconosciuto alla Russia.

Minc…a, c’è ancora qualcuno che chiama Putin «un grande presidente»? E pensate che vi ho risparmiato la maggior parte dei problemi interni.


La Marcia per la Pace

La Marcia per la Pace svoltasi domenica 21 settembre nel centro di Mosca ha raccolto 26.100 persone. Non sono tante per una città che ha 12 milioni di soli abitanti registrati ufficialmente. Sono tante per una città dove, in agosto, 2000 persone avevano manifestato a favore della annessione di Donbass (in sostanza del sud-est ucraino).

L’unica cosa che non mi è tanto chiara: perché si è manifestato solo ora?


Il secondo convoglio russo

Sabato 13 settembre sul territorio di Lugansk era entrato il secondo «convoglio umanitario» russo di 200 camion bianchi. Entrato attraverso un punto di confine attualmente controllato solo dall’esercito russo, quindi evitando l’ispezione da parte degli ucraini. Rispetto alla volta scorsa, il senso della operazione è ancora meno chiaro.

Anche questa volta i camion sono privi dei segni distintivi. Si dichiara la loro appartenenza al Ministero delle situazioni d’emergenza, ma sul sito della istituzione non si trova alcuna notizia in merito. Il carico è ancora ignoto: come la volta scorsa, sono state diffuse delle foto dei camion semivuoti con dei sacchi bianchi anonimi, posti su dei bancali artigianali. Inoltre, come la volta scorsa, mancano le foto del carico/scarico degli «aiuti» e della distribuzione di questi alla popolazione.

Anzi, la volta scorsa abbiamo visto qualche foto come la seguente, ma non si conosce bene l’evento al quale si riferiscono:

Il primo convoglio poteva essere spiegato in vari modi: una semplice provocazione, la speranza di vederlo colpire dall’esercito ucraino per giustificare un intervento, o il presunto traferimeno dei macchinari da una fabbrica di Lugansk «distrutta dagli bombardamenti ucraini».

Boh, non so proprio come spiegare la seconda spedizione. I camion, già tutti rientrati in Russia, sono fermi nella regione di Rostov.


La guerra all'Isis

Avendo scelto il modo migliore di commemorare le vittime dell’11/9, Barack Obama ha dichiarato la guerra all’Isis e ha escluso l’intervento via terra. Finalmente una decisione sensata!

Infatti, sappiamo da decenni che il modus operandi di tutti i terroristi del mondo è semplice: provocare la reazione del forte per poi accusarlo di un attacco ingiustificato contro le persone pacifiche (cioè contro i terroristi stessi). Le persone meno istruite se ne sono accorte solo dopo l’11 settembre del 2001. I più istruiti, invece, si ricordano della III Internazionale che ha «brevettato» tale tattica, archiviando il concetto classico del terrorismo. E non intendo solo il terrorismo internazionale.

Non entrare in un conflitto diretto (o, se preferite, aperto/ravvicinato) è quindi l’unica scelta intelligente: si evita di regalare ai terroristi islamici una «giustificazione sacra» della loro guerra. Certo, si potrebbe fare di più evitando pure i bombardamenti e limitandosi alla fornitura degli armi e istruzioni agli eserciti della regione. Ma la paura che questo non basti è ben comprensibile.

I primi risultati si vedranno abbastanza presto.


Avendo scelto il modo migliore di commemorare le vittime dell’11/9, Barack Obama ha dichiarato la guerra all’Isis e ha escluso l’intervento via terra. Finalmente una decisione sensata!

Infatti, sappiamo da decenni che il modus operandi di tutti i terroristi del mondo è semplice: provocare la reazione del forte per poi accusarlo di un attacco ingiustificato contro le persone pacifiche (cioè contro i terroristi stessi). Le persone meno istruite se ne sono accorte solo dopo l’11 settembre del 2001. I più istruiti, invece, si ricordano della III Internazionale che ha «brevettato» tale tattica, archiviando il concetto classico del terrorismo. E non intendo solo il terrorismo internazionale.

Non entrare in un conflitto diretto (o, se preferite, aperto/ravvicinato) è quindi l’unica scelta intelligente: si evita di regalare ai terroristi islamici una «giustificazione sacra» della loro guerra. Certo, si potrebbe fare di più evitando pure i bombardamenti e limitandosi alla fornitura degli armi e istruzioni agli eserciti della regione. Ma la paura che questo non basti è ben comprensibile.

I primi risultati si vedranno abbastanza presto.