L’archivio del tag «guerra»

Da o verso

Suppongo che negli ultimi giorni tutti abbiano visto le immagini dei profughi che camminano lungo i binari o il bordo di una autostrada per raggiungere l’Ungheria.

Suppongo anche che tutti sappiano che l’Ungheria è considerata, dai profughi in questione, solo una tappa intermedia.

A questo punto non capisco perché si insiste a ripetere che quelle persone «stanno fuggendo da una guerra (dalle guerre) e dalle persecuzioni». Mi dispiace per la situazione che si è creata nei loro Paesi d’origine, ma non posso non ricordare che, per esempio, in Serbia non c’è alcuna guerra da ben 16 anni. E’ altrettanto logico ricordare che la guerra manca pure in alcuni altri Paesi musulmani, dove i profughi si troverebbero, in teoria, in un ambiente più «di casa».

Nemmeno in Grecia, Ungheria e Italia, a quanto mi risulta, ci sono delle guerre in corso. I profughi, però, vogliono andare avanti, verso gli Stati europei più ricchi: Germania, Francia e Inghilterra. Qualcuno si è già dimenticato che le destinazioni preferite sono sempre state quelle? Nessuno però si è reso conto che è cambiata la scusa: la guerra ha sostituito la «ricerca di una vita migliore» perché funziona meglio, colpisce di più l’opinione pubblica per la propria gravità umanitaria.

Più che scappare da una vita pesante, corrono verso una vita bella, piena di sussidi da prendere nei ricchi Stati dell’UE (provenienti dalle tasse degli europei). Spero che gli elettori-contribuenti europei se ne accorgano prima della salita al potere dei vari Governi di estrema destra, intenzionati di deportare tutti gli stranieri, compresi quelli si integrano, lavorano, studiano o semplicemente hanno bisogno di una vera protezione umanitaria.

Se a un buon musulmano non piace l’ISIS, potrebbe almeno provare a combatterlo a casa anziché caricare l’Europa dei propri problemi. Lo stesso vale per tutti coloro che «non hanno futuro» in Patria: fare qualcosa per crearlo? La vita consiste nella soluzione dei problemi ai quali ci troviamo di fronte, non nel tentativo di fuggire verso una esistenza tranquilla.


Le auto dell’OSCE bruciate

Come avrete già letto o sentito, ieri a Donetsk sono state bruciate quattro auto blindate della missione OSCE. Si dice che sarebbe un atto intimidatorio finalizzato a spingere l’organizzazione a ritirare i propri osservatori dall’area della guerra russa-ucraina.

Io non so, per ora, chi e perché lo ha fatto. So solo che nel caso specifico di questa guerra l’OSCE si è dimostrata assolutamente impotente (per dirla in modo gentile). Da quando sono iniziati i combattimenti, infatti, gli osservatori europei non si erano mai accorti degli spostamenti dei mezzi pesanti appartenenti all’esercito russo e hanno ingenuamente creduto alle frasi del tipo «non combattiamo per la Russia» pronunciate dai «separatisti».

Quindi se la missione OSCE dovesse ritirarsi dall’area del conflitto, nessuno ci perderebbe. Anzi, sul campo ci sarebbe una vittima della propaganda russa in meno. E ricordiamoci che ogni vittima (o complice) della propaganda è, spesso senza volerlo, una parte attiva del conflitto.


Selfie Soldiers

Il corrispondente di VICE news Simon Ostrovsky ha girato un buon documentario «Selfie Soldiers» (in inglese). Si tratta di una ennesima e buona dimostrazione della presenza dei militari russi nell’est ucraino.

Gli interessati, volendo, potreste dedicarne una parte della pausa pranzo.


Treno armi

Se mi chiedete come vanno le cose in Ucraina, io vi dico per ora le cose stanno viaggiando verso l’Ucraina:

Il video è stato girato nella periferia della città russa di Taganrog, più precisamente in questa zona.

Lo stesso posto sulla mappa.

La ferrovia in questione va verso la città di Donetsk.


I prigionieri russi

Dieci giorni fa, il sabato 16 maggio, in Ucraina sono stati fatti prigionieri (dopo essere stati feriti in battaglia) altri due militari russi: il sergente Aleksandrov e il capitano Erofeev. Appena dopo la diffusione della notizia, il Ministero della difesa russo ha dichiarato che i due si sarebbero licenziati dall’Esercito prima di partire a combattere nell’est ucraino. Si tratta di un comportamento ormai tipico dello Stato russo, in adozione almeno dai tempi della guerra in Afghanistan: quello di rinnegare i propri militari pur di non ammettere ufficialmente di partecipare a una guerra di dubbia necessità o semplicemente malvista dall’estero.

Con pochissime eccezioni alla prassi, lo Stato russo non provvede al recupero dei prigionieri e, a partire dalla attuale guerra con Ucraina, non riconosce ai caduti in battaglia il diritto ad essere seppelliti come tali. Anzi, spesso nega il diritto a un nome sulla lapide. Perché arruolarsi e prestare il giuramento, se mancano la protezione e, soprattutto, la riconoscenza?

Ma torniamo ai due prigionieri. Lo Stato avrebbe potuto dichiarare pubblicamente una cosa semplicissima: i nostri agenti si trovavano nell’area «separatista» ucraina per informarci del conflitto armato che si svolge vicino ai nostri confini. In questo modo, avrebbe comunicato una versione condivisibile dal mondo civile senza ammettere di condurre una guerra in Ucraina. Ma, per pura stupidità, si è preferito tradire i propri militari.

Ora siete un po’ più informati sulla «grandezza» della Russia.

P.S.: volevo scrivere pure dell’unica possibile (secondo me) soluzione del conflitto militare tra la Russia e l’Ucraina, ma forse mi conviene di dedicarne un testo a parte.


Il perché della visita di Hollande

Nella notte tra il venerdì 5 dicembre e il sabato 6 dicembre un An-124-100 russo aveva fatto un atterraggio di emergenza nell’aeroporto nigeriano di Kano. Le possibili cause sono tre e ora non ci interessano.

Ci interessa, prima di tutto, il fatto che l’aereo appartiene a 224LO, una azienda controllata dal Ministero della Difesa russo. Da più di vent’anni questa azienda si occupa del traporto aereo commerciale nelle zone di guerra in tutto il mondo. Guadagnando, naturalmente, delle somme importanti per il Ministero.

In secondo luogo ci interessa il fatto che l’aereo in questione (numero RA-82038) stava effettuando il volo dalla capitale della Repubblica Sudafricana Bangui verso la capitale del Ciad N’Djamena. A bordo c’erano 18 russi e 2 francesi, 2 elicotteri Gazelle e le eliche di scorta, un fuoristrada blindato, diverse casse con i Kalashnikov etc. Tutto il carico era destinato, in teoria, alla base francese Istres-Le Tubé. A questo punto potete pure vedere il relativo manifesto di trasporto.

La prima reazione del Ministero degli Esteri russo è stata, come spesso capita, curiosa. In un primo momento è stata negata l’appartenenza dell’aereo alla Russia. In un secondo momento si è sostenuto che si tratterrebbe di un aereo russo con l’equipaggio francese. Poi, finalmente, è stata ammessa pure la composizione del personale a bordo. I due francesi, come ora sappiamo, erano degli ufficiali che stavano accompagnando il carico alla destinazione.

L’ambasciatore francese a Lagos, intanto, aveva precisato che l’aereo doveva trasportare solo i due elicotteri Gazelle con le eliche.

E’ abbastanza logico supporre, a questo punto, che tutte quelle armi il cui trasporto la Francia non aveva ordinato, erano in realtà un carico aggiunto di nascosto e destinato ad essere scaricato allo stesso modo in Nigeria. Perché è evidente che il movimento terroristico Boko Haram, attivo nella regione, pur non essendo in grado di produrre armi e munizioni (come tutto il resto, tranne le banane) se li procura da qualche parte. E tutti i Governi africani arrestano con una certa periodicità quegli aerei che trasportano i carichi bellici sospetti.

Evidentemente, questa volta i diplomatici russi e francesi sono riusciti a convincere il Governo nigeriano della appartenenza di tutto il carico all’esercito francese. Infatti, la sera dell’8 dicembre l’An-124-100 era stato rilasciato. A questo punto, però, dobbiamo chiederci sui veri motivi della visita improvvisa di François Hollande a Mosca il 6 dicembre.


Abbattuto con il Photoshop

Come tanti di voi sanno, un giorno prima del summit del G20 a Brisbane in Australia la televisione di Stato russa ha diffuso la seguente immagine:


(ecco la stessa immagine in un formato più grande)

Si è sostenuto che sarebbe una fotografia satellitare americana che testimonierebbe l’abbattimento del tristemente famoso Boeing di Malaysia Airlines da parte di un caccia (ucraino?). Tutti ormai sanno che si tratta di fake, piuttosto mal realizzato, ma io vi spiego brevemente il perché. Magari il mio racconto vi servirà per creare delle opere un po’ più credibili.
Continuare la lettura di questo post »


Il settimo convoglio

Inizierei la nuova settimana con un argomento leggero. Con una semplice nota.

I giornalisti (ma forse pure i loro utenti) si staranno ormai stancati delle notizie sui «convogli umanitari» russi spediti nelle aree «indipendentiste» ucraine. Quello arrivato ieri, infatti, è ormai il settimo (il primo era arrivato nell’area interessata dai combattimenti a metà agosto). Ed io ne scrivo per un’unica ragione: qualche settimana fa ho trovato la spiegazione abbastanza semplice e credibile a questa raffica di convogli.

Naturalmente, vi ricordate che ogni convoglio è composto da diverse decine (anzi, centinaia) di grossi camion quasi vuoti (vedi la foto alla fine del post). Il fatto è che non trasportano aiuti umanitari. Trasportano il carburante nei loro serbatoi.

In sostanza, fanno il pieno poco prima di lasciare il territorio russo, poi lasciano una buona parte del carburante sul territorio controllato dai «ribelli» e tornano indietro. Ora sapete con cosa si alimentano tutti i mezzi militari che in questi mesi circolano tra le città di Donetsk e Luhansk.

Chiedo scusa per l’ennesima banalità pubblicata a tutti coloro che lo sapevano già.


Il Portale è aperto

La legge sullo status speciale dei territori ucraini proclamatesi indipendenti (quelle nelle provincie di Donetsk e Luhansk) è stata trasmessa al presidente Poroshenko per la firma finale. Ed è praticamente certo che verrà firmata.
Non vorrei provocare dei traumi psichici agli idealisti, ma in sostanza l’approvazione e l’entrata in vigore di questa legge non significa alcunché di bello.

Perché la realtà è la seguente. Si ha un territorio, che pur essendo piccolo, non è controllabile al 100% dalle istituzioni ucraine, dotato dei confini con la Russia e l’Ucraina incustoditi e dell’accesso al mare. Un territorio che è invece pieno di personaggi russi e ucraini di dubbia reputazione, i quali per mesi hanno combattuto contro «la banda dei fascisti ucraini» utilizzando le armi russe.

Che fine fanno i territori del genere? Per esempio, fanno la fine del Kosovo di alcuni anni fa, diventando un territorio perfetto per il transito di armi e droga. Una specie di portale interdimensionale, sul quale guadagnano coloro che lo controllano fisicamente. Potrebbe essere utilizzato, per pura ipotesi, al fine di esportare armi agli Stati colpiti da qualche embargo. O per importare delle sostanze dubbie negli Stati confinanti.

Non sono un fan delle teorie di complotto e delle dietrologie, ma in quale altro modo può essere sfruttata una entità territoriale del genere?


Il ritiro delle truppe

Come sanno già in molti, ieri il presidente Putin aveva ordinato il ritiro di tutte le truppe russe che erano «in esercitazione» al confine con l’Ucraina. Le truppe in questione dovrebbero tornare nelle zone della loro dislocazione regolare.

Supponiamo che ciò accada realmente. Ma dobbiamo pure sempre ricordare una cosa semplice: anche domani verranno mandate sulla Luna, il fatto potrà tranquillamente essere negato dai comunicati ufficiali.

E’ evidente che l’ordine di cui sopra è stato fatto al fine di facilitare i prossimi incontri internazionali di Putin. Oltre alla sua parziale resa davanti alle sanzioni («sì-sì, ora faccio il bravo») può significare la fine della operazione sulla riconquista della Ucraina. Di conseguenza:

1. L’Ucraina è persa come il territorio di sfruttamento economico perché è stata spinta, dall’intervento militare russo, verso l’UE;
2. E’ persa la neutralità militare della Ucraina perché essa è stata spinta, dall’intervento militare russo, verso la NATO;
3. Per lo stesso motivo è stata ottenuta l’ostilità del popolo ucraino (al posto della amicizia di prima);
4. Di tutto il Sud-Est ucraino è stata conquistata solo una piccolissima parte;
5. Il passaggio via terra verso la Crimea è stato negato dagli stessi abitanti russi del sud ucraino che hanno costruito con le proprie mani le barricate e le trincee per non far passere gli invasori;
6. Circa 4000 uccisi tra russi e ucraini;
7. L’economia russa è fortemente danneggiata a causa della fuga dei capitali quasi raddoppiata (85,2 miliardi di dollari nei primi 9 mesi dell’anno) e della guerra delle sanzioni;
8. Lo status di Rogue State di fatto già riconosciuto alla Russia.

Minc…a, c’è ancora qualcuno che chiama Putin «un grande presidente»? E pensate che vi ho risparmiato la maggior parte dei problemi interni.