Cosa si potrebbe dire dell’incontro tra Trump e Zelensky di ieri?
The Wall Street Journal, per esempio, scrive che le parole di ringraziamento di Zelensky a Trump sono state pronunciate «circa dieci volte» (evidentemente perché alla fine di febbraio era stato accusato di essere ingrato).
Noi stessi vediamo, sulle varie immagini, che Zelensky ha soddisfatto la richiesta della Casa Bianca sull’abito: si è messo una giacca finta (comunque in stile militare) e una camicia nera (di più non poteva fare perché è sempre il Presidente di uno Stato aggredito).
I vari leader europei (quelli seri) si sono presentati all’incontro per sostenere Zelensky.
Trump a un certo punto ha interrotto l’incontro per telefonare a Putin…
… e poi ha annunciato un incontro tra Zelensky e Putin «entro due settimane».
Insomma, è inutile continuare a elencare i passaggi ormai noti a tutti. L’importante è capire il principio: Zelensky capisce di essere in una situazione ancora difficile. Non può accettare il cosiddetto accordo tra Trump e Putin, ma non può nemmeno mandare Trump all’indirizzo appropriato: a causa della necessità degli aiuti. Di conseguenza, ha fatto la cosa più giusta e logica: ha cercato di essere diplomatico e di apparire disponibile ai compromessi sulle piccole cose formali e, soprattutto, di essere vago: non accettare e non negare apertamente le «proposte» impossibili di Putin.
Continuiamo ad aspettare altri incontri e a sperare in maggiori aiuti militari.
E ricordiamoci la cosa fondamentale: la fine della guerra non tra gli obiettivi di Putin.
L’archivio del tag «guerra»
La foto migliore dell’incontro in Alaska è quella dove il criminale di Cremlino sta raccontando – palesemente con successo – un’altra porzione di stronzate al credulone della Casa Bianca:

La migliore caricatura, poi, è questa:

Nel frattempo, secondo le informazioni trapelate dai media, dopo l’incontro con Putin, Trump avrebbe cercato di promuovere – nei colloqui telefonici con Zelensky e con i leader europei – l’idea dello scambio di territori ucraini proposta da Putin, con la quale lui stesso sarebbe d’accordo.
Lo scambio di territori dovrebbe consistere, secondo la proposta di Putin, nel trasferimento da parte dell’Ucraina alla Russia dei territori delle regioni di Donetsk e Luhansk che la Russia non controlla (insieme alle città, alle fortificazioni militari e, soprattutto, alla popolazione che vi risiede che vi risiede), in cambio della generosa rinuncia da parte della Russia a rivendicare i territori delle regioni di Zaporizhia e Kherson, che sempre essa non controlla. In altre parole, Putin ha proposto di cedergli ciò che non gli appartiene in cambio di ciò che non gli appartiene ancora di più.
Zelensky – che sorpresa – ha rifiutato.
Trump è molto indignato e irritato da tale intransigenza.
Questo è ciò che lui e Putin chiamano „l’arte di concludere accordi“.
Ma vedo che nelle teste di un grande numero di europei questa follia non trova posto. Non capiscono che si tratta di uno „scambio“ di qualcosa che non è di Putin con qualcosa che è ancora meno di Putin…
… mi sta già facendo male tutto, ma non riesco a smettere! Ascoltate questo genio e ricordatevi che il 15 agosto dovrebbe incontrarsi con un suo grande concorrente:
Non riuscite a seguire il modo trumpista di costruire le frasi? Allora, per aiutarvi, faccio un riassunto: «I russi avrebbero potuto raggiungere Kiev in quattro ore se avessero preso l’autostrada. Ma un generale russo „geniale“ ha deciso di attraversare la campagna».
Molto probabilmente Donald intendeva il «highway» M01 che nei primi giorni della guerra si presentava così:
Male, vado a riprendermi un po’…
Oggi vediamo un piccolo video che illustra il funzionamento dei droni ucraini AN-196 «Liutyi» a oltre 1300 km dalla patria: nella regione russa del Tatarstan, al deposito dei droni iraniani «Shahed».
Così i droni iraniani non dovranno più fare la lunga strada verso l’Ucraina. Spero che lo stesso favore venga fatto anche a tanti altri strumenti dell’esercito russo.
In un comunicato ufficiale del Ministero degli Esteri russo di ieri si dice la Russia rinuncia al moratorio unilaterale sulla limitazione dello schieramento di missili a medio e corto raggio. Il ministero ha giustificato questa decisione con l’aumento del «potenziale missilistico destabilizzante» da parte del «Occidente collettivo» nelle regioni vicine alla Russia.
Di fronte a tale notizia, la reazione di un lettore mediamente intelligente dovrebbe essere una: chiedersi se lo Sato russo ha tanti missili da schierare. La domanda deriva dalle informazioni (degli ultimi tre anni e mezzo) sulla quantità, qualità e provenienza dei missili utilizzati nella guerra contro l’Ucraina. Leggiamo spesso che vengono utilizzati i missili tirati fuori dai depositi sovietici o arrivati dagli Stati come la Corea del Nord e che spesso quei missili non esplodono come lo vorrebbero i vertici militari russi. Mentre la produzione interna dei missili nuovi non è sufficiente per sostenere i ritmi della guerra desiderati.
Ovviamente non abbiamo la piena statistica reale su tutte le cose appena elencate, ma io presumo comunque che l’obiettivo principale del Ministero degli Esteri fosse stato quello di spaventare l’Occidente con le sole parole.
È incredibile, ma la Presidente della Camera alta del «parlamento» russo (Consiglio Federale) Valentina Matvienko — una delle principali complici di Putin — è arrivata ieri a Ginevra per la Conferenza Mondiale dei Presidenti del Parlamento. Sarei molto curioso di scoprire chi di preciso l’abbia invitata e perché la Svizzera abbia deciso di dare un podio a dei criminali.
Nel frattempo, scopriamo che Valentina Matvienko e la sua delegazione sono arrivati a Ginevra per gli eventi organizzati dall’Unione interparlamentare, che si terranno dal 28 al 30 luglio. La discussione alla quale è già intervenuta Matvienko si intitola «Un mondo in fermento: la cooperazione parlamentare e l’approccio multilaterale alla soluzione dei problemi per la pace, la giustizia e la prosperità per tutti».
In particolare, dal palco ha ripetuto le solite stronzate della propaganda statale russa sulla difesa della popolazione di lingua russa nell’est della Ucraina (è stata addirittura applaudita, ma immagino che tra il pubblico ci fossero altri rappresentanti dello Stato russo).
E allora io ricordo che le statistiche su ciò che stava accadendo nel Donbas prima della attuale fase della guerra sono facilmente disponibili. Quanti civili sono morti lì, ad esempio, nel 2021, quando i «maledetti ucraini bombardavano continuamente i civili»? Secondo le statistiche dell’ONU e dell’OSCE, nel 2021 ci sono state 25 morti tra i civili, il numero più basso rispetto agli anni precedenti del conflitto, e oltre la metà di queste morti erano dovute a mine e ordigni inesplosi.
E quante persone sono morte nel Donbas quando sono arrivati i «liberatori» armati russi? Dall’inizio della invasione su larga scala da parte, iniziata il 24 febbraio 2022, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha registrato almeno 13.580 morti e 34.115 feriti tra i civili in tutta l’Ucraina (al 30 giugno 2025).
Per quanto riguarda le regioni di Donetsk e Luhansk (Donbas), quelle più colpite: all’inizio di giugno 2023, le Nazioni Unite hanno registrato almeno 2964 civili morti e 3683 civili feriti nel Donbas. Mentre gli attivisti internazionali per i diritti umani hanno contato, a dicembre 2022, un totale di circa 3978 morti e 5452 feriti nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Di conseguenza, almeno tre o quattro mila civili sono stati uccisi e diverse altre migliaia sono rimaste ferite nel Donbas tra il febbraio 2022 e la metà del 2023. Questi numeri riflettono solo i casi confermati. Il numero reale è molto probabilmente più alto a causa delle difficoltà di accesso alle aree occupate e al fronte.
Valentina Matvienko, intanto, parla della pace e della difesa dei civili a Ginevra.
Difficilmente qualcuno ne dubitava, ma Reuters ha avuto le conferme del fatto che era stato proprio Elon Musk a ordinare la disattivazione del servizio satellitare Starlink quando l’Ucraina aveva lanciato l’offensiva nel settembre del 2022.
Ovviamente non possiamo sapere come si sarebbe svolta quella offensiva e a quali risultati avrebbe portato, ma possiamo essere certi del fatto che la decisione di Musk aveva avuto una influenza negativo sull’andamento della operazione. Questa guerra è diventata una guerra praticamente di posizionamento lunga già più di tre anni anche grazie a Musk.
Ricordiamocelo. Anche la prossima volta che lui mostrerà la propria insoddisfazione per il prolungarsi eccessivo dei combattimenti.
Il comandante in capo delle forze armate ucraine Alexander Syrsky, in una intervista rilasciata ieri a The Washington Post, ha invitato gli USA e l’Europa a fornire all’esercito ucraino missili a lungo raggio e a consentirne l’uso contro la Russia. L’obiettivo è quello di rallentare la produzione di armi russe, attaccando gli stabilimenti russi che producono missili e droni.
Non so cosa ne pensino gli esperti militari, ma dal punto di vista puramente logico la richiesta di Syrsky è perfettamente in linea con l’obiettivo globale di costringere Putin a negoziare a condizioni non tanto vantaggiose per lui. Per esclusione: se per vincere con mezzi militari sono necessari sforzi e investimenti finanziari troppo grandi e, allo stesso tempo, non è possibile privare completamente Putin dei soldi per la guerra (a breve termine è sicuramente impossibile, pure l’economia sovietica non era crollata in un solo anno), allora non resta che creargli problemi reali con le armi. Problemi tali che diverse persone gridino – come lo aveva fatto il capo di un gruppo militare da nome musicale – davanti alle telecamere: «Vladimir, dove sono i proiettili, ***** ***?»
Spero che si riesca a spiegarlo ai politici americani e europei.
L’aeroporto Sheremetyevo di Mosca (uno dei principali della città) ha allestito un’area di riposo per i passeggeri i cui voli sono in ritardo di molte ore o cancellati a causa del pericolo droni (ucraini). La grande particolarità di quella area sono i materassi che vengono messi a disposizione soprattutto delle famiglie con bambini.

No, non lo faccio vedere per parlare di una forma di scomodità: la guerra di Putin ha portato delle «scomodità» enormemente più gravi a milioni di persone da entrambe le parti del confine.
Lo faccio vedere per dire che non si mai quale degli effetti della guerra può far ragionare almeno una persona in più. almeno una di quelle persone che fino ieri facevano finta che non stesse succedendo nulla.
La polizia armena si è rifiutata di estradare in Russia l’ex ufficiale russo Semyon Subbotin, che si è rifiutato di partecipare alla guerra russo-ucraina. Subbotin, 25 anni, ha prestato servizio come radio-telefonista nelle Forze missilistiche strategiche nella città di Teikovo, nella regione di Ivanovo. Ha lasciato la Russia nel settembre 2024 con l’aiuto dei volontari di un progetto che fornisce l’assistenza di vari tipi ai cittadini russi che vogliono sottrarsi all’obbligo formale di andare in guerra contro l’Ucraina.
Subbotin non è assolutamente il primo a scappare: solo il progetto di assistenza di cui sopra ha già aiutato, a partire dall’ottobre 2022, alcune decine di migliaia di persone (seguite il link se volete essere più informati).
Quello che mi piace particolarmente nella notizia citata è il fatto che l’Armenia continua dimostrare con una certa costanza l’allontanamento dalla Russia e, di conseguenza, l’avvicinamento al mondo sviluppato. È una strada difficile e pericolosa, ma bella e giusta. Spero che abbia un grande risultato alla fine. E spero che lo sforzo venga apprezzato (e alleggerito, perché chi si impegna va stimolato) da chi prende le decisioni riguardanti le relazioni tra gli Stati.



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