L’archivio del tag «guerra»

Possiamo paragonare?

Possiamo paragonare, per esempio, i tempi di Putler con quelli di Stalin? Intendo dire non tecnicamente, ma legalmente. In Russia non è ancora vietato. Anche se io non avrei comunque rispetato quel divieto…
Quindi, prendiamo il seguente criterio di confronto: i dati quantitativi ufficiali sui crimini di ognuno dei regimi.
I dati ufficiali dell’epoca di Stalin non erano pubblici e in parte sono classificati segreti pure oggi. Gli storici e gli archivisti si sono stancati da tempo di lottare per la libertà di accesso e aspettano semplicemente l’arrivo dei tempi migliori.
I dati ufficiali dell’epoca di Putler sono talvolta «trapelati» grazie alla «collaborazione» di giornalisti veri e funzionari corrotti, e talvolta pubblicati dai funzionari stessi del regime. Ad esempio, Maria Lvova-Belova, ricercata dalla Corte penale internazionale dell’Aia assieme a Putler, ha annunciato ieri la pubblicazione sul sito ufficiale dell’Ombudsman presidenziale russo di un rapporto secondo il quale, nel febbraio 2022, la Federazione Russa «ha accolto circa 4,8 milioni di residenti dell’Ucraina e delle repubbliche del Donbass, di cui più di 700.000 sono bambini». Tra le altre cose, il rapporto afferma che circa 1500 orfani ucraini della «DNR» e della «LNR» sono stati portati in Russia: successivamente, 288 bambini della «DNR» e 92 bambini della «LNR» sono stati affidati a famiglie adottive russe.
In generale, ci sono stati grandi progressi. I complici di Putler sono più generosi sia con gli storici che con i giornalisti. E, naturalmente, con i propri futuri giudici.
Ma questa cosa mi sorprende.


I nuovi attacci di droni a Mosca

Prevalentemente per evitare che nelle teste di alcuni lettori si crei un po’ di confusione, preciso: la scorsa notte i droni ucraini non hanno colpito la sede del Ministero della «difesa» russo. Sono certi giornali europei che scrivono i titoli scandalistici, sperando che questi ultimi vengano colpiti da tanti click.
I droni ucraini che hanno attaccato Mosca hanno danneggiato oggi due torri in un quartiere molto prestigioso: il Moscow City. In quel quartiere si trovano gli immobili commerciali più costosi della Russia. Alcune torri sono di proprietà privata, altre sono frutto di partnership pubblico-privato. Alcune appartengono allo Stato.
Lo Stato possiede il 40% di tutti gli spazi del complesso. Il 40% è di proprietà di grandi aziende: Transneft possiede la torre «Evolution» di 54 piani e Rosselkhozbank possiede il grattacielo n. 1 del quartiere IQ. Secondo il sito ufficiale di vendita Moscow-City.info, la VTB Bank ha acquistato anche l’intera «Eurasia Tower» di 70 piani e 40 piani di uffici nella torre «Federation West».
La torre del quartiere IQ è stata la più colpita dai droni la notte tra il 29 e il 30 luglio. È composta da due edifici ed è di proprietà della società statale Dom.rf e della Rosselkhozbank. È stata costruita nel 2015. La vendita delle parti dell’immobile è iniziata nel 2016. Inizialmente ospitava la Rosselkhozbank all’ultimo piano, mentre gli altri piani dell’edificio di 42 piani sono stati affittati. Sono stati offerti in affitto anche spazi commerciali al piano terra. Il Ministero dell’Economia, il Ministero delle Finanze e il Ministero dell’Industria e del Commercio occupano la maggior parte degli spazi della torre. Inoltre, i tre Ministeri occupano 26 piani nel complesso OKO-2, dove sono stati rotti i vetri di quattro piani.
Come avete visto, il Ministero della «difesa» non c’entra alcunché. In più, gli spazi dei tre ministeri realmente colpiti non avevano — a quanto ne so — delle funzionalità di un particolare valore «strategico» o segreto: dentro ci stavano i semplici impiegati che facevano il lavoro di routine o gli incontri con i vari visitatori esterni.
La vera importanza dell’ultimo attacco dei droni è stata però definita sostanzialmente bene dal presidente ucraino Zelensky: è stato colpito bene uno dei simboli del benessere economico-finanziario russi. Colpire i simboli è, per ora, una di quelle poche cose che l’Ucraina ha la possibilità di fare sul territorio russo nell’ambito della guerra in corso. Ma non è una cosa poco significante.


La lettura del sabato

È inutile ricordare che i russi rimasti in Russia non hanno dei modi legali (dal punto di vista del legislatore russo) di protestare contro la guerra: chi non lo ha ancora capito, non ha molte possibilità di capire qualcosa nella vita in generale.
Allo stesso tempo, è utile e importante ricordare che molti cittadini russi rimasti in Russia sfidano la «legge» e le «forze dell’ordine» cercando di esprimere pubblicamente il proprio dissenso, informare gli altri su quanto sta accadendo o, nei casi più eroici, ostacolando lo Stato russo nel suo intento di distruggere uno Stato vicino. La creazione degli ostacoli alla guerra, in particolare, sembra una impresa disperata, se pensiamo al rapporto delle forze dello Stato e del cittadino singolo. Ma se tutti dicessero di continuo «è tutto inutile», noi – gli umani – staremmo ancora sugli alberi. E poi, non tutti riescono a rimanere passivi e indifferenti di fronte agli avvenimenti così gravi…
Insomma, l’articolo segnalato per questo finesettimana racconta delle persone che dall’inizio della guerra danno fuoco ai centri di reclutamento militare in Russia. Racconta di quanti sono (in base alle informazioni note), dove e come agiscono, come vengono puniti se e quando catturati etc. etc.. Vi permetterà di scoprire qualcosa in più su come è fatta la resistenza interna russa.


L’inverno sta arrivando

La società statale ucraina Energoatom ha dichiarato che l’unità di potenza n. 4 della centrale nucleare di Zaporizhzhya, controllata dalle truppe russe, è stata messa in stato di «arresto a caldo» il 24 luglio.

Tali azioni costituiscono una grave violazione dei requisiti della licenza di esercizio dell’impianto nucleare. Ora il funzionamento dell’unità di potenza n. 4 della ZAES deve avvenire esclusivamente in stato di «arresto a freddo».

Energoatom ha poi sottolineato i rischi per la sicurezza nucleare e delle radiazioni causati dal fatto che le apparecchiature dell’unità di potenza n. 4 sono rimaste inattive per lungo tempo e non sono state sottoposte a manutenzione o riparazione.
Generalmente non mi piacciono gli allarmismi inutili, ma, allo stesso tempo, ormai conosco (come, immagino, anche voi) le capacità mentali di prende le decisioni dalla parte russa nell’ambito della guerra in corso. Dunque, sono portato a prendere sul serio gli avvertimenti ucraini di cui sopra.


L’obiettivo raggiunto?

Al 513-simo giorno di guerra l’esercito russo ha «finalmente» «raggiunto» uno dei numerosi e più volte mutati «obiettivi» della  «operazione militare speciale»  guerra in Ucraina: ha colpito i satanisti che ostacolavano la vita religiosa degli ortodossi!

Sì, il 22 luglio ha colpito, tra le altre cose, anche la cattedrale di Odessa.

Anche se le autorità russe hanno già detto che il «merito» è della difesa antimissilistica ucraina.

Beh, quella cattedrale era già stata distrutta nel 1936 dai comunisti e poi ricostruita nei primi 2000 dagli ucraini del XXI secolo.

La ricostruiranno ancora, dopo avere sistemato le cose di importanza più vitale.


Le conseguenze dell’attacco

Il video domenicale di oggi illustra – molto brevemente – le conseguenze tecniche dell’ultimo attacco al ponte di Crimea (quello del 17 luglio):

Sicuramente di attacchi ce ne saranno altri: la parte ferroviaria del ponte è uno strumento di importanza rilevante per la logistica militare russa. Infatti, i mezzi militari e le munizioni vengono trasportate a lunghe distanze con i treni e non con i camion (i quali, per altro, non possono percorrere il ponte di Crimea dal giorno dell’attacco precedente, quello dell’8 ottobre 2022).


La lettura del sabato

In questi giorni ne avete sicuramente letto qualcosa, ma io aggiungo comunque il link a un testo potenzialmente utile: quello dedicato all’aspetto tecnico dell’attacco al ponte di Crimea il 17 luglio. Si tenta di capire con quali mezzi sia stato esattamente attaccato il ponte e quali mezzi del genere possano essere a disposizione dell’Ucraina.
In effetti, la guerra dovrà, prima o poi, manifestarsi nuovamente in un modo attivo anche sul mare. Non solo per colpire il famoso ponte.


I “terroristi”

Per qualche strano motivo, ho voluto condividere con voi qualcosa di realmente umoristico… Per esempio, un post su Telegram, la cui traduzione dal russo poteva esservi capitata ieri (lunedì):

L’esperienza mondiale e nostrana dimostra che i terroristi non possono essere affrontati con sanzioni internazionali, intimidazioni o esortazioni.
Capiscono solo il linguaggio della forza.
Solo metodi personali e completamente disumani.
Pertanto, è necessario far saltare in aria le loro stesse case e quelle dei loro parenti. Cercare e liquidare i loro complici, abbandonando l’idea banale del loro processo. Ma la cosa principale è distruggere i vertici delle formazioni terroristiche, indipendentemente da dove questi insetti si nascondano.

Non lo avevate letto? Ma sicuramente avete già capito a chi si riferisce l’autore!
E invece no, non avete capito. L’autore del testo umoristico è Continuare la lettura di questo post »


Il secondo attacco al ponte

Questa notte sul «Ponte di Crimea» – costruito dalla Russia dopo l’annessione della penisola – ci sono state due esplosioni: alle 3:04 (sulla parte automobilistica, danneggiando una arcata) e alle 3:20 (sulla parte ferroviaria, senza danneggiarla seriamente). L’Ucraina e la Russia sostengono che il ponte sia stato attaccato da droni di superficie ucraini.

Avrei potuto provare a scherzare sulle dichiarazioni del portavoce di Putin che detto «Siamo consapevoli dell’insidiosità del regime di Kiev», ma non è più un passatempo tanto divertente.
Avrei anche potuto constatare che l’Ucraina sta continuando a tagliare le strade alla logistica militare russa, ma lo sapete anche senza di me.
Quindi propongo qualche dichiarazione curiosa, quasi divertente, della stampa pro-governativa russa dedicata al ponte.

Il ponte di Crimea è una struttura strategica di prima categoria, al pari delle centrali nucleari o del centro di comando delle forze missilistiche strategiche. È sorvegliato di conseguenza, quindi gli appelli a «bombardare il ponte di Crimea» testimoniano o l’ignoranza di coloro che li invocano o il loro ottimismo patologico. O, più probabilmente, entrambe le cose.

Il ponte di Crimea è costruito con la tecnologia della cupola di un reattore di una centrale nucleare. Ciò significa che le campate del ponte possono resistere a un colpo diretto di un aereo. L’attraversamento è inoltre protetto dagli attacchi aerei da un sistema di difesa aerea stratificato rappresentato da una gamma completa di sistemi missilistici antiaerei: dai Pantsir alla divisione S-400 schierata a Feodosia.

Oltre alle armi puramente antiaeree in grado di respingere un massiccio attacco missilistico o aereo, sulle rive dello Stretto di Kerch sono schierate anche le più recenti attrezzature per la guerra elettronica. Se necessario, copriranno il ponte con un bozzolo invisibile dai radar e dalle testate di puntamento dei missili da crociera, faranno impazzire le attrezzature di bombardieri e droni.

Il ponte n. 1 è anche ben protetto dagli attacchi dal mare. I suoi sostegni sono protetti da speronamenti con spoiler. Gli accessi al ponte dal mare e dalla terraferma sono monitorati 24 ore su 24 da una brigata separata della Rosgvardia, coadiuvata dalle guardie di frontiera e dalle unità anti-dirottamento della Flotta del Mar Nero: queste ultime si assicurano che gli anfibi con esplosivi non si avvicinino ai supporti.

E poi aggiungo che prima del 24 febbraio 2022 il ponte di Crimea mi sembrava un potenziale bel regalo alla Ucraina del futuro, quella riunitasi con la Crimea e il Donbass e lasciata stare dalla Russia. Ora, invece, non sono contrario alla sua distruzione anche con dei mezzi militari.
E poi, non sono assolutamente dispiaciuto per le vittime russe degli attacchi: sapevano di andare in vacanza a) in un territorio occupato, b) nel corso di una guerra. Hanno subito le conseguenze delle quali erano ben informati e che si erano meritati.


47 mila

Per ragioni ben note, non c’è più la PMC «Wagner» nella guerra in Ucraina. Giovedì abbiamo persino appreso, da un noto «giurista», che legalmente la PMC «Wagner» non esiste, non è mai esistita e probabilmente non esisterà mai. Ma tutto questo non è una grande perdita. Anzi.
La vera perdita è il numero di morti tra i soli reali militari russi, inviati dal folle dittatore a questa guerra criminale e inutile. Le autorità russe non pubblicano le statistiche ufficiali (un comportamento tradizionale di qualsiasi parte belligerante), ma sarebbe interessante e utile — per il pubblico — conoscere le informazioni affidabili.
Così, lunedì è stata pubblicata un’inchiesta giornalistica che sostiene che l’esercito russo abbia perso 47 mila uomini durante i primi 15 mesi di guerra (dal 24 febbraio 2022 alla fine di maggio 2023): tre volte più delle perdite sovietiche durante la guerra in Afghanistan (1979–1989) e nove volte più delle perdite delle truppe federali russe durante la prima campagna cecena (1994–1996).
Vi consiglio di leggerlo: non solo per le conclusioni quantitative, ma anche per l’interessante descrizione dei metodi di conteggio.