L’archivio del tag «guerra»

Avrà sbagliato il mese

Proverei iniziare il nuovo anno con una barzelletta politica…
Ieri, il 1 gennaio, Vladimir Putin ha fatto visita in un ospedale militare vicino a Mosca per fare gli auguri di buon anno nuovo alle – come si dichiara ufficialmente – persone rimaste ferite nella guerra che lui ha iniziato in Ucraina. E, tra le altre cose, ha commentato l’attacco ucraino alla città russa di Belgorod del venerdì 29 dicembre:

Quello che è successo a Belgorod è senza dubbio un atto terroristico. Perché sotto la copertura di due razzi, hanno usato lanciarazzi multipli, MLRS. Come militari, sapete cosa sono gli MLRS. Sono armi indiscriminate che colpiscono le aree. E hanno usato queste armi per colpire il centro della città. Un attacco mirato alla popolazione civile

E poi ha aggiunto che l’esercito russo «risponde» agli attacchi del genere colpendo esclusivamente obiettivi militari…

Loro [gli ucraini] vogliono intimidirci e creare insicurezza nel Paese. Intensificheremo i nostri attacchi. Nessun crimine contro i civili resterà impunito

Ah, no: quello che ho appena descritto è successo veramente. Non so se funziona bene come una barzelletta, anche se politica.


Un regalo di Putin un po’ scarso

Il quotidiano finanziario giapponese Nikkei scrive, basandosi sulle fonti proprie, che nel marzo 2023, durante la visita di Xi Jinping a Mosca, Vladimir Putin ha detto al Capo di Stato cinese che la Russia intende continuare la guerra in Ucraina per almeno cinque anni. Sulla base di queste parole, il Nikkei conclude che «non si dovrebbe dare valore» ai segnali di Putin, trasmessi attraverso i canali diplomatici, sulla disponibilità a negoziare un cessate il fuoco.
Ebbene, noi (a differenza del Nikkei) sappiamo da tempo che Putin parla della guerra come di una nuova realtà permanente, non come di un evento che può avere una fine almeno all’orizzonte. Di conseguenza, sarebbe molto interessante sapere perché Putin abbia deciso di scegliere, per i «partner cinesi», proprio la cifra 5 e non qualsiasi altro numero. Un tale lasso di tempo si adatta alla sua idea di pianificazione a lungo termine? Per esempio: cari fornitori cinesi di qualsiasi cosa di questo mondo, guardate per quanti anni siamo generosamente disposti a dare il nostro intero mercato nazionale solo a voi?
Non sono sicurissimo che Xi Jinping possa essere felice di una simile promessa: i buoni rapporti con il resto del mondo sono chiaramente per lui più importanti dei cinque anni di piena «fedeltà» della povera e sottoposta alle sanzioni Russia.


Le luci natalizie ucraine

Penso che più o meno tutti abbiano già letto del grandioso colpo dell’esercito ucraino di ieri: l’aviazione tattica ucraina ha fatto saltare in aria, nel porto della Feodosiya, la grande nave da sbarco «Novocherkassk» (della Flotta russa del Mar Nero) che trasportava i droni iraniani. Si tratta di un bel risultato militare che libera il territorio ucraino di almeno una parte dei pericolosi attacchi.
Ma è anche un risultato molto scenografico, nel senso positivo del termine:

Inyanto, il giornalista della radio «Svoboda» Mark Krutov ha pubblicato le immagini satellitari di Feodosiya, in Crimea, scattate da Planet Labs dopo che le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco missilistico sul porto locale il 26 dicembre. Krutov ha sottolineato che l’immagine satellitare, scattata alle 11:25 ora locale, mostra che dopo che l’esercito ucraino ha colpito la nave da sbarco Novocherkassk (nel rettangolo rosso), un’altra nave (nel rettangolo giallo) è stata parzialmente affondata nelle vicinanze. Dopo aver analizzato le immagini satellitari e le fotografie, Krutov ha dichiarato che si tratta della nave da addestramento UTS-150 della classe T-43, parcheggiata nel porto almeno dal 2007.
P.S.: spero che con questo colto l’esercito ucraino sia anche riuscito a dimostrare, ancora una volta, l’utilità degli aiuti militari…


Fino a quale fine

Dopo quasi due anni di guerra l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrel ha finalmente iniziato a capire qualcosa e ha dichiarato, in una intervista a The Guardian:

Putin cannot be satisfied with a piece of Ukraine and to let the rest of Ukraine belong to the European Union, but he cannot be satisfied with a limited territorial victory. He will not give up the war, especially not before the American election, which may present him with a much more favourable scenario. So we must prepare for a conflict of high intensity for a long time.

Si vede che l’impegno di alcuni politici d’opposizione russi esiliati ha iniziato a produrre i suoi primi risultati positivi… Ma ci sono ancora delle cose da spiegare qualche migliaio di volte. Infatti, nella stessa intervista Borrel dice:

Putin has decided to continue the war until the final victory.

Il problema che nel corso di tutti i propri discorsi pubblici Putin — ma anche i suoi complici più o meno stretti — ha di fatto mostrato tre cose:
1) gli obbiettivi dello Stato russo nella guerra in Ucraina mutano nel corso del tempo (resistono solo la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina);
2) non è mai stato definito il concetto della vittoria (la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina non possono essere dei sinonimi della vittoria perché, se ci pensate bene, sono due fenomeni non misurabili);
3) da quanto la conquista di Kiev in pochi giorni è diventata un obbiettivo irraggiungibile, parla della guerra come di una condizione di vita permanente.
Di conseguenza, Putin non continuerà la guerra fino alla vittoria. Continuerà la guerra fino alla fine. Bisogna solo vedere se fino alla fine della vita propria, della Russia, dell’Occidente o del pianeta. L’opzione destinata a realizzarsi dipende anche dall’impegno di Borrel.


Una occasione preziosa

La redazione del programma televisivo olandese EenVandaag scrive che Igor Salikov, l’ex istruttore della PMC Wagner e uno dei comandanti della PMC Redut (controllata dal Ministero della «Difesa» russo), è arrivato nei Paesi Bassi e si è detto pronto a rilasciare una dichiarazione alla Corte penale internazionale sui crimini di guerra della Russia. In base alle sue dichiarazioni, Salikov avrebbe preso parte ai combattimenti nell’est dell’Ucraina negli anni 2014–2015. Ai giornalisti dell’EenVandaag Salikov ha raccontato che, quando era nell’esercito si è rifiutato di eseguire un ordine di uccidere dei civili, dopo di che è stato deferito alla corte marziale ma è riuscito a fuggire dalla Russia.
Ovviamente, in questo momento non posso dire se il personaggio stia raccontando la verità e, nel caso di una risposta positiva, non so se possa anche provare le proprie dichiarazioni. Ma posso dire che si tratta di una grande occasione per la Corte penale internazionale e per l’Europa in generale. Infatti, hanno avuto la prima possibilità di dimostrare pubblicamente che ogni militare o militante russo può contare sulla protezione e sulla non-sottoposizione alle sanzioni occidentali in cambio delle informazioni utili (ovviamente veritiere e documentate) sulle azioni dell’esercito russo sul territorio ucraino. Dimostrandolo, riusciranno a incentivare anche le altre persone a lasciare la parte del male: meglio tardi che mai.
In questo modo potremmo sperare di avvicinare almeno per un po’ la sconfitta dell’esercito putiniano.


L’Agenzia ucraina per la prevenzione della corruzione ha annunciato la sospensione della inclusione della Raiffeisen Bank dalla lista degli «sponsor internazionali della guerra» (tale banca è oggi l’unica occidentale a continuare a operare, con delle notevoli limitazioni autoimposte, in Russia). In risposta, secondo le fonti di Reuters, le autorità austriache hanno accettato di approvare il dodicesimo pacchetto delle sanzioni contro la Russia.
A un lettore occidentale non particolarmente informato dei dettagli questo evento potrebbe sembrare puramente tecnico, puramente politico o puramente mercantile. Ma in realtà è infinitamente più importante per la vita quotidiana di molti russi contrari alla guerra e, in una certa misura, per l’andamento della guerra. Infatti, il Governo austriaco – non importa se volontariamente e/o consapevolmente o meno – ha lasciato ai russi in fuga dal regime putiniano quella ultima possibilità di portarsi via anche i propri soldi che ancora avevano. Il trasferimento dei soldi verso l’Occidente attraverso la Raiffeisen Bank è una possibilità abbastanza scomoda e costosa (le commissioni e le somme minime trasferibili sono alte), ma ancora in qualche modo funzionante. Permette di non lasciare le proprie finanze nel sistema interno russo e di garantirsi qualche periodo di stabilità economica nello Stato verso il quale si intende scappare.
Il togliere a Putin i soldi e le persone più attive e capaci dovrebbe essere il vero obbiettivo delle sanzioni occidentali. Di fatto, l’Austria, con la sua insistenza, ha contribuito un po’ al raggiungimento di questo obbiettivo. Da persone educate e da tifosi della Ucraina, dobbiamo ringraziare.


Il modo di contare le perdite

Reuters e CNN riportano, citando un rapporto declassificato dell’intelligence statunitense, che le perdite della Russia nella guerra con l’Ucraina sarebbero pari a 315 mila militari uccisi e feriti: tale numero corrisponde all’87% del personale che il Ministero della «Difesa» russo aveva a disposizione alla data del 24 febbraio 2022. Le fonti dei media che conoscono i dati in questione (il testo completo del rapporto non è ancora pubblico), sostengono che le perdite russe in termini di personale e veicoli blindati hanno portato la modernizzazione militare della Russia indietro di 18 anni.
Quello appena citato è un vero esempio di come non comunicare le notizie. Perché le statistiche in sé possono essere interessanti, ma la loro interpretazione sembra per ora essere in parte un po’ stupida e approssimativa. Per esempio, non è assolutamente chiaro perché gli uccisi e i feriti debbano essere riuniti in un unico insieme chiamato «perdite»: ci possono essere diversi tipi di feriti e quando è possibile il comando dell’esercito russo cerca di rimandarli al fronte il prima possibile (mi è capitato di recente leggere un articolo dettagliato sui cittadini russi mobilitati feriti, ma fatti tornare al fronte abbastanza velocemente e spesso indipendentemente dalle loro condizioni fisiche e psichiche).
Inoltre, non capisco la metodologia di calcolo del deterioramento del livello di modernizzazione dell’esercito russo. Da un lato, sappiamo che già da mesi l’esercito russo porta al fronte i carri armati e i camion addirittura dei tempi della Seconda Guerra Mondiale (perché i veicoli più recenti sono stati distrutti o persi in altri modi). Dall’altro lato, la «rottamazione» attraverso la distruzione di ogni sorta di rottame militare russo al fronte dovrebbe, in teoria, influenzare il livello di modernizzazione nella direzione opposta.
Insomma, bisogna aspettare il testo completo del rapporto per chiarire diversi dubbi.
Non scrivo tutto questo per accusare qualcuno di sminuire la «grandezza» dell’esercito russo: la guerra in Ucraina ha dimostrato che non esiste in nessun senso possibile. Volevo solo sottolineare che le notizie come quella riportata sopra creano negli oppositori della guerra un ottimismo non del tutto fondato.
Tutti i miei dubbi non mi impediscono di augurare alla Ucraina una vittoria più veloce possibile.


Le proposte pericolose alla Ucraina

I comandanti militari statunitensi e ucraini sono alla ricerca di una nuova strategia di guerra contro la Russia che l’Ucraina potrebbe seguire all’inizio del 2024: secondo il giornale The New York Times, gli USA starebbero spingendo per una strategia in base alla quale l’Ucraina si concentrerà sulla difesa e sul mantenimento delle posizioni attuali, oltre a costruire le proprie forze e le scorte di armi nel corso dell’anno. Tale strategia, secondo gli USA, garantirà alla Ucraina la capacità di respingere qualsiasi nuova offensiva russa.
Se dovesse essere vero, si tratta di una brutta e triste variante del consiglio «arrendetevi e sperate che in futuro vada tutto bene». Infatti, mentre l’Ucraina accumulerà gli armamenti, «a grande sorpresa» lo farà anche la Russia putiniana. Perché l’obiettivo che Putin aveva in mente il 24 febbraio 2022 non era certo quello di prendersi qualche altro pezzo relativamente piccolo dell’est ucraino. Qualsiasi tipo di tregua (compreso quello che sarebbe stato proposto ora dagli USA) è solo un aiuto a Putin per tornare agli grandi obiettivi iniziali.
Da aggiungere, inoltre, è il fatto che l’esercito ucraino ha bisogno – per vincere – non solo di un significativo aumento quantitativo del materiale bellico, ma anche e soprattutto di quello qualitativo: per sbloccare e invertire a proprio favore la situazione sul fronte. Se vi ricordate, ne parlava per Zaluzhny nelle sue recenti interviste.
Ah, è poi c’è da considerare pure un pericolo: qualsiasi forma di tregua sarà utilizzata da diversi Governi occidentali per ridurre gli aiuti alla Ucraina. La logica sarà miope e sbagliata, ma semplice: si combatte di meno, quindi non facciamo innervosire i nostri contribuenti-elettori più stupidi con troppe spese.
Insomma, vedo le proposte americane ipotizzate da The New York Times come molto pericolose.


Il destino dei “wagneriani”

Nell’ottobre 2022 circa 200 detenuti di un carcere di massima sicurezza nella regione di Chelyabinsk (in Russia) si erano arruolati nella PMC «Wagner» per partecipare alla guerra in Ucraina. Il giornale The New York Times ha scoperto il destino di 172 di quei detenuti e ha redatto un ritratto del «wagneriano» medio studiando i database dei tribunali e parlando con i parenti degli ex detenuti e, a volte, con loro stessi. Un detenuto arruolato su tre stava scontando una pena per omicidio. Uno su quattro di quelli inviati al fronte è stato ucciso. La maggior parte dei sopravvissuti è tornata a casa, dunque in libertà (solitamente dopo sei mesi di partecipazione alla guerra, come da contratto). Alcuni di loro hanno commesso di nuovo un reato. Altri raccontano di come le loro famiglie siano ora orgogliose di loro, ringraziando Vladimir Putin per la possibilità di iniziare una nuova vita, non mettendo in dubbio il motivo per cui la guerra a cui hanno partecipato era necessaria e imparando a convivere con i traumi e le ferite subite sul campo di battaglia.
Si tratta di una ricerca giornalistica interessante che potete, volendo, leggere da soli. Mentre io sottolineo un aspetto che si discute in Russia praticamente da quel giorno esatto in cui il capo della Wagner Prigozhin aveva iniziato ad arruolare i criminali nelle carceri. Da un lato, i residenti del Cremlino — in accordo con i quali agiva Prigozhin — non possono non capire il pericolo del ritorno di massa degli ex detenuti dalla guerra: torneranno abituati a uccidere, torturare e derubare i civili, non «curati» per il loro passato criminale e sicuramente in possesso delle armi procurate in vari modi al fronte. Dall’altro lato, in base alle notizie ricevute dal fronte ucraino sappiamo che molto spesso gli ex detenuti sono i primi a essere mandati nelle missioni più disperati, praticamente alla morte sicura: questo potrebbe farci pensare che una delle intenzioni del «Cremlino» collettivo sarebbe stata quella di disfarsi di quel peso umano.
Di conseguenza, il ritorno dalla guerra dei circa tre quarti degli ex detenuti può essere visto, in un certo senso, come uno dei fallimenti dello Stato russo in questa guerra. Capisco che è un po’ strano e brutto scrivere e leggere del suddetto problema in questi termini, ma la realtà bellica non può essere umanamente bella.


In una foto

Penso che solo un pezzo ritagliato da una foto di un militare russo ucciso in Ucraina possa essere mostrato… E, ovviamente, deve essere mostrato: per ricordare, ancora una volta, che alcuni di quei personaggi sono andati a invadere lo Stato vicino per scelta e con degli obbiettivi personali preceisi (anche se diversi da quelli dichiarati pubblicamente da Putin).

I resti di questo personaggio concreto giacciono sul sacco di plastica nero nel quale tornerà a casa in Russia (per chi non lo sapesse: non è uno scherzo).
A certi leader europei va ricordato che anche sui loro territori ci sono un po’ di oggetti belli e attraenti per qualcuno.