Non so se qualcuno di voi si è accorto di una interessantissima invenzione dei protestanti georgiani: le «mitragliatrici per fuochi d’artificio» che vengono usati contro la polizia (la quale usa i cannoni ad acqua fredda).
È interessante anche dal solo punto di vista tecnico…
L’archivio del tag «georgia»
Leggo che in Georgia il partito di governo e filo-russo «Il sogno georgiano» ha vinto le elezioni parlamentari (il suo risultato al momento della pubblicazione del presente post era del 53,9%) grazie ai numerosi e ben visibili brogli. Conoscendo la storia del partito, il fatto che il suo proprietario di fatto è un personaggio che ha dei forti interessi economici nella Russia putiniana e i tentativi di copiare le peggiori leggi repressive russe, credo facilmente alle accuse.
Ma mentre mi informo sui fatti concreti, non posso non sottolineare il più curioso tra i fatti già accertati: il premier ungherese Viktor Orbán ha fatto gli auguri al premier georgiano Kobakhidze (del partito «Il sogno georgiano», appunto) ancora prima dell’annuncio dei primi risultati parziali. Quando l’ho letto, mi sono ricordato che le mosche non sbagliano.
È veramente strano il fatto che il partito di governo (e, in sostanza, filorusso) georgiano ha dimostrato — nel corso delle elezioni parlamentari di ieri — la conoscenza così scarsa delle tecniche «russe» di vincere le elezioni. In uno dei seggi, addirittura, hanno utilizzato un metodo invecchiato già cinque o sei anni fa:
La moda di oggi (in Russia, alla quale il partito si ispira) è inventare i risultati desiderati al momento della compilazione dei verbali, senza nemmeno contare le schede. Mentre qualche anno fa le schede utili per garantire la vittoria del «candidato giusto» arrivavano in valigie «dai votanti a domicilio» oppure venivano aggiunte quando il seggio ha già/ancora le porte chiuse.
Ma nei prossimi giorni vedremo se pure le conoscenze scarse siano bastate.
P.S.: no, non posso spiegarmi l’inattività della commissione del seggio.
Ormai tra poco, il 26 ottobre, in Georgia (lo Stato del Caucaso, ahaha) si terranno le elezioni parlamentari. In vista di tale evento, i media riportano che il partito al governo «Il Sogno Georgiano» ha utilizzato per la propria campagna elettorale le immagini delle città ucraine distrutte dall’invasione russa. Sul lato sinistro di ogni cartello ci sono edifici distrutti, autobus bruciati e la scritta «No alla guerra!»; sul lato destro ci sono città georgiane illese, nuovi autobus georgiani e la scritta «Scegli la pace».
Sembrano delle informazioni proposte per il banale tema scolastico «cosa voleva dire l’autore con la sua opera?». Uno stupido scolaro, cioè un elettore, viene spinto verso una idea super originale: «vota per il nostro partito pro-Putin che sapremo trattare con chi vorrebbe distruggere anche le nostre città».
Per quanto possa sembrare strano, la campagna de «Il Sogno Georgiano» non può essere definita completamente illogica. Ma può essere definita non particolarmente attuale: le risorse di Putin non sono sufficienti per condurre due guerre in contemporanea. In realtà, non sono proprio sufficienti nemmeno per condurne bene una, quindi il Ministero degli Esteri ucraino ha ragione nella sua dichiarazione:
Il popolo georgiano non può temere una nuova guerra finché l’Ucraina resiste all’aggressione russa. Il prezzo terribile di questa resistenza è anche il prezzo della pace in Georgia.
In teoria (molto in teoria), si potrebbe cercare di scatenare un’altra guerra parallela a quella in Ucraina per fare in modo che l’Occidente si rifiuti definitivamente di sostenere due Paesi contemporaneamente, ma non penso che Putin sia un abbastanza avventuroso… E sono molto contento di questa mia sensazione.
Sarò quindi molto felice se gli sciacalli de «Il Sogno Georgiano» non riusciranno a organizzare la propria vittoria alle elezioni.
Il 21 settembre nello Stato americano di Georgia è partita la campagna pubblicitaria per le elezioni presidenziali statunitensi. Tra le varie iniziative pubblicitarie già adottate, c’è da evidenziare una di quelle inventate dalla squadra del candidato Donald Trump (forse lo conoscete) che ha utilizzato una bella foto della Georgia in un messaggio di campagna su Facebook. Ma non si sono accorti di un piccolo dettaglio: la foto utilizzata si trova nella banca fotografica di Shutterstock, i tag alla descrizione della foto dicono che si tratta della regione di Svaneti nello Stato caucasico Georgia.
Deridere le conoscenze geografiche di Trump, dei suoi sostenitori e/o collaboratori e degli americani in generale è facile, ma poco sensato. Perché io, in realtà, vedo fare le varie varianti di questa confusione tra i due Stati già da decenni e non solo negli USA.
Ma tutto questo non rende l’errore meno triste…
Ora sono pronto a comunicarvi la notizia della pubblicazione sul mio sito del traslitteratore degli alfabeti georgiani (nella storia della lingua georgiana si sono succeduti tre alfabeti diversi; io sono riuscito nella difficile impresa di farli traslitterare tutti). Come sapete – o come potete facilmente immaginare – si tratta di uno strumento che converte con un click i caratteri georgiani in caratteri latini. Nel caso specifico dello strumento proposto, la traslitterazione – o, se preferite, la romanizzazione – degli alfabeti georgiani può essere eseguita secondo qualsiasi dei 7 sistemi esistenti (ufficiali e non).
Testatelo e pubblicizzatelo tra le persone alle quali potrebbe essere utile. E, ovviamente, scrivetemi dei difetti e degli errori trovati. Spero che lo strumento si riveli utile ad almeno una persona su questo pianeta.
Seguiranno gli annunci degli traslitteratori di altri alfabeti.
Le persone più interessate possono scrivermi di quale traslitteratore hanno bisogno.
Nelle ultime settimane (o mesi? non mi ricordo più bene) la Georgia è comparsa nei media occidentali per dei motivi tristi e/o stupidi. È iniziato tutto con le vicende legate alla approvazione della prima delle leggi copiate dalla Russia putiniana, mentre ora siamo passati al fatto che la squadra nazionale di Georgia è arrivata per la prima volta nella storia alla fase finale degli Europei di calcio.
Fortunatamente, io posso pareggiare con qualcosa di bello: dedico il post musicale odierno al compositore georgiano Zacharia Paliashvili (1871–1933).
Paliashvili, considerato il più grande rappresentante della musica classica georgiana, è noto prevalentemente per la composizione delle opere liriche e, in una misura minore, per la raccolta e la registrazione delle oltre trecento canzoni popolari georgiane. Le musiche tratte da due sue opere liriche più note – «Daisi» e «Abesalom e Eteri» – sono state utilizzate, nel 2004, per la composizione dell’inno nazionale georgiano.
Qualsiasi opera lirica (non necessariamente una di quelle di Zacharia Paliashvili), anche se molto bella, è solitamente troppo lunga per essere portata in blog (almeno secondo me). Di conseguenza, ho pensato di aggiungere, in qualità del secondo video musicale di oggi, «il meglio di Paliashvili»: così, probabilmente, vi fate una idea generale del compositore…
E io, probabilmente, un giorno tornerò ancora a Zacharia Paliashvili.
Quattro Stati-membri dell’UE – Estonia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi e Svezia – hanno chiesto alle autorità europee di imporre sanzioni alla Georgia se questa dovesse adottare l’ormai famosa anche in Europa legge sugli «agenti esteri». Secondo il Financial Times, le misure restrittive richieste da quegli Stati comprendono la sospensione del regime di esenzione dal visto tra la Georgia e l’UE, nonché il congelamento dell’assegnazione di fondi europei e sanzioni mirate.
Ammetto di essere fortemente sorpreso da tale proposta, soprattutto per quanto riguarda la questione dei visti. Infatti, i visti costituiscono una cosa importante per i cittadini georgiani comuni (quelli che protestano contro la legge «del tipo russo») e non per il Governo georgiano filo-russo (che sta promuovendo la suddetta legge, che è più interessato alla Russia putiniana che all’UE e che andrebbe avvertito o punito). In sostanza, i quattro Stati propongono di ripetere lo stesso errore che già da oltre due anni si sta facendo nei confronti dello Stato russo: colpire prevalentemente i propri potenziali alleati dentro la Georgia, costringere la gente georgiana cercare (o dare) il sostegno dal (al) proprio Governo anti-democratico e non vedere l’Europa come il proprio difensore.
Insomma, abbiamo avuto l’ennesima conferma del fatto che la classe dirigente europea è piena di cretini incurabili. Anche quando si tratta degli Stati europei che grazie alla propria posizione geografica dovrebbero capire qualcosa in più sui conflitti attualmente in corso…
Nei giorni scorsi ho notato che in Italia si scrive e si parla delle proteste georgiane contro l’approvazione di una legge di fatto copiata da una analoga legge russa, ma, allo stesso tempo, non si comprende del tutto la portata del problema (non la comprendono nemmeno alcuni politici più o meno noti che a sorpresa hanno deciso di candidarsi alle elezioni europee, qualcuno di voi sa chi intendo).
Quella nuova legge georgiana permette non di «identificare gli agenti che perseguono gli interessi di potenze straniere» (come sostiene il partito filo-russo), ma di etichettare le organizzazioni sgradite con un nome dispregiativo e, di conseguenza, di ostacolare il loro normale funzionamento. L’identificazione, infatti, si poteva fare anche prima: attraverso l’analisi del loro operato pubblico o della documentazione che da decenni sono tenute per legge a redigere e pubblicare con una certa periodicità (come in tutti gli Stati normali). Per il semplice motivo finanziario – come si fa a ricevere, in mondo globale, i soldi dal territorio di uno solo Stato? – la legge propone di assegnare a molte organizzazioni una etichetta «agente estero» che nella mentalità sovietica e post-sovietica equivale a «spia». In Russia, ormai da anni, quella etichetta viene applicata non per i semplici motivi finanziari, ma quelli puramente politici. La Georgia si trova ora all’inizio di un percorso che ha la stessa destinazione…
Per iniziare a capire qualcosa delle proteste georgiane contro la nuova legge che avvicina la Georgia più al modello russo che a quello europeo, potete leggere, per esempio, l’articolo che ho selezionato per questo vostro sabato.
P.S.: il fatto che i georgiani giovani, istruiti e informati hanno paura della Russia mi rattrista e rallegra allo stesso tempo…
Dalle varie letture e, in diversi casi, dalle conversazioni private con gli amici e conoscenti europei, ho appreso alcuni punti comuni nella analisi di quanto è accaduto dal 24 febbraio 2022 a oggi. Uno di quei punti caratterizzati da una logica comprensibile e in parte condivisibile è: «abbiamo sbagliato a lasciare Putin convincersi di poter fare qualsiasi cosa». Si tratta di un giusto e buono tentativo di individuare l’incrocio al quale è stata presa la strada sbagliata. Ma, purtroppo, non tutti hanno una memoria sufficientemente buona: il problema sta nel fatto che tutti (o quasi) si riferiscono alla annessione della Crimea nel 2014…
Mentre in realtà l’errore è molto più datato: risale ai tempi quando Putin si è convinto: ciò che non può essere banalmente comprato con i soldi (le Olimpiadi invernali, il Mondiale di calcio, un cancelliere tedesco, un Presidente francese, un noto politico italiano etc.), può essere preso con la forza perché l’Occidente non avrà il coraggio di dirmi qualcosa. Il primo territorio preso con la forza non è stata la Crimea. Il primo è stato un pezzo della Georgia nell’agosto del 2008.
Provate a ripensare a quegli eventi di 15 anni fa. Magari, leggendo qualcosa di utile e interessante.