Il fotografo tedesco Siegfried Hansen vive e lavora da anni ad Amburgo. Ci può interessare, per esempio, per la capacità di riuscire a tirare fuori il massimo (pare) dall’argomento un po’ banale delle coincidenze geometriche.
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L’archivio del tag «fotografia»
Tantissime persone si rattristano per «essere venute male» su una foto. Sostengono che quella foto sia malriuscita.
Ma in realtà l’affidamento a una fotocamera della trasmissione della vera immagine di una persona è una missione persa già in partenza. La fotografia non è in grado di trasmettere l’impressione che una persona fa agli altri. La fotografia non è in grado di trasmettere l’intelligenza, il modo di parlare, il fascino, il senso dell’umorismo, la risata, l’accento, l’odore e tantissimi altri aspetti. Pure lo stesso volto della persona nella vita reale non è statico.
Non fidatevi dei ritratti belli. E, soprattutto, non cercate di farli: non dicono alcunché sulla persona. Addirittura, sarebbe bello evitare proprio di fare i ritratti.
La cosa migliore è tentare di catturare quegli attimi in cui la persona è viva, non concentrata su se stessa. Nei momenti in cui interagisce naturalmente con il mondo circostante, trasmette con la propria immagine «grafica» almeno una parte della propria personalità di quel preciso momento storico in cui è stata scattata la foto. Quindi nei momenti in cui non posa davanti all’obiettivo. Solo in questo modo allo spettatore verrà data una piccola parte degli elementi che compongono l’immagine reale di una persona viva.
Esistono tanti artisti che realizzano dei disegni da aspetto «fotografico» utilizzano le matite e le penne. Il fotografo ucraino Alexander Tkachev fa invece l’opposto impostando in un determinato modo la profondità di campo:
I pittori scarsi (e gli spettatori delle loro opere che non ci capiscono tanto della pittura) sono convinti che un quadro debba necessariamente avere le somiglianze grafiche di una foto. Allo stesso modo, le persone che non ci capiscono tanto della fotografia sono convinte che una foto debba per forza avere una alta risoluzione di tutti i minimi dettagli inquadrati. Per fortuna, Continuare la lettura di questo post »
Tre settimane fa avevo scritto delle fotografie a colori scattate nel Regno Unito alla fine degli anni ’20 del secolo scorso. In quello specifico caso si trattava del metodo chiamato autocromia (lo avevo descritto brevemente nel post): uno dei diversi metodi sperimentati all’epoca dai pionieri della fotografia a colori. Prima o poi scriverò anche di qualche altro metodo, mentre oggi pubblico qualche altro esempio dell’autocromia.
Questa volta vediamo le foto scattate all’inizio degli anni ’10 del XX secolo in Crimea (all’epoca faceva parte dell’Impero russo). L’autore è Petr Vedenisov: un nobile locale che oltre a essere un buon fotografo fu anche un bravo pianista.
La moglie di Vedenisov Vera, i loro quattro figli e la suocera di Petr Elena Basileva (1910):
Vera Vedenisova a Jalta (in Crimea) nel 1914: Continuare la lettura di questo post »
Quasi un secolo fa il fotografo americano Clifton R. Adams trascorse, sull’incarico della National Geographic, diversi anni nel Regno Unito per fotografare la vita quotidiana della popolazione locale. Viaggiò dunque per diverse città, paesi e fattorie.
Clifton morì nel 1934 all’età di soli 44 anni, ma riuscì comunque a lasciarci un preziosissimo archivio fotografico. Fanno parte di quest’ultimo anche le fotografie a colori scattate nel Regno Unito dal 1927 al 1934. Per realizzare le immagini a colori, in particolare, il fotografo utilizzò il metodo dell’autocromia (brevettato nel 1903 dai fratelli Lumière).
Il principio del suddetto metodo consiste nel colorare i grani di fecola di patate (circa 0,01 mm di diametro) di rosso-arancio per 3 parti, verde per 4 parti e blu-viola per 2 parti. Una comune piastra di vetro (utilizzata nelle macchine fotografiche di allora al posto della pellicola) era grande 13×18 cm e poteva «ospitare» sulla propria superficie utile circa 200 milioni di grani. Al vetro veniva dunque applicata una colla speciale, sopra la quale veniva spalmato uno strato sottile di grani setacciati. Inoltre, bisognava assicurarsi che i colori fossero distribuiti uniformemente su tutto il piano. Non ci dovevano essere delle senza stratificazioni. Lo spazio tra i grani veniva riempito di nerofumo. Infine, sopra veniva aggiunto uno strato di lacca e poi uno strato di fotoemulsione pancromatica.
La piastra preparata come appena descritto veniva posizionata con il lato di vetro rivolto verso l’obiettivo. La luce entrata dall’obiettivo si colorava passando attraverso i grani colorati e solo dopo cadeva sull’emulsione. Si doveva usare un filtro fotografico giallo per scattare le foto.
La luce passata attraverso il vetro preparato nel modo sopraindicato era attenuata di 60 volte rispetto a quella che si poteva ottenere con delle lastre non autocromatiche. Ma pure in queste condizioni era possibile fotografare, in una giornata di sole, con una apertura di 4 o 5 e un’esposizione normale di 2 secondi. Le foto venivano di una qualità alta ed erano facili da elaborare.
Bene, ora possiamo finalmente vedere alcune foto di Clifton R. Adams. La fonte scoperta da me ne contiene tante belle e interessanti. Per il presente post ho dunque selezionato solo una parte di quelle immagini, ma i lettori più interessati potranno vederle facilmente tutte.
Bambini che giocano sulla sabbia vicino a Yarmouth, un luogo di vacanza popolare sull’isola di Wight (1928):
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Bogdan Dziworski è un fotografo polacco che ha iniziato a fotografare sotto l’influenza delle opere di Henri Cartier-Bresson. Nonostante il suo evidente talento e un invito a lavorare con l’agenzia Magnum (ai non esperti comunico che sarebbe uno dei massimi riconoscimenti professionali per un fotografo), Dziworski decise di dedicarsi professionalmente al cinema. Per fortuna, però, non ha abbandonato del tutto la fotografia.
Da giovane Dziworski vagava per strada con una macchina fotografica fino a otto ore al giorno ed era convinto che gli elementi fondamentali nella fotografia siano il caso e la persona. Il secondo elemento è per Dziworski la condizione necessaria realizzare una buona foto.
Quindi riporto alcune illustrazioni di questa tesi realizzati proprio da Bogdan Dziworski:
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In generale, la selezione dei partecipanti a un concorso fotografico in base allo strumento utilizzato mi sembra un criterio molto discutibile: dovrebbe contare solo il risultato finale. Mi è anche capitato di vedere delle foto interessanti scattate – letteralmente – con una scatola delle scarpe. Di conseguenza, non avrei mai partecipato (almeno per l’iniziativa propria) ai concorsi come, per esempio, l’IPPAWARDS: quello delle foto scattate con gli iPhone.
Ma ognuno si diverte come vuole: vale per gli organizzatori e per i partecipanti. Quindi per pura curiosità sono andato a vedere i vincitori della edizione 2021. Boh… In mezzo a tanta triste banalità ho visto pochissime cose meritevoli di attenzione. Per il mio post selezionerei solo questa foto di Mahabub Hossain Khan dal Bangladesh:
Ma qualcuno potrebbe iniziare a studiare i concorsi del genere almeno per capire che è importante concentrarsi sui contenuti avendo in mano uno strumento qualsiasi.
Come dice uno dei miei autori preferiti, un bravo fotografo non è quello che scatta tante foto belle. Un bravo fotografo è quello che ne cancella tante brutte.
Si sostiene che questo sia il foto-panorama sferico di New York più grande al mondo. Non so se sia vero, ma sicuramente l’immagine ha una risoluzione fantastica. Provate anche a voi a ingrandirla nei punti che vi interessano: con la rotella del mouse o con le dita (ma io vi consiglio di vedere i dettagli su uno schermo grande). E non esagerate a guardare alcune finestre, che capitano delle scene… ehm… un po’ private…
Sono belle, comunque, queste manifestazioni del progresso tecnologico.
Il sito Sony Alpha Rumors sospetta, non senza ragione, che la Sony abbia smesso di produrre le reflex (in sostanza, le macchine fotografiche con un sistema di specchi interno). Infatti, dal sito ufficiale del produttore sono state rimosse le informazioni sugli ultimi modelli rimasti: A99 II, A77 II e A68.
Nonostante una storia relativamente breve della serie «Alpha» della Sony, tali macchine erano diventate velocemente interessanti dal punto di vista tecnico e si erano affermate sul mercato. Di conseguenza, la loro scomparsa mi sembra un segnale in un certo senso preoccupante: molto spesso, infatti, la Sony riesce ad anticipare le tendenze del mercato tecnologico.
La notizia, poi, va letta assieme alle voci circa l’intenzione della Canon (il produttore principale nel mondo con il 36,8% del mercato) di abbandonare la produzione delle reflex e l’intenzione della Nikon di trasferire la produzione delle reflex in Tailandia.
In sostanza, chi vuole comprarsi una reflex nuova e di qualità, lo faccia ora. Perché non si sa cosa possa succedere nei prossimi mesi (o pochissimi anni). Io, da parte mia, posso ricordare a tutti gli interessati che nessuna delle macchine fotografiche completamente digitali note a me riesce a raggiungere la velocità di messa a fuoco di una reflex. Non so perché succeda così: gli smartphone — spesso scomodi da usare e limitati nelle funzioni fotografiche — sono velocissimi, mentre le macchine fotografiche no. Rimane il fatto: chi vuole continuare a combinare la velocità e la professionalità, deve farsi «una scorta».
Il mercoledì 3 febbraio avevo utilizzato questa foto di Dmitry Markov per illustrare un post dedicato alla politica interna russa:
Solo un po’ di tempo dopo ho pensato che uno dei più interessanti fotografi russi di oggi meriterebbe almeno un post dedicato solo a egli. E allora lo faccio oggi, dato che la maggioranza dei miei lettori nel finesettimana ha più tempo per lo studio dei contenuti «voluminosi» (nel caso specifico, le foto).
A partire dal 2013 Dmitry Markov segue una logica professionale [ancora] non particolarmente diffusa: fotografa solo con lo smartphone e pubblica solo le foto scattate oggi, il giorno stesso. A causa anche di alcune particolarità della sua biografia giovanile particolare, si specializza nella quotidianità della provincia russa. Contrariamente a quanto si possa pensare in molti casi, tutte le sue foto illustrano la realtà e delle situazioni costruite appositamente.
Ora riporto solo alcuni esempi, mentre voi potete vedere di più nell’Instagram di Dmitry Markov. Continuare la lettura di questo post »