L’articolo segnalato per questo settimana è una piccola raccolta di testimonianze – ricevute sul posto – sull’attacco missilistico russo al villaggio ucraino di Groza il 5 ottobre. Presumo che le persone più interessate abbiano già letto e visto abbastanza dettagli «tecnicamente» bellici, dunque ora vi mancano solo le parole dirette delle persone del posto.
Il Comitato esecutivo del Comitato olimpico internazionale ha annunciato la sospensione del Comitato olimpico russo fino a nuovo avviso. In particolare, ha dichiarato che il comitato russo ha violato la Carta olimpica quando ha incluso organizzazioni sportive delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhya che sono sotto la giurisdizione del Comitato Olimpico Nazionale dell’Ucraina.
Evito di ripetere per l’ennesima volta quanto poco mi interessano lo sport e le Olimpiadi. Ma trovo utile e interessante mettere in evidenza la velocità dei riflessi mentali dei membri del Comitato olimpico internazionale. In sostanza, potremmo sentirci [più] autorizzati a fare tutte le battute possibili sulle capacità «intellettuali» delle persone facenti parte del mondo dello sport: come ai vecchi tempi pre-" politically correct".
Le informazioni e i commenti sulla situazione in Israele sicuramente non vi mancano, dunque io continuo a scrivere della Ucraina che non va dimenticata (come spera Putin).
Il Bloomberg scrive, citando una dichiarazione del primo ministro belga Alexandre De Croo, che il Belgio intende trasferire, l’anno prossimo, all’Ucraina 1,7 miliardi di euro ricevuti in tasse dai beni russi congelati.
Riconosco di avere letto la suddetta notizia con una enorme gioia. Non perché alla Ucraina è stata promessa una somma impercettibile da uno Stato colpito da una guerra. Sono contento perché finalmente è stato inventato (anche se non sembra una invenzione tanto difficile da elaborare) un modo di sfruttare quelle risorse che non possono e non potranno essere destinate all’Ucraina senza una sentenza – o, molto più probabilmente, tante sentenze – giudiziarie. Infatti, non si tratta solo di una questione di competenza dei singoli Stati o dell’UE, ma dei processi giudiziari lontani nel tempo, lunghi, numerosi (dedicati a tanti «lotti» dei beni statali russi) e da risultati non sempre facilmente prevedibili. Mentre i soldi servono e serviranno molto prima.
Complimenti al Governo belga. Spero che realizzi il suo piano. E, ovviamente, spero che altri Stati seguano l’esempio belga.
Il governatore della Cecenia Ramzan Kadyrov voleva fortemente costruire una moschea a nome di suo padre nel luogo più sacro: a Gerusalemme. Una moschea ricca e imponente, non peggio della Cupola della Roccia. Costruirla senza badare alle spese dei soldi pubblici con i quali viene quasi interamente (e riccamente) finanziata dallo Stato federale russo la sua Repubblica. Ci aveva provato più volte, ma aveva sempre fallito: Gerusalemme non è grandissima, dunque a Kadyrov è sempre stato detto di no. Il luogo più vicino a Gerusalemme dove a Kadyrov è stato permesso di costruire una moschea è il villaggio di Abu Ghosh, a 13 chilometri dalla città.
Ma pur avendo dovuto accettare tale luogo, Kadyrov non ha abbandonato l’idea di costruire una super-moschea: ha fatto ricoprire d’oro la cupola e costruire quattro minareti al posto del normale uno… Ha pure fatto in modo che la rispettiva via di Abu Gosh venisse intitolata a Kadyrov. La Russia mica si impoverisce.
Dei dieci milioni di dollari americani spesi per la costruzione della moschea, sei erano arrivati dalla Cecenia. La mosche era stata inaugurata a marzo 2014.
Il lunedì 9 ottobre uno dei missili del Hamas ha quasi centrato la suddetta moschea. Non so se sia una forma di riconoscenza da parte dei correligionari (Hamas tenta di scegliere gli obbiettivi degli attacchi per colpire più civili possibile) o un avvertimento da parte della loro figura mitologica suprema…
Si potrebbe a questo punto scrivere un piccolo trattato sul karma, ma il concetto proviene da un’altra religione.
Perché scrivere della guerra in Israele se tutti capiscono già tutto? Certo, alcuni fanno finta di non capire, ma non ho voglia di rivolgermi a loro. Mi limito dunque a supporre (avrei scritto «sperare», ma sarebbe forse in qualche modo irrispettoso nei confronti degli uccisi e catturati) che questa prova — anche se, pare, una delle più difficili della storia — venga superata da Israele secondo un piano storicamente tradizionale. Andrà tutto più o meno così:
Fase 1: Hamas e i suoi complici di vari Stati attaccano Israele da più parti e per un breve periodo ottengono pure qualche successo militare. I Paesi islamici civilmente meno sviluppati si mettono a festeggiare pubblicamente e rumorosamente e predicono l’imminente fine dei «sionisti»; i Paesi occidentali esprimono sostegno all’Israele e progettano di aiutarlo a breve.
Fase 2. L’esercito israeliano raduna le forze, inizia a valutare la situazione e a sviluppare i primi piani; Hamas e i suoi complici, di conseguenza, iniziano a prendere i primi calci nelle parti sensibili. I Paesi islamici ricominciano ad aumentare le accuse contro l’Israele per le sue «atrocità». I Paesi occidentali iniziano a chiedere a Israele di moderarsi.
Fase 3. Dopo qualche altro giorno, i terroristi si rendono conto di essere completamente fottuti e iniziano a lamentarsi molto rumorosamente. I Paesi islamici e quelli occidentali più avanzati si riuniscono nel condannare l’Israele e nel chiedere la fine dello «sterminio immotivato del popolo palestinese esclusivamente pacifico». Gli utili idioti da tutto il mondo iniziano a postare foto e video «di palestinesi che soffrono per mano di Israele».
Fase 4: L’Israele è a un passo dalla vittoria, ma la Casa Bianca consiglia in un modo motivato e insistente di fermarsi a quanto è già stato ottenuto. I terroristi sono salvi e possono iniziare a rifornirsi di nuovi razzi, a scavare nuovi tunnel, a costruire monopattini da combattimento e qualsiasi altra cosa che venga a loro in mente questa volta.
Fase 1. Vedere l’inizio del piano.
Per fortuna la maggioranza delle persone ha poche occasioni nella vita (almeno, spero che tutti ne abbiano meno bisogno possibile) per poter apprezzare l’importanza di gesti di sostegno apparentemente piccoli, ma in realtà fatti al momento giusto e con uno certo stile da una persona che a sua volta si trova in una situazione abbastanza particolare. Tra le occasioni capitate a me, posso ricordare pubblicamente le parole di un collega palestinese: nei primissimi giorni della guerra in Ucraina mi ha fatto capire, con la tipica diplomazia orientale, quanto bene capisce lo stato mentale del cittadino di uno Stato che ha iniziato una guerra di m…
Tra le occasioni visibili a tutti, ora posso ricordare le bandiere israeliane esposte a Kiev:
Tutti sono liberi a inventare cosa volevo dire con questo post.
Il Servizio Stampa delle Forze di Difesa Israeliane chiede di non diffondere le immagini di coloro che sono stati uccisi e catturati da Hamas perché si tratta di familiari di qualcuno. È una logica comprensibile, come tante altre logiche secondo le quali non andrebbero mostrate le vittime delle guerre e del terrorismo. Ma, allo stesso tempo, ogni volta mi chiedo: come si fa a trasmettere l’idea che le guerre e il terrorismo sono brutte cose se non facciamo vedere i loro effetti?
Chissà quanti altri personaggi e gruppi in giro per il mondo hanno deciso che ora, mentre l’Occidente è concentrato sulla guerra in Ucraina, si possa tentare di fare qualcosa di «straordinario».
Si sta avvicinando un importante anniversario musicale: il martedì 10 ottobre ci sarà il 210-mo compleanno di Giuseppe Verdi. Ovviamente, non potevo ignorare tale evento nella mia rubrica musicale…
Nella ricerca di qualcosa di adatto all’occasione, ho prima di tutto pensato al duetto (sostenuto dal coro) «Libiamo ne’ lieti calici» dall’opera «La traviata»: secondo me va benissimo per la festa di riconoscimento dei meriti del compositore.
E poi ho pensato che sarebbe bello aggiungere qualche aria famosa scelta a caso, per il semplice motivo della sua esistenza. Per esempio, potrebbe essere «D’amor sull’ali rosee» dall’opera «Il Trovatore»:
C’è chi dice che non si fanno gli auguri (e non si festeggia) in anticipo perché questo porterebbe la sfortuna. Ma a Verdi, ormai, quale sfortuna posso portare? Ho pure contribuito – seppure per ora non ce ne sia alcun bisogno – alla conservazione della sua memoria… Dunque spero di avere anticipato bene i festeggiamenti.
L’articolo che consiglio ai miei lettori questo sabato è il riassunto – aggiornato al 5 ottobre – della statistica sui procedimenti penali contro le persone coinvolte nel sabotaggio ferroviario in Russia. I cittadini accusati sono (di solito) quelle persone che tentano di ostacolare il trasporto del materiale militare russo verso il confine con l’Ucraina danneggiando, appunto, l’infrastruttura ferroviaria. Sfortunatamente, non tutti riescono nella loro impresa. Sfortunatamente, spesso vengono identificati e fermati. Fortunatamente, esistono e continuano ad agire.
Per iniziare a comprendere l’entità del fenomeno, leggete l’articolo.
Sul social X di Elon Musk stanno accadendo delle cose molto divertenti. Per esempio: il 29 giugno 2023 l’utente Pekka Kallioniemi ha pubblicato il post che riporto di seguito. La foto del post mostra Musk con Naila Asker-zadeh, una presentatrice e propagandista televisiva russa.
All’epoca della pubblicazione il post non aveva provocato una reazione particolare tra il pubblico. Dopo che Musk ha pubblicato un pessimo meme con Zelensky, Pekka ha ripostato il proprio tweet e quest’ultimo è diventato virale: ora ha oltre 25 milioni di visualizzazioni.
A quel punto Pekka e i suoi follower hanno iniziato a osservare con stupore delle strane avventure dei like a questo post: da un lato aumentavano rapidamente, ma dall’altro si perdevano costantemente da qualche parte in decine di migliaia, come se andassero a farsi un giro da qualche parte.
Qui potete seguire in tempo reale le avventure dei like del suddetto post e come vengono gradualmente cancellati.
È noto da tempo che se Musk mette un like o un commento sotto un post su X, quel tweet riceve un’enorme priorità nell’algoritmo: viene mostrato a decine di milioni di persone.
Ovviamente Musk non poteva apprezzare il tweet di Pekka, ma noi dobbiamo essere fiduciosi: questo non ha alcuna correlazione con il fatto che il tweet di Pekka periodicamente perde decine di migliaia di like. Evidentemente, l’algoritmo di X è leggermente guasto. Sappiamo benissimo che Musk è un grandissimo difensore della libertà di parola di Musk.