La musica del sabato

Avrei inserito il chitarrista spagnolo Andrés Segovia nella mia rubrica musicale già tempo fa, ma è sempre stato difficile farlo per un motivo puramente tecnico: su internet sono pubblicati troppi pochi video con i quali avrei potuto illustrare il mio post. Ci sono alcuni video nei quali si sente (e si vede) suonare Segovia ormai abbastanza anziano e quindi impossibilitato – per dei motivi comprensibilissimi – di muovere le dita come ai tempi migliori. Si tratta di una grande perdita per coloro che apprendono la cultura da YouTube: per esempio, perché Segovia è l’autore di una delle più famose trascrizioni per la chitarra classica della «Asturias», una composizione per pianoforte del compositore spagnolo Isaac Albéniz ritenuta quasi impossibile da suonare con la chitarra (tra le versioni disponibili su YouTube la mia preferita resta quella di Leszek Rojsza).
Ma con il passare del tempo trovo sempre meno probabile che su YouTube possano finalmente comparire le registrazioni di Andrés Segovia realizzate all’apice della sua lunga carriera. Tecnicamente è quasi normale: quel periodo corrisponde alla metà del XX secolo, quindi le eventuali registrazioni andrebbero anche restaurate.
Allo stesso tempo, sarebbe brutto non scrivere di uno dei padri della moderna chitarra accademica. Segovia fece tantissimo per portare il riconoscimento del suo strumento allo stesso livello del pianoforte o del violino, ha trascritto per la chitarra tante composizioni della musica classica, convinse i compositori a lui contemporanei a comporre la musica appositamente per la chitarra e aggiornò la tecnica di esecuzione delle composizioni musicali in modo da permettere l’ascolto della chitarra anche nelle grandi sale da concerto e non solo nei salotti (suonava utilizzando non solo i cuscinetti delle dita ma anche le unghie, il che rendeva il suono più forte e più nitido; tale tecnica aveva anche portato all’utilizzo dei nuovi materiali per la fabbricazione delle corde).
Insomma, alla fine ho scelto quel video-esempio che possa pubblicizzare la lunga e ricca carriera di Andrés Segovia:

Succederà, prima o poi, il miracolo delle nuove pubblicazioni su YouTube?


Chi ne ha la possibilità tecnica (o è pratico con i metodi non convenzionali ahahaha), può leggere la interessante intervista del Comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny alla rivista The Economist pubblicata il 1 novembre.
In sostanza, il senso generale delle cose che dice Zaluzhny consiste in due concetti:
1) una constatazione dei fatti evidente a tutti da mesi, ma mai espressa ufficialmente dalle autorità ucraine per non provocare una ondata di rassegnazione tra il popolo: la guerra rischia di diventare molto lunga e sempre molto difficile da combattere;
2) un avvertimento all’Occidente: se gli aiuti militari materiali e concreti non dovessero essere intensificati a breve, tutti gli aiuti passati (già abbastanza costosi) rischiano di diventare un inutile spreco di risorse (perché nessuno può garantire che l’Ucraina possa vincere una lunga guerra di posizione).
Per ora l’intervista non sembra un segnale di rassegnazione. Sembra, invece, un ultimo avvertimento preciso e pesante.


Non aspettare l’impossibile

Non ho molta voglia di commentare la prank call fatta alla Giorgia Meloni da quei due provocatori che da oltre dieci anni fanno i loro «scherzi» telefonici sempre – ovviamente per puro caso – a favore del Cremlino. In Italia è già stato scritto più o meno tutto il possibile su questo grande fallimento tecnico italiano. Però è una buona occasione per fare una importante precisazione sul modo di seguire la guerra in Ucraina.
Nel corso della suddetta telefonata Meloni avrebbe pronunciato la frase «La controffensiva dell’Ucraina non sta andando come ci si aspettava», inserendola in un discorso non limitato a una sola espressione. Non è assolutamente la prima e, purtroppo, non è l’ultima a esprimere pubblicamente un concetto del genere. Ed è un grosso problema: la gente – indipendentemente dal grado di istruzione, dalla posizione sociale, dalla professione esercitata o dall’incarico ricoperto – continua a usare il termine controffensiva in un modo assolutamente inappropriato. Avrà imparato dai giornalisti incompetenti e/o interessati solo ai titoli «forti»? Ora non importa.
L’importante è il fatto che una controffensiva è una risposta immediata all’attacco altrui. Uno ti da un pugno in faccia, e tu lo ricambi subito, in quel momento (invece di iniziare a rincorrerlo, aspettarlo sotto la casa sua etc.). Oppure i militari altrui si avvicinano alla tua capitale, ma dalla città escono di corsa delle truppe di riserva che in poche ore o giorni rispingono l’avanzata del nemico. Una controffensiva è un tipo ben determinato di risposta.
Quello vediamo sul fronte ucraino da oltre un anno non è una controffensiva. È una guerra quasi di posizione con tutte le sue caratteristiche che possiamo osservare quotidianamente: quindi un processo e non una azione. Se da un processo ti aspetti gli effetti tipici di una azione, per forza ti stanchi e ti deludi. Ma è un problema tuo, non di chi si sta difendendo in una guerra.
L’esercito ucraino non è stato capace di condurre una controffensiva a febbraio/marzo 2022. Noi non possiamo criticarlo per tale incapacità: quanti altri eserciti avrebbero potuto affrontare una simile disproporzione di forze come lo ha fatto e lo sta facendo l’esercito ucraino? Secondo me pochissimi. I Governi occidentali (compreso quello di Giorgia Meloni) hanno fatto abbastanza per far durare di meno questa guerra? A me sembra che si limitino a fare ciò che permetta all’Ucraina non perdere subito.
Uno dei passi importanti verso la fine della guerra in Ucraina – quella fine nella quale spero io – consiste nello smettere di aspettare gli effetti di una controffensiva da una guerra. Dunque, smettere anche di ingannare sé stessi e gli altri con l’uso del termine inappropriato controffensiva.


Penso che il mese di novembre sia quello più adatto per fare un sondaggio sull’ottimismo / pessimismo. Io lo faccio attraverso una domanda abbastanza scontata:

Il bicchiere è stato...

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Ovviamente si tratta di una domanda che può essere risolta in via sperimentale con il rispetto di tutte le possibili opzioni solo dai lettori maggiorenni!
N.B.: il sondaggio è anonimo per i votanti non registrati o non loggati sul sito. Il sondaggio più recente è sempre visibile sulla prima pagina del sito. Tutti i miei sondaggi sono raccolti su una apposita pagina.


I compilatori del Collins English Dictionary hanno scelto «AI» (che sta, come ben sapete, per «artificial intelligence») come la parola del 2023. In particolare, la parola AI è stata scelta a causa del rapido sviluppo della tecnologia osservato nel corso del 2023. Secondo le statistiche, quest’anno il termine AI sarebbe stato utilizzato dalla gente quattro volte più spesso rispetto all’anno precedente.
Io, da parte mia, posso constatare almeno due fenomeni legati all’AI.
In primo luogo, testimonio che secondo le mie osservazioni sempre più studenti universitari di oggi raccolgono le informazioni e i dati per le loro tesi di laurea e/o relazioni per i corsi non attraverso le ricerche su Google, ma attraverso le richieste (in verità formulate più o meno bene) ai vari chatbot basati sull’AI. In alcune occasioni me lo dicono loro stessi, in alcune occasioni me ne accorgo io dai risultati che mi portano, e a volte semplicemente ne sento parlare nelle aree comuni della mia Facoltà. Di fronte a tale situazione io mi sento, a volte, un esponente della generazione dei dinosauri che cerca ancora nei testi, nelle note, nelle liste bibliografiche e su Google… Ma poi, a volte, mi metto sperimentare con qualche chat gp pure io: qualche volta sono riuscito a usarlo bene, ahahahaha
In secondo luogo, confermo che pure io, a volte, uso l’AI del browser per generare quelle cose che non sono capace o non ho proprio voglia di fare con le proprie mani. E se una moda è riuscita a raggiungere me, vuol dire che è diventata realmente di massa. In questo specifico caso non posso proprio dire che sia una moda stupida: in molte occasioni realmente aiuta!
Di conseguenza, concordo con i compilatori del Collins English Dictionary.
E voi cercate di non rimanere indietro con le tecnologie.


X di IDF

Dopo la vittoria (spero vicina) il Twitter – anzi, l’X – dell’IDF potrebbe diventare uno degli strumenti, una delle tante componenti di quella propaganda positiva dello Stato d’Israele che va finalmente creata: la sua assenza, purtroppo, ha portato tantissime persone in giro per il mondo a tifare i terroristi con l’illusione di «difendere i deboli». Fissarsi con i principi e, allo stesso tempo, sconnettersi totalmente dalla realtà è abbastanza pericoloso…


Certamente spero che il ruolo principale nella suddetta futura propaganda sia quello dei civili, ma per ora trovo interessante studiare l’account su X indicato.


Niente superstizioni

Nel 1871 una signora di Québec noleggiò un carro funebre al solo scopo di sdraiarsi nella bara e fumare una pipa girando per la città e osservando il panorama. Evidentemente, fu una persona con la mente totalmente libera dalle superstizioni…

Al giorno d’oggi non sono disponibili le informazioni sulla identità e le motivazioni della signora. Il brevissimo articolo di giornale dell’epoca, raccontando l’episodio, dice ben poco e, addirittura, potrebbe sembrarci un po’ comico:

Ora, nel XXI secolo, si potrebbe anche provare a ripetere lo scherzo per osservare la reazione dei social e dei media tradizionali, ma i carri funebri moderni mi sembrano essere strutturati in un modo un po’ meno adatto all’esibizionismo…
Allo stesso tempo, nel mondo ci sono abbastanza freak e/o persone di un buon senso dello humor. Quindi speriamo!


Organizzazione dei Terroristi Uniti

Considerati gli eventi degli ultimi anni (se non decenni), non mi stupisco: il sabato 28 ottobre l’inutile (e spesso dannosa) banda chiamata ONU ha assicurato ancora una volta ad Hamas il proprio sostegno incondizionato: con 120 voti a favore ha adottato una risoluzione che chiede una tregua immediata in Medio Oriente; l’emendamento che condannava l’attacco terroristico di Hamas contro Israele è stato respinto. Quindi secondo l’ONU non c’è stato alcun attacco terroristico e nessun rapimento di ostaggi, l’esercito israeliano avrebbe semplicemente attaccato senza motivo il pacifico Hamas. Ora l’ONU chiede di fermare immediatamente l’operazione di risposta all’attacco terroristico e, immagino, di continuare a soddisfare tutte le solite pretese di Hamas.
Non so se un giorno potrò fare qualcosa contro i nemici dell’umanità, ma nel frattempo posso iniziare a ricordare i loro nomi. Ecco l’elenco degli Stati che hanno votato contro la risoluzione di condanna del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023: Algeria, Bahrain, Bangladesh, Bielorussia, Repubblica Centrafricana, Bolivia, Ciad, Congo, Comore, Cina, Egitto, Gambia, Guinea, Guyana, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Kirghizistan, Libia, Libano, Malesia, Maldive, Mali, Mauritania, Kazakistan, Giordania, Marocco, Namibia, Nicaragua, Niger, Oman, Pakistan, Qatar, Federazione Russa, Arabia Saudita, Senegal, Somalia, Sudafrica, Sri Lanka, Sudan, Tagikistan, Siria, Tunisia, Turchia, Uganda, Emirati Arabi Uniti, Tanzania, Yemen, Zimbabwe.

Anche nella suddetta lista non trovo delle sorprese, ma questo è un altro argomento.


Senza una gamba

In settimana mi è capitato di leggere due o tre articoli sui genieri ucraini che hanno perso una gamba durante la guerra, ma sono comunque tornati a fare il proprio lavoro. Mi ero chiesto come fanno a lavorare dal punto di vista pratico… Oggi posto uno dei risultati delle mie ricerche:


La musica del sabato

Secondo la tradizione da me stesso creata, l’ultimo sabato del mese di ottobre dovrei dedicare la rubrica musicale a qualche opera musicale «macabra»: in modo da contribuire alla creazione della vostra playlist del Halloween. Ma quest’anno la vita circostante mi sembra già abbastanza poco serena: forse ancora meno degli anni precedenti. Di conseguenza, ho pensato di scegliere comunque la musica che in qualche modo possa essere tematicamente «agganciata» la vicina festa, ma allo stesso capace di portare un po’ di buon umore a chi la ascolta.
Così, per oggi ho scelto due brani di generi (e di contenuto) molto diversi, ma entrambi con le caratteristiche simili a quelle elencate sopra.
La prima canzone scelta per oggi è la «The Ghost of Macon Jones» di Joe Bonamassa:

Mentre la seconda canzone scelta per oggi è la «American Ghost Dance» dei Red Hot Chili Peppers:

In teoria, le canzoni potenzialmente adatte al post di oggi sono molte più di due, ma ho scelto quelle che corrispondono ai miei gusti musicali (soprattutto una: volendo, potete provare a indovinare quale ahahaha).
Buona preparazione al Halloween a tutti gli interessati.