L’archivio del 2024 год

Il governo lettone ha adottato ieri delle modifiche alle norme sugli standard dell’istruzione di base. Per esempio, a partire dall’anno accademico 2026/2027 non sarà possibile iniziare a studiare il russo come seconda lingua straniera nelle scuole lettoni (la prima lingua straniera insegnata nelle scuole rimane sempre l’inglese). La seconda lingua straniera da studiare dopo il termine delle classi della scuola elementare a partire dall’anno scolastico 2026/2027 potrà essere solo una delle lingue ufficiali dell’Unione europea, dello Spazio economico europeo o una lingua il cui studio è regolato da accordi intergovernativi. La lingua russa non rientra in nessuno di questi punti. Gli alunni che inizieranno (o hanno iniziato) a studiare il russo come seconda lingua straniera prima del 1° settembre 2025 potranno continuare a farlo fino alla fine del percorso scolastico.
In base ai dati statistici del 2022, la lingua straniera più scelta in qualità della seconda da studiare nelle scuole lettoni era proprio il russo, poi seguivano, in ordine, il tedesco e il francese.
Tra i presenti c’è qualcuno che vuole alzare la mano e chiedere del perché di questa decisione? Non prendetelo troppo in giro: infatti, è facilissimo dimenticare che esattamente 26 mesi fa un noto politico ha iniziato una guerra, tra i cui obbiettivi pubblicamente dichiarati c’era anche la «difesa della lingua russa». E, come possiamo vedere ora, ha avuto l’incredibile capacità di avere «difeso» quella lingua anche su un territorio dove per ora non si combatte. Geniale!
P.S.: dall’ambiente universitario nel quale passo la parte notevole del mio tempo mi sono arrivate, negli ultimi due anni, alcune testimonianze del fatto che le iscrizioni ai corsi di lingua russa sono diminuite notevolmente. In questo caso si tratta di una reazione allo stesso fenomeno che arriva però «dal basso» e non «dall’alto». Ma si tratta sempre di un risultato del comportamento dello stesso personaggio.


It is not a rocket science

L’imprenditore statunitense David Oliver Sacks ha espresso soddisfazione per lo stanziamento degli aiuti alla Ucraina: ritiene che i quasi 61 miliardi di dollari saranno in grado di coprire esattamente la metà di una potenziale controffensiva estiva.
Elon Musk gli ha risposto dicendo che non vede alcuna strategia di uscita da questa guerra. Solo una guerra perpetua in cui i bambini muoiono nelle trincee a causa dell’artiglieria o delle mitragliatrici e dei cecchini sui campi minati.

A Elon Musk ha risposto consigliere del capo dell’Ufficio del Presidente ucraino Mikhail Podolyak:

Effettivamente, le soluzioni così semplici non sono una «rocket science», bisogna attivare il cervello per comprenderle ahahahaha


Perché hanno approvato

Quando proviamo a capire perché la Camera dei rappresentati statunitensi abbia (finalmente!) approvato gli aiuti militari alla Ucraina (e, ovviamente, se proviamo a capirlo), non dobbiamo essere tanto ingenui da pensare che si tratti di una sconfitta di Donald Trump.
Molto probabilmente vi ricordate che a novembre negli USA ci saranno le elezioni presidenziali e Trump è, almeno per ora, uno dei candidati principali. Da candidato deve preoccuparsi anche della opinione pubblica su una serie di questioni, non solo quelle interne… Ecco, a questo punto vediamo l’andamento dei risultati di un sondaggio tra la popolazione statunitense:

Quale poteva essere la reazione di Trump a tali risultati? A me sembra ovvio: lasciare approvare gli aiuti!
Poi, quando vince le elezioni (il suo obbiettivo principale per il momento), potrà cambiare l’opinione sulla questione in una infinità di modi possibili. Ma per ora si sente in dovere di accontentare i cittadini aventi diritto al voto.


Durov da Carlson

Pavel Durov – che agli italiani dovrebbe essere noto prevalentemente (o, in casi estremi, solo) come il creatore e proprietario del Telegram – concede talmente poche interviste, che non potevo non condividere quella fatta da Tucker Carlson. Dal punto di vista giornalistico è una intervista un po’ debole (mentre per Durov è una evidente occasione per farsi un po’ di pubblicità), ma almeno fornisce le statisticamente rare parole dirette dell’intervistato.

A differenza del personaggio precedente, non ha riempito Carlson di pseudo-historical delirium.


La musica del sabato

Un giorno mi ero chiesto: perché ci sono molti musicisti rock che tentano di produrre delle loro interpretazioni delle composizioni musicali classiche, ma, allo stesso tempo, ci sono così poche orchestre sinfoniche che facciano delle loro interpretazioni della musica rock? Non è una situazione positiva: in realtà, ogni musicista bravo (o un gruppo di musicisti bravi) è in grado di farci scoprire qualcosa di nuovo in una composizione musicale che ci sembrava ben nota da anni o decenni. Anche se quella composizione in origine non apparteneva al genere musicale in cui il musicista è specializzato.
Non il potere di influire sul comportamento delle orchestre e delle loro amministrazioni – o almeno incoraggiarle a scoprire dei nuovi orizzonti professionali –, ma posso pubblicizzare i rari esempi dell’impegno fortunato dei musicisti classici nella interpretazione del rock. Così, oggi potrei ricordare la lunga esperienza in tale ambito della London Symphony Orchestra, che assieme alla Royal Choral Society ha già registrato 12 album nell’ambito della «Classic Rock series». La maggioranza di quegli album è stata registrata tra gli anni ’70 e ’80, ma io spero ancora che il progetto non venga abbandonato del tutto. Oggi condivido due brani tratti dal primo album della serie: il «Classic rock» pubblicato il 1° luglio 1978.
Il primo brano selezionato è «Bohemian Rhapsody» (in origine è una canzone dei Queen):

Il secondo brano selezionato è invece «Life on Mars» (in origine è una canzone di David Bowie):

Bene, ora le persone interessate possono cercare, in un qualsiasi momento a loro più comodo, il resto dell’album e della intera serie. Mentre io riprenderò l’argomento tra un po’ di tempo…
P.S.: un’altra grandissima domanda è perché nelle orchestre sinfoniche non si usino proprio anche gli strumenti musicali moderni. Esistono dei compositori della musica classica che intenzionalmente compongono per le orchestre arricchite di strumenti moderni, ma sono pochissimi: mi vengono facilmente in mente solo Jon Lord e Paul Romero. Ma questo è un argomento da approfondire separatamente.


Chi segue le statistiche della invasione russa dell’Ucraina molto probabilmente conosce, tra le altre cose, anche il fatto che uno dei maggiori e costanti successi dell’esercito ucraino consiste nell’affondamento delle navi da guerra russe. È un successo che incide più sulla logistica militare russa che sull’andamento degli scontri sulla terra ferma, ma è comunque un successo. Per costruire le nuove navi ci vogliono tanto tempo, tanti soldi e tante componenti di produzione estera. Questa ultime, in particolare, non potrebbero essere fornite alla Russia a causa delle sanzioni…
Ecco: l’articolo che segnalo questo sabato racconta di certe aziende europee che stanno aiutando lo Stato russo nel minimizzare i «danni» almeno dell’ultimo dei tre ostacoli elencati.
Purtroppo, suppongo (e, relativamente ad alcuni altri ambiti, so) che ci siano anche altre aziende che si stanno impegnando nella stessa missione.


World Press Photo 2023

Ieri, il 18 aprile, sono stati resi noti i nomi dei vincitori per l’anno 2023 del prestigioso premio annuale World Press Photo. Non tutte le foto e/o progetti fotografici premiati quest’anno mi piacciono (in alcuni casi aggiungerei ugualmente), ma non importa.
Come potete immaginare, volevo solo sottolineare che per il secondo anno consecutivo è stato premiato, assolutamente non a sorpresa, un progetto riguardante la guerra in Ucraina. Nella categoria «Open Format Award» (quella dove le foto possono essere integrate con altri effetti visuali, audio o testi) è stato premiato il progetto «War Is Personal» della fotografa ucraina Julia Kochetova. Trovo doveroso aggiungere che, in termini assoluti, non [solo] perché io sono contrario a questa guerra e sto «tifando» per l’Ucraina, si tratta di una premiazione meritatissima.
Di conseguenza, vi do pure il link diretto a quel progetto personale di Julia Kochetova, per il quale lei è stata premiata. Così, quando avete a disposizione abbastanza tempo e uno schermo adatto, potete andare a vederlo bene.


Un premio a entrambi

La rivista Time ha pubblicato la sua tradizionale lista delle «100 persone più influenti del 2024». Come al solito, riconosco senza sforzare particolarmente la memoria solo pochi personaggi menzionati. La maggioranza di questi si trova, almeno nella edizione 2024, nella categoria «leaders».
Ovviamente, la persona che conosco meglio (non personalmente!) e da più tempo è Yulia Navalnaya, la vedova di Alexey Navalny. La sua presenza nella lista – evidenziata dal Time in tutti i modi possibili – può essere vista in almeno due modi.
In primo luogo, è la chiara dimostrazione del fatto che Alexey Navalny, ucciso già due mesi fa e sepolto in un cimitero moscovita di minima importanza, continua a essere un politico influente in Russia e nel mondo. Influente per la sua visione del futuro di uno degli Stati più grandi e (in questo momento purtroppo) importanti al mondo, influente per i suoi metodi politici e per la capacità di comunicare con il mondo circostante. L’inserimento della sua vedova nella lista delle cento persone più influenti al mondo è, in questo momento storico, un omaggio soprattutto a lui.
In secondo luogo, si tratta di un «premio» anticipato: Yulia ha promesso, già il giorno della notizia della morte di Alexey, di continuare la missione del marito e sta facendo i primi passi importanti su questa strada. Non sappiamo ancora se e in quale misura ci riuscirà, ma pure il Time ha deciso di incoraggiarla. Come in relazione al primo punto, direi che ha fatto bene.
Auguri a Yulia Navalnaya. Auguri a Alexey Navalny.


Udmurtia è in Canada?

Da molti anni – sicuramente dai tempi della annessione della Crimea, ma forse anche da prima – noto che a volte in Europa arrivano e si radicano dei singoli elementi più strani della propaganda russa non necessariamente rivolta verso il pubblico occidentale (ma verso quello interno). Secondo me potrebbe avere senso provare ad anticipare alcuni di quei fenomeni curiosi: anche se non dovesse alla fine rivelarsi un «anticipo», almeno sarà una testimonianza di una ennesima vetta raggiunta dai «giornalisti» governativi russi.
L’esempio più recente è di ieri (anche se in realtà quegli esempi si verificano tutti i giorni). In un servizio «di informazione» del «Primo canale» della televisione statale russa sono stati mostrati degli oggetti raccolti sul campo di battaglia nella «Repubblica Popolare di Donetsk» annessa dalla Russia. Tra e altre cose raccolte, uno dei militanti filo-russi ha mostrato i galloni a forma di stemma e la bandiera di Udmurtia (una regione della Russia centrale), presentandoli come dei simboli dei «mercenari canadesi» che combatterebbero nelle fila dell’esercito ucraino.
Lo stemma di Udmurtia è questo:

Mentre la bandiera della Udmurtia è questa:

Ora, se dovesse rivelarsi necessario, sapete che a) in Ucraina non sono stati i simboli canadesi e b) cosa sono quei simboli strani.
P.S.: i cittadini stranieri combattono al fianco dell’ esercito ucraino come parte della Legione Internazionale di difesa territoriale (quindi spesso non direttamente al fronte). Le autorità ucraine nel 2022 hanno affermato che fino a 30 mila persone si sarebbero unite alla legione, ma le indagini indipendenti nel 2023 hanno stimato il numero di stranieri combattenti in meno di tre mila.


Una logica c’era

Il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha scritto ieri sul proprio telegram:

Difendendo Israele, il mondo libero ha dimostrato che una simile unità non solo è possibile, ma è anche efficace al 100%. Le azioni risolute degli alleati hanno impedito il successo del terrore e la perdita di infrastrutture e hanno costretto l’aggressore a calmarsi. Lo stesso è possibile nella difesa dal terrore dell’Ucraina, che, come Israele, non è un membro della NATO. E questo non richiede l’attivazione dell’Articolo quinto, basta la volontà politica.

Effettivamente, dal punto di vista puramente razionale non ha senso fissarsi con una formalità legale come l’applicabilità o meno dell’articolo 5 alla difesa della civiltà occidentale sul territorio ucraino: se un problema esiste, va risolto indipendentemente dal fatto che un accordo ci dica di farlo o no. Ma dal punto di vista pratico, purtroppo, il problema è identico a quello della fornitura del materiale bellico alla Ucraina: ci vogliono la volontà di fare, la comprensione della effettiva necessità di farlo, la ricerca del modo di superare tutti gli ostacoli che sono purtroppo imposti dai processi democratici contemporanei… Quello che sta chiedendo, poi, non è di fatto intervento singolo o di breve durata.
Ma almeno ci ha provato.