L’archivio del 6 dicembre 2023

Il destino dei “wagneriani”

Nell’ottobre 2022 circa 200 detenuti di un carcere di massima sicurezza nella regione di Chelyabinsk (in Russia) si erano arruolati nella PMC «Wagner» per partecipare alla guerra in Ucraina. Il giornale The New York Times ha scoperto il destino di 172 di quei detenuti e ha redatto un ritratto del «wagneriano» medio studiando i database dei tribunali e parlando con i parenti degli ex detenuti e, a volte, con loro stessi. Un detenuto arruolato su tre stava scontando una pena per omicidio. Uno su quattro di quelli inviati al fronte è stato ucciso. La maggior parte dei sopravvissuti è tornata a casa, dunque in libertà (solitamente dopo sei mesi di partecipazione alla guerra, come da contratto). Alcuni di loro hanno commesso di nuovo un reato. Altri raccontano di come le loro famiglie siano ora orgogliose di loro, ringraziando Vladimir Putin per la possibilità di iniziare una nuova vita, non mettendo in dubbio il motivo per cui la guerra a cui hanno partecipato era necessaria e imparando a convivere con i traumi e le ferite subite sul campo di battaglia.
Si tratta di una ricerca giornalistica interessante che potete, volendo, leggere da soli. Mentre io sottolineo un aspetto che si discute in Russia praticamente da quel giorno esatto in cui il capo della Wagner Prigozhin aveva iniziato ad arruolare i criminali nelle carceri. Da un lato, i residenti del Cremlino — in accordo con i quali agiva Prigozhin — non possono non capire il pericolo del ritorno di massa degli ex detenuti dalla guerra: torneranno abituati a uccidere, torturare e derubare i civili, non «curati» per il loro passato criminale e sicuramente in possesso delle armi procurate in vari modi al fronte. Dall’altro lato, in base alle notizie ricevute dal fronte ucraino sappiamo che molto spesso gli ex detenuti sono i primi a essere mandati nelle missioni più disperati, praticamente alla morte sicura: questo potrebbe farci pensare che una delle intenzioni del «Cremlino» collettivo sarebbe stata quella di disfarsi di quel peso umano.
Di conseguenza, il ritorno dalla guerra dei circa tre quarti degli ex detenuti può essere visto, in un certo senso, come uno dei fallimenti dello Stato russo in questa guerra. Capisco che è un po’ strano e brutto scrivere e leggere del suddetto problema in questi termini, ma la realtà bellica non può essere umanamente bella.