Perché tutti parlano della energia solare e nessuno parla della energia nevosa? Boh…
E, soprattutto, perché l’entusiasmo popolare è ancora tanto alto da oscurare i limiti di quella solare in certe zone geografiche?
Ah, no: l’entusiasmo non è solo popolare. Ai dirigenti dell’UE era bastata una sola estate con tanto sole e vento per dimenticare che la quantità del vento e delle giornate soleggiate varia di anno in anno (ma pure nei periodi più brevi), decidere dunque di poter non rinnovare le scorte del gas (inducendo quindi gli ex fornitori a dedicarsi ad altri mercati), e, di conseguenza, trovarsi – a grandissima sorpresa – nella situazione di dover affrontare il prezzo di oltre mille euro per mille metri cubi del gas…
L’archivio del 2022 год
Alla fine dell’anno scorso ho scoperto, con una certa sorpresa, che in qualità dello strumento per le video-chiamate e le video-conferenze è improvvisamente diventato popolare il Google Meet. E nell’ultimo mese mi è già capitato di utilizzarlo – su invito di altre persone – quasi una decina di volte.
È uno strumento gratuito (lo è da marzo del 2020) e, inoltre, accessibile per default a tutti coloro che hanno una casella postale Gmail (quindi a circa il 90% delle persone che usano seriamente una casella mail personale). In ogni caso, il Google Meet può essere anche installato sul computer e/o sullo smartphone.
Oltre al libero accesso, lo strumento ha anche altri vantaggi: una buona qualità dell’audio e del video, una connessione stabile, un menu abbastanza comprensibile e la possibilità di condividere facilmente lo schermo con gli interlocutori.
Tra i difetti ho notato la chat testuale un po’ scomoda, la durata massima di un’ora per conferenza e, soprattutto, un notevole consumo della batteria del dispositivo utilizzato (in un caso quest’ultima cosa stava per rendere ancora più pesante una figura di M che stavo già facendo di mio ahahaha).
In generale, direi che uno strumento consigliabile a tutti.
Ma non riesco a capire perché la sua popolarità mi sia rimasta totalmente sconosciuta fino alla fine del 2021.
Oltre alle ricerche sospette sul livello della povertà nel mondo, nello stesso mondo si pubblicano anche delle ricerche alle quali si vuole tanto credere. Per esempio: nella ricerca della Bennett Institute for Public Policy (della Cambridge University) si sostiene che i partiti (e i politici) populisti di tutto il mondo hanno perso nel grado del sostegno durante la pandemia del Covid-19.
Gli autori della ricerca hanno raccolto e studiato le opinioni politiche di più di mezzo milione di persone di 109 Stati dall’inizio del 2020 (non tantissimi, ma nemmeno pochi). E hanno scoperto che il sostegno ai partiti populisti in tutto il mondo è sceso in media di 10 punti percentuali nel periodo indicato. Invece l’approvazione delle azioni dei governi centristi nel contrasto della pandemia alla fine del 2020 era in media di 16 punti percentuali superiore all’approvazione delle azioni nello stesso campo intraprese dei governi populisti. Inoltre, in tutto il mondo è aumentata la fiducia nelle istituzioni tecnocratiche e negli esperti che prendono le decisioni politiche. Già nell’estate del 2020, per esempio, il numero di persone convinte che gli esperti dovessero essere autorizzati a prendere le decisioni in base al loro parere professionale era già aumentato di 14 punti percentuali in Europa e di 8 punti negli Stati Uniti.
Beh, i risultati di questa ricerca potranno essere verificati in giro di pochi anni. Dobbiamo solo «fare lo sforzo» di arrivarci per vedere tutto con i propri occhi, ahahaha
A volte mi capita di leggere delle ricerche statistiche-economiche un po’ strane… Per esempio: la Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief, una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicherebbero alla riduzione della povertà globale) sostiene che da marzo del 2020 – quindi dall’inizio della pandemia del Covid-19 – la ricchezza delle 10 persone più ricche è aumentata di 1,3 miliardi al giorno per tutto il periodo della pandemia. Allo stesso tempo, sempre secondo la Oxfam, i redditi del 99% delle persone sono scesi e più di 160 milioni di persone sarebbero finite sotto la soglia della povertà.
Boh… Capisco che durante la pandemia qualcuno si è arricchito: lo si può spiegare abbastanza facilmente. Sempre facilmente si può capire che molte persone hanno perso almeno una parte dei loro redditi: per esempio, tutti coloro che lavoravano nel settore dei servizi alla persona (quindi chiuso o fortemente limitato per molto tempo a causa delle restrizioni medico-sanitarie); hanno poi perso il lavoro molte persone meno istruite, quelle che svolgevano i lavori manuali non praticabili da remoto.
Ma l’affermazione sul calo dei redditi del 99% delle persone mi sembra una grossa esagerazione. Infatti, in tutto il mondo c’è una notevole quantità delle persone che, pur lavorando da casa, continua a percepire lo stipendio di prima, ma spende meno rispetto al periodo pre-pandemia. Così, ogni mio lettore può provare a calcolare quante spese sosteneva prima solo per andare fisicamente al lavoro: per i mezzi di trasporto (pubblici o privati) o per i vestiti seri e di qualità. E poi, sicuramente, ora si spende meno per i viaggi di vacanza. Insomma, prima della pandemia nel corso di ogni anno solare si accumulava una somma sensibile.
Quindi mi sa che i lottatori professionali contro la povertà hanno tentato ancora una volta di manipolare l’opinione pubblica.
Dopo avere visto, qualche tempo fa, il film «The Last Duel» (bello e molto attuale nonostante essere ambientato nel XIV secolo, sicuramente da vedere), per l’ennesima volta mi ero chiesto: come facevano i semplici cavalli dei cavalieri a reggere il regime del combattimento con tutto quel carico di metallo sopra? Considerando anche il fatto che le tecnologie dell’epoca non consentivano di creare le protezioni e le armi tanto leggeri…
Ebbene, la settimana scorsa ho avuto una interessante risposta.
Solitamente si presume che nel Medioevo i cavalieri avessero combattuto utilizzando dei grossi cavalli (destrières), simili agli attuali Percherons, Brabansons e Charières.
Ma i ricercatori, dopo avere studiato le ossa di oltre due mila cavalli del periodo tra il IV e il XVII secolo trovati nei castelli o nei cimiteri speciali dei cavalli, sono giunti alla conclusione che quelli dei cavalieri furono dei cavalli molto piccoli, non più alti di 4 piedi e 10 pollici (147 centimetri). Quella è l’altezza di un pony dei giorni nostri.
Di conseguenza, vanno riviste quelle modalità dei duelli che abbiamo sempre avuto in mente grazie al cinema. Compresi i loro ritmi.
P.S.: e, ovviamente, ricordo a tutti che la storia non si impara dai film, nemmeno quando Ridley Scott finalmente si decide di farne uno scientificamente molto più attendibile dei precedenti.
Esistono dei video che, mostrando l’esecuzione di qualche lavoro manuale, sono semplicemente ipnotizzanti. E poi esistono dei video dello stesso genere che sorprendono fortemente lo spettatore per le abilità notevoli del lavoratore filmato.
Il video domenicale di oggi appartiene a entrambe le categorie. Il suo protagonista, un artigiano coreano con 50 anni di esperienza, sta creando un enorme vaso di argilla chiamato «onggi» (è un vaso tradizionale coreano).
E mi sa tanto che riesce a crearne più di uno al giorno…
Improvvisamente, per il post musicale di oggi ho voluto selezionare qualcosa di positivo e rasserenante. In tal senso potrebbe andare bene il concerto per flauto in sol maggiore di Christoph Willibald Ritter von Gluck:
Mi dispiace tanto che diverse composizioni di Gluck siano andate perse…
Il museo d’arte olandese Rijkmuseum ha realizzato una nuova variante della copia digitale ad altissima risoluzione del quadro «Ronda di notte» di Rembrandt.
Nell’ambito di questa missione un team di specialisti ha fotografato 8439 frammenti del quadro e poi la ha «cuciti» insieme con l-aiuto di una rete neurale artificiale. Tutte le foto dei singoli frammenti del quadro sono state scattate con una Hasselblad H6D 400 MS da 100 megapixel con il sensore CMOS di 5,5×4,1 cm. Lo spazio tra i pixel è di 5 micrometri. Inoltre, gli autori della digitalizzazione hanno comunicato di avere creato una mappa del rilievo del dipinto per poter calibrare la macchina fotografica e ottenere quindi una messa a fuoco accurata.
Alla fine, le foto di tutti i frammenti sono state controllate – sempre con l’aiuto di una rete neurale artificiale – circa la coerenza dello schema dei colori e della nitidezza. Tutte le immagini così controllate e ottenute sono quindi state unite in un unico file di 5,6 terabyte con una risoluzione finale di 717 gigapixel. Il risultato è ora disponibile sul sito del museo.
Un progetto simile era già stato realizzato dallo stesso museo a maggio del 2020: all’epoca era stata pubblicata una copia digitale della «Ronda di notte» di 44,8 gigapixel. Io sono contento per il grande progresso tecnico fatto in così poco tempo e, certamente, per la possibilità di vedere un quadro famoso in una risoluzione ancora più alta… Ma spero che ora si passi anche a qualche altra opera!
Mi ricordo che nei miei primi anni in Italia per strada incontravo con una certa regolarità degli esemplari più o meno datati della Lada Niva. La frequenza di questi incontri si era però progressivamente ridotta fino a uno o due all’anno: probabilmente perché le nuove Lada non si vendevano più nell’UE (per dei motivi delle emissioni troppo alte), mentre quelle vecchie «morivano».
Ma ecco che, alla fine di dicembre, ho per puro caso incontrato un esemplare nuovissimo: a giudicare dal design e dalla targa, la macchina è stata prodotta e immatricolata nel 2021.
A tutti gli interessati ricordo che nel 2019 il produttore AvtoVAZ ha ricomprato la quota «mancante» del 50% nella joint venture GM-AvtoVAZ e ha quindi riavuto il diritto di utilizzare il marchio «Niva» per il proprio modello storico.
Mi sento positivamente divertito ogni qualvolta vedo una auto russa sulle strade europee. In più, sono contento per il fatto che la Lada sia riuscita a tornare sul mercato italiano. Ma, allo stesso tempo, devo constatare che la Lada Niva non è il miglior fuoristrada russo: i ben noti a molti italiani modelli della UAZ, pur essendo molto più spartani, sono anche decisamente più affidabili e resistenti. In più, sono pure facilmente riparabili con le forze proprie anche in mezzo a una foresta. Di conseguenza, le persone in cerca di un fuoristrada tradizionale — quello fatto non solo per le strade asfaltate e privo della elettronica superflua — e poco costoso sono invitati a fare una scelta giusta, ahahaha
P.S.: su Instagram mi hanno segnalato che il Corpo forestale del Trento ha circa una decina delle Lada Niva. Appena posso, vado a controllare di persona e vi aggiorno!
Il Senato degli Stati Uniti ha pubblicato una proposta di legge, redatta da 26 senatori, sulle sanzioni da imporre alla Russia se le truppe russe dovessero invadere l’Ucraina o se il conflitto tra la Russia e l’Ucraina dovesse intensificarsi ulteriormente. Tra le misure proposte ci sono il divieto di entrare negli Stati Uniti e il congelamento dei beni statunitensi del presidente russo, del primo ministro, del ministro degli esteri e del ministro della difesa, così come dei comandanti di vari tipi di truppe e di altri individui che la Casa Bianca dovesse ritiene coinvolti in «aggressioni contro l’Ucraina». Si tratta di un documento lungo e, dicono, visto positivamente dalla Casa Bianca. Ma nonostante tutto questo, attualmente non mi sembra un documento da prendere troppo sul serio.
Prima di tutto, non è da prendere sul serio perché l’intervento diretto (apertamente dichiarato) delle truppe russe in Ucraina continua a sembrarmi poco probabile. In secondo luogo, non è detto che un documento del genere venga approvato (o, almeno, approvato nella sua redazione attuale). In terzo luogo, spero tanto che prima o poi qualcuno riesca a spiegare ai politici federali americani che il presidente russo menzionato nel documento si comporta costantemente come un bullo infantile: quando si sente sotto pressione, continua a «fare il cattivo» con una intensità maggiore di prima. Quest’ultimo punto, in particolare, complica tanto il lavoro dei politici e diplomatici costretti ad affrontare i comportamenti dei governanti russi e richiede una buona fantasia nell’inventare le sanzioni: ovviamente, qualora ci fosse l’interesse di introdurre sanzioni (o compiere qualsiasi altro tipo di azione) funzionanti e realmente mirate al raggiungimento di un obiettivo concreto e voluto. E, effettivamente, dobbiamo ammettere che nessuno ha mai sostenuto che la politica e la diplomazia siano dei mestieri facili. Non consistono certo nella sola frase imperativa «fai il bravo».