L’archivio del 2020 год

Il fallimento e l’evoluzione

Ho saputo solo ieri sera del fallimento della casa editrice UTET Grandi Opere, avvenuto a ottobre.
Di fronte a tale notizia, posso constatare solo due cose.
In primo luogo, ricorderei a tutti che è scorretto affermare che sia fallita la UTET (la casa editrice che io, come molti miei colleghi, apprezzo anche per i libri giuridici di qualità): la sezione «Grandi Opere» è una società separata da oltre sette anni.
In secondo luogo, ammetto di non capire come abbia potuto sopravvivere fino ai giorni nostri una casa editrice specializzata nella pubblicazione di dizionari ed enciclopedie. Non posso certo mettere in discussione la qualità intellettuale e materiale dei rispettivi volumi pubblicati, ma si tratta sempre di due settori «mangiati» oltre un decennio fa dall’internet. Nel solo passaggio globale dalla carta al digitale (o allo schermo, se preferite) non c’è alcunché di male: il secondo è infinitamente più comodo dal punto di vista pratico e, allo stesso tempo, non influisce in alcun modo sui contenuti. Anzi, permette di allargare più facilmente i confini delle informazioni utili ricevute. È invece molto grave non sapersi adeguare alla normale evoluzione del mondo circostante. Perché il valore della conoscenza tende allo zero quando non si è in grado di fornirla al prossimo (in realtà anche di utilizzarla, ma ora parliamo solo di una casa editrice). La conoscenza conservata e/o servita con una modalità obsoleta diventa, purtroppo, solo un peso inutile. Di conseguenza, il fallimento del suo divulgatore che non si adegua alla vita dinamica è solo una questione di tempo.
In ogni caso, gli archivi, le opere pubblicate o in lavorazione e i cataloghi costituiscono un enorme cespite che non andrà di certo perso. Dobbiamo solo sperare che finiscano nelle mani di qualcuno che sia più preparato alla vita reale contemporanea.


Forse sopravvive

L’americano Qualcomm, il più grande produttore dei processori per i dispositivi mobili, ha ottenuto l’autorizzazione del governo statunitense per fornire i chip 4G alla Huawei. Tale notizia va letta nel contesto di altre due, più datate: 1) il divieto per le aziende americane, vigente dal maggio 2019, di fornire le tecnologie ai produttori cinesi; 2) la conseguente decisione dei produttori di elettronica cinesi di utilizzare i processori della Samsung.
In sostanza, almeno ora l’amministrazione del presidente uscente ha capito che nel mondo globalizzato una guerra economica contro un altro Stato può facilmente trasformarsi in un suicidio economico. Così, per esempio, la «punizione» della Cina poteva comportare la fine di una grande azienda americana (la Qualcomm, appunto). Ma Trump, probabilmente, non può ammetterlo. Come non può nemmeno ammettere di avere permesso di evadere un proprio divieto.
Non so se e come la guerra economica con la Cina continuerà anche dopo l’insediamento del prossimo presidente. Ma sono sicuro al 99% che seguiranno altre autorizzazioni speciali per le aziende americane. Almeno dal punto di vista tattico sarà una scelta giusta. Allo stesso tempo dubito che qualsiasi presidente futuro sia capace a prendere le decisioni strategiche finalizzate alla creazione di un sistema produttivo nazionale che possa fare la concorrenza a quello cinese. (E nell’Unione Europea non si può nemmeno sognarlo.)


Rimbalzare sull’acqua

L’ormai famoso colpo di Jon Rahm poteva avere questo risultato solo per puro caso, ma è bello comunque:


La musica del sabato

La canzone «Good Golly Miss Molly» è stata in origine scritta per Little Richard e, come tante altre canzoni cantate da quest’ultimo, con gli anni è diventata un grande classico del rock. È dunque stata interpretata da moltissimi altri cantanti e gruppi. Lo stesso Little Richard ne aveva registrato due versioni: una veloce e una lenta. Io metterei la versione veloce perché Little Richard è entrato nella storia proprio con le canzoni veloci.

La versione lenta della canzone (interessante e un po’ psicodelica) che merita di essere pubblicata e ascoltata è quella dei Creedence Clearwater Revival (inclusa nel loro album «Bayou Country» del 1969):

Da ritmo apparentemente intermedio è la versione dei The Swinging Blue Jeans (registrata nel 1963):

Tra queste tre versioni c’è anche la mia preferita, ma per ora preferisco di non dire qual è.


Come potenziare il proprio PC

Visto che siamo nuovamente finiti ai quasi-domiciliari, ho pensato di proporvi un passatempo utile e interessante per questo finesettimana…
Fino a qualche anno fa pubblicavo periodicamente un post dedicato alla manutenzione straordinaria dei computer portatili: quella finalizzata a renderli meno lenti e meno rumorosi. Gli esempi pratici di quel post parlano, però, del Windows 7 (il sistema operativo che all’epoca utilizzavo e quindi conoscevo bene). Ma dal 14 gennaio 2020 quel sistema non è più supportato, quindi ha senso pubblicare, finalmente, la versione aggiornata del mio post. Ora mi dedicherei al Windows 10, ma non penso che pure gli utenti del Windows 8.1 possano avere una particolare difficoltà nell’applicare le mie istruzioni ai propri computer.
Ecco, possiamo iniziare a vedere cosa è possibile fare con le proprie mani per migliorare le prestazioni di un computer (per me e per molti miei lettori è il principale strumento di lavoro). Si tratta di otto facili operazioni a costo zero. Per alcune delle operazioni elencate serve la connessione a internet.
Parentesi aperta. Chi usa una OS di Apple vada pure a dire una preghiera a Steve Jobs. Chi usa Linux non ha bisogno dei miei consigli. Parentesi chiusa.
Per facilitare la comprensione del mio testo, lo divido in passaggi numerati e illustrati. Seguiteli proprio nell’ordine da me assegnato.
1. Passaggio primo. Pulite le ventole di raffreddamento del processore (e altre se presenti) e gli interni del computer dalla polvere. È una cosa relativamente semplice da fare sui desktop e sui vecchi modelli di portatili. Per i computer portatili più moderni chiedete a me o cercate delle video-istruzioni su YouTube: su alcuni modelli l’accesso alla ventola è un bel gioco di logica. Io, intanto, vi avviso che gli strumenti necessari sono un cacciavite sottile (di precisione), un aspirapolvere e 5 o 6 cotton fioc.

2. Passaggio secondo. Continuare la lettura di questo post »


Da vedere a casa (la puntata №1)

Visto che, purtroppo, ci ritroviamo quasi chiusi in casa per non si sa bene quanto altro tempo (le differenze con il lockdown non sono poi così grandi), dobbiamo nuovamente inventarci dei passatempi più o meno sensati. Presumo (o spero?) che tutti i miei lettori abbiano abbastanza perseveranza, fantasia, passione e comprensione di necessità per realizzare – nel tempo libero – dei progetti personali nei propri ambiti professionali. Quindi a me non rimane altro che contribuire iniziando a pubblicare la mia serie di proposte nell’ambito del divertimento.
Per esempio, potrei iniziare dalla lista dei film validi che a me è capitato di vedere più o meno recentemente, ma che qualcun altro poteva avere saltato. Come ben sapete, il cinema russo è un argomento a sé stante sulle pagine di questo blog (ricordo l’ultima puntata a tutti coloro che l’avessero persa), mentre con il post di oggi provo a fare una prima selezione di film europei e statunitensi consigliabili. Può capitare, almeno in teoria, che a voi ne sia sfuggito qualcuno.
Penso che cinque titoli alla volta possano essere sufficienti:
1. «La belle époque» di Nicolas Bedos (2019). Un film molto bello (in tutti i sensi) e molto tranquillo. Raccomandato anche a chi si accorge di uno preoccupante avanzamento della pigrizia intellettuale: si potrebbe provare a prendere il film come una ricetta.

2. «Il caso Collini» di Marco Kreuzpaintner (2019). È un bel film per chi sa riflettere sui Continuare la lettura di questo post »


Non c’è il limite all’assurdo

Una storia che è stata assurda per tutta la sua durata, non poteva non finire in un modo assurdo. Nel bel mezzo della pandemia e la conseguente grave crisi del trasporto aereo delle persone, a Berlino hanno finalmente aperto l’aeroporto Berlino-Brandeburgo (il vecchio Berlino-Tegel ha chiuso l’8 di novembre). Nonostante la famosa efficienza tedesca, l’apertura è avvenuta con nove anni di ritardo e dopo il superamento del budget per ben quattro miliardi di euro. È avvenuta nel momento più «azzeccato». Olé!
A questo punto vi consiglierei due articoli belli sull’argomento. Il primo è una bella cronaca degli eventi pubblicata su The Guardian.
Il secondo articolo, invece, racconta abbastanza bene l’episodio del 2013: per alcune settimane nessuno era riuscito a spegnere la luce nei terminal del futuro aeroporto.

Seriamente parlando (beh, quasi), aggiungo: mi rallegra solo il fatto che se e quando ci andremo, l’aeroporto sarà ancora praticamente come nuovo!


Il paradosso elettorale

Cosa è comparso prima: l’uovo o la gallina?
Cosa si forma prima: l’opinione pubblica o il giudizio dei mass media importanti?
La reazione alle elezioni presidenziali statunitensi di quest’anno possono essere commentate anche con almeno una di queste due domande. Infatti, in questi giorni possiamo vedere che Donald Trump ha  rotto i coglioni  stufato talmente tanto alla gente in giro per il mondo che tutti si sono messi a festeggiare la vittoria di Joe Biden ancor prima che quest’ultimo venisse eletto.
Non voglio apparire uno che ci spera ancora: Trump mi è più antipatico di Biden. Però ricordo che dobbiamo essere onesti: prendere la maggioranza dei voti popolari tecnicamente non significa vincere le elezioni presidenziali americane. Non lo è neanche essere proclamato vincitore dai mass media. Nemmeno quando è stata teoricamente «raccolta» la maggioranza dei grandi elettori. Per esempio, perché i grandi elettori che votano per un candidato diverso da quello per il quale hanno ricevuto il mandato di votare (quindi i cosiddetti faithless electors) capitano a quasi tutte le elezioni. Solitamente questi «elettori infedeli» sono pochi e non influiscono quindi sul risultato finale, ma capitano.
Non so se e quanti faithless electors si manifesteranno questa volta. Ma se Donald Trump avesse raccolto la maggioranza dei voti popolari, proprio grazie a quei «infedeli» avremmo avuto l’occasione di vedere la sua reale popolarità all’interno del partito. Invece ora non saprei; bisogna osservare bene.

Comunque, per prendere meno voti di un candidato anziano (in tutti i sensi) e noioso che di fatto non ha condotto una campagna elettorale bisognava impegnarsi veramente tanto.


I paesaggi belli

Il grande segreto dei paesaggi belli sulle foto consiste nel fatto che quelle foto sono scattate la mattina presto, più o meno entro le sei. Tutti i fotografi più famosi specializzati in questo genere di foto si alzano alle tre di notte per arrivare sul posto verso le quattro e fare in tempo a realizzare qualche bel scatto prima della comparsa visibile del sole. Con il sole sopra l’orizzonte, invece, gli stessi paesaggi non sono più fotogenici. Di conseguenza, le foto pomeridiane e serali saranno apprezzate e comprate solo nelle rare situazioni specifiche.

Ogni volta che vedete una bella foto di una città, una spiaggia o qualche altro luogo che vi è piaciuto più sulla foto che nella realtà, prestate l’attenzione a alcuni indicatori tipici: il colore del cielo tendente al rosa, l’assenza delle persone e delle auto. E ricordatevi che il lockdown non c’entra!


Come lasciare vivere

Alle persone che non sono ancora fortemente allergiche all’argomento del Covid-19 posso consigliare questa intervista con l’epidemiologo di Stato per la Svezia Anders Tegnell:

Purtroppo, non ci resta altro che invidiare uno Stato dove coesistono il popolo responsabile e il Governo stimato (e che non si fa influenzare dalla isteria mediatica).