Non molti giorni fa il predicatore televisivo texano Kenneth Copeland ha tentato di cacciare il coronavirus dal territorio statunitense tramite delle forti urla.
Il blogger musicale portoghese Andre Antunes, a sua volta, si è accorto che le urla del predicatore si addicono bene al heavy metal. Basterebbe sovrapporre la musica giusta.
Ed è così che è nata questa opera musicale capace di spaventare (forse) qualsiasi virus:
Dopo avere visto il video, mi sono chiesto se negli USA – noti per una vasta varietà delle Chiese – esista anche una Chiesa del Heavy Metal. Il St. Google mi ha dato una risposta affermativa già sulla prima tavola pagina: sì, esiste.
Penso che il mondo contemporaneo necessiti fortemente più Chiese di questo tipo. Non so se esse potranno influire in qualche modo sulla salute pubblica, ma sicuramente salveranno le anime degli umani dalla noia e i predicatori dalla disoccupazione.
Ma io, intanto, devo ammettere che nei momenti di particolare debolezza spirituale mi sento più vicino al pastafarianesimo… Il restante 99,99999% del tempo sono invece un sereno agnostico.
L’archivio del dicembre 2020
Nella storia della musica classica possiamo ricordare diversi compositori che hanno trovato l’ispirazione nella cultura popolare senza scivolare nel così provincialismo per la qualità delle opere culturali. I primi esempi che potrebbero venire in mente a una persona media sono George Gershwin, Michail Glinka o Manuel de Falla…
L’elenco dei nomi può essere continuato anche con quello del compositore norvegese Edvard Grieg. L’influenza della cultura norvegese non si percepisce sempre allo stesso modo e nella stessa misura nelle sue composizioni, quindi si potrebbe scriverne diversi trattati… Io risolvo il caso postando solo una composizione, una delle più famose di Grieg: il Concerto per pianoforte e orchestra in La minore (scritto nel 1868 durante il soggiorno in Danimarca). Si tratta dell’unico concerto completato di Grieg.
Oggi ascoltiamo la versione della London Symphony Orchestra diretta da André Previn e con Arthur Rubinstein al pianoforte.
È abbastanza nota e curiosa l’idea del milionario statunitense Forrest Fenn di nascondere un tesoro in un luogo segreto e di pubblicare dei suggerimenti utili per il ritrovamento.
Ma ancora più interessante è il modo in cui la realizzazione dell’idea è giunta al suo logico finale.
In sostanza, mentre gli amanti dello scrocco stanno per ammazzarsi tra loro, gli osservatori esterni capaci di guadagnare con le proprie forze sono sempre più vicine alle fortune economiche decisamente superiori. Chissà in quante belle opere letterarie, cinematografiche o teatrali, in quanti giochi per il computer o altre forme può essere raccontata la caccia moderna al tesoro. Come si specifica spesso, «tratto da una storia vera».
«L’isola del tesoro» del XXI secolo potrebbe essere un dramma vero e coinvolgente.
Pensateci.
Moltissime persone in giro per il mondo sono erroneamente convinte che le auto elettriche non siano inquinanti. Capita: se non sai come (e/o da cosa) vengono prodotte l’elettricità o le batterie utilizzate nelle automobili, dormi meglio.
Ancora più persone sono convinte che le auto elettriche siano meno inquinanti di quelle con il motore a combustione interne. Tale categoria di persone è già molto più vicina alla verità. Ma il post di oggi non è dedicato nemmeno a questa teoria.
Volevo solo sottolineare un curiosissimo loop logico che è stato recentemente «raggiunto» in Germania. Solo ieri ho appreso la notizia del fatto che la battaglia giudiziaria dei verdi ha portato al blocco – pare, almeno per ora, temporaneo – della costruzione di una grande fabbrica della Tesla a Grünheide perché i lavori comporterebbero la deforestazione di una grande area. In sostanza, si tenta di difendere l’ecologia da una innovazione ecologica.
A questo punto non saprei se continuare a essere pessimista o provare a fare una piccola eccezione. Nel primo caso dovrei predire che l’idea dei piccoli sacrifici necessari odierni per il raggiungimento di un effetto positivo nel lungo termine sia troppo difficile per le teste fissate con la lotta contro ogni forma di progresso. Perché la natura, si sa, potrebbe subire dei mutamenti anche qualora si decida di costruire in mezzo a un deserto. Nel secondo caso, invece, potrei supporre che il caso venga prima o poi risolto con l’equivalente di una bella quantità di carta stampata di edizione statale.
Ah, no: non sono due ipotesi in contraddizione tra loro… E non potrei nemmeno stabilire quale delle due sia la «più» pessimistica.
Questo mondo è fatto così.
Scrivono che la Hyundai Motor stia acquistando la Boston Dynamics.
Cosa ci potrebbe essere di negativo in questo evento? Per esempio, il fatto che la Hyundai Motor si specializza nella produzione dei robot con le ruote. Quindi in futuro rischiamo di vedere meno video curiosi con dei «cani» metallici etc.
Cosa ci potrebbe essere, invece, di positivo sempre nello stesso evento dell’acquisto? Per esempio, il fatto che ultimamente la Boston Dynamics perdeva milioni di dollari all’anno. Quindi il mancato affare ci avrebbe dato la certezza di non vedere più altri video prima o poi.
Per il resto, non è una notizia capace di influire sulla nostra vita.
Come ben sapete, da quando sul nostro pianeta è iniziata la pandemia del SARS-CoV-2, molte persone e organizzazioni si divertono pubblicando le loro previsioni sulla organizzazione della vita nel dopo-Covid. La maggioranza di quelle previsioni mi sembrano banalmente stupide e basate sui presupposti sbagliati.
Ma, come se non bastasse, ci sono pure dei numerosi indovini che trovano troppo allegro il momento corrente e si sfidano, apparentemente, nella gara delle previsioni più grigie. L’esempio più recente è quello della banca d’investimenti danese Saxo Bank che ha pubblicato una lista di «10 Previsioni Oltraggiose»…
Chi, se non io, può restituire un po’ di tranquillità ai miei lettori? (ahahaha) Ebbene, c’è da dire che non sono solo i mass media di tutto il mondo a trovare una certa soddisfazione nell’alimentare il panico con l’unico scopo di attirare l’attenzione della gente ingenua. L’attenzione è un bene desiderato da tutti ed è ben noto che si conquista più facilmente con delle dichiarazioni negative. Ma tutte le previsioni fantasiose, negative o positive che siano, sono uniti dalla stessa caratteristica: i loro autori sanno che tutte le previsioni generalizzate non avverate si dimenticano presto. Di conseguenza, non comportano delle responsabilità e possono essere pubblicate serenamente solo per imitare un intenso lavoro intellettuale svolto (e in questo periodo storico molti non hanno nulla di meglio da fare).
In particolare, i disastri economico-finanziari predetti dalla Saxo Bank sembrano poco probabili. Non solo perché ogni momento di difficoltà è naturalmente seguito dalla ripresa, ma anche perché le politiche economiche statali e interstatali sembrano ben progettate per salvare il salvabile già oggi.
Insomma, di previsioni catastrofiche in questo 2020 ne ho lette tantissime. Se ne dovesse avverarsi almeno l’1%, io sarò infinitamente sorpreso.
È spesso bello scoprire che pure in questo 2020 il mondo circostante è pronto a offrirci alcune certezze. Per esempio, la certezza del fatto che tutti i servizi – come tutte le opere umane – prima o poi peggiorano. Ecco, avrei iniziato con l’espressione «è sempre bello scoprire…», ma, purtroppo, questa volta è toccata al sistema di webmail che ritenevo il migliore tra gli esistenti in Internet al giorno d’oggi: il GMail.
Infatti, ieri ho avuto la sfortuna di scoprire una «innovazione» che potrei definire cretina. Tentando di inviare un semplice programmino a un collega – uno script per la visualizzazione dei file caricati sul server comune – ho scoperto che non è più possibile inviare gli allegati (nemmeno se «zippati») contenenti una larga categoria di file:
Per tutti coloro che vogliono vedere il testo originale del regolamento in questione, allego pure il link: https://support.google.com/mail/answer/6590?hl=it#null
Ovviamente, il divieto è stato pensato per proteggerci dai virus. Così come la videosorveglianza nei bagni è fatta per la nostra sicurezza fisica…
Ma un post del genere non può e non deve rimanere una semplice lamentela. Dovrei proporre qualche soluzione a tutti coloro che, come me, vorrebbero continuare a condividere con i propri colleghi e amici qualcosa di più professionale e complesso delle foto private. Ritengo però molto probabile che la maggioranza dei miei lettori abbia già acquisito l’abitudine (come lo hanno fatto i miei colleghi e amici) di passare i file attraverso i vari messenger. Rimane poi valida la vecchia e buona soluzione degli ormai famosi cloud e depositi online. Infine, alcune persone (io compreso) hanno la possibilità di caricare tutti i file che vogliono sul proprio server e inviare il relativo link a tutti i contatti interessati. Oppure utilizzare la propria casella postale associata a quel server.
E del Gmail cosa possiamo dire? Possiamo constatare che i suoi sviluppatori gli hanno amputato una delle ragioni per le quali continuava a essere utilizzato: non serve più per la consegna di un ampio insieme di file. Auguri ai grandi geni della sicurezza.
Ormai da alcuni anni sul mercato sono disponibili i giubbotti riscaldati: se cercate su Amazon o altri siti di e-commerce, ne trovate diversi modelli. Non quanto bene funzionino, ma il fatto rimane: esistono.
E ora poniamoci una domanda logica: perché non esistono ancora le mascherine [anche mediche] riscaldate? Visto che, nonostante l’entusiasmo collettivo per i primi successi nella ricerca del vaccino anti-Covid, dovremmo tenerci le fastidiose mascherine ancora per un po’, speriamo almeno che qualcuno inventi un modello adatto per l’inverno. Specialmente per le giornate di neve.
Il regista tedesco Vincent Urban ci ha impiegato due anni per realizzare un cortometraggio sulla Russia. Solo per effettuare le riprese necessarie per un film che dura meno di sette minuti, Urban ha visitato la Russia per quattro volte: in autunno, inverno e primavera. Le città e le località visitate (e riprese) sono state Mosca, San Pietroburgo, Murmansk, Salechard, la penisola della Kamčatka e il lago Bajkal.
Ecco, io oggi vi faccio vedere il risultato: il cortometraggio si chiama semplicemente «In Russia», è realizzato in lingua inglese e, in una sua parte consistente, è dedicato agli stereotipi sulla Russia.
Vincent Urban ha già promesso di girare una seconda parte. Vedremo…
Non so se capita anche a voi, qualche volta, di sentire alla radio qualche canzone interessante, promettersi di cercarla una volta arrivati a casa e dimenticarsi puntualmente di farlo per anni. Oppure solo io soffro questa strana forma di idiozia? È molto probabile…
In ogni caso, devo constatare che il tempo record trascorso tra il momento del primo interessamento e la ricerca avvenuta nella mia storia musicale personale appartiene alla [più] famosa canzone della scozzese Amy Macdonald. Per la prima volta l’avevo sentita alla radio più di dieci anni fa, in molte occasioni mi era capitato di risentirla e solo alla fine di ottobre del 2020 mi sono finalmente ricordato di cercarla con un pezzo del testo rimasto nella memoria.
Per non perderla più, ho deciso di programmarla per la prima data disponibile della mia rubrica musicale.
Molto probabilmente qualcuno ha già capito che si tratta della canzone «This Is The Life» (dal primo album della cantante: «Life In A Beautiful Light» del 2007):
Purtroppo, ho notato che gli album più recenti di Amy Macdonald si distinguono per una correzione digitale della voce troppo evidente, rendendo quest’ultima innaturale e difficilmente ascoltabile (almeno per me). Scegliere la seconda canzone del post non è dunque stato facile.
Ma alla fine ho selezionato la canzone «Your Time Will Come» (dall’album «A Curious Thing» del 2010)
Ma forse proverò a studiare la Macdonald un po’ meglio. Al massimo mi toccherà a considerarla l’autrice di una sola canzone…