L’archivio del aprile 2019

Gli avvistamenti sullo schermo

Per puro caso ho trovato la mappa dei contatti con gli alieni nel cinema occidentale.

La stessa mappa in una risoluzione più grande.


Il primo tra gli sospettati

Sul nostro sfortunato pianeta vivono numerosi personaggi convinti che gli astronauti americani non siano mai stati sulla Luna. Sono gli stessi personaggi che non si sono mai resi conto del fatto che le prove del volo di Yuri Gagarin nello Spazio sono molte meno dello sbarco sulla Luna.
(Tra parentesi: esistono pure dei personaggi convinti della inesistenza dei viaggi e dei lanci nello Spazio in generale, ma oggi non parliamo di questa categoria dei malati).

[disponibile anche in un formato più grande]
Il volo di Gagarin fu eseguito nella massima segretezza: non esiste alcuna ripresa foto o video della sua salita sulla navicella e del decollo. Le famose riprese delle conversazioni tra Gagarin e il capo-progettista Koroljov furono fatte dopo il volo, come un film, appositamente per la Storia.
Non esiste nemmeno una foto scattata da Gagarin nello Spazio. Vi sembra immaginabile che alla prima persona diretta verso lo Spazio non fosse stata fornita una macchina fotografica? Supponiamo che l’intento fosse stato quello di non far distrarre il cosmonauta dal lavoro principale: sarebbe comunque stato possibile organizzarsi con la telemetria già in corso dal bordo della navicella.
L’URSS preferì nascondere tutte le caratteristiche tecniche della navicella «Vostok 1» e falsificare i risultati del primo volo. Il 18 luglio 1961 a Parigi iniziò la riunione della Federazione aeronautica internazionale (FAI) alla quale sarebbero dovuti essere registrati i record stabiliti da Gagarin: la durata del volo (108 minuti), la quota (327,7 km), il peso del carico portato nello Spazio (4725 kg) e due record di collegamento via radio. Secondo il regolamento, però, il record poteva essere registrato solamente nel caso di atterraggio con il pilota presente nella cabina del velivolo e in presenza di un commissario sportivo sul luogo dell’atterraggio. La presenza del commissario fu impossibile anche perché l’atterraggio avvenne in un luogo diverso da quello calcolato. La presenza del pilota nella cabina è una questione ancora più difficile: in alcune pubblicazioni dell’epoca fu ammessa l’esistenza del seggiolino eiettabile nella capsula di atterraggio del «Vostok 1». I dirigenti della Federazione espressero dunque un ragionevole dubbio: dove fu Gagarin al momento dell’atterraggio? Dentro la cabina o fuori? La delegazione sovietica rispose in modo univoco: dentro. Solo nell’ottobre del 1964, quando decollò il «Vostok 3», fu diffuso il comunicato ufficiale sovietico circa il fatto che il suo equipaggio «ricevette per la prima volta la possibilità di atterrare con la propria navicella».
Inoltre, non furono invitati dei corrispondenti autorevoli (nemmeno dagli Stati socialisti) che avrebbero potuto confermare il fatto della salita di Gagarin a bordo della navicella e il fatto del decollo della stessa.
L’URSS avrebbe dovuto presentare delle prove concrete, dettagli del volo: le foto della Terra dall’orbita, i dettegli del lancio e la descrizione del razzo, i nomi dei progettisti del razzo e della navicella. Nulla di tutto questo fu reso pubblico.
Gli americani intercettarono la telemetria del «Vostok 1», ma questa potette anche essere falsificata (come, per esempio, furono falsificati i dati sovietici sugli armamenti) oppure trasmessa da una navicella vuota.
Con la teoria del complotto può essere spiegata anche la morte di Gagarin: si è schiantato con un aereo vecchio dieci anni, il cui motore si è acceso solo al quinto tentativo (e le circostanze della tragedia non sono tuttora rese pubbliche dagli inquirenti). In tal modo si sarebbe evitato il rischio dei suoi racconti sulla «realtà dei fatti».
Ecco, considerata la data odierna (il 58-esimo anniversario del volo di Gagarin), preciso che io non credo in alcuna teoria del complotto. E non ho dei dubbi sul fatto del volo di Gagarin. Il presente post va letto solo come un testo di storia.


Houston, abbiamo una cimice

Si ritiene che la parola bug nel senso di «errore» sia comparsa nel 1964 quando la sottotenente Grace Murray Hopper trovò, lavorando al computer Harward Mark II, un insetto bruciato tra due contatti in corto circuito. La Hopper incollò l’insetto con lo scotch nel diario tecnico e aggiunse una nota: «Il primo caso reale del ritrovamento di una cimice».

In realtà, però, la parola bug nel senso di «errore tecnico sconosciuto» veniva utilizzata già molto prima della comparsa dei computer da parte degli addetti delle compagnie telegrafiche e telefoniche relativamente ai problemi con le attrezzature elettriche e radiofoniche. Nel 1878 Thomas Edison scrisse:

It has been just so in all of my inventions. The first step is an intuition, and comes with a burst, then difficulties arise – this thing gives out and [it is] then that «Bugs» – as such little faults and difficulties are called – show themselves and months of intense watching, study and labor are requisite before commercial success or failure is certainly reached.

In un’altra lettera di Edison troviamo le seguenti parole:

You were partly correct, I did find a ‘bug’ in my apparatus, but it was not in the telephone proper. It was of the genus ‘callbellum.’ The insect appears to find conditions for its existence in all call apparatus of telephones.


Durante la Seconda guerra mondiale, poi, con la parola bug venivano chiamati i problemi con la elettronica dei radar.


Un film russo da vedere

È da un po’ che non consiglio dei film russi da vedere. Quindi oggi tento di rimediare con un bel esempio: «Brother» (1997) di Aleksej Balabanov. Si tratta di un film d’azione un po’ grottesco in alcuni aspetti e quasi comico in alcuni altri, che allo stesso tempo non tenta di imitare i film americani del genere. Il suo personaggio protagonista è tipicamente russo nelle sue irrazionalità ed efficienza «estrema».

Non posso non fare anche un avvertimento importante: non confondete questo film con il «Brother 2» (una «continuazione» di pessima qualità).
P.S.: ahahaha, è già il secondo film del regista che vi consiglio. Il post con il primo consiglio.


L’aggiornamento epocale

È successo! La Microsoft ha ufficialmente dichiarato che su Windows 10 con l’aggiornamento 1809 sarà possibile estrarre i dispositivi di memoria esterni senza il ricorso alla «rimozione sicura». (In sostanza, si potrà semplicemente tirare fuori le chiavette con la mano senza fare alcuna altra operazione.) Tale possibilità sarà offerta dalla opzione «estrazione veloce» che esclude l’uso del cache nella fase della scrittura dei dati. L’uso di tale opzione, ovviamente, rallenterà la velocità di scrittura sui dispositivi esterni, ma allo stesso tempo escluderà la possibilità di perdere dei dati ancora non trasferiti dal cache al dispositivo qualora quest’ultimo venisse estratto. Naturalmente, si sconsiglia tuttora di estrarre il dispositivo mentre la scrittura è ancora in corso.
La domanda del giorno, però, è la seguente: perché ci hanno messo vent’anni a inventare questa cosa?

P.S.: conosco due grosse categorie di persone: quelli che non usano mai la «rimozione sicura» e quelli che la usano sempre. Il 90% degli appartenenti a ciascuna categoria non sa a cosa serve la suddetta rimozione sicura (ma hanno la possibilità di scoprirlo grazie a questo post). Ebbene, per evitare lo sbattimento della «rimozione sicura» basterebbe aspettare 10–20 secondi dopo la fine della scrittura sulla chiavetta. Dopo tale periodo si può staccare la chiavetta con la mano (anche senza l’attivazione della nuova opzione di Windows 10 e quindi senza far rallentare le chiavette).


I soldi nella natura

Un sacco di gente, prevalentemente con delle tendenze sinistrose, ha una concezione perversa e sbagliata della natura dei soldi. Partono dal presupposto che nel mondo esista una quantità limitata e costante dei soldi (spesso chiamati anche risorsericchezza) distribuiti tra la popolazione del pianeta: «se i soldi di Mario aumentano, quelli di Giuseppe diminuiscono».
È dunque importante comprendere e ricordare il concetto: i soldi vanno guadagnati e non distribuiti. Il valore aggiunto delle merci e dei servizi della azienda X non toglie dei soldi alle merci e ai servizi della azienda Y.
I soldi sono come le loro amiche strette idee. Se nella mia testa è nata una idea, non ne è scomparsa una dalla testa di qualcun altro. Se nella mia testa sono nate mille idee, non devo certo preoccuparmi di chi ne ha avute solo due.
Chi accende la testa non riempie solo essa. Chi non la accende, vive con le briciole delle idee altrui.


La musica del sabato

Il 25-esimo anniversario della morte di Kurt Cobain (è stato ieri, il 5 aprile) non è certo il motivo migliore per postare qualcosa sui Nirvana. Banalmente, l’esistenza delle opere musicali lasciateci dai Nirvana costituisce già un motivo sufficiente per farlo (come debba essere per il buon risultato lavorativo di qualsiasi persona o team). Ma io, pur non avendo mai avuto i Nirvana nella lista dei gruppi più ascoltati, ho anche un motivo personale per conservare un buon ricordo di loro. Nel lontanissimo 1995 ero riuscito a stringere una conoscenza abbastanza stretta con una loro grande fan, spacciandomi per un intenditore della loro musica.
Non so se ai fini del compimento della suddetta impresa il merito fondamentale era stato della mia «spiccata» capacità di fingere o dell’interesse corrisposto di altro genere, ma sono comunque infinitamente grato al gruppo per uno dei ricordi più belli.
La prima canzone selezionata per il post di oggi è la «Smells Like Teen Spirit» (dall’album «Nevermind» del 1991):

(minchia, questo video ha quasi 888 milioni di visualizzazioni)
Mentre la seconda è la canzone «About a Girl», un po’ atipica per il gruppo (versione MTV Unplugged):


Il Club 27

È abbastanza facile deprimersi leggendo del «Club 27» o dei singoli geni morti in età non proprio avanzata. Il grado di depressione, naturalmente, aumenta con l’aumentare della differenza tra il «27» e l’età di chi legge.
Per fortuna, esiste una cura certa contro tale forma di depressione: fare qualcosa. Farlo bene. Farlo ora.


La sveglia aumentata

Alcuni giorni fa ho letto di una nuova interessante app gratuita disponibile per iOS e Android. Si chiama Odd Alarm ed è una sveglia che utilizza dei rumori realistici al posto delle solite melodie tipiche alle sveglie da telefono. Infatti, il cervello umano può abituarsi alle melodie, ma difficilmente si abitua ai rumori fastidiosi.

Sono disponibili 20 rumori diversi (solo i primi 3 dei quali sono gratuiti) indubbiamente efficienti, ma quelli migliori stranamente mancano del tutto. Dove sono il trapano, l’aspirapolvere, il tagliaerba e il flauto della bocciata cronica che la mattina della domenica ci fanno ricordare la puttana anonima e tutti i suoi figli la Madonna?

A proposito della Madonna: si potrebbe aggiungere pure le campane delle chiese italiane.
Ma l’app rimane comunque un prodotto interessante e utile.


PDF online

Nel sempre più lontano 2015 avevo consigliato ai miei lettori l’utilissimo sito smallpdf.com che permette di eseguire tutte le azioni possibili e immaginabili con i file PDF.
Come succede con tantissimi servizi online, però, anche il SmallPDF è stato rovinato dalla avidità dei suoi creatori. Infatti, dopo una serie di restrizioni introdotte all’utilizzo libero negli ultimi tre anni, si è ormai arrivato a una sola operazione gratuita per persona prima del passaggio alla versione a pagamento. Praticamente il nulla per le persone che lavorano regolarmente con i testi.
Non mi dispiace assolutamente di pagare per un servizio utile e di qualità, ma la necessità di eseguire delle operazioni atipiche con i file PDF non è nel mio caso quotidiana. Direi che spesso non è nemmeno di cadenza settimanale. Di conseguenza, ritengo poco opportuno pagare una somma fissa mensile o annua (come propone ora il SmallPDF).
Ma per fortuna c’è il nostro amico Google! Proprio grazie alla sua disponibilità infinita ad aiutare il prossimo sono ora in grado di suggerirvi ben due alternative valide:
1. Il sito pdf.io permette di eseguire tutte le operazioni che un utente medio/avanzato possa necessitare.

2. Il sito ilovepdf.com offre ancora più servizi, alcuni dei quali non avrei potuto nemmeno immaginare (forse per la mia fortuna).

Non sono ancora riuscito a scoprire se questi due siti abbiano dei limiti massimi delle operazioni gratuite. Ma, qualora li avessero, nessuno ci vieterebbe di rispondere con l’utilizzo dei VPN.
In ogni caso, spero tanto che questi due siti evitino la sorte del mio vecchio consiglio per almeno una decina d’anni.
Concludo ricordando a tutti i potenziali interessati della esistenza del bellissimo software del genere installabile sul computer: ABBYY FineReader.