L’archivio del agosto 2017

Un piccolo problema

Il sindaco di Ekatirinburg Evgeny Roizman ha raccontato su facebook una bella storia:

Un coglione radicalizzato passava il tempo a scopare gli asini nel suo paesino natale. Un bel giorno sono venuti da lui altri coglioni, gli hanno dato un pacco esplosivo e hanno detto: «Anziché scopare gli asini, fai a fare un attentato e ottieni subito quaranta vergini utilizzabili all’eternità!»
Il tipo si è dunque fatto esplodere alla fermata dell’autobus ed è finito al paradiso. Un paradiso piuttosto caotico dove nessuno si preoccupa di fornirgli le sue vergini. Egli grida: «Eccomi! Ho ucciso degli infedeli! Dove sono le mie vergini?!»
Quelli del paradiso gli rispondono «Attenda un attimo, visto che si tratta di un premio eterno stiamo scegliendo le migliori».
Passa inutilmente un’ora, il tipo non ne può più e grida: «Mi sono fatto esplodere a una fermata dell’autobus, dove sono le mie meritate vergini?! Voglio iniziare subito a godermele».
Quelli del paradiso gli rispondono: «Eh… È emerso un piccolo problema, temiamo di non poterlo risolvere…»
«Ma che dite?! Sono esaurite le vergini?»
«No, no, di vergini ne abbiamo in abbondanza. Ma nella esplosione alla fermata dell’autobus si è smembrato pure Lei e non riusciamo più trovare un suo membro…»

Da leggere ogni venerdì in tutte le moschee.


Il crollo

La caduta di una nuvola è uno di quegli eventi atmosferici che non sarebbe male osservare durante una estate calda…


Vi serve una auto presidenziale?

A San Pietroburgo è stata messa in vendita a soli 19.790.000 rubli (circa 283.900 euro) una Mercedes blindata che sarebbe stata utilizzata dal presidente Boris Eltsyn tra il 1994 e il 1997.
L’auto in questione è la Mercedes-Benz S-klasse Trasco Bremen, ha 5000 di cilindrata e 320 CV, ha fatto circa 60 mila chilometri.
Se siete interessati, vi do il link all’annuncio e mostro alcune foto:

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La professinalità delle modelle

A novembre il grande sito di ecommerce cinese Taobao.com ha il periodo di grandi saldi, di conseguenza deve prepararsi bene all’importante evento. Per esempio, (ri)fare le foto di qualità di tutti gli articoli di abbigliamento. Ogni vestito, per avere maggiori possibilità di essere venduto, deve logicamente essere fotografato in varie posizioni e combinazioni. Così, nel corso dei lavori alcune fotomodelle si trovano a dover indossare nel corso di una sessione fotografica fino a 150 pezzi di abbigliamento. Bisogna dunque lavorare con una certa velocità.
Per consentire al fotografo di non spendere più di mezzosecondo per ogni scatto, le modelle si allenano come delle danzatrici sportive. Ecco il risultato:

Nel video appena mostrato la fotomodella si era fermata per prendere la borsetta da una assistente. Questa, invece, sa fare tutto da sola:

In Europa non sanno ancora lavorare con questi ritmi…


Il design scozzese

Il 5 giugno 2012 lo studio di design russo Art. Lebedev Studio presentò la nuova identità visiva progettata per la città ucraina Odessa. L’elemento centrale del progetto è il nuovo logo della città (il porto principale della Ucraina) è una ancora:

Tale ancora è stata realizzata anche in bronzo e posizionata nel pieno centro della città:

Come previsto dal progetto, l’immagine della ancora viene utilizzata anche sulla pubblicità turistica della città (infatti, è il suo logo):

Nel 2017, invece, scopriamo che la nobile e quasi indipendente Scozia apprezza il design russo (ma pure quello ucraino) tanto da appropriarsene (https://www.friendsofanchor20for20.org/) come se fosse un prodotto della artisticità locale:




Se lo avesse fatto, per esempio, Zimbabwe, probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto: perché è un territorio poco popolare tra gli occidentali. Ma gli scozzesi in quale miracolo sperano?


Il pulcino Trump

Il regista Taran Singh Brar ha installato vicino alla Casa Bianca, per protesta, un pulcino gonfiabile somigliante a Donald Trump.

A giudicare dallo stile nel quale è stato realizzato il «pupazzo», il designer-autore si chiama Donald Trump.

Non so aggiungere altro.


Tre anni di embargo

Ieri, il 6 agosto 2017, è stato un interessante anniversario: tre anni dell’embargo alimentare russo.
Chi conosce il francese, può leggere un breve riassunto della sua storia su wikipedia. Io, invece, colgo l’occasione per ricordare un concetto stranamente ignoto a molti italiani (e occidentali in generale): l’embargo dei prodotti alimentari occidentali è stato inventato e imposto dalla Russia, con il decreto presidenziale № 560 firmato da Vladimir Putin il 6 agosto 2014.
Non so se sia più la colpa della propaganda o della semplice logica buonista, ma in pochi riescono a immaginare che uno Stato possa decidere di limitare i propri cittadini nelle basilari scelte alimentari. Eppure l’autosanzione russa è una risposta perversa alle sanzioni occidentali di vario genere (prevalentemente restrizioni economiche) contro i determinati politici e organizzazioni russe responsabili della annessione della Crimea. La prima di tali sanzioni fu l’ordinanza di Barack Obama del 6 marzo 2014.
In sostanza, la logica degli inventori dell’embargo è stata: voi punite noi, dunque noi in risposta puniamo i nostri cittadini.
Gli effetti dell’embargo, infatti, furono facilmente prevedibili. Secondo un rapporto della CEPII, tra l’agosto 2014 e il giugno 2015 il 78,1% degli introiti europei mancati non erano dovuti alle sanzioni contro la Russia e non all’embargo russo. Nel corso dei primi due anni della esistenza dell’embargo alimentare l’UE aveva stanziato appena 280 milioni di euro per compensare agli agricoltori europei le perdite dovute al suddetto embargo; nel periodo tra l’agosto e il novembre 2014 (cioè nel primissimo periodo che avrebbe dovuto essere il più pesante), furono utilizzati solamente 37 su 125 milioni. Le economie europee sviluppate hanno trovato relativamente in fretta i nuovi mercati per i propri prodotti; l’unico Stato che soffre ancora in un modo sensibile l’embargo russo è la Polonia, abituata a esportare una grande quantità di mele.
In Russia, invece, in conseguenza all’embargo sono aumentati i prezzi dei prodotti alimentari, si sono ridotti la qualità media e la varietà dei prodotti. Il calo della qualità è dovuto alle condizioni precarie della industria alimentare nazionale (mancanza delle tradizioni produttive, standard inferiori, controlli rari e inefficienti) e la ricerca delle materie produttive sostitutive da parte dei produttori russi (per esempio, già nel 2015 è aumentato del 26% l’import del famoso olio di palma non colpito dall’embargo). L’aumento dei prezzi è dovuto non solo alla riduzione della concorrenza da parte dei produttori occidentali, ma pure alle nuove tendenze dell’import. Infatti, molti dei prodotti vietati con l’embargo continuano a entrare in Russia perché rietichettati in Bielorussia (ho sempre detto che Lukashenko è un genio capace di guadagnare su qualsiasi casino che succede nella regione).
Alcuni esempi dell’aumento dei prezzi al dicembre 2015 (dopo quasi 17 mesi della introduzione dell’embargo):
– pesce 23%
– burro 11%
– mele 14%
– carne di bovino 16%
– carne di maiale 27%
Ovviamente, la crescita dei prezzi è continuata anche nel 2016 e nel 2017.
Inoltre, nel periodo tra il 2013 e il 2015 la popolazione russa è aumentata del 2%, mentre la produzione delle carni e del latte solo di 1%. I prodotti derivanti dalla pesca nello stesso periodo si sono ridotti del 5%.
In queste condizioni siamo giunti al terzo anniversario dell’embargo alimentare russo. Quell’embargo che è stato pensato come una contromisura adeguata alle sanzioni occidentali per l’annessione della Crimea. In sostanza, è uno dei prezzi da pagare.


Standbeest

Da 27 anni l’artista olandese Theo Jansen si occupa della creazione degli «animali da spiaggia» (standbeest). Si tratta di meccanismi complessi, nonostante l’apparenza, che per muoversi utilizzano solamente la spinta del vento.
Non volano. Camminano:

Direi che fanno una certa impressione…
Ma incontrarne all’improvviso uno del genere su una spiaggia deserta (e, magari, pure di notte) potrebbe provocare qualche danno alla salute.


Ventilatore usb

Per quanto riguarda il caldo, abbiamo due certezze: 1) prima o poi finirà; 2) prima o poi ritornerà di nuovo.
A tutti coloro che intendono sopravvivere fino al verificarsi del secondo punto comunico della esistenza di un oggetto del quale ho letto pochi giorni fa.
Il ventilatore alimentato dalla batteria dello smartphone:

Funziona con tutti i telefoni (grazie a tutti gli attacchi forniti) e con tutti i sistemi operativi. È funzionale e consuma poca batteria.
Se siete interessati, eccolo su Amazon.
P.S. Un breve video illustrativo:


Il caso del ponte

Il vice Ministro delle Infrastrutture ucraino Jurij Lavrenjuk ha dichiarato che il Governo ucraino sta valutando l’opzione di fare una causa alla Russia per la costruzione del ponte sullo stretto di Kerch. [Si tratta del ponte già in costruzione che dovrà collegare la penisola russa di Taman alla Crimea] A tale scopo si stanno calcolando le possibili perdite economiche di due porti ucraini – Mariupol e Berdyansk – dovute a 1) la prevista dagli costruttori chiusura dello stretto per 23 giorni tra l’agosto e settembre e 2) l’altezza del ponte che non permetterebbe alle nevi più grandi di accedere ai suddetti porti.
Leggendo questa notizia ho per l’ennesima volta capito due cose banalissime:
1) I ponti sono fatti anche per dividere: infatti, i gestori del porto di Odessa dovrebbero sperare che i problemi alla navigazione causati dal ponte siano in realtà ben più gravi.
2) La maggioranza dei politici moderni non è in grado di elaborare (o dichiarare pubblicamente) le strategie a lungo termine. Infatti, se i due porti ucraini diventassero inaccessibili per le grandi navi, quale sarebbe il porto geograficamente più vicino? Quello della Sebastopoli (in Crimea). Farsi restituire una regione da sempre economicamente sottosviluppata, ma ora arricchita a spese altrui con un ponte e un porto pù attraente dovrebbe essere il sogno di ogni politico ucraino responsabile.
La causa giudiziaria, comunque, è sempre un bel modo di mantenere l’attenzione dell’Occidente verso le proprie problematiche e, eventualmente, guadagnare un po’ di soldi.