L’archivio della rubrica «Saggezza»

La legge del prezzo

I grandi economisti, accademici e non, sanno bene che l’economia non può non crescere. Pure la stagnazione può essere vista come una forma di crescita: la sua particolarità distintiva sta nei ritmi di crescita molto bassi, quasi impercettibili.
Anche nella eventualità di una forte inflazione le persone hanno la necessità vitale di effettuare degli scambi, quindi produrre, consumare e stabilire dei tassi di cambio che non debbano necessariamente prevedere l’uso della moneta ufficiale. Di conseguenza, l’economia va avanti nonostante tutto.
Ed ecco che arriviamo a formulare una legge già ben nota agli economisti praticanti: i prezzi di una singola azienda non possono scendere, indipendentemente dalle unità nelle quali si esprimono (in euro, in orologi, in schiaffi etc.).
Facciamo subito un esempio pratico. Supponiamo di avere un hotel a 5 stelle dove una stanza costa 1000 euro a notte. Supponiamo anche che nel bel mezzo della alta stagione il nostro hotel è vuoto (per qualche strano motivo), ma a un certo punto arriva un gruppo di cinesi disposto a pagare 300 euro a notte per ognuna delle 10 stanze a loro necessarie. Le opzioni a noi disponibili sono due.
Possiamo accettare i turisti a 300 euro, ma in tal caso la nostra attività va comunque a donne facili.
Oppure possiamo mostrare la disponibilità di fare un piccolo sconto rispetto al prezzo base ufficiale (che ne so, chiedere 900 euro per stanza) e allora non siamo del tutto persi.
La spiegazione della legge è semplicissima. Al crollo del sistema dei prezzi seguirà a catena anche il crollo di tutto il resto: non riusciremo a comprare i materiali di alta qualità, saremo costretti a pagare gli stipendi inferiori a prima (e quindi il personale sarà demotivato a lavorare come prima), perderemo la clientela ricca (quella abituata al lusso che prima comprava anche i servizi aggiuntivi) etc. etc. È meglio a questo punto lavorare in una fascia qualitativa diversa (più bassa) con il rispettivo sistema dei prezzi inferiore ma stabile (per esempio diventando un albergo a 3 stelle).
La legge appena formulata vale anche per le persone che lavorano in proprio. Grazie alla Esperienza che lo ha insegnato anni fa al sottoscritto.
Non si fanno gli sconti solo perché è iniziata una fase di crisi. Perché la crisi passerà, ma i soldi pure.

La diminuzione dei prezzi per alcune tipologie di beni o di servizi è possibile solo grazie al progresso tecnologico e alla concorrenza dei produttori di recente nascita, ma non per delle scelte «teoriche» delle imprese radicate sul mercato.


Cosa cercano

Sarà pure una grossa banalità…
Nella potenziale «controparte» della coppia le persone cercano quella cosa di cui sentono in particolare modo la mancanza. È per questo che vediamo spesso gli organizzati con gli spensierati, gli alti con i bassi, i ricchi con i poveri, gli amanti degli animali con gli indifesi, i loquaci con quelli di poche parole etc.
Di solito è difficile capire subito cosa vuole una persona appena o da poco conosciuta. Ma è sempre utile ricordare cosa e dove osservare. E non disperarsi troppo dopo avere scoperto di non avere quella caratteristica fondamentale (o, peggio ancora, di avere gli stessi bisogni).
Sarà pure una grossa banalità, ma l’averla capita mi ha facilitato molto la vita in quella età quando ero particolarmente sensibile ai fallimenti.


Una alternativa al trucco

Lunedì mattina nel centro di Mosca sono stati fermati – ma poi rilasciati – quattro dei giovani attivisti che si sono inventati una strana missione: insegnare alle persone il trucco che permetterebbe di ingannare le telecamere di videosorveglianza con la funzione del riconoscimento facciale. La funzione di riconoscimento, in particolare, è entrata in funzione all’inizio di febbraio, ma almeno oggi non volevo scrivere di essa.
Volevo dare un prezioso consiglio a tutti i paranoici del mondo.

Se volete evitare di essere immortalati dalla videosorveglianza, dai turisti cinesi o invasori marziani, servitevi del pretesto forniteci dai Testimoni del Coronavirus, indossate pure una mascherina medica (abbinata con dei vestiti scuri non originali, vi renderà quasi completamente irriconoscibili). Una mascherina attira meno attenzione delle forze dell’ordine in tutto il mondo, quindi il vostro anonimato resterà impunito.
Anzi, dato che le mascherine mediche sono progettate per non infettare gli altri (e non al contrario!), molta gente cercherà anche di starvi lontana.


Il segreto del successo

Uno dei (o, forse, addirittura «il») più grandi segreti del successo in qualsiasi ambito della vita è la capacità di mandare affanculo una persona al momento giusto.
Certamente, bisogna saper pianificare, studiare, pensare, ascoltare gli altri. Ma è importantissimo sapere, indipendentemente dalle circostanze, mandare affanculo tutti coloro che se lo meritano.
I colleghi raccolgono i soldi per fare un regalo al capo del dipartimento? La segretaria propone di multare i ritardatari? La vecchietta del piano di sotto si lamenta della musica dopo le 18:00? Il volontario allegro ti chiede una firma (e un po’ di soldi visto che ci siamo) per salvare le zanzare del Polo Nord? I parlamentari vogliono adottare una legge sugli sgravi fiscali per chi utilizza le ruote quadrate?
Tutti liberi! Tutti affanculo!
Ogni qualvolta un personaggio di dubbia qualità viene mandato affanculo, il nostro mondo diventa un po’ più bello.
La vita è l’arte di mandare affanculo.


Cosa farsi regalare

Alla fine di dicembre dell’anno scorso avevo provato a elencare i principi fondamentali che potrebbero aiutare a scegliere i regali da fare agli altri. Ma a tutti, più o meno di frequente, capita di dover rispondere anche alla domanda «cosa ti regalo per [inserite voi il nome di una qualsiasi festa]?»
Per affrontare una domanda del genere potremmo farci aiutare da almeno due principi utilissimi. Entrambi funzionano solo in presenza della vostra «lista dei desideri» contenente più di una voce.
Il principio № 1. Provate a individuare, tra i vostri desideri, quella cosa che non vi sareste mai decisi di comprare con i soldi propri. Non è necessario che sia una cosa super costosa in termini assoluti. L’importante è che l’idea del suo acquisto faccia venire una paralisi alla mano addetta al portafoglio.
Il principio № 2. Provate a pensare alla persona che vuole farvi un regalo. La psicologia ci insegna che regalando un oggetto costoso le persone sono convinte di fare un regalo di alte qualità, bellezza e, spesso, utilità. Quindi oltre a fare un bel gesto nei vostri confronti, si danno pure una bella soddisfazione a loro stessi. Mentre voi chiedete e ottenete una cosa desiderata. Insomma, è un vantaggio reciproco.
Naturalmente, è possibile tentare di combinare tra loro i due principi. E, sempre naturalmente, bisogna tenere conto delle capacità finanziarie di chi si propone di farvi un regalo.

Qualcuno mi regala il 51% dell’Alphabet Inc.?


Annello mancante

Fino a qualche anno fa pensavo che il ruolo fondamentale fosse sempre di chi insegna: se è capace di rendere interessante la lezione e di selezionare bene il materiale, dovrebbe andare tutto bene.
Ma poi ho capito che di importanza non inferiore sono le domande degli studenti. Esiste, infatti, il concetto di «curse of knowledge»: una persona esperta in qualche materia non riesce a immaginare quali difficoltà o mancanze di informazione possano avere le persone lontane da quel livello di conoscenza. Ma in realtà è ovvio che non siamo tutti ugualmente esperti in tutto.
Di conseguenza, ho capito che molto spesso è sufficiente rispondere a una domanda fatta bene per far comprendere un concetto alla persona che chiede. In sostanza, molte persone devono trovare una connessione tra due (o più) pezzi di conoscenza frammentati.


Superato come sempre

Per tanti anni ho cercato un modo, una formula compatta e facilmente comprensibile dalle masse, per spiegare perché vorrei evitare a ogni costo di lavorare nel settore pubblico. L’ho quasi trovata. Ho avuto la sensazione di essere a un passo dall’obiettivo tanto cercato.
Ed ecco che, come al solito, rovino la sensazione di essere un genio scoprendo che una persona concreta ha già espresso la stessa idea molto meglio di me. Anzi, in questo specifico caso è successo pure molto prima: quasi due secoli fa.
Sono comunque felice di condividere con i miei amatissimi lettori questa breve citazione dal romanzo «La lettera scarlatta» di Nathaniel Hawthorne (pubblicato per la prima volta nel 1850):

Qui basti dire che un doganiere, rimasto incarica a lungo, sarà difficilmente un personaggio degno di gran lode o rispetto per molte ragioni, una delle quali si è la maniera in cui assolve il suo incarico, ed un’altra la natura medesima del mestiere che, seppure onesto come spero, è d’una specie tale da impedirgli di partecipare agli sforzi concordi del genere umano.
Un effetto che credo si possa osservare più o meno in ogni individuo ch’abbia occupato quel posto, è poi il seguente: mentre s’appoggia al braccio gagliardo della Repubblica, gli vien meno la sua propria energia. Costui perde la capacità di sorreggersi da sé solo in misura proporzionata alla debolezza o alla forza della sua indole. Se possiede una porzione fuor del comune di volontà innata, o la snervante malia del luogo non opera troppo a lungo su di lui, le sue facoltà compromesse potranno venir riscattate. Il doganiere espulso, fortunato oggetto del villano spintone che lo manda innanzi tempo a lottare tra le lotte del mondo, potrà tornar in se stesso, ed essere quello di prima. Ma questo succede raramente. Di solito egli mantiene il proprio terreno fino al momento preciso di rovinarsi, e poi ne viene espulso tutto cionco e barcolla pel malagevole sentiero della vita arrangiandosi come può. Conscio del proprio malanno, d’aver smarrito la sua tempra d’acciaio e la baldanza, si guarderà ognora intorno ansiosamente in cerca d’un sostegno al di fuori di sé. La speranza ostinata e continua (un’allucinazione che in cospetto d’ogni scoraggiamento e tenendo in non cale l’impossibile, lo assilla finché è in vita e che, m’immagino, come gli spasimi convulsi del colera, seguiterà a tormentarlo per un breve lasso dopo la morte) si è che alla fine e tra non molto verrà rimesso al suo posto ad opera d’una fausta combinazione. Questa fiducia, più d’ogni altra cosa, spoglia dell’essenziale e dell’utile qualunque attività costui possa sognar d’intraprendere. A che mai arrabattarsi e dimenarsi e darsi tanta pena per uscire dal fango, quando di lì a un po’ interverrà il forte braccio di suo Zio Sam ad alzarlo e a sostenerlo? A che mai lavorare per vivere nella propria città od andare a cercar l’oro in California, quando sarà reso felice di qui a poco, a scadenze mensili, con un mucchietto di monete sonanti uscite dalla tasca dello Zio Sam? Meraviglia e rattrista vedere come un minimo assaggio della vita d’ufficio basti a infettare un poveraccio di questo morbo bizzarro. L’oro dello Zio Sam, salvo il rispetto dovuto al venerabile signore, possiede da questo punto di vista un potere analogo alla mercede del Diavolo. Chiunque lo tocca dovrà star bene attento, che non abbia a trovare il baratto troppo duro e svantaggioso nei propri riguardi, dacché ci andranno di mezzo, se non proprio l’anima, molti dei suoi migliori attributi: la forza incrollabile, il coraggio e la costanza, la schiettezza, la fiducia in se stesso, e tutto ciò che serve meglio ad accentuare un carattere virile.

Nei prossimi giorni scriverò più in dettaglio delle mie recenti scoperte letterarie.


Un buon professionista

Molto spesso (o quasi sempre?) una persona che chiede di consigliare un professionista aggiunge l’epiteto «buono» o «bravo».
Conosci un bravo medico? Puoi consigliare un buon meccanico?
Per logica, però, tale precisazione è assolutamente inutile. Quando io chiedo di consigliarmi un commercialista, non ne intendo mica uno incompetente. Non chiederei nemmeno di un idraulico incapace o di un traduttore ignorante. Tutti cercano sempre e solo dei bravi professionisti.
La prossima volta che vi capita di chiedere di consigliarvi qualcuno, provate a evitare la parola «bravo». A meno che per voi non sia necessariamente un sinonimo della parola «caro» o, contrariamente, dell’espressione «che chieda poco».
Consigliatemi un disegnatore di soldi.


Riconoscere un professionista

Esiste un metodo molto semplice e allo stesso tempo efficace di riconoscere un vero professionista. Bisogna scegliere una qualsiasi operazione – anche la più semplice – tipica del suo lavoro e chiedergli perché si faccia così.
Qualora dovesse rispondervi «si fa sempre così», «è una tradizione», «ho sempre fatto in questo modo e funziona», «tutti fanno così» etc – significa che è un lavoratore di scarsa qualità. Non capisce (e quindi non sa spiegare) ciò che fa. È paragonabile a un pappagallo che ha imparato a pronunciare i termini della fisica nucleare o a una scimmia che sa schiacciare i tasti di un computer.
Un vero professionista sa spiegare anche i concetti più complessi utilizzando le parole semplici. Perché ha studiato, molto probabilmente sa anche informarsi e aggiornarsi sulle nuove tecniche, è abituato a ragionare su quello che fa e cercare le soluzioni ottimali.
Ricordatevi di questo metodo ogni qualvolta vi capiti di dover selezionare un esecutore di lavori non ancora ben conosciuto. Eviterete un sacco di problemi tecnici, economici e morali.
P.S.: ovviamente, invito tutti a diventare dei grandi professionisti!


Le cose al loro posto

Nella vita esiste un semplicissimo principio che magicamente fa risparmiare un sacco di tempo alle persone che lo applicano.
Bisogna fare tutto sempre allo stesso modo. Io, per esempio, tengo sempre il telefono nella tasca destra dei jeans, l’accendino nella tasca sinistra, i rifiuti (per esempio gli scontrini) nella tasca posteriore destra, etc. Le sigarette sono nella tasca laterale a destra dello zaino. I vestiti nell’armadio sono già disposti per i giorni della settimana. Etc, etc.
Ogni volta che metto qualcosa non al suo posto prestabilito, scatta la crisi globale. Posso utilizzare un oggetto meno di una volta al mese, ma senza doverlo cercare ogni volta. Se finisce fuori posto, lo troverò solo per caso e in un futuro indefinito.
Potrebbe sembrare un principio banale, esprimibile con la sola parola ordine. E invece no. Per esempio, per molte persone il mio spazio residenziale è la rappresentazione perfetta del disordine totale. Ma loro non conoscono l’ordine preciso delle cose che tengo nella mia mente. Una specie di mappa virtuale composta da abitudini comportamentali.
Meno male che nessuno cerca di intervenire. Altrimenti sarei costretto a spendere ore e giorni a cercare le cose più banali.