L’archivio della rubrica «Russia»

I libri testimoniano

Un interessante fenomeno socio-culturale (ma forse anche economico?) che si sta sviluppando in Russia a partire dal 24 febbraio difficilmente sarà trattato dai giornalisti occidentali prima della fine della guerra in Ucraina. Ma questo non lo rende meno interessante e, in un certo senso, meno ottimistico. E allora sarò io a anticipare i giornalisti, gli storici e i sociologi.
Gli editori e le librerie russe testimoniano che a partire dal 24 febbraio 2022 in Russia è aumentata la domanda, da parte dei lettori, dei libri di storia dedicati alla Seconda guerra mondiale in generale e alla Germania nazista in particolare. Per alcuni libri o autori (sia russi che occidentali) l’aumento della domanda può arrivare anche a diverse centinaia di percento. La seconda ondata dell’aumento della domanda è iniziata il 21 settembre: il giorno della proclamazione da parte di Putin della mobilitazione «parziale» dei civili per la guerra.
Il fenomeno in questione potrebbe sembrare, a un lettore occidentale, solo un piccolo fatto statistico. Alle persone che si orientano un po’ di più nella realtà quotidiana russa è invece evidente un’altra cosa: si tratta di una importantissima fonte per le ricerche sociologiche quantitative. Infatti, nella Russia contemporanea i sondaggi sono di fatto impossibili: la maggioranza delle persone ha paura di rispondere (o di rispondere sinceramente) alle domande riguardanti la politica (nel senso più ampio del termine) e, da sette mesi e mezzo, la guerra. Succede perché ognuno ha in mente un ragionevole dubbio: chi è la persona che mi sta facendo la domanda? È un agente in borghese? È un informatore della polizia? Se rispondo in un modo «sbagliato», dopo quanto tempo mi arrestano?
Di conseguenza, siamo costretti a studiare l’opinione dei cittadini residenti in Russia basandoci anche su una molteplicità di fonti indirette. Compreso il mercato dei libi.


Nessun legame tra gli eventi

Alcuni sostengono che i massicci bombardamenti russi delle città ucraine avvenuti nelle ultime due notti sarebbero delle «risposte» alla esplosione del ponte di Crimea. Se fosse vero, non possiamo non constatare una grande banalità: si tratta di un «dialogo» lungo sette mesi e mezzo.
Alcuni altri, poi, sottolineano che il generale Sergey Surovikin – il nuovo comandante delle forze armate russe sul fronte ucraino nominato l’8 ottobre – sarebbe un grande sostenitore degli attacchi agli obiettivi civili sul territorio nemico.
Purtroppo, ci troviamo in una di quelle situazioni in cui due eventi verificatisi a poca distanza temporale non dovrebbero essere legati tra loro. Nel senso che la scelta del nuovo comandante (e delle scelte tattiche presumibilmente preferite) non una conseguenza della esplosione sul ponte, ma una semplice continuazione del modo putiniano di condurre questa guerra. Infatti, abbiamo già visto in molte occasioni che l’esercito russo non vede alcun problema nel colpire gli obbiettivi palesemente civili: perché dovrebbe smettere di farlo proprio ora, quando si sente in una difficoltà ancora più grande a combattere contro l’esercito ucraino?
Capisco che l’ipotesi suona male, ma non possiamo comunque escludere il tentativo di costringere la controparte alle trattative per evitare ulteriori grandi quantità delle vittime tra i civili. Non penso proprio che funzioni. Anzi, proprio al contrario.


Happy Birthday, Mr. President

Come sapete già benissimo anche voi, il regalo degli ucraini per il 70-esimo compleanno di Putin è arrivato con un giorno di ritardo:

Un altro video da una prospettiva diversa:

In sostanza, è esploso un tir carico, secondo le dichiarazioni ufficiali, di «nastro in plastica per gli imballaggi dei bancali». L’esplosione è avvenuta pochissimi minuti dopo le 6 della mattina dell’8 ottobre sulla carreggiata automobilistica in direzione Crimea; a causa della esplosione sono crollate tre arcate. Inoltre, a causa della esplosione si sono incendiate delle cisterne sulla parte ferroviaria del ponte (il ponte è fatto di quattro parti separate: una automobilistica e una ferroviaria per ogni direzione). Non si capisce se i controlli del tir all’entrata sul ponte siano stati realmente eseguiti secondo la procedura prestabilita:

La situazione sul ponte nel pomeriggio di ieri ripresa da diverse persone da prospettive diverse:

Beh, quello che conta è il pensiero, non il prezzo o la tempistica perfetta del regalo. Anche gli ucraini sapevano benissimo quanto ci tiene Putin alla Crimea e al ponte…
P.S.: il video finale di questo post riccamente illustrato sarà utile, alle persone che non conoscono il russo, prevalentemente per individuare il punto esatto della esplosione.


La lettura del sabato

Visto che ieri Vladimir Putin ha compiuto 70 anni, la lettura consigliata per questo sabato è dedicata proprio alla sua figura, alla sua figura nel regime politico russo attuale. Apparentemente, l’articolo in questione sarebbe basato su delle voci e informazioni difficilmente verificabili, ma in realtà fornisce alcuni elementi utili per l’analisi del comportamento di Putin osservato negli ultimi giorni. In presenza di un sistema per nulla trasparente che il personaggio ha costruito in quasi ventitre anni, siamo costretti a integrare e confrontare le nostre interpretazioni della sua attività pubblica con una serie degli articoli come quello del link.


I rischi dell’Armageddon

Joe Biden sostiene di conoscere bene Putin e temere, per questo presunto motivo, l’Armageddon nucleare.
Noi, i semplici osservatori estranei – anche se con un grado di coinvolgimento emotivo molto vario –, non possiamo dire conoscere bene Putin, ma possiamo dire di comprendere pienamente la sua totale irrazionalità (egli l’ha dimostrata chiaramente già con l’inizio della guerra in Ucraina). Certo, sulla base della propria visione del mondo Putin potrebbe essere convintissimo di essere la persona più razionale del pianeta, ma noi non siamo obbligati a essere d’accordo con una mente perversa. Quello che conta è: l’uso del nucleare a scopi bellici da parte di Putin ci deve sembrare probabile non perché conosciamo bene il personaggio, ma perché possiamo facilmente presumere che nella sua mente malata quel passo estremo potrebbe apparire come la soluzione di tutti i suoi problemi.
Fissato in mente il semplice principio di cui sopra, passiamo subito al secondo principio: il già menzionato Armageddon non potrà necessariamente causato dalla/e bomba atomica. Per la nostra enorme fortuna (o sfortuna?) nessuno sa con certezza in quali condizioni tecniche si trovano le bombe atomiche russe e tutta l’infrastruttura connessa. Potrebbe non saperlo Putin, al quale – come abbiamo visto – non arrivano le informazioni veritiere su qualsiasi aspetto della vita nel mondo. Potrebbero non saperlo i militari russi, i quali fanno (se tutto va bene) solo la manutenzione prevista dalla documentazione, ma non le prove di funzionamento (provate a immaginarle!). Potrebbero non saperlo i servizi segreti americani (ovviamente, fino al momento adatto non ci diranno alcunché di reale sull’argomento). L’unico aspetto sicuramente noto ai militari russi è la regolarità della manutenzione dell’arsenale. Proprio a questo aspetto devono essere legate le nostre timide speranze: dato che nell’esercito russo si ruba e si vende più o meno tutto (i fondi per la manutenzione dei mezzi blindati, il cibo e l’uniforme dei militari etc. etc.), al costoso arsenale nucleare russo poteva toccare la stessa sorte: già anni o decenni fa.
«In compenso», dobbiamo ricordare che l’esercito russo controlla ancora la centrale nucleare di Zaporižžja. Alla quale, per esempio, potrebbe succedere, in qualsiasi momento, un incidente più o meno grave del quale si potrà incolpare – secondo la logica putiniana! – gli ucraini (un «sabotaggio del personale», una «bomba lanciata dall’esercito ucraino», un «intervento dei partigiani-fascisti-ucraini» etc.).
Di conseguenza, i timori di Biden e di tutti gli altri sono abbastanza fondati in ogni caso.


Leggendo l’ottavo pacchetto

Ovviamente, nemmeno l’ottavo pacchetto delle sanzioni europee contro la Russia putiniana poteva nascere senza una palese  minch  idiozia nel proprio testo. Intendo questo passaggio:

The existing prohibitions on crypto assets have been tightened by banning all crypto-asset wallets, accounts, or custody services, irrespective of the amount of the wallet (previously up to €10,000 was allowed).

Proviamo a immaginare chi viene colpito dal provvedimento in questione.
I politici e i funzionari russi che vorrebbero salvare i propri soldi? Per quei personaggi 10 mila euro sono spiccioli. Inoltre, sanno benissimo di non poter usare i propri soldi e i propri beni materiali all’estero. Sul territorio russo, invece, utilizzano tranquillamente i rubli.
I militari russi? La maggioranza schiacciante di loro non ha dei soldi da salvare. Gli alti ufficiali, oltre a trovarsi nella stessa situazione degli alti funzionari, non ha il diritto di viaggiare all’estero.
I poliziotti e i membri di altre strutture di sicurezza? La loro situazione è simile a quella dei militari.
I civili che sostengono il regime di Putin? Le sanzioni europee non prevedono alcun strumento per riconoscerli.
I civili che partono dalla Russia per scappare dalla mobilitazione, dalle persecuzioni politiche o, semplicemente, dall’ambiente moralmente pesante? Sì, cazius, rimangono proprio loro. Quelle persone che ora si trovano senza una abitazione fissa, spesso senza un lavoro e senza troppi contanti, molto probabilmente senza [almeno per ora] carte bancarie pienamente funzionanti (per queste ultime le opzioni sono tante, il fatto generale è che non tutti hanno un conto bancario europeo). Quelle persone che, pur essendo partite, molto spesso devono in qualche modo sostenere economicamente qualche parente rimasto in Russia (sì, le transazioni bancarie dirette sono, ehm, problematiche in entrambe le direzioni). Esattamente quelle persone che sono contrarie alla politica di Putin.
È veramente strano che qualcuno debba ancora essere illuminato sul fatto che la popolazione russa non è composta solo da Putin e dai suoi servi fedeli.


Ognuno si diverte come può

Vedo che l’UE non riesce proprio a produrre un pacchetto di sanzioni contro il regime putiniano totalmente libero dai punti divertenti. Così, l’ottavo pacchetto – sul quale sarebbe finalmente stato raggiunto un accordo tra i rappresentanti degli Stati-membri – dovrebbe riportare una dedica a Gerhard Schröder sotto il frontespizio. Infatti, una delle sanzioni vieterebbe ai cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione delle società statali russe. Ma proprio Schröder ha ricoperto, dal 2017 al 2022, la carica del presidente del Consiglio di amministrazione della società Rosneft: l’ha lasciata solo in priavera e solo in seguito alle forti pressioni in Germania. Inoltre, continua ancora a difendere il regime di Putin in Europa. Sia in qualità del manager, sia in qualità del rappresentante della Russia putiniana, è al giorno d’oggi il cittadino europeo più noto e discusso. Tanto noto e discusso da sembrare l’unico.
Oppure quella sanzione è una forma di contrasto agli «agents of influens» russi in Europa? Potrebbe anche essere presentataci in qual modo. Non inizia certo a sembrare una norma meno «ad personam».


La cronologia del ridicolo

Ci sono dei momenti in cui inizio a dispiacermi anche per la triste sorte dei futuri studenti delle scuole (o delle Facoltà universitarie dove si studia la storia). Per esempio, quando immagino lo studio di quel pezzo del manuale di storia nel quale verrà descritta l’annessione dei nuovi territori ucraini da parte della Russia putiniana. Infatti, la cronologia dei fatti sarebbe questa:
– alla fine di maggio del 2022 l’esercito russo conquista un altro pezzo del Donbass, compresa la città ucraina di Lyman;
– il 30 settembre 2022 Vladimir Putin e i capi delle repubbliche autoproclamate del Donbass e delle amministrazioni occupanti delle regioni ucraine firmano, al Cremlino, i «documenti» sulla «entrata delle repubbliche nella Federazione Russa»: i «documenti» parlano della realizzazione del diritto alla autodeterminazione dei «popoli» di quelle regioni ucraine;
– il 1° ottobre 2022 l’esercito ucraino libera la città di Lyman;
– il 2 ottobre 2022 la Corte costituzionale russa ha ritenuto legittima l’annessione dei territori ucraini, motivando il proprio giudizio con un mini-trattato storico-politico-sociale (giudizio mio: un trattato di qualità ehm… molto dubbia);
– il 3 ottobre 2022 la Camera bassa del «parlamento» russo (la Duma) ratifica i «documenti» del 30 settembre con 413 voti a favore dei 408 deputati presenti (rileggete bene, non ho sbagliato);
– nessuno si accorge che sarebbe stato annesso anche un territorio non controllato più nemmeno dall’esercito russo;
– gli stessi «documenti» vengono ratificati all’unanimità anche dalla Camera alta del «parlamento» russo (il Consiglio federale);
– l’unico Stato a riconoscere i nuovi territori come parte della Russia è l’autorevolissima Corea del Nord.
Non se serva una continuazione – il cervello di una persona normale potrebbe esplodere già dopo i pochi punti appena elencati –, ma, purtroppo, potrebbe arrivare…


Le firme sulla annessione

A qualcuno il video di oggi potrebbe sembrare non particolarmente informativo e/o interessante. Mentre in realtà mostra quell’esatto momento in cui Putin ha definitivamente chiuso a sé stesso ogni strada di uscita da questa guerra. Vi sembrava che lo avesse fatto già tempo fa? Come al solito, ha saputo fare la mossa peggiore del peggio concepibile dalla mente umana.
In sostanza, con la firma dei «documenti» sulla annessione dei territori ucraini – il video contiene proprio il processo della firma – ha dichiarato ufficialmente e per sempre i reali obbiettivi della guerra in Ucraina. E, ovviamente, ha definitivamente reso impossibile l’interruzione della guerra tramite una trattativa con l’Ucraina: da ora in poi, o tratta la resa lui o tratta la resa l’Ucraina (la seconda opzione mi sembra impossibile perché l’Ucraina viene in qualche modo appoggiata da quasi tutto il mondo sviluppato, mentre il regime putiniano no).

P.S.: fino a qualche mese fa non pensavo di scendere a questi livelli, ma ora lo scrivo: il muso di quella creatura non sembra proprio appartenere a un essere mentalmente sano.


Guardando la mappa dei gasdotti

Negli ultimi due giorni mi è capitato più di una volta di leggere una osservazione che, molto probabilmente, ai tempi normali avrebbe potuto sembrarmi solo un classico esempio di «dietrologia». Ma i tempi di adesso non sono normali, dunque prendiamola pure in considerazione.
Guardiamo la mappa dei gasdotti russi indirizzati verso l’Occidente e prestiamo una attenzione particolare che attraversano l’Ucraina. Come ben sapete, al giorno d’oggi sono gli unici a fornire il gas russo all’Europa.

Come potete vedere, i due gasdotti principali che partono dal territorio russo passano a nord e a sud della città di Kharkiv, dunque nella zone dove l’esercito ucraino sta riconquistando con una buona velocità i territori occupati dall’esercito russo.
Ma se ora qualcuno – sentendosi forte con la mobilitazione dei civili – dovesse tentare di organizzare una nuova offensiva russa proprio lungo il percorso del tubo, quel qualcuno potrebbe sperare l’Occidente chieda all’Ucraina di difendersi con molta cura, senza danneggiare il tubo. Difendersi senza «sparare» nulla di particolarmente potente a bersagli vicini al tubo del gas…
Quanto appena scritto è un altro argomento da aggiungere alla raccolta di considerazioni su chi avrebbe voluto far saltare i gasdotti del Baltico. Qualora l’ipotesi dovesse essere vera, provate a immaginare i suoi costi (anche in termini delle entrate economiche mancate) e i potenziali rischi dell’insuccesso.