L’archivio della rubrica «Russia»

La guerra sui manuali di storia

In generale non mi piacciono tutte quelle notizie che sono scritte al futuro: sono particolarmente diffuse nei media russi e parlano dei vari progetti governativi di fare qualcosa nel futuro più o meno vicino. Quasi sempre sono dei progetti che o non si realizzano (a volte perché non sono annunciati per essere realizzati) o si realizzano in tempi e in modalità diversi da quelli annunciati. Ma vedo che a volte l’eco di quelle notizie arriva anche sulla stampa europea…
Oggi provo ad anticipare un po’ quell’arrivo perché la «notizia» è abbastanza curiosa. Essa è composta da due parti:
1) entro marzo dovrebbe essere pronto il nuovo manuale di storia per il penultimo anno della scuola superiore russa: in quel manuale verranno illustrati «i motivi e gli obiettivi» della guerra in Ucraina;
2) di conseguenza, le domande sulla guerra potranno essere presenti anche nei test dell’esame di maturità a partire dall’anno scolastico 2024/2025.
La traduzione della notizia nel linguaggio degli esseri umani: il gruppo di personaggi noto con il nome collettivo «il Cremlino» è tanto ottimista da pensare di non perdere la guerra entro la seconda metà del 2024.
Potrebbero anche avere indovinato, nel senso che le guerre di posizione come quella che osserviamo attualmente in Ucraina possono durare anche molto a lungo. Ma la fretta di immortalare le proprie scuse fantasiose pure sui libri di storia mi sembra comunque un po’ ridicola e allo stesso tempo divertente.


La lettura del sabato

Il britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies ha pubblicato un rapporto intitolato «I risultati preliminari delle operazioni non convenzionali russe nella guerra Russia – Ucraina, febbraio 2022 – febbraio 2023». Alcune delle conclusioni alle quali giungono gli autori del rapporto sono abbastanza interessanti (anche se in parte già ipotizzate da molti mesi fa), le elenco per i lettori che non hanno voglia di leggere l’intero testo:
1) La FSB ha ricevuto l’ordine di prepararsi a un’invasione dell’Ucraina (a giudicare dall’improvvisa espansione del suo personale) già nel luglio 2021.
2) La strategia russa si basava sulla costruzione di una enorme rete di agenti in Ucraina, una rete che la Russia stava preparando da decenni. Al giorno d’oggi Kiev ha già scoperto una parte di questa rete.
3) I servizi segreti russi hanno reclutato molti ucraini influenti, i quali, a loro volta, hanno poi creato delle reti di agenti sotto la propria guida. Si tratta di una tipica strategia descritta nei manuali sovietici. Continuare la lettura di questo post »


Probabilmente avete già letto che ieri l’UE ha incluso la tristemente nota PMC Wagner in un’altra lista delle sanzioni: quella rivolta contro le persone fisiche e giuridiche che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. L’unico motivo per quale ci può interessare tale provvedimento è definizione abbastanza diplomatica fornita dall’UE alla Wagner:

Wagner Group è un’entità militare privata non registrata con sede in Russia, istituita nel 2014 come successore dello Slavonic Corps. È guidata da Dimitriy Utkin ed è finanziata da Yevgeniy Prigozhin. Attraverso la creazione di entità locali e con il sostegno dei governi locali, Wagner Group finanzia e conduce le sue operazioni. Wagner Group ha guidato gli attacchi contro le città ucraine di Soledar e Bakhmut nel gennaio 2023 e partecipa attivamente alla guerra di aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Wagner Group è pertanto responsabile di fornire un sostegno materiale ad azioni che compromettono e minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

Ecco: spero che con una migliore comprensione della partecipazione della Wagner ai crimini di guerra arrivi anche la comprensione del fatto che essa, la Wagner, è in una buona misura finanziata proprio dallo Stato russo: almeno attraverso la fornitura dei materiali bellici. Ma tale comprensione sarà, formalmente, il risultato delle future indagini e processi giudiziari verso i quali è stato fatto un altro piccolo passo.


Le fonti – naturalmente anonime – del Bloomberg sostengono che il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich sarebbe stato arrestato con l’approvazione personale di Vladimir Putin. Le stesse fonti sostengono che l’arresto di Gershkovich «riflette la crescente influenza dei sostenitori della linea dura del Cremlino che spingono per un confronto più profondo con Washington». Gli alti funzionari dei servizi di sicurezza russa avrebbero suggerito l’arresto del giornalista americano.
Io, avendo osservato la politica di Putin degli ultimi quasi due decenni, aggiungerei che la tesi sostenuta dalle fonti del Bloomberg è anche in linea con le evidenti paranoie di Putin: a causa dalla sua malformazione professionale iniziale (dai tempi della KGB), tende a vedere i nemici e le spie un po’ ovunque. E, ovviamente, ricevo la conferma della tesi secondo la quale Gershkovich servirebbe per essere scambiato per qualcuno o per qualcosa: Putin non poteva essere informato in anticipo dell’arrivo di una «merce» così preziosa.


Una scelta anomala

Ieri sera mi è capitato di leggere una delle notizie più anomale riguardanti – in un modo laterale – la guerra in Ucraina: l’azienda Pernod Ricard – il produttore francese di alcolici (vodka Absolut e gin Beefeater) – ha ripreso le forniture dei propri prodotti in Russia. E, soprattutto, ha ripreso di farlo senza nasconderlo ma comunicando ufficialmente il fatto. Ricordo che le forniture erano state interrotte poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina nell’ambito delle numerose «sanzioni aziendali», quando le aziende occidentali avevano deciso, per motivi etici e morali, di non guadagnare più sul mercato russo e non pagare dunque le tasse allo Stato russo. La svedese Kristianstadsbladet ha citato la vicepresidente del marchio Absolut vodka Paula Eriksson: «il gruppo sta fornendo i prodotti sufficienti a proteggere i dipendenti locali e ad assicurare che le organizzazioni locali siano economicamente sostenibili». Eriksson ha inoltre sottolineato che Pernod Ricard sta rispettando le sanzioni imposte dall’UE (non è difficile: la sua azienda non produce i vini pregiati).
Fortunatamente, non sono un esperto di vodka e di gin, quindi non posso dire alcunché sulla qualità di Absolut e di Beefeater. Non mi ricordo nemmeno quanto siano presenti nei negozi italiani. Ma mi ricordo abbastanza bene che almeno la vodka Absolut è stata popolarissima in Russia più o meno dalla metà degli anni ’90, forse anche dal momento in cui era iniziata l’importazione legale degli alcolici occidentali. Di conseguenza, mi sento quasi giustificato a pensare male – come, del resto, sono solito di fare – e presumere che nel corso dell’ultimo anno gli affari di Pernod Ricard stavano andando veramente male. Altrimenti non so come spiegare la scelta di correre gli eventuali rischi reputazionali (e, in futuro, forse non solo) legati al ritorno anziché tentare di vendere il resto delle proprie attività in Russia (come stanno facendo le altre aziende).
Indirettamente viene confermato lo stereotipo del «mercato dei bevitori russo». Allo stesso tempo, viene confermata l’incomprensione del fatto che i consumatori russi hanno iniziato a risparmiare un po’ su tutto, anche sulla qualità.
Però i miei contatti dicono che molte delle persone rimaste in Russia da quasi un anno bevono più di prima, quindi alla Pernod Ricard potrebbe andare anche bene.


Una collaborazione dei pari

Con una certa nostalgia mi ricordo i tempi – che in realtà erano durati più o meno fino alla fine del 2021 – in cui mi capitava spesso di rassicurare i miei amici e conoscenti sulla qualità delle compagnie aeree russe. Il principio generale di quelle rassicurazioni era molto semplice: le compagnie aeree russe utilizzavano degli aerei buoni sulle tratte internazionali e, spesso, dei rottami sulle tratte nazionali. Si trattava di una situazione in un certo senso economicamente logica: sul mercato dei voli internazionali c’è tanta concorrenza, ma si guadagna anche bene (e spesso in valuta estera), quindi conviene prendere in leasing gli aerei nuovi e farli utilizzare ai piloti più preparati.
Ma poi, il 24 febbraio 2022, Putin ha invaso l’Ucraina, sono arrivate le sanzioni contro la Russia, i principali produttori degli aerei hanno smesso di fornire i velivoli, i pezzi di ricambio e l’assistenza alle compagnie russe. Queste ultime, seguendo l’"autorizzazione" di Putin, non hanno restituito gli aerei presi in leasing e hanno iniziato a smontare gli aerei un po’ più datati per poter continuare a riparare (ormai con le proprie forze) quelli un po’ più recenti. E poi non parlo del software e dei sistemi di navigazione che non possono più essere aggiornati… I miei amici e conoscenti europei, però, non dovrebbero preoccuparsi per questo aspetto: le compagnie russe non vanno più verso l’Occidente anche per non farsi sequestrare gli aerei rubati.
Allo stesso tempo, devo in qualche modo continuare ad aggiornare, almeno a volte, i miei lettori sull’argomento: non si sa mai dove e come vi capita di spostarvi… Ebbene, il 5 aprile l’Aeroflot, la più grande compagnia aerea russa, ha per la prima volta inviato un aereo della propria flotta (un Airbus A330-300 con il numero RA-73700) in Iran per la manutenzione. Potrebbe sembrare una scelta tecnicamente sensata, visto che i tecnici iraniani hanno ormai fatto una certa esperienza nel trattare gli aerei nelle condizioni delle sanzioni molto simili, mentre in realtà l’intero settore aereo iraniano è considerato abbastanza poco sicuro proprio perché mancano i pezzi di ricambio originali e le macchine utilizzate sono molto vecchie. Ed è abbastanza impressionante la velocità con la quale la Russia ha iniziato la discesa ai suoi livelli.


Un grandissimo successo

Fino all’altro ieri, la Russia confinava con cinque Stati membri della NATO: Estonia (333,7 km di confine), Lettonia (270,5 km), Lituania (288,4 km), Polonia (236,3 km) e Norvegia (219,1 km). In totale, il confine tra Russia e NATO era di 1348 chilometri.
Ma ieri la Finlandia è finalmente entrata ufficialmente nella NATO, avendo presentato la domanda di adesione contemporaneamente alla Svezia dopo l’attacco della Russia all’Ucraina. Logicamente, aveva deciso di prendere delle precauzioni…
Ecco, noi sappiamo che il confine della Russia con la Finlandia è di 1271,8 km.
Il confine complessivo della Russia con la NATO è ora lungo 2619,8 km. È quasi raddoppiato.
Meno male che Putin voleva far allontanare la NATO dai confini russi, ahahaha


Sono talmente «non dispiaciuto» per il finalmente denazificato Maxim-Vladlen Fomin-Tatarsky, che non sono nemmeno interessato a leggere tutto ciò che riguardi la fine brillante della sua carriera…
N.B.: lo pseudonimo Vladlen Tatarsky è evidentemente stato preso in «onore» del protagonista del grande romanzo «Generation P» di Viktor Pelevin. Mi pare altrettanto evidente che il personaggio ucciso ieri non abbia capito molto delle opere dello scrittore.
Capisco che il modo di liberare il pianeta da questo personaggio sia stato piuttosto rumoroso e pericoloso per la collettività, ma le persone che sono andate all’incontro con il tipo – molte di esse sono rimaste ferite – erano di una certa «mentalità». D’altra parte, se mi avessero chiesto di elencare i principali istigatori e sponsor informativi dell’aggressione militare contro l’Ucraina, non avrei assolutamente menzionato «Tatarsky» (come tutti i «corrispondenti di guerra» pro-Cremlino in generale: non è il formato di informazione che seguo).
Posso solo dire che l’ex minatore, uomo d’affari (mi chiedo ancora in quale campo?) e rapinatore di banche graziato non mi ha interessato se non per un breve riassunto della sua posizione nei confronti di ciò che sta accadendo ora in Ucraina. In tal senso possono aiutare, per esempio, le citazioni più celebri del personaggio raccolte da un noto canale telegram russo:

– Per cominciare, avremmo dovuto effettuare attacchi e bombardamenti senza pietà. Se avessimo seppellito 10.000 soldati ucraini nelle caserme ucraine il primo giorno, sarebbero stati più collaborativi nei negoziati, li avremmo demoralizzati di più.
– Non ci sarà pace! Ricordatelo e smettetela di mettere in imbarazzo la gente. Ci aspetta una lunga ed estenuante guerra, che continuerà fino a quando l’Ucraina non avrà davvero esaurito le persone in età di leva. Tutto ciò che prenderemo e proteggeremo a quel punto diventerà Russia.
– Prendete tutta l’Europa e piegatela a 90! Non siamo solo delle forze astratte dietro di noi, siamo dietro la Russia, con armi nucleari, esercito, mobilitazione.
– Batteremo tutti, perché non abbiamo altre possibilità. Ecco, batteremo tutti, uccideremo tutti, deruberemo tutti quelli che hanno bisogno di essere derubati. Tutto sarà come piace a noi!
– L’unico argomento della propaganda ucraina a cui non sono riuscito a trovare una risposta è stata la politica migratoria russa. Non ho potuto rispondere ai Khokhlya perché stiamo portando qui tutta questa Jamaat. Prometto solo che quando avremo finito con gli ucraini, affronteremo immediatamente la questione.
– Quale persona normale dell’Ucraina, se si trasferisse nella Federazione Russa, vorrebbe imparare la lingua ucraina? E soprattutto: a quale scopo? Per leggere Shevchenko [un noto poeta ucraino del XIX secolo, particolarmente importante per la cultura nazionale] in originale? È ridicolo. Solo gli agenti del GUR e dell’SBU che non sono ancora stati identificati dall’FSB vorrebbero studiare (non per parlare in suržik, ma per studiare la lingua ucraina).

Beh, è tutto chiaro. Chiunque lo abbia fatto saltare in aria, grazie mille.


Evan Gershkovich

Ovviamente avete già letto dell’arresto del giornalista statunitense Evan Gershkovich (da gennaio scriveva per «The Wall Street Journal») a Ekaterinburg. Era in Russia per raccogliere i materiali / le testimonianze su come è vista la compagnia militare «Wagner» dalla popolazione russa. Secondo la FSB, invece, avrebbe «svolto l’attività di spionaggio per conto del Governo statunitense sul funzionamento di una delle fabbriche dell’industria militare russa». L’articolo del Codice panale russo che tratta tale tipo di reato prevede dai 10 ai 20 anni di reclusione.

Non importa se ci crediamo o meno alle accuse (qualcuno ci crede?). Non importa che il «The Wall Street Journal» si è già espresso in difesa del proprio giornalista e che la «Reporters Sans Frontières» ha espresso una «preoccupazione».
Capire i principi basilari è molto più importante di cercare l’interpretazione dei singoli casi appena accaduti. Il principio è: la Russia ha una lunga tradizione di prendere gli ostaggi occidentali per scambiarli con qualche russo più o meno rilevante per lo Stato trattenuto all’estero. La tradizione viene mantenuta viva sempre con lo stesso metodo: arrestare qualcuno con una accusa palesemente esagerata e promettere una condanna a una reclusione lunga (in Russia, in realtà sono quasi tutte lunghe; quella per l’omicidio è una delle più brevi). Di conseguenza, il caso diventa famoso più velocemente e provoca delle pressioni sul Governo dello Stato allo quale appartiene l’arrestato. In un certo senso, vengono sfruttati gli Istituti democratici occidentali (in una situazione meno triste avrei messo uno smile). All’Occidente viene proposta / imposta questa sfida, che ora potete anche chiamare guerra.


Il luogo dello schianto

Per «fortuna» a volte capitano delle occasioni valide per scrivere qualcosa che non riguardi la guerra in corso. Per esempio: ieri l’Archivio di Stato russo per la documentazione scientifica e tecnica (RGANTD) ha pubblicato le fotografie della scena dell’incidente aereo nel quale è morto il primo cosmonauta del mondo, Yuri Gagarin. Si sostiene che le immagini sarebbero state rese pubbliche per la prima volta. Mostrano dei frammenti della fusoliera dell’aereo precipitato.

Yuri Gagarin si è schiantato 55 anni fa, il 27 marzo 1968, quando insieme all’istruttore Vladimir Seregin si stava allenando su un jet MiG-15 UTI. Il loro velivolo era decollato la mattina alle 10:18 dall’aeroporto militare di Chkalovskiy (vicino a Mosca). L’equipaggio avrebbe dovuto eseguire esercitazioni per almeno 20 minuti, ma alle 10:30 Gagarin comunicò alla base la fine della missione e chiese il permesso di tornare all’aerodromo.

Pochi minuti dopo l’aereo si è schiantato vicino al villaggio di Novoselovo, nella regione Vladimir Continuare la lettura di questo post »