L’archivio della rubrica «Russia»

La trasparenza delle urne

Nei giorni delle «elezioni» di Putin per il nuovo mandato presidenziale, anche in Italia alcune persone si sono sorprese per i video dei seggi elettorali, dove i personaggi in uniforme della polizia russa (o in mimetica e passamontagna) entrano nelle cabine di voto e controllano se l’elettore utilizzi correttamente la propria scheda elettorale. Se l’elettore non la usa come vuole lo Stato, i personaggi in uniforme lo estraggono con la forza dalla cabina e procedono con delle misure che intendono adatte alla situazione… È così che la gente è rimasta sorpresa nell’apprendere la nuova interpretazione – da parte dello Stato russo – del concetto di «voto segreto».
Come cambia il livello delle cose per le quali si sorprende la gente! Per esempio, mi ricordo bene che già da alcuni anni diversi miei amici e conoscenti europei, viziati dalla democrazia, mi chiedono: perché in Russia le urne (quelle elettorali) sono trasparenti? Questo, dicono, può violare la segretezza del voto: qualcuno può vedere come è stato espresso il voto di una persona che ha appena buttato la propria scheda elettorale in quella urna! E io, ogni volta, devo spiegare questa «particolarità nazionale» russa in uso a partire dal 2014 e specificare che «ma almeno si vede che non c’è un pacchetto di schede già compilate che per qualche motivo giace lì dalla sera prima».

E ieri sera ho letto che la sorpresa degli europei ha finalmente ricevuto una giustificazione concreta e pratica: il 17 marzo nella città di Bratsk gli agenti di polizia hanno visto uno slogan contro la guerra su una scheda elettorale attraverso la parte di una urna trasparente e hanno arrestato il relativo votante sulla base dell’articolo del codice penale sui «fake». Non so ancora se questo sia un caso isolato, ma ne basterebbe anche uno solo.


Tra colleghi

Alcuni media russi scrivono del messaggio di congratulazioni inviato da Ismail Haniyeh, il leader dell’ala politica di Hamas, a Putin per la vittoria di quest’ultimo alle «elezioni» presidenziali della settimana scorsa. In base al suddetto messaggio, Hamas conterebbe di «rafforzare i legami di amicizia e sviluppare la cooperazione» con la Russia e augura a Putin di «lavorare con successo nell’interesse del popolo russo».
La notizia viene riportata con il riferimento al comunicato pubblicato dalla agenzia statale russa «RIA Novosti» (dunque esperta nella produzione di fake news di vario genere), ma non direttamente al messaggio di congratulazioni stesso nel canale Telegram di Hamas. Io non sono stato in grado di verificare l’effettiva esistenza del messaggio di congratulazioni nel canale bloccato da tempo, e non ho ancora trovato alcun link alternativo. Ma anche supponendo che tutto ciò che viene detto nella notizia sia vero, quella notizia è bellissima. Ero abituato a leggere le cose del genere solo nelle barzellette e testi satirici, ma ora vedo che qualche giornalista-oppositore si è infiltrato in un media statale russo e ha scritto delle congratulazioni fatte da un terrorista all’altro…
Quindi, anche se dovesse trattarsi di una notizia inventata, doveva essere pubblicata comunque.


Il “grande” 87,3%

Secondo i risultati ufficiali delle «elezioni» presidenziali russe, a Putin sono stati attribuiti i 87,28% dei voti espressi, l’affluenza sarebbe stata del 77,4%. Si tratta di un record per la Russia contemporanea: sia in termini di numero di «voti» per il vincitore che di affluenza totale. Inoltre, a Putin sono stati assegnati più voti di quanti ne siano mai stati assegnati a Alexander Lukashenko: Putin si è avvicinato ai record degli autocrati dell’Asia centrale, che di solito ottengono più del 90% dei voti.
C’è qualcosa di significativo in questo risultato «elettorale»? No, assolutamente no. È solo una piccola curiosità storica. I collaboratori di Putin avevano la possibilità di farlo contento con qualsiasi percentuale inventata dal nulla, e lo hanno fatto. Putin è contento, come può essere contento, per esempio, un maratoneta che per la semplice voglia di sentirsi un vincitore di qualcosa si sceglie da solo i concorrenti e i giudici (a meno che non sia tanto pazzo da convincersi che pure quella sia una gara vera).
Noi, invece, abbiamo scoperto solo una cosa: c’è ancora una quantità sufficiente di funzionari statali disposti a falsificare le elezioni a favore di Putin, quindi definibili fedeli a Putin. [Per «falsificare» in questo caso intendo «scrivere i numeri dei risultati senza nemmeno contare le schede».] Allo stesso tempo, non dobbiamo pensare che quei funzionari siano totalmente pazzi: capiscono la i risultati delle «elezioni» da loro inventati non rispecchiano la popolarità di Putin, dunque non dimostrano la sua forza e/o la disponibilità del popolo di difendere il proprio presidente.
Non ci sono altre deduzioni politologiche sensate che si possono trarre da queste elezioni. Anche se i vari commentatori professionali, dovendo in qualche modo giustificare i propri stipendi, nei prossimi giorni produrranno tanti testi e discorsi che, in sostanza, parleranno del nulla…
Io, invece, dovrei commentare anche l’alta affluenza. Ma questo è un argomento diverso da quello appena trattato. Ne scriverò domani (penso) perché non mi piace mischiare insieme troppe cose.


Il colore del voto di protesta

Ieri pomeriggio ho avuto l’ennesima conferma del fatto che spesso do per scontate delle cose che non lo sono per una parte più o meno ampia dei miei lettori. Per esempio: nel video dedicato alle manifestazioni di protesta nei seggi elettorali russi che ho postato ieri si vede una ragazza che versa del liquido verde nell’urna elettorale (non è stata l’unica a farlo, in giro per la Russia si sono verificati alcuni altri episodi dello stesso tipo). Nel pomeriggio di ieri ho capito che tale gesto va spiegato ai miei lettori italiani. Più precisamente, spiego 1) che liquido era e 2) perché è stato scelto proprio quel liquido.

1) Quel liquido è la soluzione acquosa o alcolica dallo 0,05% al 2% di verde diamante ed è utilizzato sul territorio dell’URSS, già da oltre un secolo, come medicinale antisettico (il suo nome popolare è «zelionka»). È indicato per la disinfezione di cicatrici fresche post-operatorie e post-traumatiche, abrasioni e tagli. È uno degli antisettici più attivi e ad azione rapida. In Italia non mi è mai capitato di vedere questo farmaco: non so se qualcuno degli italiani lo conosca, non so nemmeno come tradurre in italiano il suo nome ufficiale…

2) Quel liquido è stato scelto per esprimere il proprio dissenso alla quinta «elezione» di Putin alla Presidenza della Russia assolutamente non a caso. Infatti, nel lontano 2017 il personaggio, ucciso un mese fa, che avrebbe dovuto essere il vero candidato-concorrente al «vincitore» delle «elezioni-2024» era stato aggredito in un modo abbastanza innocente secondo i criteri dei giorni nostri: gli era stata gettata in faccia una grande quantità di quel liquido disinfettante di colore verde. All’epoca tale aggressione aveva provocato solo una piccola lesione a un occhio… Ma oggi quella aggressione viene ricordata al mandante di tutte le aggressioni e, infine, della morte.

Al posto del colore verde avrebbe potuto essere il colore rosso (di un altro liquido che Putin ha sulle mani), ma nel contesto specifico delle elezioni che si svolgono poco dopo la morte del suo oppositore principale il colore verde ha il significato altrettanto forte e chiaro. Almeno per i russi che capiscono il contesto.
Ora, spero, lo capite anche voi.


I risultati provvisori

Le votazioni che devono giustificare la nomina di Putin a un nuovo mandato presidenziale sono ancora in corso (oggi è l’ultimo dei tre giorni), ma oggi posso già postare un video che mostra i primi risultati parziali di quelle votazioni. Cosa succede nei vari seggi in giro per la Russia:

In realtà le manifestazioni sono più numerose, mentre il suddetto video mostra le loro tipologie più diffuse.


La lettura del sabato

Le «elezioni» presidenziali in Russia sono ancora in corso (l’ultimo giorno è domani), quindi è ancora troppo presto per consigliarvi qualche testo serio sull’argomento: aspetterò almeno una settimana e/o la percentuale ufficiale con la quale Putin si rinominerà al suo quinto mandato.
Nel frattempo, vi segnalo un articolo dedicato a una delle conseguenze (oppure è meglio dire continuazioni) della attività presidenziale di Putin: un articolo dedicato ai modi con i quali le autorità russe cercano trasformare i bambini – o, più ampiamente, i minori – ucraini rubati dal territorio ucraino occupato in bambini russi. Anzi, in bambini russi comodi allo Stato russo. Si tratta di decine di migliaia di persone, ma anche se fossero molti meno, i metodi i motivi non sarebbero stati meno gravi. In una certa misura è una lettura particolare o addirittura pesante.


Le “elezioni” di Putin

Molto probabilmente sapete già che oggi in Russia sono iniziate le votazioni per la rinomina di Putin alla carica del Putin della Federazione russa. Per tradizione, tale evento si chiama «elezioni presidenziali»; per la prima volta nella storia russa (se non contiamo il cosiddetto «referendum costituzionale» del 2020) l’evento durerà tre giorni: fino alla domenica 17 marzo compresa.
Ovviamente, potremmo dirci già ora il nome del vincitore, ma non sappiamo ancora quale percentuale dei «voti» gli sarà assegnata. Quest’ultima indecisione si aggrava da almeno tre elementi:
1) non si sa cosa si fara alle schede elettorali nel corso delle due notti tra i giorni di votazione (quelle già utilizzate dagli aventi diritto verranno sostituite o, magicamente, aumenteranno in quantità?);
2) non si sa con quale intensità varrà manipolato il «voto elettronico» (quello via internet: incontrollabile dall’esterno, basato su meccanismi tecnici dubbi e di fatto obbligatorio per molti dipendenti pubblici);
3) sappiamo che questa volta ai seggi fisici – quelli tradizionali – non ci saranno gli osservatori indipendenti.
Di conseguenza, io non sono nemmeno sicuro che qualcuno degli addetti ai lavori vorrà sprecare il tempo e le forze per il conteggio dei voti realmente espressi. Secondo me non è da escludere che alla fine si limitino a scrivere direttamente la percentuale voluta dal (sì: dal) candidato. [E proprio in questo senso le «elezioni» presidenziali russe si differenziano da quelle parlamentari: il partito «Russia Unita» putiniano non può perdere, ma i parlamentari vanno «tenuti in forma» con una certa dose di indecisione sui risultati finali delle elezioni per i vari partiti rimanenti.]
So solo che la propaganda statale russa cercherà di trasmettere le immagini di una grande partecipazione popolare alle elezioni di Putin: per tentare di far credere che il personaggio e la sua politica sono, appunto, sostenuti dalla maggioranza della popolazione. Molto probabilmente tenteranno anche di far passare per il sostegno a Putin pure le immagini della iniziativa della opposizione di presentarsi in massa davanti ai seggi il mezzogiorno del 17 marzo: quella iniziativa che secondo l’idea di Alexey Navalny e di alcuni altri oppositori dovrebbe mostrare – in assenza di altri metodi – la quantità delle persone contrarie alla politica putiniana (secondo me valida almeno in qualità di una terapia psicologica: in ogni lotta è importante non sentirsi soli).
In questi giorni avrò il modo di verificare almeno una parte delle mie considerazioni.


L’aggressione a Leonid Volkov

La sera di ieri, il 12 marzo, Leonid Volkov – uno dei principali collaboratori di Alexey Navalny – è stato aggredito a martellate vicino alla sua abitazione a Vilnius.
Tra parentesi: (alcuni media occidentali definiscono Volkov il collaboratore principale di Navalny. Ebbene, i giornalisti di quei media non sono molto aggiornati: lo era fino ad almeno cinque o sei anni fa. Ma non importa: questo fatto non rende l’aggressione un fatto meno grave).
Il fatto interessante è che in una intervista rilasciata poche ore prima Leonid Volkov, rispondendo alla domanda su quali siano i rischi principali che vede ora per la squadra di Navalny, ha detto: «Il rischio principale ora è che saremo tutti uccisi. Beh, è una cosa abbastanza ovvia».
Lo capisce lui, lo capiscono gli altri, lo dovrebbero capire anche le autorità di diversi Stati…


Le vere indagini

L’altro ieri 43 Stati hanno chiesto alla Russia di condurre un’indagine internazionale indipendente sulla morte di Alexei Navalny. La richiesta è stata pronunciata, a nome di quegli Stati, dalla ambasciatrice dell’UE presso le Nazioni Unite Lotte Knudsen.
In questo momento non ho voglia di indagare se si tratti di una manifestazione collettiva di pura stupidità (ingenuità?) o di una battuta di scarsa qualità fatta in un momento sbagliato (che sarebbe sempre la manifestazione di una intelligenza limitata). Mi limito a dire che io non avrei mai sprecato il tempo della mia unica vita per chiedere le indagini all’unico responsabile del crimine in questione.
Vorrei invece ricordare ai lettori che l’indagine internazionale è già in corso. È stata avviata – senza alcuna richiesta da parte degli Stati o Organizzazioni internazionali – dal noto a molti di voi progetto Billincat. I suoi autori riconoscono la difficoltà estrema della missione, ma, allo stesso tempo, sottolineano che le loro indagini saranno anche in un certo senso facilitate dalle caratteristiche particolari del luogo del delitto. Infatti, la zona del carcere dove è stato ucciso Navalny è molto isolata e poco popolata: proprio per questo qualsiasi raro evento (o anomalia) viene notato dalla popolazione e poi rimane nella memoria senza essere «coperto» da altri numerosi ricordi cronologicamente successivi. Di conseguenza, è tecnicamente possibile avviare da subito un buon ritmo delle indagini.
Sono sicuro che i risultati arriveranno. Ora anche voi sapete da quale fonte aspettarli.


Sicuramente ci sta pensando

Perché scrivere sempre delle cose tristi? Oggi, per esempio, posso scrivere di una cosa allegra e, in una certa misura, filosofica.
Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato ieri di non avere nulla da dire sulle decine di migliaia di persone che si sono recate (e continuano a farlo) sulla tomba di Alexey Navalny. Nonostante questa dichiarazione, possiamo presumere che Putin sia almeno informato almeno in generale su quanto sta accadendo. E se è informato, non può fare a meno di pensare a come si svolgerà, prima o poi, il suo funerale. Verrà la gente? Ma ha paura della folla…. I suoi complici pagheranno (come fanno per tutte le manifestazioni pro-governative) per la presenza di un giusto numero di impiegati pubblici e studenti? Ma non si può comprare un «lutto adeguato»…
In generale, sospetto che in questi giorni Putin abbia realmente pensato alla morte: finalmente aveva una ragione molto concreta per farlo. Pensandoci, ha cominciato a provare una paura non solo fisiologica, ma anche sociale. Ma ha cominciato anche – ne sono abbastanza sicuro – a provare un nuovo tipo di invidia nei confronti di un nemico personale che era (che sorpresa!) veramente amato e rispettato.
Se io fossi un personaggio mediatico famoso, lo aiuterei in queste riflessioni: ricorderei ad ampie fasce della popolazione la grande festa di oggi. Infatti, oggi è il 71-esimo anniversario della data della morte ufficiale di Stalin! È una festa non di liberazione da un grande, ma non ultimo mostro del Cremlino, ma anche una festa di speranza che si trasforma in certezza: morto quello, morirà anche questo. Gli ex complici festeggeranno sul suo cadavere, in parte si eliminano a vicenda, il più politicamente abile farà un discorso di denuncia e accusa… E il Paese inizierà a muoversi – anche se non rapidamente e non senza intoppi – verso una vita migliore.
In generale, per me oggi è una festa (o una delle feste) di liberazione e di speranza.