Ormai è impossibile notare una tendenza che avrei chiamato, se non si fosse verificata nel corso di una vera guerra, con il termine ridicola. In sostanza, l’esercito russo ha preso la moda di vantarsi della conquista dei centri abitati minuscoli. Ricordiamo benissimo il recente esempio del paese Soledar (10.490 abitanti ai tempi della pace) la cui presa è stata spacciata per un enorme successo strategico militare russo. Ora, invece, è arrivato il turno di Krasnaja Gora (5504 abitanti): un paesino nelle vicinanze di Bachmut.
È evidente che in entrambi i casi si sta tentando di mascherare – attraverso la propaganda – l’incapacità di conquistare Bachmut stesso, ma sono dei tentativi che possono funzionare solo con un pubblico molto superficiale. Soprattutto quando notiamo che Krasnaja Gora è stata dichiarata conquistata ben due volte in poche ore: prima da Wagner e poi dalle squadre d’assalto dei volontari con il supporto di fuoco delle truppe missilistiche e dell’artiglieria del Gruppo di forze «Sud». Non penso proprio che i combattenti del Wagner si siano messi a difendere la località appena occupata dall’esercito russo…
Insomma, provate anche voi, se vi ricordate, osservare gli sviluppi di questa tendenza nel parlare dei «successi militari».
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
The Telegraph scrive che i rappresentanti di alto livello dell’industria militare britannica stanno discutendo con i loro colleghi ucraini la possibilità di una produzione congiunta di attrezzature e armi sul territorio ucraino.
Gli esperti militari, logicamente, si dividono tra due opinioni: con la produzione delle armi sul posto l’Ucraina diventa più indipendente dagli aiuti occidentali e risparmia il tempo prezioso, ma, allo stesso tempo, rischia di vedere arrivare i razzi russi proprio sulle (future?) aree industriali in questione (le quali non possono nemmeno essere piccole).
Gli osservatori civili (uno dei quali ha scritto il presente post) si possono invece fare una domanda probabilmente logica. Quale delle due opzioni è più facile e veloce:
a) costruire (o convertire una esistente) fabbrica per la produzione degli armamenti moderni e istruire i suoi futuri operai;
b) produrre le armi laddove li sanno già fare e poi portarli in Ucraina?
In ogni caso, l’industria militare modernizzata sarà abbastanza utile alla Ucraina dopo la vittoria in questa guerra. Per esempio, perché la avvicinerà alla NATO. Ma si tratta dei piani per un futuro per ora indefinito. Purtroppo.
Scegliere il video di questa settimana è stato facilissimo: è quello del discorso del presidente Vladimir Zelensky davanti ai parlamentari dell’UK!
Per fortuna, il Governo inglese è già il più favorevole – tra quelli europei – alla causa di Zelensky. In molti altri Stati dell’Europa occidentale sarà un po’ difficile…
Molto probabilmente ne avete già letto qualcosa o, come minimo, ne avete sentito parlare. Ma non potevo non consigliarvi una lettura importante e interessante: «Kremlin-Linked Group Arranged Payments to European Politicians to Support Russia’s Annexation of Crimea».
Si tratta dei risultati di una inchiesta giornalistica – condotta da OCCRP, IRPI, «Important stories» e Profil – sui pagamenti fatti dallo Stato russo ai politici nazionali e regionali europee per la promozione delle iniziative volte alla cancellazione delle sanzioni europee dovute alla annessione della Crimea. A giudicare dalle somme pagate per le varie azioni, pare che molto spesso le iniziative stesse erano considerate più importanti dei loro risultati finali: probabilmente perché almeno in una fase iniziale si intendeva fornire un po’ di materia prima alla propaganda esterna e interna («guardate: i politici europei discutono dell’abrogazione delle sanzioni!»). Ma questa supposizione non rende i fatti meno importanti, meno gravi e meno interessanti.
E poi, a prendere i soldi sono stati anche alcuni politici italiani: essendo dei corrotti onesti, hanno fatto il possibile per offrire un buon servizio in cambio.
P.S.: concludo con una domanda che c’entra poco con l’argomento, è solo una mia curiosità personale: 15 o 20 mila euro non saranno delle somme un po’ ridicole per la vendita della propria reputazione professionale politica? Dato che si tratta mettere a rischio tutta la propria vita pubblica costruita in chissà quanti anni o decenni… Per uno come me sarebbero delle somme importanti, ma non mi trovo nemmeno in una posizione simile a quella di quei politici.
La società statunitense SpaceX ha limitato l’accesso dell’esercito ucraino alle comunicazioni satellitari Starlink nell’ambito del controllo dei droni. Lo ha dichiarato la presidente dell’azienda Gwynne Shotwell: in base a quanto sostiene, la SpaceX non vuole che la sua tecnologia venga utilizzata per gli scopi offensivi.
È evidente che si tratta di una logica molto forte. Significa che la Starlink permette, molto generosamente, agli ucraini di rispondere al fuoco quando essi vengono massacrati. Quando, invece, gli ucraini stanno per scacciare gli orchi putiniani dal proprio territorio — quindi quelle creature che occupano, torturano, stuprano e uccidono quotidianamente i civili — la Starlink si oppone. Non vorrebbe che gli ucraini liberassero i propri territori occupati dove i civili vengono massacrati. Per qualche motivo la signora Gwynne Shotwell non vuole che gli ucraini si comportino in questo modo: è meglio che stiano in trincea a sparare che magari Putin si stufa a giocare alla guerra e ferma tutto da solo.
Ovviamente, a questo punto non riesco a pensare che pure il CEO della azienda — il quale sicuramente c’entra in qualche modo con la suddetta scelta — stia diventando un personaggio sempre più strano. In un senso nettamente negativo.
Vista l’accoglienza offerta ieri a Vladimir Zelensky a Londra e a Parigi – una nuova visita naturalmente a grande sorpresa – e ricordando quella al Congresso statunitense, inizio a sospettare fortemente una cosa…
Che da qualche altra parte del mondo, nascosto in qualche Continuare la lettura di questo post »
Der Spiegel scrive che il Consiglio federale di sicurezza tedesco ha approvato l’invio di 178 carri armati Leopard 1 all’Ucraina. Sempre secondo l’articolo menzionato, i primi carri armati dovrebbero arrivare d’estate, mentre la maggioranza non prima del 2024 (principalmente perché dovrebbero essere riparati e/o preparati per l’utilizzo).
La notizia è sicuramente positiva. È positiva almeno quanto quella riguardante i Leopard 2 e gli Abrams. Ma, soprattutto, è positiva perché ora sono pronto a fare una scommessa almeno con me stesso: la massa principale dei Leopard 1 arriverà prima del previsto. Lo penso perché secondo gli esperti militari i carri armati sono più vulnerabili durante la fase di trasporto; in più, è abbastanza difficile (per non dire impossibile) trasportarne di nascosto tanti insieme in una volta. Quindi se dici quando arrivano, la Russia inizia ad aspettarli con i missili pronti.
Qualcuno vuole fare una scommessa?
P.S.: poi gli stessi esperti dicono che in guerra i carri armati sono poco utili e ancora meno durature senza il supporto della aviazione. Chi decide sulla fornitura degli armamenti sicuramente lo sa benissimo e prende le decisioni tenendolo in mente.
Ho per caso scoperto che la Polonia ha deciso di installare un sistema di controllo elettronico su una linea di circa duecento chilometri del confine con la regione russa di Kaliningrad. Le guardie di confine polacche sostengono che quel confine sia «tranquillo» e che il sistema di controllo moderno serva solo per poter vedere, indipendentemente dal tempo e dall’ora, se l’attraversamento del confine venga effettuato dagli umani o animali.
La spiegazione ufficiale polacca mi sembra logica, credibile e senza alcun senso nascosto – anche perché la regione russa in questione è una exclave ultimamente difficile da raggiungere per le grandi masse di persone e mezzi –, ma immagino che la notizia in generale possa facilmente essere letta nell’ottica della guerra in corso. Ebbene, vi avviso: se vi capita qualche allarmista (ho visto che esistono dappertutto) che sventola la notizia del confine russo-polacco, non fateci caso. I singoli agenti russi raggiungeranno l’Europa in modi molto meno antiquati, ahahaha
Prima che io mi dimentichi dell’argomento menzionato nel post di sabato, metto in evidenza un altro aspetto scontato della guerra in corso in Ucraina (e non solo di questa guerra): oltre all’esercito ucraino, a combattere contro gli invasori sono i partigiani. I partigiani che, ovviamente, svolgono tutte le attività tipiche al loro «mestiere» non solo sui territori ucraini temporaneamente occupati dall’esercito russo, ma anche sul territorio tradizionalmente russo. Di conseguenza, non è da escludere il loro merito in alcune perdite russe non spiegabili (o non ancora spiegate) in altri modi.
Bene, ora posso comunicarvi di avere scritto quelle righe di banalità solo per segnalarvi l’interessante intervista con alcuni partigiani pubblicata da The Observer. Quando trovate del tempo, leggetela almeno per avere una idea sugli obbiettivi e sulla autovalutazione delle proprie possibilità dei combattenti non ufficiali ucraini.
E, ovviamente, non credete a certi personaggi che vorrebbero appropriarsi dei successi di quelle persone.
Il video domenicale di oggi formalmente è giustificato dal post di venerdì sul «Democracy Index 2022», mentre praticamente riassume alcuni degli argomenti degli ultimi mesi.
Quindi è un prodotto per i lettori molto pigri…