L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Una collaborazione dei pari

Con una certa nostalgia mi ricordo i tempi – che in realtà erano durati più o meno fino alla fine del 2021 – in cui mi capitava spesso di rassicurare i miei amici e conoscenti sulla qualità delle compagnie aeree russe. Il principio generale di quelle rassicurazioni era molto semplice: le compagnie aeree russe utilizzavano degli aerei buoni sulle tratte internazionali e, spesso, dei rottami sulle tratte nazionali. Si trattava di una situazione in un certo senso economicamente logica: sul mercato dei voli internazionali c’è tanta concorrenza, ma si guadagna anche bene (e spesso in valuta estera), quindi conviene prendere in leasing gli aerei nuovi e farli utilizzare ai piloti più preparati.
Ma poi, il 24 febbraio 2022, Putin ha invaso l’Ucraina, sono arrivate le sanzioni contro la Russia, i principali produttori degli aerei hanno smesso di fornire i velivoli, i pezzi di ricambio e l’assistenza alle compagnie russe. Queste ultime, seguendo l’"autorizzazione" di Putin, non hanno restituito gli aerei presi in leasing e hanno iniziato a smontare gli aerei un po’ più datati per poter continuare a riparare (ormai con le proprie forze) quelli un po’ più recenti. E poi non parlo del software e dei sistemi di navigazione che non possono più essere aggiornati… I miei amici e conoscenti europei, però, non dovrebbero preoccuparsi per questo aspetto: le compagnie russe non vanno più verso l’Occidente anche per non farsi sequestrare gli aerei rubati.
Allo stesso tempo, devo in qualche modo continuare ad aggiornare, almeno a volte, i miei lettori sull’argomento: non si sa mai dove e come vi capita di spostarvi… Ebbene, il 5 aprile l’Aeroflot, la più grande compagnia aerea russa, ha per la prima volta inviato un aereo della propria flotta (un Airbus A330-300 con il numero RA-73700) in Iran per la manutenzione. Potrebbe sembrare una scelta tecnicamente sensata, visto che i tecnici iraniani hanno ormai fatto una certa esperienza nel trattare gli aerei nelle condizioni delle sanzioni molto simili, mentre in realtà l’intero settore aereo iraniano è considerato abbastanza poco sicuro proprio perché mancano i pezzi di ricambio originali e le macchine utilizzate sono molto vecchie. Ed è abbastanza impressionante la velocità con la quale la Russia ha iniziato la discesa ai suoi livelli.


Molto probabilmente lo sapevate già, ma io ve lo ricordo comunque proprio oggi per non farvi sentire sprecare una quantità straordinaria delle giornate libere…
Vi ricordo che The Wall Street Journal ha impostato l’accesso libero a tutte le pubblicazioni di Evan Hershkowitz, il suo corrispondente a Mosca arrestato in Russia il 29 marzo con l’accusa di spionaggio. Quindi ora anche le persone non abbonate o non aventi l’accesso a un pacchetto aziendale (ehehe) possono andare a scoprire in prima persona cosa e come scriveva Hershkowitz.
Non so se voi ve ne accorgerete dalla sola lettura dei testi, ma i giornalisti russi che conoscevano personalmente Hershkowitz testimoniano il suo grande interesse ed entusiasmo per lo studio e la descrizione di tutto ciò che riguarda la Russia contemporanea. Assieme alla fama del giornale e alle esperienze passate dell’autore, già questo aspetto garantisce un certo livello qualitativo degli articoli.
Non posso non aggiungere, infine, che l’accesso di Evan Hershkowitz alla libertà è ancora più importante e sperata dell’accesso libero ai suoi articoli.


L’Ucraina e la NATO

Il Financial Times scrive che gli USA, la Germania e l’Ungheria si sono opposti alla offerta all’Ucraina di una tabella di marcia per l’adesione alla NATO durante il vertice estivo dell’Alleanza.
La presenza degli USA nella lista degli Stati contrari non mi stupisce più o meno quanto non mi stupisce la presenza della Ungheria nella stessa lista. Infatti, da oltre un anno rimane attiva l’idea di evitare lo scontro diretto con la Russia che potrebbe finire con l’uso del «tasto nucleare» da parte di sapete chi. La cosa più importante da capire, invece, è l’utilità diplomatica della suddetta contrarietà: l’Ucraina ha ora una possibilità in più di chiedere una alternativa di valore simile alla adesione alla NATO.
Quella alternativa è la fornitura delle armi e delle munizioni: una cosa decisamente più urgente e importante del lungo processo della adesione.
Di conseguenza, i sostenitori della guerra putiniana non hanno dei motivi per festeggiare.
Come noi non abbiamo dei motivi per arrabbiarci con gli USA, la Germania e l’Ungheria.


Le nuove armi dell’esercito russo

Ho pensato che scrivere, a volte, delle sfortune dei sostenitori attivi della guerra in Ucraina potrebbe essere una cosa quasi divertente. E allora oggi provo a continuare, ma con un esempio meno sanguinoso di quello di ieri.
Il sostenitore della «missione Z» Mikhail Luchin (a sinistra sulla foto) ha raccolto 25.000 dollari statunitensi per l’acquisto di droni da donare all’esercito russo…

Ma gli hacker ucraini sono entrati nel suo account su AliExpress e hanno Continuare la lettura di questo post »


Un grandissimo successo

Fino all’altro ieri, la Russia confinava con cinque Stati membri della NATO: Estonia (333,7 km di confine), Lettonia (270,5 km), Lituania (288,4 km), Polonia (236,3 km) e Norvegia (219,1 km). In totale, il confine tra Russia e NATO era di 1348 chilometri.
Ma ieri la Finlandia è finalmente entrata ufficialmente nella NATO, avendo presentato la domanda di adesione contemporaneamente alla Svezia dopo l’attacco della Russia all’Ucraina. Logicamente, aveva deciso di prendere delle precauzioni…
Ecco, noi sappiamo che il confine della Russia con la Finlandia è di 1271,8 km.
Il confine complessivo della Russia con la NATO è ora lungo 2619,8 km. È quasi raddoppiato.
Meno male che Putin voleva far allontanare la NATO dai confini russi, ahahaha


Come sicuramente vi ricordate, il 17 marzo è stato emesso il mandato di arresto di Putin da parte della Corte Penale Internazionale. Dopo oltre due settimane noi potremmo già fare una piccola collezione delle reazioni ufficiali di vari Stati del mondo a tale evento. Per esempio, alla fine della settimana scorsa Hakob Arshakyan, il vicepresidente del parlamento armeno, ha dichiarato che le autorità del Paese non arresteranno il presidente russo Vladimir Putin in base al mandato della Corte penale internazionale se egli dovesse visitare il Armenia. Mentre il 23 marzo una dichiarazione analoga era stata fatta da Viktor Orban.
In entrambi i casi citati si tratta di Stati che hanno ancora una certa dipendenza dalla Russia: l’Armenia dipende in termini della sicurezza nei suoi rapporti con l’Azerbaijan, mentre l’Ungheria ha ancora bisogno delle fonti di energia russe. Ma più in generale si può constatare che allo stato attuale delle cose il mandato di arresto causa i problemi principali non a Putin (che da oltre dieci anni viaggia poco all’estero) e non agli Stati che dipendono dalla sua politica (non viene vietato dipendere), ma agli Stati che in qualche modo cercano di mantenere la neutralità. Infatti, proprio quegli Stati devono ora decidere, ogni volta, se ospitare Putin sul proprio territorio nell’occasione di qualche incontro o summit (andando incontro alle pressioni e domande scomode) oppure trovare un modo diplomatico di invitare Putin a non visitare il loro territorio (una situazione moralmente fastidiosa per entrambi le parti).
Possiamo dunque costatare che il mandato di arresto, prima ancora di essere eseguito, provoca già un effetto collaterale: restringe il campo di azione internazionale di Putin. Qualche Stato rivaluterà l’opportunità di essere neutrale nei suoi confronti, mentre Putin si sentirà ancora più isolato. Da sole queste due cose non basterebbero per fare finire la guerra, ma in qualche modo contribuiscono.
Spero.


World Press Photo: le foto del 2022

All’inizio della settimana la giuria del World Press Photo – uno dei concorsi fotografici più prestigiosi al mondo – ha rivelato i nomi di alcuni dei vincitori per l’anno 2022.
Così, per esempio, nella categoria «Europa» (i vincitori, tra l’altro, sono selezionati per regione), il premio per la migliore serie di foto è stato attribuito al fotografo ucraino Yevhen Maloletka dell’Associated Press. La serie è stata scatta durante i combattimenti per la città di Mariupol.

[6 marzo 2022, Yevhen Maloletka – alcuni civili nascosti in un rifugio antimissilistico a Mariupol]

[11 marzo 2022, Yevhen Maloletka – Serhiy Kralia, ferito durante i bombardamenti, in ospedale a Mariupol]
Nella categoria «Istantanea» della categoria «Europa» è stata premiata Continuare la lettura di questo post »


La carenza delle munizioni

L’altro ieri Vladimir Zelensky ha segnalato che l’Ucraina non può iniziare la controffensiva «primaverile» a causa della carenza delle munizioni. Si tratta sicuramente di una situazione non positiva, ma meno tragica di quanto possa sembrare a prima vista.
Infatti, non so in quanti si siano accorti del fatto che la tanto temuta e discussa qualche mese fa offensiva «invernale» russa non ha avuto luogo: anche se l’inverno è già finito da un po’ in base a tutte le modalità di determinare, appunto, la sua fine. Non si è verificata per dei motivi molto simili: alla Russia mancano le munizioni (ma pure le armi moderne e le capacità logistiche). Di conseguenza, non è assolutamente detto che la non-controffensiva ucraina lasci per forza spazio alla offensiva russa: entrambe le parti hanno pochi strumenti per andare avanti.
Allo stesso tempo dobbiamo ricordare due cose:
1) la guerra in corso può finire solo con la sconfitta della Russia putiniana (tutte le alternative saranno solo delle pause che favoriranno il riarmo dell’esercito russo);
2) la situazione di stallo sul fronte è in un certo senso in linea con la nuova visione della politica del ricercato Putin (dai suoi discorsi pubblici sembra che sia pronto a vivere nelle condizioni della guerra eterna), ma potrebbe anche portarlo alle scelte un po’ estreme.
Boh, vediamo…


L’uranio alla putiniana

Tra tutte le materie scolastiche che mi è capitato di affrontare ai tempi debiti, la mia «meno amata» era la chimica (N.B.: non considero l’educazione fisica una materia scolastica, ero riuscito a liberarmene in un modo poco legale ma efficace, spero che venga abrogata presto in tutto il mondo). Ma, nonostante tutto, in certe occasioni pure a me vengono dei forti dubbi circa la preparazione di alcuni personaggi anche in chimica (avranno comprato il loro diploma scolastico?). Per esempio…
Ieri  il noto ricercato internazionale  Vladimir Putin ha dichiarato che l’Occidente sta iniziando a fornire alla Ucraina delle munizioni all’uranio impoverito, definendole «armi con una componente nucleare». Evidentemente, questo analfabeta chimico non sa di cosa sta parlando. Vale anche per i suoi eventuali assistenti che gli preparano i discorsi pubblici.
L’uranio è un metallo bianco-argenteo con numero atomico 92. Non si tratta di una magia, stregoneria o delle componenti nucleari. Quel metallo, per la sua natura, è poco radioattivo. L’uranio si distingue per una densità elevata, superiore due volte e mezzo a quella del ferro. Proprio per questo esso viene utilizzato per i proiettili perforanti. Proprio per questo gli americani aggiungono l’uranio impoverito alla corazza dei loro carri armati. Non per danneggiare gli equipaggi dei propri carri armati, ma per proteggerli.
Un normalissimo Boeing 747 può contenere diverse centinaia di chilogrammi di uranio impoverito, utilizzato come peso di bilanciamento. Può anche trovarsi nella chiglia di un aliante o nelle protezioni per i raggi X. Etc. etc..
Non mi dispiace assolutamente che Putin sia un ignorante: grazie a tale sua caratteristica perderà un po’ prima del normale. Mi dispiace che sia ascoltato – anche in Europa – dalle persone che non verificano ciò che sentono.


I sosia impossibili

La notte tra il 18 e il 19 marzo il neo-ricercato Putin avrebbe visitato Marupol: la città che l’esercito russo ha distrutto prima di annettere. Si è trattato di una visita stranissima: un giorno prima dell’importante incontro con Xi Jinping avrebbe deciso di fare per la prima volta un giro in una località vicinissima al fronte. Sarebbe andato con pochissimi uomini scorta, avrebbe guidato in prima persona in mezzo a un traffico «normale», avrebbe trovato un tavolo apparecchiato durante una visita notturna a sorpresa in una abitazione privata, avrebbe stretto la mano a delle persone sconosciute (anche se solitamente fa stare in quarantena e/o a una buona distanza anche quelle conosciute) etc. etc.
Di conseguenza, oltre a scandalizzarsi per il solo fatto della visita, qualcuno tra i commentatori russi ha rireso il discorso sulla esistenza di almeno un sosia di Putin…
In realtà Russia (e non solo) si dice spesso e già da molto tempo che Vladimir Putin abbia almeno un sosia (o forse più di uno) che lo sostituisce in varie occasioni pubbliche.
Una cosa del genere si diceva, anni fa, anche di Iosif Stalin, il quale avrebbe lasciato un proprio «sostituto» a Mosca quasi assediata durante gli anni peggiori della Seconda guerra mondiale.
A mio autorevolissimo parere, le voci del genere non sembrano tanto realistiche (anche se ultimamente inizio ad avere qualche dubbio pure io). Le persone paranoiche non possono avere dei sosia.
Un sosia del Capo dello Stato è ideale per i cospiratori: permette di eliminare silenziosamente l’originale, di piazzare il sosia al suo posto e di governare mascherandosi con la figura obbediente di quest’ultimo.
Le voci sulla esistenza di un sosia sono ideali per i servizi segreti: permettono di definire come inutile la sola idea di ogni ipotetico attentato alla vita dell’originale. «Non sparate, non abbattete l’aereo, non lanciate le bombe contro l’auto perché al massimo uccidereste il sosia».
La comprensione della inesistenza del sosia conviene a noi perché ci aiuta a non intasare la testa con delle informazioni inutili.