L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Da non ripetere

Dopo quanto è successo al Louvre, posso svelare un semplicissimo «trucco» che avevo scoperto ancora ai tempi studenteschi…

Per portare un qualsiasi oggetto fuori da un qualsiasi luogo di cultura (museo, biblioteca etc.), non è necessario staccare l’allarme, rovinare la segnaletica antitaccheggio, sparare le guardie o indossare un cappello invisibile. Basta prendere l’oggetto e metterlo fuori dalla finestra: per qualche stranissimo motivo tutti i sistemi di sicurezza sono progettati solo contro i ladri onesti / sfigati che utilizzano per i loro spostamenti esclusivamente le porte. Non so perché, ma è così: la sicurezza è sempre progettata dalla gente estremamente ingenua.
Ovviamente, non ho mai utilizzato questo trucco (ma solo testato per scopi teorici, riportando poi l’oggetto al suo posto).
Ovviamente, non vi invito a utilizzare questo trucco.
Ovviamente, invito tutti gli addetti alla sicurezza a tenerne conto.


La lettura del sabato

Su «Important stories» è uscito un interessante articolo su come la guerra militare speciale in Ucraina «curi» la mente dei personaggi che hanno volontariamente firmato un contratto con il Ministero della «Difesa» russo e sono andati a combattere. E su come, una volta «guariti», disertano dal fronte, a volte anche due volte.
L’articolo è interessante non solo come parte della cronaca di questa guerra cretina, ma anche perché mostra che l’espressione «meglio tardi che mai» a volte assume forme realmente estreme.


I rapporti speciali tra due Stati

Ieri il presidente ad interim della Siria Ahmed al-Sharaa è arrivato a Mosca – per la prima volta da quando è salito al potere – ed è stato accolto al Cremlino da Putin. Nel corso dell’incontro Putin, tra le altre cose, ha dichiarato:
Nel corso di molti decenni si sono instaurati rapporti speciali tra i nostri Paesi.
Le fonti della Reuters, da parte loro, hanno precedentemente riferito che il presidente siriano intende chiedere, durante l’incontro, l’estradizione dell’ex leader della repubblica Bashar al-Assad che ora si nasconde a Mosca.
In effetti, per oltre dieci anni quei rapporti speciali tra i due Stati sono consistiti anche nella partecipazione dell’esercito russo nella guerra interna siriana: dalla parte di Bashar al-Assad e contro le forze che ora Ahmed al-Sharaa rappresenta. Ora Putin potrebbe anche tentare di instaurare un rapporto speciale con il nuovo Presidente siriano, ma questo non significa che intende interrompere il rapporto speciale con il Presidente vecchio. Finché Bashar al-Assad ha abbastanza risorse finanziarie per convincere Putin di non consegnarlo alla Siria attuale, sarà al sicuro. E potrà sperare che qualcuno dei due personaggi che si sono incontrati ieri a Mosca finisca prima dei suoi soldi.
Condivido le sue speranze per almeno il 50%.


Il materiale cinese in guerra

The Washington Post, citando i dati delle dogane cinesi, scrive che durante l’estate del 2025 le forniture alla Russia di cavi in fibra ottica e batterie agli ioni di litio, nonché di altri componenti per l’assemblaggio di droni provenienti dalla Cina, sono aumentate notevolmente. Così, per esempio, i volumi delle forniture di cavi in fibra ottica hanno raggiunto livelli record prima a maggio (la lunghezza totale dei cavi era di circa 191 mila chilometri), poi a giugno (circa 209 mila chilometri) e ad agosto questa cifra è salita a 528 mila chilometri. In Ucraina, invece, secondo gli ultimi dati disponibili, ad agosto sono stati venduti solo 116 chilometri di cavi.
Un lettore poco attento potrebbe chiedersi se la Cina non ha paura delle sanzioni internazionali per il proprio contributo alla aggressione militare o, almeno, della scontentezza ancora più forte di Trump. In realtà, però, non è una domanda da fare. In primo luogo, perché è abbastanza inutile temere Trump: introduce e disdice le sue famose «tariffe» senza una particolare logica e indipendentemente dal comportamento dello Stato colpito. In secondo luogo, a fornire il suddetto materiale alla Russia sicuramente sono delle aziende finte: aperte appositamente per l’occasione e facilmente sostituibili in qualsiasi momento da altre aziende altrettanto finte. Quindi la Cina, per ora, ragionevolmente (purtroppo) non vede alcun motivo a non guadagnare qualcosa pure la guerra di Putin in Ucraina.


I Tomahawk nella loro direzione

Da quanto ho capito, ieri Trump ha effettivamente dichiarato che potrebbe ricorrere non alla fornitura, ma semplicemente alla minaccia di fornire missili a lungo raggio Tomahawk alla Ucraina, per esercitare pressione su Putin e porre fine alla guerra. Ed è proprio il contenuto di questa minaccia il primo motivo per cui va presa un po’ più sul serio rispetto alle solite dichiarazioni di Trump. Sembra che non stia promettendo i missili stessi, quindi non ha senso discutere se li darà o meno alla Ucraina.
Il secondo motivo per non ridere «automaticamente» della nuova dichiarazione di Trump è quello psicologico. Sembra che ieri, per la prima volta nel corso del suo secondo mandato presidenziale, abbia visto di poter contribuire realmente alla risoluzione di una questione. E ora crederà ancora di più nelle proprie forze, affronterà con una nuova carica nuovi compiti, deciderà di fare pressione su qualcun altro in particolare. Come se qualcuno di noi non fosse mai stato motivato dai propri successi…
Insomma, c’è comunque una speranza, anche se molto debole.


La risoluzione sui droni russi

Ieri il Parlamento europeo ha invitato – con una risoluzione, quindi in via informale – i Paesi-membri dell’UE ad abbattere le minacce aeree che violano illegalmente i loro confini. Con quella espressione abbastanza particolare si intendono prima di tutto i droni russi che volano in un modo provocatoria sopra l’Europa.
Significa che ormai non solo la Presidente, ma pure il Parlamento si è avvicinato notevolmente alla comprensione del fatto di essere in guerra, che quella guerra è contro l’Europa. Ma è stato necessario vedere appena qualcosa con i propri occhi.
Ma ora aumenta il rischio di vedere realizzarsi proprio quello che Putin voleva ottenere con l’invio dei droni: gli Stati europei nei cieli dei quali arrivano i droni russi chiederanno più fondi e più materiale bellico (difesa antiaerea) per difendersi: quei fondi che altrimenti sarebbero andati alla Ucraina che sta combattendo, da sola per tutti, sul campo. Mentre la triste realtà consiste nel fatto che non si tratta di una scelta o di un compromesso: bisogna fare entrambe le cose.


Una illuminazione di von der Leyen

Intervenendo ieri al Parlamento europeo a Strasburgo, Ursula von der Leyen ha dichiarato che i recenti incidenti con i droni e le violazioni dello spazio aereo dell’UE dimostrano che l’Europa sta affrontando una guerra ibrida condotta dalla Russia:

It is a coherent and escalating campaign to unsettle our citizens, test our resolve, divide our Union, and weaken our support for Ukraine. And it is time to call it by its name. This is hybrid warfare.

In realtà, la guerra ibrida non consiste solo in quello: comprende anche alcuni elementi che si sono manifestati molto prima dei droni sopra l’Europa. Ma noi dobbiamo riconoscere comunque un notevole progresso: dopo quasi quattro anni di guerra in corso, è finalmente arrivata la consapevolezza della guerra ibrida! Facciamo un applauso e ricominciamo a sperare in meglio con ancora più intensità.


Ieri si è tenuta una riunione del «Formato di Mosca» per le consultazioni relative all’Afghanistan, alla quale hanno partecipato rappresentanti speciali di Afghanistan, India, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Bielorussia. Non riesco a immaginare su cosa, perché e con quali risultati possa essersi consultata una tale compagnia. Capisco perché lo faccia l’attuale governo russo (per dare l’impressione di una attività diplomatica internazionale che coinvolge anche lo Stato russo), ma il resto in realtà non ha importanza.
È interessante la dichiarazione di Sergey Lavrov fatta durante quella riunione:

Rendiamo merito a Kabul per il fatto che, in condizioni di forte pressione esterna e con un bilancio statale relativamente modesto, riesce a combattere in modo abbastanza efficace i gruppi terroristici, in primo luogo la divisione afghana del gruppo «Stato Islamico».

Comincio a pensare che «al Cremlino» abbiano finalmente assunto qualcuno responsabile della filosofia e dell’ideologia di Stato. E questo qualcuno sa (finalmente!) essere coerente nel contenuto delle sue perle originali. Le autorità russe hanno iniziato una guerra per prevenire una guerra. E i talebani combattono i gruppi terroristici, pure con successo. C’era anche qualcos’altro del genere, ma al momento non riesco a ricordarlo.
E le persone malvagie, incapaci di immaginare lo sviluppo della filosofia russa contemporanea, dicono semplicemente che è il senso dell’umorismo di Lavrov che è mutato.


Migliaia di cubani

L’agenzia Reuters, dopo aver esaminato un telegramma interno del Dipartimento di Stato americano del 2 ottobre di quest’anno, ha scritto che le autorità statunitensi hanno incaricato i propri diplomatici di esortare gli alleati a votare contro la risoluzione dell’ONU che chiede la revoca dell’embargo contro Cuba, utilizzando come argomento il fatto che migliaia di cubani stanno combattendo tra le fila dell’esercito della Russia nella guerra contro l’Ucraina. Tuttavia, il Dipartimento di Stato si è rifiutato di fornire a Reuters dettagli sui mercenari cubani in Ucraina.
Si può dire molto sulla qualità dei dati e sul modo in cui vengono utilizzati dall’amministrazione Trump: spesso anche in termini giustamente negativi. Ma anche senza avere accesso alle statistiche ufficiali, è facile credere alla versione secondo cui un grande numero di cubani sta combattendo a fianco della Russia: vengono da un Paese molto povero e senza prospettive, il che significa che è molto facile attirarli con la promessa di guadagni elevati (secondo i loro criteri) anche in una guerra reale in un Paese lontano e freddo. Allo stesso modo, come ricorderete, centinaia di persone provenienti dall’India, dall’Africa e da altri luoghi sono già state attirate in guerra negli ultimi anni.
Eppure: la logica è una cosa buona, ma sarebbe bello avere dati un po’ più dettagliati e verificabili. Infatti, sulla base di questi dati si dovranno formulare accuse e scrivere la storia.


Sembra un buon fallimento

Trump ha dichiarato che la proposta di Putin di continuare ad attenersi alle restrizioni previste dal trattato sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (START III), che scadrà il 5 febbraio 2026, «sembra una buona idea».
Sicuramente vi ricordate che lo START III è un accordo tra Russia e Stati Uniti sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive, firmato dai presidenti Dmitry Medvedev e Barack Obama nel 2010. L’accordo limita il numero di testate nucleari di ciascuna parte a 1550 e il numero di missili balistici intercontinentali, missili balistici su sottomarini e bombardieri pesanti a 700. Nel 2021 Putin e Biden avevano concordato di prorogare l’accordo per altri cinque anni.
Sicuramente potete immaginare anche quale schema sembra «una buona idea» a Putin: non prorogare l’accordo; proporre a Trump di rispettare l’accordo non prorogato; fare di nascosto quello che si vuole; ridere di Trump che sta rispettando da solo l’accordo non prorogato. Non sono sicuro al 100% che andrà così, ma sarebbe il comportamento tipico di Putin.
Mentre la dichiarazione «sembra una buona idea» di Trump è l’ennesima manifestazione del vecchissimo problema dell’Occidente nei rapporti con Putin: credere a quello che dice. Forse Trump è uno degli ultimi a non averlo ancora capito.