L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Un commune imputato

Pensavo che lo avessero già fatto tempo fa, mentre in realtà è successo solo oggi. La Rada, il Parlamento ucraino, ha privato Viktor Yanukovich del titolo di Presidente. La motivazione: la sua fuga in Russia nel febbraio del 2014 avrebbe potuto mettere a rischio la governabilità dello Stato e ha comportato una massiccia violazione dei diritti dei cittadini. Su 450 parlamentari 281 hanno votato a favore del provvedimento, 1 è stato contrario e 30 si sono astenuti. Il provvedimento è passato alla seconda votazione (mentre alla prima era stato appoggiato da soli 180 parlamentari).

Secondo la Costituzione ucraina, il titolo Presidente viene mantenuto a vita (un po’ come nella tradizione americana), con l’eccezione dei casi in cui il Capo dello Stato ne fosse stato privato con una procedura di impeachment. Yanukovich, dunque, è privato di tutti i previlegi relativi al titolo presidenziale. Potrà quindi essere penalmente perseguito con più facilità per tutti i crimini di cui è accusato.

Umanamente posso capire la rabbia degli ucraini nei confronti dell’ex Presidente, ma non mi piace questa nuova tradizione politica che sta dilagando in tutto il mondo. Non mi piace la tradizione di massacrare giuridicamente ogni politico che lascia il proprio incarico di alto livello (quindi tutti i Capi di Stato, di Governo e di ministeri). Quanti politici seri vorranno dirigere i propri Stati se ormai l’unico riconoscimento possibile è il carcere?


Ancora un dato

Un americano tipo nel corso della propria vita si trasferisce da una città all’altra mediamente 11,7 volte:

Mi sembra un modo di vivere da preferire a quello italiano. La maggior parte degli italiani che mi è capitato di conoscere, infatti, è anche disposta a condurre una vita infinitamente miserabile pur di rimanere nella propria città/paese di strafottuta provincia grigia e inutile.

Le conseguenze si vedono: si continua a lamentare della crisi, di coltivare il «made in Italy» fermo ancora ai livelli degli anni ’80, di vedere qualsiasi cambiamento (istituzionale, economico, sociale) come un attentato alle sacrosante tradizioni, etc.


Alcuni dati sul terrorismo

Ho trovato delle statistiche interessanti sugli attacchi terroristici in Occidente. Cominciamo dell’UE, dove meno del 2% degli attentati è stato l’opera degli islamisti.

Nel 2013 sono stati compiuti 152 attacchi, 2 dei quali dagli islamisti.
Nel 2012 sono stati compiuti 219 attacchi, 6 dei quali dagli islamisti.
Nel 2011 sono stati compiuti 174 attacchi, 0 dei quali dagli islamisti.
Nel 2010 sono stati compiuti 249 attacchi, 3 dei quali dagli islamisti.
Nel 2009 sono stati compiuti 294 attacchi, 1 dei quali dagli islamisti. (fonte)

La stragrande maggioranza degli attentati in UE è stata compiuta dalle varie organizzazioni separatiste: il 55,3% (84/152) nel 2013 e il 76% (165/219) nel 2012.

I terroristi cristiani sono molto più attivi. Circa 1/5 degli ospedali europei all’interno dei quali vengono praticati gli aborti è stata colpita dai fanatici religiosi. Dal 1977 al 2010 si sono verificati, in questo ambito, 8 omicidi, 17 tentati omicidi, 42 esplosioni, 181 incendi dolosi e migliaia di altri tipi di attacchi. (fonte)

Secondo i dati del FBI, dal 1988 al 2005 negli Stati Uniti circa il 6% di tutti gli attentati è stato compiuto dagli islamisti, il 42% dai latino-americani e il 24% dai gruppi sinistrosi. (fonte)

Con il presente post, ovviamente, non voglio giustificare alcun tipo (o origine ideologica) del terrorismo né tantomeno negare la necessità di prevenire la diffusione di quello islamico.


La ricetta greca

Un breve riassunto del programma elettorale di Syriza:

– non paghiamo i debiti all’UE,
– nazionalizziamo le banche e facciamo una super tassa sui ricchi (perché vogliamo attirare gli investimenti),
– aumentiamo gli stipendi e le pensioni (la BCE ci deve dare i soldi necessari),
– sanità e istruzione gratis per tutti (la BCE ci deve dare i soldi necessari),
– insomma, facciamo la bella vita che c’era prima del default,
– e dopo tutto questo aspettiamo che l’economia si riprenda.

E ora raccontatemi pure quanto è stronza la Merkel. E che voi siete tanto buoni da voler continuare a sostenere la brava gente greca.


Il Re è morto, viva il petrolio

Gli «analisti», gli «esperti», i rappresentanti del Regno e gli scienziati britannici possono dire quel che vogliono, ma la morte del Re di Arabia Saudita Abd Allāh bin ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd potrebbe diventare la notizia economica più importante del mese (e forse più). Nonostante le continuità e regolarità nel cambio della persona al potere tipiche di una monarchia, le decisioni sulla estrazione (e quindi sul prezzo) del petrolio potrebbero cambiare nelle prossime settimane.

Buona fortuna a tutti noi.


Che marchio…

Di fatto, Joachim Roncin, l’autore dello slogan «Je suis Charlie», vorrebbe registrare la frase come un marchio. Questo, secondo egli, permetterebbe di evitare il suo uso improprio e, in particolare, lo sfruttamento commerciale. Pare che solo in Francia oltre 50 persone abbiano già tentato di depositare tale marchio presso l’INPI (Istituto Nazionale della Proprietà Industriale): tutti respinti a causa dell’uso ormai diffuso della frase.

Ma supponiamo che il signor Roncin riesca a registrare la sua «opera». Sapete cosa otterrà? Farà un solo bel regalo ai cinesi. Chi non ci crede, si faccia un breve giro su eBay: tutti quei prodotti con la relativa frase semplicemente cambieranno il Paese d’origine. E magari costeranno meno.

Io consiglio sempre di pensarci dieci volte prima di tentare di difendere legalmente una «invenzione» di tale semplicità. A meno che non si voglia guadagnarci su a tutti i costi.


Un brutto sbaglio polacco

Come alcuni si ricordano, il 27 gennaio 2015 sarà il 70simo anniversario della liberazione di Auschwitz, uno dei più grandi tra i migliaia esistenti e il più conosciuto oggi campo di concentramento nazista. Anche per quest’anno è quindi prevista una importante cerimonia commemorativa. Ieri pomeriggio ho appreso una notizia non tanto bella a riguardo.

In sostanza, il governo polacco, essendo particolarmente critico nei confronti dell’atteggiamento russo in Ucraina, ha cercato di fare tutto il possibile per non inviare un invito ufficiale a Vladimir Putin. Di conseguenza, ha delegato il compito di invitare i vari Capi di Stato e di Governo alla amministrazione del museo di Auschwitz. Il presidente russo, da parte sua, essendo da sempre particolarmente sensibile al riconoscimento internazionale della sua figura politica (per lui è molto più importante dei successi interni), si offeso. Quindi ha fatto sapere, tramite il suo portavoce, la propria intenzione di non andare ad Auschwitz il 27 gennaio. Il piano del governo polacco è quindi realizzato perfettamente. La Russia sarà rappresentata solo dall’ambasciatore Serghej Andreev.

Ecco, in questo specifico caso io mi posso definire deluso. Ritengo che la posizione polacca sia sbagliata per due motivi. In primo luogo, una buona parte dei detenuti di Auschwitz proveniva dall’ex URSS e pure la sua liberazione è l’opera dell’esercito sovietico. In secondo luogo, sarebbe stato intelligente dal punto di vista «pedagogico» invitare Putin a un avvenimento che in un certo modo ricorda l’affermazione di quell’ordine mondiale (nato con la fine della Seconda guerra mondiale) che proprio Putin sta cercando di distruggere con l’intervento in Ucraina.

Insomma, la scelta del governo polacco è sbagliata dal punto di vista morale e pure quello politico.

P.S.: invece con lo sbarco in Normandia la Russia c’entra ben poco (al massimo ricordiamo le ripetute richieste di Stalin di aprire «il secondo fronte»), eppure Putin era stato invitato.


Ils sont Chalie

Della manifestazione parigina di ieri mi sono particolarmente piaciute due cose, ora vorrei condividerle con voi.

In primo luogo, dopo una lunga pausa piena di manifestazioni stupidissime le FEMEN hanno finalmente fatto una esibizione bella: con i kalashnikov-matite ed i cartelli «Charlie Akbar»:

Foto di Rustem Adagamov

In secondo luogo, la presenza contemporanea allo stesso corteo di Netanyahu e di Mahmoud Abbas. E’ una buona occasione per sperare che non solo il popolo francese possa mostrarsi più unito in seguito ad un avvenimento tragico.

Non so se Bernard Kouchner abbia avuto il coraggio di presentarsi: Continuare la lettura di questo post »


L’evoluzione di Hebdo

Ieri ho già scritto dell’attacco alla redazione di «Charlie Hebdo». E poi sono andato a informarmi un po’ sulla storia di quella rivista.

La rivista era stata fondata nel 1960 con il nome «Hara Kiri» e fino al 1969 era un mensile. Secondo lo slogan presente sul logo, era una rivista «stupida e cattiva». Effettivamente, all’epoca era leggermente stupida, tanto da essere simpatica…

… e tanto cattiva da meritare Continuare la lettura di questo post »


Charlie Hebdo

I terroristi che hanno sparato e ucciso, ieri mattina a Parigi, mi hanno fatto ripensare a un mio vecchio dubbio: approvato che si può e si deve discutere su ogni argomento immaginabile, si può dire lo stesso anche del scherzare? Intendo gli scherzi pacifici e non offensivi.


disegno di @joepbertrams

Da ieri sera sono probabilmente un po’ più vicino alla risposta affermativa. Infatti, mentre spesso è normale cercare di non offendere con la propria battuta, non è normale moderare la propria vita (o, in altre parole, limitare la propria vita attiva) per la sola paura della possibile reazione sproporzionata di qualche pazzo. Nel mondo contemporaneo tutti scherzano su tutto. Naturalmente, dal punto di vista quantitativo gli scherzi non riusciti prevalgono su quelli divertenti. E di gente incapace di reagire in modo adeguato non manca. Ma solo i musulmani sono arrivati all’uccidere: è un fatto che non possiamo negare.

Nel mondo contemporaneo i musulmani sono tanti, probabilmente in maggioranza, la loro presenza in Occidente sta aumentando. Ricordiamoci che, rispetto ad un occidentale medio, nella stragrande maggiorana dei casi sono delle persone meno istruite ma più passionali e più sensibili alle questioni religiose (sono tutte caratteristiche connesse tra loro). Di qui lo scontro del XXI secolo: mentre gli occidentali di oggi non capiscono più che l’intolleranza a volte serve (verso i barbari), i musulmani non capiscono ancora che a volte non serve (verso gli scemi).

Purtroppo non conosco ancora il modo di innalzare velocemente il livello di istruzione di massa. Eppure, senza riuscire in questa impresa non si potrà trasmettere ai musulmani tutti i preggi della libertà di espressione. E in assenza della libertà di espressione (la quale comprende la libertà di scherzare su tutto) è impossibile la scelta consapevole della religione. In più, il livello di istruzione di massa crescente nel tempo riduce la possibilità del nascere delle battute cretine.

Per essere obiettivi bisogna a questo punto ammettere che i disegni pubblicati da «Charlie Hebdo» sono sempre stati nel migliore dei casi mediocri. Solitamente, invece, erano addirittura di pessimo gusto. Ma non consideravano alcun personaggio una autorità inattaccabile: a modo loro scherzavano su Gérard Depardieu, Le Pen, Papa e altri.

Se siete minorenni, particolarmente sensibili o religiosi non guardate la continuazione di questo post.
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