Uno dei più grandi misteri americani è il motivo per il quale alcune Istituzioni continuano a pubblicare dei materiali relativi agli avvistamenti di UFO. L’ultima pubblicazione notata da tutti è quella di ieri: il Ministero della Difesa statunitense ha pubblicato dei materiali di vario genere (anche video) relativi agli anni 2014–2015.
Se proprio si vuole regalare alla comunità dei materiali pseudoscientifici, si potrebbe sempre simulare una «fuga del materiale multimediale». Oppure fingere di regalare agli sviluppatori della elettronica o della intelligenza artificiale alcuni materiali di studio (sulla base dei quali dovrebbero essere elaborati dei radar e delle videocamere migliori).
Insomma, a volte una leggera forma di ipocrisia sarebbe molto utile per evitare di apparire ignoranti.
Se poi, un giorno, tra qualche migliaio di anni, qualche extraterrestre troverà realmente opportuno passare nelle vicinanze di questa vecchia discarica biologica, si potrà dire «sì, noi sapevamo e lo stavamo aspettando da tempo».
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Qualcuno – un po’ troppo serio – potrebbe scandalizzarsi per le ricette di Donald Trump contro il coronavirus (ma non siamo già caduti nella depressione nera ad ascoltare tante persone troppo serie?).
Qualcuno – per nulla serio – potrebbe seguire il grande consiglio di Trump e bere un po’ di disinfettante (non preoccupiamoci: con quel gesto le persone per nulla serie renderanno il nostro mondo migliore).
Qualcuno – un po’ meno spensierato – potrebbe decidere di applicare l’idea trumpista della «iniezione» della luce solare e rendersi conto che ci sono appena due vie per farlo (festeggiamo: qualcuno sta per guarire, anche se non da covid-19).
E io mi sono ricordato una vecchia barzelletta sovietica:
Leonid Brežnev invita gli ingegneri spaziali a una riunione e propone di inviare qualche cosmonauta sul Sole.
Qualcuno trova il coraggio di osservare: «Compagno Brežnev, ma i cosmonauti sul Sole bruceranno!»
E Brežnev prontamente risponde: «Lo capisco, mica sono uno scemo. Propongo di mandarli sul Sole di notte».
Non so proprio perché mi sia venuta in mente…
Ormai, non è certo notizia (come io non sono una agenzia stampa) che l’IKEA ha «finalmente» «svelato» la ricetta delle sue famose polpette.
Quello che manca ora è la spiegazione del perché prepararle e mangiarle a casa.
Il pop-corn, per esempio, è buono quando è mangiato nel buio di una sala cinematografica. Mentre nel buio della propria casa (e davanti a un computer) lo stesso pop-corn sembra solo una specie di polistirolo salato che lascia delle briciole da tutte le parti.
Un hamburger, per esempio, è buono in mezzo a un viaggio palloso in autostrada, mentre a casa sembra un panino fragile un po’ scomodo da mangiare.
Le polpette della IKEA mangiate, appunto, all’IKEA vengono servite al sottocosto e già solo per questo creano un grande entusiasmo tra i consumatori. In più, consentono di fare una pausa nelle ricerche pallose dei mobili (io odio i negozi fisici) e creano l’illusione di trovarsi in un luogo pieno di prezzi vantaggiosi. Ma sono certo che a casa il 99% della magia verrebbe meno.
Chissà quante persone avranno il coraggio di riconoscerlo pubblicamente.
Per una serie di circostanze lavorative e professionali negli ultimi sette anni mi trovo in uno stretto e continuato rapporto con gli studenti universitari alle prese con la scrittura delle loro tesi di laurea. Spesso mi diverto molto nel senso positivo, ma, allo stesso tempo, ho avuto modo di constatare una cosa triste: quasi la totalità dei laureandi si limita a studiare l’applicazione della normativa vigente nella materia prescelta (o proposta dal relatore). Certamente, si tratta di un modo importantissimo di studiare il diritto, ma esso – il suddetto modo – ha il peso didattico di un semplice esame e non di una ricerca finale. Solamente i pochi studenti più capaci hanno la fantasia sufficiente per ipotizzare e modellare una situazione realistica per poi trovarne una soluzione legale. Altrettanto pochi sono gli studenti capaci di individuare nella vita reale delle problematiche carenti di un trattamento giuridico chiaro e sufficiente.
Di conseguenza, ogni anno in tutte le università italiane i bidoni della raccolta differenziata della carta si riempiono di decine e decine di tesi di laurea inutilmente descrittive. Quelle tesi che, purtroppo, rispecchiano non solo le scarse capacità dei nuovi dottori, ma pure quelle tendenze della moda che sostituiscono la fantasia. Per esempio: per anni tantissimi studenti hanno creduto di essere tanto originali scrivendo una tesi sul Brexit (dove c’era l’imprevedibilità politica ma non quella giuridica), sul ruolo dei social network nelle proteste popolari (senza accorgersi che quelle proteste erano sempre state causate dal blocco dei social networks e non del loro utilizzo) o del ruolo costituzionale di qualche istituzione in una ennesima crisi di Governo in giro per il mondo (e che palle, è tutto già scritto mille volte dagli scienziati e dalle Corti costituzionali).
Ma ora, per fortuna o purtroppo, la vita propone una chance a tutti gli studenti pigri del mondo. Seguite pure la moda studiando, dal punto di vista giuridico, l’ipotetico stato d’emergenza epidemiologico. Come abbiamo avuto il modo di constatare nelle ultime settimane, l’inesistenza di questa specifica misura nella normativa italiana costringe il Governo e le Regioni a colmare le lacune giuridiche nel corso dell’opera. A causa della fretta e del normalissimo fattore umano, non è naturalmente possibile svolgere i doverosi lavori preparatori. Di conseguenza, assistiamo alla adozione di norme contradditorie, insufficienti e spesso caratterizzati da una certa conflittualità con le norme già esistenti. Non condivido la maggioranza delle accuse di incostituzionalità, ma trovo comunque che molte delle sanzioni contro i trasgressori della quarantena possano essere impugnate con successo in tribunale dopo la fine della quarantena stessa. È realistico proprio perché la normativa è fatta male (ma evito di spiegarvi come per non passare per uno che incita alla disobbedienza).
Nel frattempo, però, i laureandi intenzionati a produrre qualcosa di veramente originale e attuale possono ispirarsi al problema più noto al mondo ed esercitarsi nell’ipotizzare una normativa applicabile allo stato d’emergenza epidemiologico compatibile con sistema giuridico italiano e/o comunitario. Sono sicuro che anche i professori più critici verso le ambizioni scientifiche studentesche saranno curiosi di leggere delle idee nuove in merito.
[Tante parole tagliate dalla censura], ancora tre settimane dei domiciliari e due progetti persi.
Il grande paradosso che abbiamo scoperto nelle ultime settimane è: la quarantena serve perché quasi nessuno capisce a cosa serve.
E i primi a non capirlo sono tutti quei personaggi che hanno fatto i fighi davanti a una webcam (o una tastiera) urlando «state a casa!». Perché il vero e unico senso della quarantena è quello di impedire alle persone di incontrarsi diffondendo il virus. Una camminata o corsa solitaria non va contro il senso della quarantena perché se il virus fosse capace di viaggiare via l’aria a lunghe distanze, entrerebbe benissimo anche nelle case dove siamo chiusi da oltre un mese. Entrerebbe senza distinguere da quale parte della finestra si trova la vittima umana.
Le menti fortemente alternative sono pure riuscite a partorire una logica particolarmente perversa: «se ti fai male correndo, finisci al pronto soccorso e passi il coronavirus agli altri infortunati / malati / medici» (oppure te lo prendi tu). Por** ***, ma allora evitiamo anche di fare la doccia (per non cadere scivolando), cucinare (per non tagliarci una mano), prelevare i libri dai ripiani alti (per non farci cadere in testa qualche volume pesante), vedere i film horror (per non avere un attacco cardiaco), andare a letto con altre persone (non vi racconto quali infortuni capitano) etc. etc…
Allo stesso tempo, però, dobbiamo riconoscere che molte persone non sono capaci di esercitare le proprie attività quotidiane con moderazione, adeguandole alle condizioni di epidemia. Così, per esempio, certi ignoranti amanti dello sport si sarebbero comunque fermati a salutare gli amici, conoscenti o vicini di casa incontrati, in alcune situazioni non sarebbero riusciti a evitare le zone di affollamento di altri «solitari» in giro per le città. E quindi ci sia pure qualche forma di quarantena.
Una quarantena fatta un po’ meglio però. Quella lunghissima che stiamo vivendo ora, un po’ improvvista al momento, può essere retta a fatica una volta in anni o decenni. Ma la prossima situazione del genere sarà catastrofica in tutti i sensi perché non ci saranno più delle vecchie risorse accumulate da spendere per affrontarla.
Mi preoccupano fortemente le persone – alcune delle quali ricoprono delle cariche istituzionali – convinte che con una quarantena si possa fermare una epidemia (in realtà no: in tal modo si possono solo regolare i suoi ritmi), ma contro di loro, purtroppo, non ci possiamo fare nulla. Ma la nostra sfortunata dipendenza da questa categoria degli ignoranti è l’argomento di un altro lungo post.
Succede ancora qualcosa di positivo in questo mondo. Oggi, per esempio, posso constatare ben due cose.
In primo luogo, capitano ancora delle notizie fuori da quell’argomento di cui ormai ci parlano anche i microonde.
In secondo luogo, capitano ancora delle notizie positive. Ieri, per esempio, abbiamo scoperto che «Crazy Bernie» Sanders ha rinunciato ai tentativi ulteriori di diventare un candidato ufficiale alla presidenza statunitense. Essendo fortemente allergico ai socialisti, sono infinitamente contento per questa sua scelta saggia (ehm, che strano conflitto interiore!). Sono contento pure per avere finalmente azzeccato una previsione. Allo stesso tempo, però, sono un po’ sorpreso.
Sono sorpreso perché tra i candidati democratici principali Sanders mi sembrava quello meno incapace di relazionarsi con l’internet. Mi aspettavo dunque che avrebbe tentato di sfruttare questa sua caratteristica per continuare la campagna elettorale nelle condizioni della quarantena e delle sue conseguenze sociali inevitabili.
«Sleepy Joe» Biden ha, apparentemente, un computer vecchio, una webcam da due dollari, una connessione a internet quasi «da modem» e una scarsa confidenza con l’internet (quindi anche peggio che con il pubblico vivo), ma tanta fortuna politica.
Che noia però.
L’ultima volta che ho letto e sentito da tutte le parti la magica frase «il mondo non sarà più come prima» era capitata nella seconda metà del settembre 2001. In seguito ai fatti storici che permisero la nascita di quella «profezia» per qualche anno ci hanno infatti disturbati con dei controlli assurdi negli aeroporti. Dopo di che il mondo è tornato a essere più o meno come prima.
Con l’adozione della quarantena mondiale per il contenimento del COVID-19 nel 2020 quella frase magica è tornata di moda. Sospetto fortemente che anche questa volta il mondo riesca a tornare alla normalità di prima. Ma, allo stesso tempo, spero fortemente che si rafforzino le tendenze alla modernizzazione della nostra vita quotidiana. Pensiamo, per esempio, al commercio al dettaglio. I proprietari dei negozi analogici, i sindacati e i politici sinistrosi sarebbero fortemente interessati alla difesa dei negozi fisici. In relazione alla potenza di ogni lobby concreta, raggiungono in tale ambito dei risultati più o meno alti. Mentre noi, i consumatori comuni, ci troviamo a vivere in un mondo contradditorio dove nell’online si possono comprare i superalcolici ma non le sigarette. Anche se entrambe le categorie di merci sarebbero vietate ai minorenni (nascosti dietro allo schermo del proprio telefono o computer).
In particolare, poi, in un mondo modernizzato post-quarantena nessuna azienda dovrà mascherare la propria incapacità di gestire il commercio elettronico con la tutela medico-sanitaria del proprio personale. Come, per esempio, sta capitando in questi giorni alla Decathlon:
Dai che ce la facciamo.
Nella mia testa si sono accumulati alcuni pensieri che vanno stoccati da qualche parte. Provo a utilizzare a tale fine i vostri monitor e, forse, i cervelli.
Anche i tempi di crisi offrono delle buone opportunità di guadagno. Per esempio: qualcuno ha già pensato di creare il servizio di «dog sharing»? Mi risulta che ci siano molte persone sprovviste di un cane proprio ma disposte a pagare per evadere il regime di quarantena almeno in una misura ridotta quale il portare a spasso un animale nei pressi della propria abitazione. Statisticamente, in ogni condominio c’è almeno un cane: può essere «noleggiato» a turno da tutti i vicini desiderosi e abbienti. Perché, in effetti, nessun poliziotto o carabiniere può controllare quanto tempo passa un cane per strada e/o impedire ai non proprietari di portarlo in giro.
Qualche giorno fa mi sono ricordato di un vicino di casa, osservato quotidianamente ai tempi dell’infanzia, che portava a spasso con un guinzaglio il proprio gatto. La scena mi faceva sempre divertire per la sua singolarità… Però al giorno d’oggi mi rendo conto che si tratta di un suggerimento molto anticipato di un trucco preziosissimo da utilizzare nelle condizioni di una quarantena. Infatti, l’insieme degli animali domestici non è limitato ai soli cani. Quindi sfruttate pure quegli egoisti pelosi per uscire di casa. Ma pure pappagalli, conigli, serpenti etc.
Nel frattempo, con l’inizio della quarantena in Russia moltissime persone hanno prontamente individuato una via di fuga alternativa, andando a registrarsi come tassisti e «corrieri» addetti alla consegna del cibo dei ristoranti. Non sono riuscito a capire se anche in Italia si sia registrato un fenomeno del genere.
Questa domenica, invece, vediamo qualche bel esempio di come passare la quarantena dal lato opposto della porta d’ingresso. La polizia spagnola canta per le persone chiuse in casa (in totale tre canzoni diverse):
Alcuni giorni fa ho scoperto l’interessante sito prisonstudies.org che raccoglie le informazioni sulle carceri nel mondo. I dati sulle carceri di nuova costruzione «Lombardia», «Milano» e alcune altre non sono ancora disponibili. Di conseguenza possiamo iniziare con lo studio di alcuni altri dati statistici riportati sul sito.
Per esempio, potremmo dedurre che i cittadini del Principato di Monaco sono i più onesti al mondo e non commettono mai reati. Ecco la cima della classifica degli Stati del mondo per la percentuale dei detenuti stranieri nel sistema carcerario:
Tentando di essere un po’ più seri, invece, potremmo provare a vedere il grado di riempimento delle carceri in vari Stati del mondo. Io ho anche provato a confrontare l’Italia e la Russia. Continuare la lettura di questo post »