La maggioranza dei diretti interessati dovrebbe saperlo già da tempo: l’ebay ha deciso di semplificare la vita ai venditori e, molto logicamente, dall’1 maggio li costringe ad aspettare di più i soldi per la merce venduta. Infatti, fino a questa grande innovazione i venditori hanno sempre avuto la liberà di scegliere il modo di pagamento preferito e/o indicarne tanti diversi. Il PayPal è sempre stato tra le opzioni disponibili, ma a partire da maggio i pagamenti digitali andranno direttamente sul conto bancario.
Presumo che solo una piccola parte dei miei lettori utilizzi l’ebay [anche] per vendere e, di conseguenza, non tutti potrebbero immaginare come le nuove regole dell’e-commerce in questione possano influire sui loro eventuali acquisti. Ebbene, vi svelo una grande verità: molti (moltissimi) venditori cercano di tutelarsi dalle possibili truffe seguendo la semplice regola «spedisco la merce solo quando vedo arrivare i soldi». Non posso criticare questo modo di fare: lo seguo pure io ogni qualvolta mi trovo di fronte un acquirente con una reputazione sconosciuta o non provata da un numero sufficiente di recensioni… Insomma, avrete già capito: il rallentamento dei pagamenti rallenterà anche le spedizioni.
Gli artefici di questo sistema meriterebbero un bel anti-Nobel per l’economia: sono riusciti a far regredire non solo la propria azienda, ma pure quel fenomeno moderno (l’e-commerce) che è stato appena scoperto e imparato (grazia alla pandemia) pure dai «vecchietti».
P.S.: durante l’indimenticabile lockdown del 2020 avevo pensato di provare a vendere su ebay alcuni prodotti digitali di propria produzione (nel corso degli anni precedenti ne avevo accumulati diversi sul computer; posso spedirli all’acquirente anche senza uscire di casa). La sperimentazione di questa attività sta ancora continuando, ma devo constatare che l’ebay sia più adatto alla vendita dei beni materiali. Meno male che, a differenza dell’Amazon, non chiede dei soldi per la sola presenza sulla piattaforma.
L’archivio della rubrica «Internet»
Il sito dedicato all’elicottero marziano della NASA (qualcuno lo chiama anche drone) è interessante. Merita anche di essere periodicamente controllato per vedere se sono stati pubblicati dei nuovi materiali multimediali trasmessi (ci vuole del tempo per riceverli da Marte, dato il loro peso).
Allo stesso tempo, l’interpretazione e l’uso di alcuni elementi del suo menu potrebbero farvi sentire degli ingegneri della NASA stessa. Tra tutti i siti apparenti a delle compagnie grandi, è veramente raro incontrarne uno così strano e imprevedibile…
Non ho la mania di seguire le notizie legate alla attività di vari pazzi e ignoranti (spesso è già difficile evitare i personaggi del genere nella vita reale quotidiana), quindi a volte mi perdo delle storie abbastanza curiose. Così, solo poco tempo fa ho letto dell’ultima grande impresa di Greta Thunberg: più di due mesi fa la ragazza aveva (probabilmente per sbaglio) pubblicato le istruzioni fornitele sul modo di commentare i disordini popolari in India. Si era velocemente accorta dell’errore e aveva cancellato il tweet, ma l’internet si ricorda sempre tutto. Quindi è successo un ennesimo piccolo scandalo.
Cosa possiamo imparare da questa breve storia triste? Possiamo finalmente imparare (se, stranamente, non lo abbiamo ancora fatto) che tutti i materiali che ci capitano davanti agli occhi vanno letti bene, anche quando ci fidiamo cecamente della fonte. Tra i numerosi possibili effetti di questo modo di fare ci sarà la caduta di popolarità dei vari personaggi di dubbio gusto.
E, ovviamente, ricordiamoci che è impossibile cancellare i contenuti di ogni genere dall’internet.
P.S.: su Greta Thunberg era già tutto chiaro da tempo, ma, probabilmente, sarebbe curioso scoprire da chi esattamente viene manipolata.
Google ha realizzato – e pubblicato in settimana – il più grande aggiornamento del proprio progetto Google Earth dal 2017. In particolare, è stato perfezionato lo strumento Timelapse: mettendo insieme 24 milioni delle fotografie satellitari scattate tra il 1984 e il 2020, gli autori dell’aggiornamento hanno mostrato – nei video di altissima qualità – come sono cambiati i vari luoghi del nostro pianeta. Per esempio, è possibile vedere come sono cresciute le città, come sono cambiate le foreste o i fiumi etc.
Non riuscendo (e, in realtà, non volendo) scegliere una sola categoria di cambiamenti, oggi posto ben due video. Inizio con la crescita delle città:
E poi scelgo qualcosa che riguardi la natura. Per esempio, i cambiamenti delle foreste:
I più interessati saranno capaci di accedere da soli agli altri video.
Dopo avere comprato una qualsiasi cosa online, è bello essere aggiornati sull’avanzamento della relativa spedizione. Allo stesso tempo, però, è un po’ strano leggere delle cose del genere sulla mail informativa:
La «notizia» del fatto che il contenuto di una spedizione debba essere controllato (possibilmente in tempi brevi) non è una grandissima notizia. Ma stranamente, ho sempre pensato che fosse il venditore a dover preparare con l’attenzione il pacco…
Ma, in ogni caso, conta il risultato finale. Vedremo.
Come era facile prevedere, la pandemia del Covid accelera il progresso un po’ in tutti gli ambiti della attività umana, anche in quelli meno allegri. Così, per esempio, la famiglia reale inglese non si è limita a comunicare (nel finesettimana) che il modo migliore di seguire il funerale del principe Philip è quello di vederlo su uno schermo. Ha pure creato, sul proprio sito, un libro di condoglianze online.
Purtroppo, non possiamo ancora fare a meno di queste cose.
Potreste ricordarvi che a marzo del 2020, con il diffondersi della pandemia del Covid-19 a livello planetario, YouTube aveva temporaneamente abbassato l’impostazione di default della risoluzione dei video caricati sui propri server. L’obiettivo della misura era quello di evitare un probabile sovraccarico delle reti per «colpa» delle persone in cerca dei nuovi divertimenti casalinghi. Ogni utente era comunque libero di impostare manualmente qualsiasi risoluzione per ogni video da visualizzare.
Da quel momento è passato un po’ di tempo, sono successe delle cose più importanti e interessanti, quindi io mi sono quasi dimenticato di quella scelta tecnica di rilevanza relativamente bassa…
Ma ecco che, nei giorni scorsi, mi è improvvisamente sembrato di notare che la risoluzione automatica dei video su YouTube cambi in relazione all’orario di visualizzazione dei video. Potrebbe essere solo una mia impressione. Oppure, potrebbe in realtà essere un fenomeno vecchio mesi o addirittura anni. Potrebbe quindi anche essere un fenomeno indipendente dalle scelte legate alla pandemia.
Non vedo così tanti video per provare statisticamente se si tratti di una osservazione giusta. E non posso nemmeno indicare gli orari peggiori e migliori. Ma a tutte le persone che danno una grande importanza alla risoluzione posso confermare che in generale di sera i video si vedono meglio. Quindi dedicate pure le vostre mattinate e i vostri pomeriggi alle attività più utili. Di questi tempi, molti capi vedono la «risoluzione» del vostro lavoro solo nella fase della consegna del progetto, ma la loro reazione (dei capi, intendo dire) sarà altrettanto risolutiva, ahahaha
P.S.: ho provato a fare due screenshot dello stesso video in orari diversi, ma non rendono bene l’idea. Ecco la risoluzione pomeridiana:
Ed ecco la risoluzione serale:
Alcuni «giornalisti», quando si sentono annoiati, tirano fuori qualche notizia vecchia o poco significante e si mettono a spaventare i propri lettori (come se non si fossero divertiti abbastanza con il Covid). È successo così anche con la «notizia» dei dati personali rubati su Facebook nel 2019: ci è stata riproposta proprio in questi giorni.
Alcuni lettori particolarmente tonti sono corsi anche questa volta a verificare se il loro profilo su Facebook sia stato compromesso… So che non dovrei preoccuparmi di queste creature strane: i miei lettori sono sicuramente più preparati sulla gestione razionale delle proprie attività digitali. Ma se qualcuno dei vostri amici, colleghi o parenti si sia per caso allarmato di fronte alla suddetta «notizia», ricordategli pure due nozioni basilari:
1) l’opportunità di utilizzare l’autentificazione multi-factor per ogni genere di account e su ogni genere di dispositivo,
2) l’inopportunità di rendere pubblici tutti i dati personali che vi chiedono i vari servizi online (o, addirittura, fornire quelli reali o principali).
Diffondendo questi due principi vi sentirete dei Capitan Ovvio, ma almeno renderete qualcuno un po’ più tranquillo di prima.
Torniamo a parlare della tristemente nota porta container «Ever Given». La nave è stata (quasi) sbloccata, quindi ora si può scherzare sulle sue avventure con un po’ più serenità. Per esempio, si può provare a immaginare le sue future imprese di portata mondiale.
Garrett Dash Nelson, un dipendente della Boston Public Library, ha deciso di dedicare il suo progetto «Ever Given Ever Ywhere» proprio a quel genere delle fantasie. In sostanza, il sito permette di prendere la «Ever Given» e piazzarla in un qualsiasi punto della mappa.
Facciamo pure qualche esempio concreto.
Potremmo cominciare dallo stretto di Messina (il problema del ponte è risolto!):
Oppure, potremmo mettere la «Ever Given» nelle acque del lago di Como:
Ma starebbe bene anche nel canale di Drake:
Vabbè, ammetto che il sito permette di modificare le dimensioni della porta container. Se volete vedere le sue dimensioni effettive, mettete una spunta vicino alla voce «Boat isn’t to scale».
Il Comando strategico delle forze armate degli USA ha un proprio account ufficiale su twitter. In aggiunta, il Comado è responsabile per la gestione dell’arsenale atomico e del sistema della difesa antimissilistica.
Cosa ci può essere di particolare sul twitter di una organizzazione del genere? Niente, tranne i soliti brevi comunicati stampa sulle esercitazioni e sulla vita dei militari. Il 28 marzo, però, è successo qualcosa di strano: prima è stato pubblicato un tweet molto strano, poi è comparso un tweet di scuse, e dopo ancora sono scomparsi entrambi i tweet.
La situazione è stata spiegata abbastanza velocemente: un bambino piccolo, figlio dell’addetto alla amministrazione dell’account su twitter, si è «approfittato» della brevissima distrazione del padre ed è riuscito a pubblicare un messaggio semplicemente giocando con la tastiera del computer aziendale.
Io, a questo punto, potrei fare delle battute super divertenti sul fatto che lo «smart working» sia il vero pericolo per il nostro pianeta (chissà quali altri tasti magici possono essere premuti, ahahaha), ma evito.
Vorrei invece scoprire, magari alla fine del 2021, quale percentuale degli account e dei computer è stata «protetta» dalla nuova password tanto «di moda»: ;l;gmlxzssaw.
Tra parentesi: (non è un suggerimento ai hacker che già sanno fare bene il proprio lavoro, è invece un avvertimento a tutte le persone che amano scherzare con la sicurezza).