L’archivio della rubrica «Cultura»

La musica del sabato

Il musicista e cantante J. J. Cale è noto prevalentemente come l’autore di molte canzoni di Eric Clapton. Va comunque ricordato che egli stesso registrò, nel corso della propria carriera, dieci bellissimi album. Così, oggi ho pensato di utilizzare per il post musicale del sabato la sua canzone «I Got The Same Old Blues» facente parte dell’album «Okie» (uscito nel 1974).

Possiamo confrontarla con la «I Got The Same Old Blues» cantata da Eric Clapton:

Oppure confrontarla con la interpretazione «Same Old Blues» cantata da Captain Beefheart (inserita nel suo album «Bluejeans & Moonbeams» sempre del 1974).

Sono talmente diverse che non so scegliere la versione migliore.


La musica del sabato

Quando ero piccolo, ormai decenni fa, i miei genitori ebbero la strana idea di insegnarmi a suonare il pianoforte. Molto probabilmente furono ingannati dal mio amore – anomalo per quella età? – verso l’ascolto della musica classica (trasmessa regolarmente in televisione e suonata di sera dal vicino-pittore). Molto presto scoprirono la grande differenza tra i cosiddetti udito «attivo» e udito «passivo», ma continuarono a torturare per alcuni anni me e se stessi.
Quella esperienza infantile mi fu comunque utilissima a scuola in almeno due occasioni: durante le lezioni di musica (quando la professoressa, una ex cantante lirica, apprezzò il mio giocare a direttore d’orchestra) e nella relativamente breve storia del gruppo alternative rock che formammo con altri tre compagni di classe (non solo fui l’unico che aveva tentato di studiare la musica seriamente, ma pure l’unico a conoscere il proprio strumento musicale da più di due mesi).
Tuttora continuo a sentire nascere nella propria testa dei temi musicali, ma, ormai, tento di trasformarli nei suoni solo per fare un dispetto ai miei nuovi vicini poco simpatici. Alcuni anni fa, però, ho scoperto la musica classica di Jon Lord. Mi è piaciuta perché assomiglia a quella musica che spesso sento nella mia testa.
Mi era già capitato di postare una delle sue registrazioni. Quindi oggi posto «The Telemann Experiment» suonato nel corso dello stesso concerto.


La musica del sabato

Un giorno ho pensato: se nella mia vita è tanto importante la musica di qualità, perché non la condivido mai con gli altri?
Lo stesso giorno mi sono risposto da solo: perché sono pigro.
Da oggi provo a combattere la propria pigrizia. Quindi provo a iniziare a postare con una certa regolarità quella musica che mi sembra meritevole della vostra attenzione. Per esempio, posso partire con una bellissima collaborazione di due geni: la cantante Beth Hart e il chitarrista Joe Bonamassa:

Questa versione della canzone «I’ll take care of you» fa parte del loro album «Don’t Explain» del 2011.
Bonus Track: se e quando volete dimostrare a qualcuno/qualcuna che le droghe e l’alcol fanno male, mostrategli questa esibizione di Beth Hart del 1999 (si potrebbe fare il paragone «con-e-senza-droghe» mostrando entrambi i video di oggi):

Infine si potrebbe aggiungere che il talento è una roba molto resistente alle sostanze nocive, ma è comunque meglio non rischiare.


Come si ascolta la musica

Oggi è finito nelle mie mani questo simpatico volantino:

Cosa si può dirne? Si può dire che il titolo «Back in Time» accompagnato da una simile sequenza di immagini testimonia un certo grado di ignoranza degli organizzatori.

Per tutti coloro che, purtroppo, non hanno capito, riporto due importanti fatti sul modo contemporaneo di ascoltare la musica.

Prima di tutto, circa dieci anni fa (o forse già un po’ di più) tra gli amanti della musica è iniziato a tornare di moda il vinile.

In secondo luogo, da due o tre anni gli amanti della musica stanno riscoprendo la pellicola magnetica in bobine (l’autore del volantino è troppo giovane per sapere della sua esistenza: cronologicamente va messa tra il vinile e la cassetta). In sostanza, il trucco moderno consiste nel registrare la musica del vinile sul nastro in bobina e poi ascoltare il risultato arricchito degli effetti sonori di entrambi i supporti fisici.

Io ho scoperto questa moda grazie al mitico Petr Mamonov e ho apprezzato il risultato. Provate anche voi!

Ai designer (anche quelli grafici), invece, consiglio sempre di studiare bene la storia materiale e le tendenze del momento corrente. Altrimenti non avranno fine le figuracce come quella del volantino di oggi.


Andrey Zvyagintsev

Non so se qualcuno ha già notato – e eventualmente comunicato ai miei lettori – che il regista russo Andrey Zvyagintsev ha raggiunto un curioso record. Tutti i suoi lungometraggi sono stati premiati ai festival internazionali. Conoscete altri registi tanto amati degli esperti/critici? [se la risposta è sì, datemi i nomi!]

Nel frattempo vi ricordo che tempo fa avevo già postato un cortometraggio di Zvyagintsev su questo blog.

Io, intanto, aspetto la possibilità di vedere ilsuo ultimo film, premiato dalla giuria al Festival di Cannes 2017.


Una domenica musicale

Ieri, il sabato 13 maggio, si è svolta a Kiev la finale dell’Eurovision Song Contest 2017. Il concorso musicale in questione mi interessa pochissimo a causa di un livello medio bassissimo dei partecipanti e dei generi musicali che nella maggioranza dei casi non promettono molto. Inoltre, si tratta di un concorso che è sempre (o quasi) stato politicizzato. Quest’anno, per esempio, la Russia ha fatto di tutto per non parteciparvi e non essere dunque umigliata – almento nel senso musicale – sul territorio ucriano.

Ma la mia intenzione era quella di parlare della musica.

Nel 2010 una banda dei burocrati russi impazziti decise di mandare alla edizione dell’Eurovisione di quell’anno un cantante bravo. (Tento un paragone estremo: immaginate Einstein che va a fare le olimpiadi di matematica tra i scolari). In qualità del rappresentante della Russia fu scelto Petr Nalich, un cantante russo di origini jugoslave diventato molto noto nel 2007. Non vinse il concorso (a valutre c’era la gente abituata ad altri standard musicali), ma merita di essere conosciuto anche in Occidente.

Oggi pubblico ben cinque (brevi!) video con le sue canzoni in varie lingue.

La canzone «Gitar» con la quale divenne famoso sul web (il testo non ha molto senso):

Mentre il senso di questa dovrebbe esservi già noto:

La canzone «Il mare» è in russo:

«Sticky Lover»:

«Il pleut toujours»:

Con questa chiudiamo la puntata odierna dedicata alla musica russa.


La numerazione

Devo constatare che pure tra i membri del Lions Club sono presenti delle persone sgrammaticate. In base alle mie esperienze passate non lo avrei mai detto.


Petr Mamonov

Questo venerdì semifestivo dedichiamoci un po’ alla cultura…

Petr Mamonov, uno dei miti della cultura contemporanea russa, oggi compie 66 anni.

È diventato famoso nella società sovietica all’inizio degli anni ’80 in qualità di musicista, essendo il leader del gruppo «Zvuki Mu» che suonava il rock sperimentale e alternativo.
A partire dalla fine degli anni ’90 fa pure l’attore: agli italiani consiglierei i film «Dust» del 2005 e «L’isola» del 2006 (poi ce n’è un altro bellissimo del 1991, uno dei migliori film sulla guerra nella mia classifica personale, ma non mi risulta che sia mai stato tradotto in una lingua europea).

A partire dal 2014 conduce un programma radiofonico settimanale, nel quale racconta (e soprattutto fa ascoltare) la migliore musica rock, blues e jazz del XX secolo. Grazie a questo programma la mia cultura musicale è cresciuta per alcune decine di livelli…

Nonostante tale lista di successi professionali esemplari, Petr Mamonov detiene ancora la fama di un classico pazzo (nel senso positivo) rockettaro. Come dovrebbe infatti essere ogni artista che decida di impegnari in un genere musicale come il suo. Considerate tutte le sue «imprese» compiute negli anni della giovinezza e i vizi di tutti i tipi (ormai quasi tutti sconfitti), egli stesso disse «Non so come ho fatto ad arrivare ai 50 anni…»

Per illustrare, in qualche modo, la portata del personaggio, pubblico una brevissima registrazione video di una sua esebizione — con il gruppo — del 1995. Il titolo della canzone in questione si traduce come «La fonte della infezione».

Alla fine degli anni 2000 lo stile musicale di Mamonov è comunque diventato un po’ più tradizionale.

P.S.: negli ultimi giorni sto valutando l’idea di pubblicare una serie di post sulla musica russa contemporanea. Appena invento un modo di farlo in modo che sia una cosa interessante per le persone che non conoscono la lingua russa, lo faccio.


Ora anche a Milano

Due mesi e mezzo fa avevo scritto brevemente (per parlare di un fenomeno simile) del progetto «Le Pietre d’Inciampo». Ebbene, ho scoperto che il 19 gennaio verranno poste le prime «Pietre d’Inciampo» a Milano. Quindi anche i milanesi che viaggiano poco per il mondo avranno ora la possibilità di vedere di persona una delle famose Pietre.

Il primo indirizzo previsto a Milano: corso Magenta 55.


Il diritto di scrivere (stronzate)

Oggi è il 322-esimo compleanno del filosofo francese Voltaire, e io vorrei fargli un piccolo regalo.

Tutti voi conoscete la frase «Non condivido le tue idee ma darei la vita per permetterti di esprimerle». Un sacco di gente è convinta che fosse di Voltaire, mentre sono in pochissimi a dubitare che abbia mai potuto scrivere una stronzata del genere. Io sono sempre stato tra i dubbiosi.

Meglio tardi che mai: qualche tempo fa ho risolto il caso. La famosa «citazione» è stata per la prima volta pubblicata dalla scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall nel 1906. La signora, autrice di una biografia di Voltaire, ha semplicemente parafrasato in un modo piuttosto superficiale (oppure è meglio dire volgare?) alcuni pensieri del filosofo.

Quindi diffondendo questa scoperta proprio il giorni della nascita di Voltaire, gli regaliamo un po’ di verità storica.

P.S.: ancora una volta consiglio a tutti il sito Quote Investigator.