Il compositore francese Paul Mauriat è ben noto alle persone che si ricordano la televisione sovietica: alcune sue opere venivano utilizzate in qualità della musica introduttiva per delle trasmissioni molto popolari.
Nel post musicale di oggi ne pubblico due esempi, pur comprendendo che quasi la totalità dei miei lettori ha la fortuna di ascoltare questa musica senza alcun pregiudizio.
Il primo esempio è «Alouette» (utilizzato in un programma sugli animali):
Il secondo esempio è «Pardonne-moi ce caprice d’enfant» (utilizzato in un programma sul cinema):
P.S.: no, non so se le musiche erano utilizzate in modo legale, ma per qualche motivo il dubbio mi sarà pure venuto in mente…
L’archivio della rubrica «Cultura»
Dopo il recente dramma architettonico parigino mi sono ricordato, anche se non subito, la storia del Kinkaku-ji (Tempio del Padiglione d’oro) di Kyoto costruito nel 1397. Tutto il padiglione, tranne il piano terra, è coperto di foglie d’oro puro. Dal 1994 è un bene culturale protetto dall’UNESCO.
Attualmente ha questo aspetto:

Il tempio bruciò due volte nel XV secolo durante la guerra degli Ōnin e poi nel 1950 (incendiato dal monaco Hayashi Yoken intenzionato a suicidarsi).
Lo scrittore inglese Douglas Adams, durante la sua visita al Kinkaku-ji, fu sorpreso per il suo buono stato di conservazione. Dopo le precisazioni dell’interprete circa gli incendi, ebbe luogo il seguente dialogo (riporto il senso delle battute secondo la mia memoria):
«Quindi non è l’edificio originale?»
«Naturalmente è originale».
«Ma il tempio fu bruciato».
«Sì».
«Due volte».
«Più volte».
«E ogni volta fu ricostruito da zero».
«Naturalmente. È un monumento importantissimo per la nostra cultura».
«E ogni volta l’edificio fu ricostruito con dei materiali nuovi?»
«Certamente. Bruciò completamente».
«Come può essere lo stesso tempio?»
«È sempre lo stesso edificio».
Adams rimase sbalordito dall’idea che il concetto del tempio è per i giapponesi più importante dei materiali con i quali è costruito.
Sono sempre stato solo un ascoltatore occasionale degli Eurythmics. Occasionale fino al punto di ascoltarli solo nei momenti quando alla radio viene trasmessa qualche loro canzone.
Però non mi è mai dispiaciuto di sentire quelle poche loro canzoni che conosco. Quindi per il post musicale di oggi ho selezionato due brani famosissimi.
Il primo è «Sweet Dreams» (dall’album «Sweet Dreams (Are Made of This)» del 1982):
E il secondo è «Here Comes the Rain Again» (dall’album «Touch» del 1984):
Il compositore Pietro Mascagni è oggi conosciuto e ricordato prevalentemente per le sue opere liriche. Direi che dal punto di vista qualitativo questa forma della memoria passiva non è del tutto ingiustificata. E, in ogni caso, è giusto ricordare una persona solo per ciò che ha fatto.
Nel post musicale odierno, comunque, propongo la sua sinfonia in fa maggiore per pianoforte perché gli artisti meritano di essere ricordati sotto molteplici aspetti professionali.
Nei tempi ormai lontanissimi dei miei terrificanti esercizi con il pianoforte detestavo le opere a quattro mani perché lasciavano pochissimo spazio per l’interpretazione personale. Ma almeno avevano una utilità didattica di base. Da ascoltare, invece, sono molto meglio.
Non tutti lo sanno, ma la capacità di provocare è una delle più utili nella vita quotidiana delle persone. Tale capacità serve per liberare lo spazio vitale dalla gente stupida, bigotta, poco istruita, priva del senso dell’umorismo o antipatica per qualche altro motivo.
Oggi facciamo un esempio pratico.
Propongo un flashmob. Esso consiste nel raccogliere un gruppo di amici, portarli in un luogo pubblico, e – tutti insieme – alzare il braccio teso e gridare «Adobe filter ZIP-file!»
Avete visto che funziona?
Spero che i miei lettori non mi prendano per un fan della balalaika. Il fatto è che mi sorprendo tantissimo ogni volta che sento qualcuno suonare bene questo strumento primitivo (ricordiamo il primo post della serie).
Oggi sentiamo due brani di un musicista non famoso: Serghei Malenkin.
Il primo:
Il secondo:
Per puro caso ho trovato la mappa dei contatti con gli alieni nel cinema occidentale.

La stessa mappa in una risoluzione più grande.
È da un po’ che non consiglio dei film russi da vedere. Quindi oggi tento di rimediare con un bel esempio: «Brother» (1997) di Aleksej Balabanov. Si tratta di un film d’azione un po’ grottesco in alcuni aspetti e quasi comico in alcuni altri, che allo stesso tempo non tenta di imitare i film americani del genere. Il suo personaggio protagonista è tipicamente russo nelle sue irrazionalità ed efficienza «estrema».

Non posso non fare anche un avvertimento importante: non confondete questo film con il «Brother 2» (una «continuazione» di pessima qualità).
P.S.: ahahaha, è già il secondo film del regista che vi consiglio. Il post con il primo consiglio.
Il 25-esimo anniversario della morte di Kurt Cobain (è stato ieri, il 5 aprile) non è certo il motivo migliore per postare qualcosa sui Nirvana. Banalmente, l’esistenza delle opere musicali lasciateci dai Nirvana costituisce già un motivo sufficiente per farlo (come debba essere per il buon risultato lavorativo di qualsiasi persona o team). Ma io, pur non avendo mai avuto i Nirvana nella lista dei gruppi più ascoltati, ho anche un motivo personale per conservare un buon ricordo di loro. Nel lontanissimo 1995 ero riuscito a stringere una conoscenza abbastanza stretta con una loro grande fan, spacciandomi per un intenditore della loro musica.
Non so se ai fini del compimento della suddetta impresa il merito fondamentale era stato della mia «spiccata» capacità di fingere o dell’interesse corrisposto di altro genere, ma sono comunque infinitamente grato al gruppo per uno dei ricordi più belli.
La prima canzone selezionata per il post di oggi è la «Smells Like Teen Spirit» (dall’album «Nevermind» del 1991):
(minchia, questo video ha quasi 888 milioni di visualizzazioni)
Mentre la seconda è la canzone «About a Girl», un po’ atipica per il gruppo (versione MTV Unplugged):
È abbastanza facile deprimersi leggendo del «Club 27» o dei singoli geni morti in età non proprio avanzata. Il grado di depressione, naturalmente, aumenta con l’aumentare della differenza tra il «27» e l’età di chi legge.
Per fortuna, esiste una cura certa contro tale forma di depressione: fare qualcosa. Farlo bene. Farlo ora.




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