Ieri, all’età di 85 anni, è morto il cosmonauta Aleksej Leonov. A marzo del 1965 divenne il primo umano a uscire nello spazio, mentre a luglio del 1975 fu il comandante dell’equipaggio sovietico nel famoso programma Apollo-Sojuz.
Ma non vedo alcuna utilità nello scrivere il riassunto della biografia ufficiale facilmente reperibile anche negli articoli della Wikipedia. Trovo più interessante — dal punto di vista informativo — ricordare ai miei lettori anche l’eredità artistica lasciataci da Aleksej Leonov. Già dalla età giovanissima Leonov mostrava infatti dei buoni risultati nella pittura. Essendo però l’ottavo figlio di una famiglia povera (le condizioni economiche furono aggravate dal fatto che il padre zootecnico rimase vittima delle repressioni politiche degli anni ’30), non ebbe la possibilità di continuare gli studi. Scelse dunque un istituto che oltre alla professione avrebbe potuto fornirgli anche vitto e alloggio: quello della aeronautica militare. Da lì inizio la carriera da pilota, trasformatasi nel 1960 in quella da cosmonauta.
Ma continuò comunque a disegnare per quasi tutta la sua vita. I voli nello spazio influenzarono fortemente la sua visione artistica. Le opere originali e curiose di Aleksej Leonov possono essere consultate, per esempio, seguendo questo link.
Intanto concludo il post con due foto. Aleksej Leonov negli anni di attività da cosmonauta:
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L’archivio della rubrica «Arte»
Ho appena letto che il noto quadro di Banksy «Devolved Parliament» è stato venduto a 9,9 milioni di sterline all’asta di Sotheby’s, il venditore e l’acquirente sarebbero sconosciuti.
Ma a me sembra evidente che siano, rispettivamente, Theresa May e Boris Johnson.
Altrettanto evidente è che relativamente a breve dovrebbe verificarsi un nuovo cambio del proprietario dell’opera.
Dopo il Brexit poi – se accadrà nel corso della nostra vita, lo vedremo – il quadro si autodistruggerà.
Due anni fa a San Pietroburgo è stata rubata la testa a una statua installata sulla facciata di uno dei palazzi storici.
Siccome il danno dell’atto vandalico non è mai stato riparato, l’artista di strada lonesome_grass ha deciso di sfruttare la situazione:
In tal modo l’autore protesta contro la larga diffusione dei mezzi di sicurezza, le telecamere comprese, che secondo egli non avrebbero alcuna efficacia contro i delinquenti e i vandali.
Secondo me, invece, è un ottimo monumento alle paranoie moderne.
In base ai recenti calcoli, l’industria dell’arte e della cultura porta agli USA 763,6 miliardi di dollari all’anno. Tale somma rappresenta il 4,2% del PIL: il doppio della agricoltura.
Nell’industria dell’arte lavorano 4,9 milioni di persone che nel 2015 hanno guadagnato 372 miliardi di dollari. Nello stesso anno i musei hanno generato 5,3 miliardi di dollari e le scuole d’arte 3,4 miliardi.
Certo, la diffusione della lingua inglese nel mondo è uno dei fattori a favore del suddetto fenomeno…
Ma uno degli aspetti più interessanti è la distribuzione della reddittività per Stati (in alcuni casi sono rimasto sorpreso):
La fonte.
Ho letto solo oggi che il quadro di Banksy «Devolved Parliament» del 2009 è tornato ad essere esposto al Bristol Museum.
In molti casi, purtroppo, Banksy mi è sembrato una persona non particolarmente intelligente (proprio per il contenuto delle sue opere), ma nell’ottica della Brexit sarei disposto a riconoscere il suddetto quadro una delle manifestazioni migliori della satira contemporanea. Non essendo britannico, per lo stesso motivo forse ci aggiungerei pure la regina.
Sapevo già che le monete inglesi da 1 a 50 pence (con la versione del design del 2008) disposte in un determinato ordine compongono lo stemma del Regno Unito.
Poco fa ho scoperto che le monete da 1, 2, 5 e 10 pesos messicani messi in pila compongono il calendario maya.
Spero di riuscire, prima o poi, a dimostrarlo anche con una foto della propria collezione.
Purtroppo bisogna riconoscere che la storia e l’arte delle epoche passate sono giunte fino a noi rese irriconoscibili dalla censura. Il passato è stato abbellito fino al punto che si potrebbe addirittura avere l’impressione che i nostri antenati non avessero mai conosciuto la parola «cazzo».
Per fortuna, però, alcune informazioni attraversano i secoli e i millenni per farci comprendere che le persone creative sono sempre state normali e capaci di inserire la cultura in un cotesto a loro contemporaneo (oppure, inversamente, non avere paura di riconoscere l’esistenza della cultura nella vita quotidiana a loro contemporanea). I seguaci dell’etica puritana stanno facendo il possibile, ma non riescono a cancellare il 100% delle testimonianze.
Al The Met di New York è stata organizzata la mostra della ceramica dell’Antica Grecia del V a.C.. Prevalentemente si tratta dei frammenti dei vasi e delle coppe per il vino.
Guardando quegli oggetti possiamo immaginare con quanta serenità e soddisfazione vissero e crearono le opere artistiche gli antichi greci. La loro vita fu molto più bella e varia delle fantasie sterili dei dipendenti museali.
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«The New Yorker» ha dedicato un articolo abbastanza dettagliato al «Spider-Man» francese Vjeran Tomic. Quest’ultimo, nel 2010, aveva rubato dal museo d’arte moderna di Parigi dei quadri per decine di milioni di euro (opere di Picasso, Matisse, Modigliani, Léger, Braque).
Ecco, l’unica cosa che continuo a non capire è il senso economico delle rapine del genere. Non mi è chiara la convenienza del rubare anche una sola opera d’arte famosa.
Avrei capito colui che ruba «per sport», per provare qualcosa di forte. Ma una volta compiuta l’impresa, potrebbe anche restituire in qualche modo i beni presi.
Avrei potuto capire colui che ruba per chiedere un riscatto: si tratta delle opere uniche, il cui valore potrebbe giustificare un rischio in più.
Avrei potuto capire colui che ruba perché è un collezionista folle: senza soldi, disposto a tutto per far aumentare la propria collezione e conscio di non poterla mai mostrare al mondo.
Ma non riesco a capire come e a chi possa essere mai venduta una opera comunemente riconosciuta come rubata. I potenziali acquirenti «normali» dei quadri del genere solitamente non sono molto disposti a diventare dei complici di un criminale. E nemmeno comprano una opera famosa per nasconderla per eternità.
La contraffazione, da questo punto di vista, è molto più sensata.
Per coloro che in questo periodo dell’anno avessero più tempo libero del solito, consiglio un progetto artistico interessantissimo. Si tratta dei quadri di Pieter Bruegel digitalizzati con una risoluzione incredibilmente grande.
Oltre al semplice studio attendo della tecnica del grande pittore, il sito di cui sopra permette di fare anche alcune scoperte curiose. Per esempio, molte persone possono finalmente scoprire ciò che Bruegel, a differenza dei critici e storici d’arte, riteneva una cosa normalissima, divertente, per nulla indecente e, al contrario, degna di nota. In sostanza, su quasi tutti i suoi quadri è presente qualche personaggio non centrale «ripreso» in una situazione imbarazzante.
Prendiamo, per esempio, uno dei suoi quadri più famosi: «Grande Torre di Babele» (1563). E cominciamo a ingrandire… Continuare la lettura di questo post »
Il presente quadro «Ingresso a Gerusalemme» è esposto nella sede del Governo della regione russa Jacuzia:
Per i più curiosi preciso che sul quadro vediamo, oltre alla autentica renna «giudaica», tre «urasa» (costruzioni simili a chum) e i primi seguaci del protagonista (cheavete sicuramente riconosciuto) con le doverose pellicce «buuktash son».