Rich Webber, regista dell’animazione alla Aardman Animations, anche fuori dal lavoro si diverte creando degli animali di plastilina e pubblicandoli sul proprio instagram. Spesso si ha l’impressione che nella vita quotidiana qualcuno lo costringa a una dieta abbastanza rigida…
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L’archivio della rubrica «Arte»
La illustratrice canadese Barbara Reid crea delle composizioni di plastilina per i libri per bambini. Ogni opera viene fotografata, diventando così una delle illustrazioni.
Sul sito personale della Reid sono disponibili diverse sue opere. Io pubblico solo alcuni esempi: Continuare la lettura di questo post »
Tantissime persone si rattristano per «essere venute male» su una foto. Sostengono che quella foto sia malriuscita.
Ma in realtà l’affidamento a una fotocamera della trasmissione della vera immagine di una persona è una missione persa già in partenza. La fotografia non è in grado di trasmettere l’impressione che una persona fa agli altri. La fotografia non è in grado di trasmettere l’intelligenza, il modo di parlare, il fascino, il senso dell’umorismo, la risata, l’accento, l’odore e tantissimi altri aspetti. Pure lo stesso volto della persona nella vita reale non è statico.
Non fidatevi dei ritratti belli. E, soprattutto, non cercate di farli: non dicono alcunché sulla persona. Addirittura, sarebbe bello evitare proprio di fare i ritratti.
La cosa migliore è tentare di catturare quegli attimi in cui la persona è viva, non concentrata su se stessa. Nei momenti in cui interagisce naturalmente con il mondo circostante, trasmette con la propria immagine «grafica» almeno una parte della propria personalità di quel preciso momento storico in cui è stata scattata la foto. Quindi nei momenti in cui non posa davanti all’obiettivo. Solo in questo modo allo spettatore verrà data una piccola parte degli elementi che compongono l’immagine reale di una persona viva.
Esistono tanti artisti che realizzano dei disegni da aspetto «fotografico» utilizzano le matite e le penne. Il fotografo ucraino Alexander Tkachev fa invece l’opposto impostando in un determinato modo la profondità di campo:
I pittori scarsi (e gli spettatori delle loro opere che non ci capiscono tanto della pittura) sono convinti che un quadro debba necessariamente avere le somiglianze grafiche di una foto. Allo stesso modo, le persone che non ci capiscono tanto della fotografia sono convinte che una foto debba per forza avere una alta risoluzione di tutti i minimi dettagli inquadrati. Per fortuna, Continuare la lettura di questo post »
Il pittore russo Andrej Popov (di San Pietroburgo) si autocommenta in questo modo:
A volte mi capita di sentire che le mie opere non siano delle caricature ma qualcos’altro. Non mi interessa la classificazione ma penso che un certo elemento scherzoso tipico a esse indichi proprio l’origine caricaturale. E nella distorsione tipica alla caricatura voglio vedere e mostrare la bellezza. Per questo motivo possono essere definite, volendo, delle «belle caricature». In generale, il nostro genere è molto più ampio di quanto possa sembrare. Una caricatura è simile a un sorriso. Ci sono così tante sfumature di un sorriso! Un sorriso a bocca aperta, uno ironico, uno misterioso, una risata tra le lacrime… Ecco perché la caricatura non è solo satira sociale e politica, vignette amichevoli e semplici scherzi grafici, ma anche una filosofia, una visione della vita attraverso il prisma dell’ironia e dell’arguzia.
Ma le opere sono spesso simpatiche, nonostante tutto:
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Tre settimane fa avevo scritto delle fotografie a colori scattate nel Regno Unito alla fine degli anni ’20 del secolo scorso. In quello specifico caso si trattava del metodo chiamato autocromia (lo avevo descritto brevemente nel post): uno dei diversi metodi sperimentati all’epoca dai pionieri della fotografia a colori. Prima o poi scriverò anche di qualche altro metodo, mentre oggi pubblico qualche altro esempio dell’autocromia.
Questa volta vediamo le foto scattate all’inizio degli anni ’10 del XX secolo in Crimea (all’epoca faceva parte dell’Impero russo). L’autore è Petr Vedenisov: un nobile locale che oltre a essere un buon fotografo fu anche un bravo pianista.
La moglie di Vedenisov Vera, i loro quattro figli e la suocera di Petr Elena Basileva (1910):
Vera Vedenisova a Jalta (in Crimea) nel 1914: Continuare la lettura di questo post »
Le illusioni ottiche nella pittura sono diventate particolarmente popolari anche grazie alla fortunata «invenzione», da parte di Salvador Dalí, del surrealismo spagnolo. Uno degli effetti negativi – per nulla insolito, purtroppo – di tale popolarità è la comparsa anche di una quantità notevole di opere di qualità dubbia (nel migliore dei casi). Probabilmente anche per questo motivo sono molto contento di (ri)scoprire dei pittori capaci di creare delle illusioni belle e interessanti.
Una delle mie migliori scoperte degli ultimi tempi è il pittore messicano Octavio Ocampo:
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Dalla Danimarca è giunta una bellissima notizia sul mondo dell’arte. Secondo me merita di essere raccontata almeno in breve.
L’artista danese Jens Haaning si è fatto prestare dei soldi dal Kunsten Museum of Modern Art (situato ad Aalborg, nel nord della Danimarca) per realizzare la replica di una sua opera concettuale: quella che mostrava i redditi di un austriaco e di un danese attraverso l’esposizione dei soldi reali su due bacheche. Il museo ha accontentato la richiesta di Haaning e gli ha dato 534.000 corone danesi (quasi 72 mila euro). Al momento della ricezione fisica della nuova opera promessa dell’artista si è però scoperto che le bacheche sono completamente vuote, mentre l’opera si chiama «Prendi i soldi e scappa». Nel corso di una intervista al canale televisivo DR Haaning ha detto che la suddetta opera artistica consiste nel fatto che egli – Haamimg – ha preso i soldi e non intende restituirli.
Il museo Kunsten, da parte sua, pretende la restituzione dei soldi e sta considerando l’opzione di denunciare Haaning alla polizia. E io non so se quello della amministrazione museale sia un comportamento saggio. Il mio dubbio deriva da due considerazioni.
In primo luogo, l’amministrazione del museo ha avuto una preziosa occasione di approfondire le proprie conoscenze sul fenomeno dell’azionismo nell’arte contemporanea.
In secondo luogo, negli ultimi decenni si osserva una brutta tendenza di definire come «arte contemporanea» una qualsiasi stronzata inutile esposta in un luogo pubblico.
Nell’ottica di questi due fenomeni artistici di oggi, il museo dovrebbe gioire per essere diventato un coautore di una opera d’arte contemporanea tanto ammirevole (un capolavoro, direi) e perdonare dunque Jens Haaning. L’artista, essendo libero di intraprendere tutte le performance che vuole, ha guadagnato onestamente i soldi prendendo in giro chi fa finta di capire qualcosa del proprio lavoro.
Ci resta solo applaudire e imparare…
Quasi un secolo fa il fotografo americano Clifton R. Adams trascorse, sull’incarico della National Geographic, diversi anni nel Regno Unito per fotografare la vita quotidiana della popolazione locale. Viaggiò dunque per diverse città, paesi e fattorie.
Clifton morì nel 1934 all’età di soli 44 anni, ma riuscì comunque a lasciarci un preziosissimo archivio fotografico. Fanno parte di quest’ultimo anche le fotografie a colori scattate nel Regno Unito dal 1927 al 1934. Per realizzare le immagini a colori, in particolare, il fotografo utilizzò il metodo dell’autocromia (brevettato nel 1903 dai fratelli Lumière).
Il principio del suddetto metodo consiste nel colorare i grani di fecola di patate (circa 0,01 mm di diametro) di rosso-arancio per 3 parti, verde per 4 parti e blu-viola per 2 parti. Una comune piastra di vetro (utilizzata nelle macchine fotografiche di allora al posto della pellicola) era grande 13×18 cm e poteva «ospitare» sulla propria superficie utile circa 200 milioni di grani. Al vetro veniva dunque applicata una colla speciale, sopra la quale veniva spalmato uno strato sottile di grani setacciati. Inoltre, bisognava assicurarsi che i colori fossero distribuiti uniformemente su tutto il piano. Non ci dovevano essere delle senza stratificazioni. Lo spazio tra i grani veniva riempito di nerofumo. Infine, sopra veniva aggiunto uno strato di lacca e poi uno strato di fotoemulsione pancromatica.
La piastra preparata come appena descritto veniva posizionata con il lato di vetro rivolto verso l’obiettivo. La luce entrata dall’obiettivo si colorava passando attraverso i grani colorati e solo dopo cadeva sull’emulsione. Si doveva usare un filtro fotografico giallo per scattare le foto.
La luce passata attraverso il vetro preparato nel modo sopraindicato era attenuata di 60 volte rispetto a quella che si poteva ottenere con delle lastre non autocromatiche. Ma pure in queste condizioni era possibile fotografare, in una giornata di sole, con una apertura di 4 o 5 e un’esposizione normale di 2 secondi. Le foto venivano di una qualità alta ed erano facili da elaborare.
Bene, ora possiamo finalmente vedere alcune foto di Clifton R. Adams. La fonte scoperta da me ne contiene tante belle e interessanti. Per il presente post ho dunque selezionato solo una parte di quelle immagini, ma i lettori più interessati potranno vederle facilmente tutte.
Bambini che giocano sulla sabbia vicino a Yarmouth, un luogo di vacanza popolare sull’isola di Wight (1928):
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Il pittore Valentin Gubarev è nato in Russia (a Nižnij Novgorod), ma dal 1975 vive e lavora in Bielorussia. Le opere di Gubarev vengono esposte alle mostre internazionali, si trovano nei musei e collezioni private di tutto il mondo, vengono vendute alle aste d’arte più note. Quindi ora pubblicizzo questo artista anche tra i miei lettori.
Lo stile di Valentin Gubarev potrebbe essere definito come il «socialismo ingenuo» (per l’analogia con il «realismo ingenuo»). Il pittore si ispira, prevalentemente, alla vita quotidiana degli abitanti delle città provinciali dell’ex-URSS.
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