Purtroppo, per la mentalità collettiva europea — molto meno abituata alla innovazione tecnologica rispetto a quella statunitense — alcuni concetti risultano quasi impossibili da comprendere. Quindi a volte si rischia di fare delle pessime figure di fronte a un grande pubblico. Succede, per esempio, quando si tenta di presentare (o si presenta inconsciamente, sempre a causa della suddetta mentalità) Elizabeth Holmes, la fondatrice della Theranos, come una truffatrice malintenzionata sin dall’inizio.
Ma nella realtà americana in generale e quella californiana in particolare il venture investment è un fenomeno infinitamente meno primitivo. Serve per finanziare la realizzazione delle idee che spesso si trovano anche in uno stato molto lontano dalla loro applicazione pratica. Elizabeth Holmes si trova ora nella situazione abbastanza difficile per due motivi. Da una parte, ha palesemente esagerato con l’applicazione pratica del principio «fake it until you make it»: ha continuato a raccogliere dei fondi per un progetto teoricamente interessante, ma bloccato nel suo sviluppo tecnico-scientifico (nonostante essere riuscita ad attirare dei professionisti altamente qualificati). Dall’altra parte, gli investitori hanno le loro responsabilità nella valutazione dei rischi: non solo all’inizio, ma anche negli anni successivi (e non abbiamo dei motivi per dubitare della loro qualifica).
Insomma, si è creata una classica bolla. Una bolla che sulla pratica non è mai l’opera di una sola persona.
Nonostante tutto, Elizabeth Holmes non va demonizzata. Ha solo fatto due errori imprenditoriali banalissimi: non ha pianificato bene in partenza e non ha trovato il modo (o il coraggio?) di mollare quando le cose hanno iniziato ad andare palesemente male.
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