Una grave malattia italiana

(18 agosto 2020)

È tristemente nota la tradizione italiana di bloccare la vita delle località non marittime-balneari per quasi tutto il mese di agosto. Per almeno tre settimane a servizio delle persone restano solo i grandi centri commerciali, mentre tutto il resto è chiuso o, al massimo, segue degli orari d’apertura ridicoli. Nonostante anni di indagini, non sono ancora riuscito a trovare una spiegazione razionale a questo fenomeno.
Si presume che tutti debbano andare in ferie proprio ad agosto? Partire o andare in letargo? Perché? E se non voglio? Se voglio evitare proprio quel periodo quando le località vacanzieri sono affollate e costano più o meno il doppio del normale? E se voglio utilizzare almeno una parte delle ferie per sistemare delle questioni personali? Boh…
In questo senso particolarmente infami sono quelle aziende che costringono – attraverso le chiusure o riduzioni di attività – i propri dipendenti ad andare in ferie necessariamente ad agosto (ma anche nel periodo natalizio) solo perché così fa più comodo ai dirigenti. Non sai organizzare la continuità produttiva? Allora forse è il caso di cedere l’attività e andare a fare il lavoratore dipendente da qualche parte…
Non è necessario essere un genio per capire che la pausa di agosto, oltre a creare disagi a molte persone, comporta anche dei danni economici. Da una parte, l’economia perde il contributo quotidiano continuato delle persone che restano in città. Dall’altra parte, molte risorse vengono sottratte dall’aumento dei prezzi nelle località turistiche (e non è comunque detto che il picco delle presenze dei turisti connazionali sia capace di bilanciare l’assenza delle entrate continuate in quelle località).
Insomma, la tradizione di chiudere quasi tutto in agosto è scomoda e dannosa.
Ecco, questo era il testo che avrei potuto pubblicare una qualsiasi estate passata o futura.
Ma ora, nel 2020, la situazione è ancora più grave. Quindi aggiungo alcune altre considerazioni.

Come ben vi ricordate, l’Italia ha attraversato – assieme a quasi tutta l’Europa – due mesi di lockdown. Due mesi durante i quali molte aziende e lavoratori autonomi hanno dovuto interrompere ogni attività lavorativa. Non perché fanno dei lavori inutili, non perché sono delle persone (o gruppi) incapaci o mal organizzati, ma perché le loro attività possono esistere solo in un mondo normale. Possono funzionare solo in un mondo dove l’attività umana non ha come l’unico obiettivo la salvezza fisica della persona. Sono dunque delle attività che dipendono dall’incontro fisico con il cliente (e/o con i colleghi) o dalla presenza del lavoratore in un determinato luogo fisico. Spesso in un luogo pubblico. In Italia il marzo e l’aprile sono stati economicamente tragici per tantissime persone. Per diverse persone anche i tre mesi successivi hanno continuato a essere difficili perché la vita quotidiana non ha fatto in tempo a tornare ai ritmi di prima.
Allo stesso tempo, tante aziende e tanti professionisti durante i tre mesi del post-lockdown sono riusciti a recuperare molto: grazie ai clienti che sono accorsi a fare tutto ciò che avevano rinviato a causa del lockdown. Il picco degli ordini non comporta gli stessi utili della spesa regolare e continuata, ma è comunque una bella occasione per far ripartire quelle attività che avevano dovuto fermarsi.
L’opportunità e la modalità del lockdown andrebbero discussi a parte, mentre ora ci dobbiamo porre almeno due domande:
1. I danni economici del lockdown sono già stati superati?
2. Siamo sicuri che a qualche politico nazionale o locale non venga l’idea diabolica di chiuderci a casa per qualche altro mese?
Purtroppo, in entrambi i casi la risposta è negativa. E allora proviamo a rispondere a un’altra domanda: quanta spensieratezza (o irresponsabilità) ci vuole per chiudere la propria attività anche questo agosto?
Qualcuno pensa che sia già tutto finito? Qualcuno ama tanto il rischio? Qualcuno pensa che i governanti ben stipendiati abbiano capito qualcosa della vita reale? Qualcuno è tanto ottimista da contare sugli aiuti veloci e proporzionati ai danni in caso di un nuovo lockdown?
Io capisco che il riposo e le vacanze sono importanti per la maggioranza delle persone. Ma capisco anche che nell’epoca delle grandi incertezze converrebbe rimandare le vacanze ai tempi migliori.
Quindi, purtroppo, devo constatare: quella di bloccare la vita in agosto non è una semplice tradizione, è invece una grave malattia mentale.

Rubriche: Italia

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