Pure in Europa in tanti hanno scritto che «è stata liberata Brittney Griner». Tale interpretazione curiosa è probabilmente dovuta al fatto che la condanna della Griner per il traffico internazionale di droga in Russia è un fatto relativamente recente e giustamente mediatico da vari punti di vista.
Nel contesto dello scambio di prigionieri tra la Russia e gli USA è però più corretto cambiare l’accento: la vera notizia consiste nel fatto che «finalmente» è stato liberato Viktor Bout. Infatti, la sportiva americana era «solo» una prigioniera, sequestrata dalla Russia allo scopo di scambiarla, prima o poi, per qualche personaggio importante e/o utile trattenuto in Occidente (una cosa praticata da anni o decenni, se consideriamo anche il periodo sovietico). Sono ovviamente contento per la sua liberazione, ma allo stesso tempo capisco che si tratta di una notizia relativamente secondaria.
Viktor Bout, fino al suo arresto nel 2008, era un commerciante informale (utilizzerei questo termine neutrale) abbastanza fortunato delle armi russe in giro per il mondo. Chiunque può trovare su internet la descrizione delle sue attività in tale ambito, ma nessuno – tra i comuni mortali – sarebbe ora in grado di dare una risposta concreta e documentata a una domanda: perché la Russia ha insistito, anche a quattordici anni di distanza, per riaverlo indietro dagli USA? Sicuramente Bout ha già raccontato tutto quello che sapeva o poteva logicamente immaginare sul traffico delle armi russe (ed è per questo che non sarebbe più utile agli USA). Sicuramente i suoi contatti professionali hanno perso – durante gli anni passati in carcere – una buona parte della loro attualità (ed è per questo che non sembra un personaggio facilmente utilizzabile da subito). Dopo tanto tempo di assenza dal mercato sarebbe inutile tentare di impedirgli di parlare agli inquirenti americani (per il motivo che ho già scritto) o sperare che possa essere ancora un agente che ispira fiducia nelle controparti (qualcuno sospetterà di parlare con un doppio agente).
Però so due cose: 1) l’attuale regime russo non mai avuto problemi di abbandonare al proprio destino gli agenti ormai inutili; 2) nel contesto della guerra in Ucraina il regime di Putin ha bisogno di acquistare le armi (o le componenti) moderne di produzione estera. Di conseguenza, consiglio di non dimenticare il nome di Viktor Bout. Se dovesse restare in vita dopo il ritorno in Russia, prima o poi salterà fuori da qualche parte.
L’archivio del tag «usa»
Per fortuna, non tutto dipende dalle tendenze politiche del momento.
Il Dipartimento di Giustizia degli USA comunica che in Italia è stato arretato, su richiesta degli USA, Artem Uss, il figlio del governatore della regione russa di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Un altro personaggio coinvolto nel «caso Uss», Yury Orekhov, è stato arrestato in Germania. Le autorità statunitensi chiederanno l’estradizione di entrambi negli USA. Secondo l’accusa, Uss e Orekhov avrebbero acquistato – attraverso una società di comodo tedesca da loro creata, la Nord-Deutsche Industrieanlagenbau GmbH (NDA GmbH) – delle tecnologie statunitensi utilizzate nella produzione degli armamenti. Le tecnologie in questione sarebbero poi state vendute alla Russia, anche a una azienda colpita dalle sanzioni occidentali. Alcune delle tecnologie ottenute attraverso tale schema sono state trovate negli armamenti russi abbandonati sul campo di battaglia in Ucraina.
Purtroppo, l’estradizione dei due accusati potrebbe invece diventare una questione politica, il cui esito mostrerà il vero rapporto di due Governi europei con la guerra in corso. Presterei un po’ di attenzione a questo test pratico.
Nel frattempo, devo constatare che al momento della scrittura del presente post i media italiani stavano ignorando quasi totalmente l’argomento. E coloro che ne hanno scritto non hanno azzeccato la foto di Artem Uss, che in realtà sarebbe questa:
So che pure in Italia alcune persone sostengono la tesi in base alla quale le guerre si finiscono con la negazione del sostegno alla vittima della aggressione. Io, per ora, ho abbastanza salute mentale per sostenere l’esatto contrario, quindi spero che Uss e Orekhov – come pure altri personaggi del genere – abbiano presto l’occasione di visitare gli USA.
Mi era già capitato di scrivere del molto «divertente» trucco del Comune di Mosca: dedicare il pezzo della via in cui si trova l’ambasciata statunitense alla cosiddetta Repubblica Popolare di Donetsk. Il trucco, ovviamente, aveva per l’obiettivo costringere i diplomatici americani a un mezzo-riconoscimento – tramite l’indicazione del nuovo indirizzo sui documenti ufficiali – della entità territoriale affiliata alla Russia.
Ma gli americani hanno dimostrato di avere una buona fantasia e abbastanza senso dello humor. Ora indicano, sui documenti e sul sito ufficiale della ambasciata, non l’indirizzo ma le coordinate:
Respect!
Prima o poi (spero prima) a Vladimir Putin verranno riconosciuti anche i meriti nella lotta – o, se preferite, guerra – vittoriosa contro la disoccupazione a livello mondiale. Si tratta della disoccupazione evitata tra le persone altamente qualificate, ma questo dettaglio non rende certamente i meriti di Putin meno importanti.
Faccio solo due esempi.
Inizio dalla notizia più fresca, quella di ieri. Merrick Garland, il procuratore generale degli Stati Uniti, ha annunciato la creazione di un gruppo speciale per le indagini sui crimini di guerra in Ucraina. Tale gruppo sarà guidato da Eli Rosenbaum, il funzionario del Dipartimento di Giustizia che è stato definito il più noto «cacciatore di nazisti» degli Stati Uniti. Negli ultimi quasi quattro mesi abbiamo già appreso abbastanza notizie spaventose (ma pure palesemente parziali) per poter immaginare che il gruppo guidato da Rosenbaum avrà molto da fare nei prossimi anni.
La seconda notizia è un po’ più datata. All’inizio di febbraio la Commissione ONU aveva annunciato il completamento delle riparazioni irachene al Kuwait per la guerra del 1990-91. E, allo stesso tempo, si era constato che i membri della suddetta Commissione hanno maturato una esperienza pratica preziosa che tornerà (spero più prima che poi) in una zona diversa del mondo. Di conseguenza, l’organo non si era «estinto» automaticamente.
Per ovvi motivi sto cercando di trattenermi dall’umorismo eccessivo… Ma chi vuole, può provare a immaginarlo.
Il Dipartimento della Difesa statunitense ha comunicato, quali materiali bellici sono già stati forniti all’esercito ucrano dall’inizio della guerra:
— Oltre 1400 sistemi antiaerei Stinger;
— Oltre 6500 sistemi anti-corazza Javelin;
— Oltre 20.000 altri sistemi anti-corazza;
— Oltre 700 sistemi aerei tattici senza pilota Switchblade;
— 108 obici da 155 mm e oltre 220.000 proiettili d’artiglieria da 155 mm;
— 90 veicoli tattici per il traino degli obici da 155 mm;
— 15 veicoli tattici per il recupero delle attrezzature;
— Sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità e munizioni;
— 20 elicotteri Mi-17;
— Centinaia di veicoli blindati multiuso ad alta mobilità;
— 200 veicoli corazzati M113;
— Oltre 7000 armi leggere;
— Oltre 50.000.000 di munizioni per armi leggere;
— 75.000 set di armature ed elmetti;
— 121 sistemi aerei tattici senza pilota Phoenix Ghost;
— Sistemi missilistici a guida laser;
— Sistemi aerei senza pilota Puma;
— Navi da difesa costiera senza equipaggio;
— 22 radar di contro artiglieria;
— Quattro radar di contro-mortificazione;
— Quattro radar di sorveglianza aerea;
— Munizioni antiuomo M18A1 Claymore;
— Esplosivi C-4 e attrezzature di demolizione per la rimozione degli ostacoli;
— Sistemi di comunicazione tattici sicuri;
— Dispositivi di visione notturna, sistemi di immagini termiche, ottiche e telemetri laser;
— Servizi commerciali di immagini satellitari;
— Dispositivi di protezione per lo smaltimento di ordigni esplosivi;
— Attrezzature di protezione chimica, biologica, radiologica e nucleare;
— Forniture mediche, compresi i kit di pronto soccorso;
— Apparecchiature di disturbo elettronico;
— Attrezzature da campo e parti di ricambio.
In generale, direi che si tratta di una buona fonte non solo diretta, ma anche comodamente sintetica. Quindi tutte le persone interessate all’argomento la possono seguire senza un particolare impegno.
La Casa Bianca avrebbe creato un gruppo di lavoro «Tiger Team» (nome non ufficiale), il quale sta sviluppando un piano di risposta da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati in caso dell’uso da parte della Russia di armi di distruzione di massa: quelle chimiche, biologiche o nucleari. Allo stesso tempo, i funzionari statunitensi valutano i rischi dell’uso di armi nucleari da parte della Russia come bassi.
Di fronte a tale notizia dobbiamo preoccuparci? Direi di no: anzi, considerato un alto grado di precisione con il quale i militari statunitensi hanno predetto l’inizio della guerra, possiamo presumere che siano altrettanto precisi anche nelle loro valutazioni circa le bombe atomiche. Considerano il rischio come basso, ma non possono non reagire del tutto in presenza di un rischio…
Certo, è probabile che la mia mente stia cercando sostituire l’analisi con la speranza, ma lo scrivo comunque: ci sarebbero meno motivi per preoccuparsi.
Quindi ora potete leggere serenamente l’articolo linkato sopra e scoprire su quali scenari stanno lavorando negli USA.
Ieri, l’8 marzo, Joe Biden ha annunciato il divieto dell’import del gas e del petrolio russi. Si tratta di una sanzione logica, ma dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti (così come il Canada) non sono l’importatore principale delle materie prime russe in questione. L’importatore principale è l’Europa…
Ed ecco la Commissione europea propone agli Stati membri una bozza del piano di rinuncia al gas e al petrolio russi «molto prima del 2030». In particolare, le misure proposte dovrebbero ridurre la dipendenza europea dal gas russo di due terzi già entro la fine del 2022. Ehm… Non sarei in grado di valutare – velocemente, almeno – se sia un piano realistico, ma supponiamo pure che lo sia. Anche questa sanzione è logica. Sarà, soprattutto, una sanzione molto sensibile per l’economia russa in generale e per l’economia personale di molti personaggi vicini a Putin. [Potrebbe rivelarsi sensibile anche per l’economia europea, ma la pace, la libertà e i principi umani hanno un costo: nella vita ci sono dei momenti in cui non bisogna cercare di sottrarsene.] Di conseguenza, si può dire che sarebbe una sanzione pienamente («la più», direi) azzeccata. Nell’attesa di una redazione più e meglio definita del piano (del quale si potrà discutere con più serietà), vorrei solo ricordare ai miei lettori un altro aspetto.
Il gas e il petrolio russi sono attualmente già colpiti da sanzioni che io chiamerei «indirette». Infatti, gli acquirenti europei – e non solo quelli europei – già oggi hanno paura o addirittura non possono pagare il gas e il petrolio russi. Perché si tratterrebbe di fare dei pagamenti in dollari o in euro alle aziende russe che si trovano sotto le recentissime sanzioni.
Comunque sia il piano europeo di cui sopra, speriamo che l’inverno prossimo sia caldo!
E ancora di più speriamo – io lo spero – che la situazione odierna si risolva presto.
È accaduto un evento epocale: i robot della Boston Dynamics non faranno più solo attori dei famosi (e realmente sorprendenti) video e non saranno impiegati (quasi per gioco) solo in alcune singole aziende o enti. Per la prima volta ho letto di una fornitura di massa dei robot della Boston Dynamics a una azienda concreta.
Ebbene, la Boston Dynamics ha annunciato di avere raggiunto un accordo con la DHL: fornirà una flotta di robot da impiegare nei magazzini statunitensi per lo scarico dei pacchi dai camion. I robot in questione si chiamano Stretch e consistono in un braccio robotico posizionato su una base mobile. Con sette gradi di libertà e ventose posizionate sulla estremità del braccio, il robot può «prendere» e spostare le scatole che pesano fino a 23 kg. Lo Stretch è dotato di telecamere e sensori per la navigazione e può funzionare fino a otto ore prima di dover essere messo in carica. Ma il vantaggio tecnico principale di questo robot consiste – pare – nella capacità di operare con le scatole di dimensioni diverse e con quelle accartocciate o danneggiate.
Il Boston Dynamics Stretch ha questo aspetto:
La DHL, a sua volta, comunica che col tempo questi robot saranno impiegati anche in altre fasi della gestione del magazzino.
Di fronte a questa notizia qualcuno potrebbe ricominciare a parlare dei posti di lavoro «rubati» agli umani. Questo qualcuno, però, sarà o un populista o una persona poco informata della realtà. Ma la realtà è molto curiosa: il settore logistico statunitense soffre da tempo un forte deficit della manodopera. L’anno scorso, per esempio, era stato raggiunto il record di 490 mila (!) posti vacanti nel settore. Di conseguenza, ma anche un po’ a sorpresa, le aziende sono costrette a robotizzare i magazzini. Aspettiamo di vedere cosa e come succede in questo ambito in Europa in generale e in Italia in particolare.
Il Senato degli Stati Uniti ha pubblicato una proposta di legge, redatta da 26 senatori, sulle sanzioni da imporre alla Russia se le truppe russe dovessero invadere l’Ucraina o se il conflitto tra la Russia e l’Ucraina dovesse intensificarsi ulteriormente. Tra le misure proposte ci sono il divieto di entrare negli Stati Uniti e il congelamento dei beni statunitensi del presidente russo, del primo ministro, del ministro degli esteri e del ministro della difesa, così come dei comandanti di vari tipi di truppe e di altri individui che la Casa Bianca dovesse ritiene coinvolti in «aggressioni contro l’Ucraina». Si tratta di un documento lungo e, dicono, visto positivamente dalla Casa Bianca. Ma nonostante tutto questo, attualmente non mi sembra un documento da prendere troppo sul serio.
Prima di tutto, non è da prendere sul serio perché l’intervento diretto (apertamente dichiarato) delle truppe russe in Ucraina continua a sembrarmi poco probabile. In secondo luogo, non è detto che un documento del genere venga approvato (o, almeno, approvato nella sua redazione attuale). In terzo luogo, spero tanto che prima o poi qualcuno riesca a spiegare ai politici federali americani che il presidente russo menzionato nel documento si comporta costantemente come un bullo infantile: quando si sente sotto pressione, continua a «fare il cattivo» con una intensità maggiore di prima. Quest’ultimo punto, in particolare, complica tanto il lavoro dei politici e diplomatici costretti ad affrontare i comportamenti dei governanti russi e richiede una buona fantasia nell’inventare le sanzioni: ovviamente, qualora ci fosse l’interesse di introdurre sanzioni (o compiere qualsiasi altro tipo di azione) funzionanti e realmente mirate al raggiungimento di un obiettivo concreto e voluto. E, effettivamente, dobbiamo ammettere che nessuno ha mai sostenuto che la politica e la diplomazia siano dei mestieri facili. Non consistono certo nella sola frase imperativa «fai il bravo».
Secondo la Reuters le autorità statunitensi starebbero considerando ulteriori misure restrittive nei confronti della Russia per l’eventualità di una invasione russa della Ucraina. In particolare, si penserebbe anche alle misure di «emergenza» per limitare le esportazioni verso la Russia. Tali misure includono un divieto sull’export di telefoni, componenti chiave per la produzione degli aerei e delle automobili, ma anche di materiali «per molte altre industrie».
Cosa possiamo apprendere da questa notizia? Per l’ennesima volta possiamo apprendere che l’amministrazione di Joe Biden non ha capito più o meno niente di Vladimir Putin. Infatti, Putin – come lo conosciamo oggi – continua a non voler assumere alcuna responsabilità per le scelte difficili. Non ammette la responsabilità per gli atti terroristici compiuti all’estero (avvelenamenti e altri omicidi), per gli abbattimenti degli aerei (sicuramente vi ricordate del volo MH17) e per l’invasione dei territori altrui (l’intervento dell’esercito russo in Crimea non è stato riconosciuto). Di conseguenza, non abbiamo dei motivi per pensare che improvvisamente cambi e decida di sanzionare, da Comandante supremo delle forze armate, l’inizio di una guerra con un qualsiasi Stato di questo pianeta.
La concentrazione delle forze militari russe continua a essere solo uno strumento della «diplomazia» contemporanea russa: serve per dire «trattatemi bene che sono un pazzo armato».
Di conseguenza, mi dispiace tanto che negli USA vangano sprecati il tempo e le forze…
P.S.: per qualche motivo nelle ultime settimane tutti continuano a dire e scrivere, con una intensità maggiore di prima, che le forze armate russe siano aumentate vicino al confine con l’Ucraina. Ma in realtà l’aumento che intendono si è verificato a Elnja, vicino al confine con la Bielorussia.
Boh, sarà perché per la maggioranza dei giornalisti si tratta delle terre ugualmente lontane e sconosciute.