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Il pulcino Trump

Il regista Taran Singh Brar ha installato vicino alla Casa Bianca, per protesta, un pulcino gonfiabile somigliante a Donald Trump.

A giudicare dallo stile nel quale è stato realizzato il «pupazzo», il designer-autore si chiama Donald Trump.

Non so aggiungere altro.


Cronologia

I problemi della cronologia:


100 giorni di Trump

Tutti si chiedono: per cosa saranno ricordati i primi 100 giorni della presidenza di Donald Trump?

Io penso di conoscere la risposta, anche se, allo stesso tempo, devo ammettere di essere d’accordo con una delle affermazioni dello stesso Trump sulla presunta importanza simbolica di quei giorni: tale importanza è veramente bassa.

E ora la mia risposta.

I primi 100 giorni della presidenza di Trum saranno ricordati per il fatto che gli USA sono stati governati da Donald Trump.

Non vi sembra che sia già un evento eccezionale?


Realtà istituzionalizzata

La gente è talmente impegnata a detestare Donald Trump, che si dimentica un principio vitale importantissimo: si può imparare da tutti. Anche un coglione fenomenale la persona più antipatica ha delle conoscenze pratiche o teoriche prezioыe o, almeno, è capace di inventare qualche trucco utile per la vita quotidiana.

Torniamo alla figura di Trump. Come sapete, è un imprenditore (probabilmente non sapete che nei Paese realmente sviluppati la bancarotta è uno strumento economico e non un indicatore di sfiga, ma non importa), un imprenditore che deve per la sua natura essere sempre al passo coi tempi. Allo stesso tempo, sapete (o almeno immaginate) che i familiari di un qualsiasi politico sono informati sugli affari di Stato molto più dei cittadini comuni. Lo sono semplicemente perche in famiglia se ne parla con una fonte diretta. Non solo si parla, ma anche si discute, si fa uno scambio di opinioni.

In questa ottica le lamentele sul fatto che Ivanka Trump non avrebbe alcun incarico ufficiale sono prive di senso. Il suo status è quello della familiare del presidente. Donald Trump ha semplicemente riconosciuto un dato di fatto portandolo a un nuovo livello politico. E vuole pure dare a Ivanka un ufficio alla Casa Bianca.

Quindi abbiamo da imparare anche da Trump. Impariamo a riconoscere pubblicamente lo stato reale delle cose.


Presidentegrafia comparata

Tra i vari sociologi e politologi statunitensi è molto popolare l’indice Presidential Job Approval, calcolato quotidianamente a partire dal secondo dopoguerra da Gallup. Su questa pagina del progetto, per esempio, è possibile trovare i valori di due variabili: l’"approvazione del lavoro presidenziale" e la «disapprovazione del lavoro presidenziale». Per tutti i presidenti a partire da Eisenhower: http://www.gallup.com/interactives/185273/presidential-job-approval-center.aspx

Dall’andamento dei due valori si vede che ogni presidente all’inizio del proprio mandato gode di un buon sostegno popolare, ma col passare del tempo il grado della disapprovazione cresce. Naturalmente, varia nel tempo, ma mediamente cresce rispetto al periodo iniziale. A un certo punto il grado della disapprovazione può superare il 50% Questo significa che la maggioranza della popolazione non approva il lavoro del Presidente.

Osservando i dati storici, possiamo constatare che il grado di disapprovazione non superò mai il 50% per Eisenhower, Kennedy e Gerald Ford (quest’ultimo, però, ricoprì l’incarico per soli due anni e mezzo circa).

Gli altri Presidenti hanno superato la soglia del 50% della disapprovazione nei seguenti momenti:

Lyndon Johnson — al giorno di lavoro numero 900
Richard Nixon — al giorno di lavoro numero 1659
Jimmy Carter — al giorno di lavoro numero 851
Ronald Reagan — al giorno di lavoro numero 727
George H. W. Bush — al giorno di lavoro numero 1136
Bill Clinton — al giorno di lavoro numero 537
George W. Bush — al giorno di lavoro numero 1205
Barack Obama — al giorno di lavoro numero 936
Donald Trump — al giorno di lavoro numero 8

Non so cosa aggiungere…

Probabilmente, potrei aggiungere che anche il populismo è un mestiere che non va fatto proprio con il ventunesimo dito.


Barzellette segrete

Riprendiamo l’argomento del mio post di ieri.

Tra i documenti declassificati dalla CIA è stata trovata anche una piccola raccolta delle barzellette sovetiche. Il materiale fu preparato per il vice-capo della Agenzia.

Perché proprio queste opere folcloristiche furono ai tempi inserite tra i documenti segreti? Boh…

Bonus Track. Forse non lo sapevate, ma Ronald Reagan aveva uno strano hobby: collezionava le barzellette sovietiche. E, essendo un ex attore, amava raccontarle in pubblico. Ecco un video che lo testimonia:


Tanti segreti in meno

Ho una buona – anzi, ottima – notizia da comunicarvi.

La CIA, nell’ambito del programma Freedom of Information Act, ha concesso a tutti l’accesso a più di 930.000 documenti (più di 12 milioni di pagine) prodotti fino al 1990.

Prevedo che tantissime persone pervertite andranno subito a vedere i documenti sugli UFO.

Alzi il mouse chi, come me, va invece a leggere della Baia dei Porci.


C’è speranza per tutti

Non mi piace quando una notizia sparisce nel nulla prima di giungere alla sua naturale conclusione. Quindi oggi riprendiamo una delle vecchie notizie.
Nel 2012 in Russia fu approvata una legge, con la quale venne vietata l’adozione degli orfani russi da parte dei cittadini statunitensi. Chi non sa o non si ricorda di cosa si tratta, può rileggere il mio vecchio post sull’argomento.
A tutti gli altri segnalo l’odierna sentenza della CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo), la quale si è espressa a favore dei 45 ricorrenti americani. I 45, «A. H. and others», nel 2012 si videro rifiutare il completamento del processo di adozione degli orfani scelti nonostante il processo burocratico iniziato già tempo prima. Presentando il ricorso, hanno tralatro lamentato la discriminazione per motivi nazionali. La Corte ha riconosciuto il fatto della discriminazione.
Si tratta di una delle pochissime situazioni in cui una questione di diritti umani non mi fa schifo.
Chi ha tempo e voglia, si legga pure la sentenza.


Uno in meno

Quando sento (o leggo) le persone parlare della politica estera, spesso giungo alla conclusione che «nessuno è dittatore fuori dalla patria». Succede un po’ perché la gente non conosce i fatti, un po’ perché non è costretta a subirli sulla propria pelle. Ciò vale anche per la valutazione popolare di Fidel Castro che è schiattato ieri.

Fidel Castro è stato un fenomeno unico: dopo essere stato proclamato il simbolo della rivoluzione, è stato capace di superare i successi di quasi tutti gli altri famosi leader politici del XX secolo. Ha superato Roosevelt, impoverendo i propri cittadini con più tenacia ed efficienza. Ha superato Hitler e Stalin messi insieme, mandando nelle carceri e nei lager il triplo (in termini di percentuali) degli avversari politici. Ha superato tutti (o quasi) i dittatori del mondo per la durata della permanenza al potere. Ha superato lo stesso Che, avendo compreso in tempo che non si resta al potere mantenendo la fedeltà agli ideali…

Solitamente, quando muore un personaggio del genere, si usa dire che «è finita una epoca». L’epoca di Fidel, però, è finita con la fine della guerra fredda: quasi trent’anni fa. Come tutti i regimi comunisti, anche quello cubano fu finanziato dall’URSS. Il suo vantaggio rispetto ad altri pretendenti si basò però su una posizione strategicamente importantissima nella competizione nucleare tra gli USA e l’URSS. La cessazione di ogni forma di competizione tra le due potenze (e la dissoluzione di una delle due) determinò la fine dei generosi finanziamenti. Proprio in quel momento — casualmente? — finì l’epoca fortunata di Fidel. L’ultimo colpo della fortuna è stato il notevole peggioramento della salute fisica e mentale di Fidel, il quale lasciò dunque felicemente le sorti della Isola in mano al fratello Raúl.

Il progressivo passaggio formale del potere portò alla possibilità di cercare un nuovo sponsor ricco. Raúl è stato politicamente bravo a ristabilire i rapporti amichevoli con gli USA: non solo bravo, ma pure costretto, vista l’indisponibilità di tutti gli altri a mantenere l’economia cubana. Si tratta, molto probabilmente, del più grande successo di Barack Obama nella politica estera, visto che Cuba è stato l’unico Stato (ri)entrato nella sfera di influenza americana per propria volontà. Triplo ahahaha: è successo proprio a uno Stato comunista.


Disegnare Trump

Oggi ho deciso di riposarmi dai testi politici e dedicarmi allo studio della iconografia.

Quindi condivido con voi alcuni dei risultati più interessanti che ho trovato. Sarebbe interessante a rivedere queste immagini dopo un paio d’anni e confrontarle con quelle sull’operato effettivo del nuovo presidente.


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