Per l’anniversario dell’11/9 è stata riaperta – restaurata – la stazione della metropolitana newyorkese che si trova(va) proprio sotto le Twin Towers.
Rileggete bene queste parole semplici: è stata riaperta la stazione.
Qual è la morale di questa notizia? I problemi, anche quelli gravissimi, di una stazione della metropolitana non possono e non devono causare il blocco della intera linea. Purtroppo dubito che i costruttori delle nuove linee della metropolitana milanese siano capaci di comprendere e/o di mettere in pratica tale principio.
L’archivio del tag «usa»
In Minnesota il giudice federale ha respinto il ricorso degli atei che contestavano la presenza della frase «In God We Trust» sulle banconote e monete statunitensi. Secondo i ricorrenti il motto nazionale sarebbe incostituzionale in quanto viola il principio della libertà della fede religiosa. E, purtroppo, non è la prima volta che falliscono nella loro lotta giudiziaria contro quel anacronismo.
Io, da parte mia, spero ancora di fare in tempo a vedere il mondo — almeno quello occidentale — libero da ogni genere di simbologia religiosa negli spazi pubblici. Restino pure le chiese (tanto per me sono solamente degli edifici con un loro valore artistico più o meno alto), ma tutto il resto dovrebbe sparire: i simboli, le immagini, le divise da lavoro dei preti etc. Perché gli umani, essendo dotati della ragione, hanno il compito di comprendere il mondo e non rimanere degli eterni bambini riempiti di favole. Perché ogni religione è una favola, raccontata alla società-bambino per aiutarla a crescere con dei giusti valori e principi nella testolina. Ma nel XXI secolo la (o le?) società occidentale è ormai grandicella per continuare a vivere di favole. Dovrebbe ormai liberarsi delle religioni per non apparire rimbambita.
In questo senso, le mie speranze sono ancora molto legate a quanto succede — o può succedere — negli USA, uno dei più grandi esportatori del progresso degli ultimi decenni (anche se pure la società americana ha delle grandissime stranezze).
Come saprete, teoricamente non è possibile espellere dal territorio di uno Stato le persone apolide. A meno che non si trovi un altro Stato disposto ad accogliere quella persona. Quindi l’espulsione di Jakiw Palij è una rara e giusta occasione di fare i complimenti a Donald Trump per il lavoro diplomatico svolto.
Ed è una buona occasione per constatare che pure Trump, nato e formato negli USA, non è del tutto privo a quei principi di libertà che stanno ostacolando molte delle sue iniziative presidenziali.
Alcuni esempi delle diffenze liguistiche tra le varie zone degli USA:
Vorrei trovare qualcosa del genere anche per l’Italia.
Agli americani piace molto convertire le grandi superfici in campi da calcio. Per qualche motivo a me sconosciuto tale operazione fa una certa impressione sui lettori/ascoltatori statunitensi. Pure in Europa c’è chi adotta questa moda.
Purtroppo, però, gli americani ed i loro seguaci europei si dimenticano di precisare quale sport si sottintende.
Eppure c’è una notevole differenza. Un campo da football americano ha le misure 109,73×48,74 metri, mentre il campo da football europeo (che in Italia si chiama con la parola mussoliniana «calcio») ha le misure 105×68 metri.
Ci sono quasi 1800 metri quadri di differenza!
La settimana scorsa è stato rimosso dal Central Park di New York il monumento a James Marion Sims, considerato il padre della moderna chirurgia ginecologica. Non mi metto a spiegarvi quale fu l’oggetto delle sue ricerche mediche: volendo lo potete scoprire tranquillamente da voi leggendo il relativo articolo della Wikipedia. Purtroppo in questo momento è molto più interessante vedere il motivo della rimozione di quel monumento (e della messa in discussione di altri).
In sostanza, James Marion Sims, nato nel 1813 e morto nel 1883, nella seconda metà degli anni ’40 condusse una lunga serie delle sperimentazioni mirate a trovare la soluzione di un determinato problema medico. La maggioranza di tali sperimentazioni fu eseguita sulle schiave afroamericane, spesso comprate per l’occasione. Quindi nel 2007, quando venne pubblicato il libro «Medical Apartheid» della scrittrice Harriet A. Washington, si iniziò a parlare della «necessità» di rimuovere il monumento in quanto sarebbe dedicato a una «macchia sulla storia americana». Nel 2017, quando negli USA improvvisamente si è scoperta la reale possibilità di un imminente crollo del consenso storico sugli esiti della guerra civile tra Nord e Sud, si sono intensificate anche le discussioni sul monumento a James Marion Sims.
Il mio post odierno non è dedicato alle questioni di genere, razza o libertà. Il mio post è dedicato all’ennesimo tentativo, stupido come tutti gli altri tentativi precedenti, di riscrivere la storia per farla corrispondere agli standard etici e morali di oggi. Ma la storia è una materia molto più ampia della semplice cronologia degli eventi anche perché i suddetti standard sono in una continua evoluzione. Non capirlo (o fingere di non capirlo) è una evidente manifestazione di stupidità. Molte delle cose considerate normali anche fino a pochi decenni fa, oggi nel migliore dei casi sono fuori moda. Eppure all’epoca dei fatti avevano portato ai risulti tuttora considerati positivi per l’umanità. Riconoscere, sfruttare e ricordare i risultati, e allo stesso tempo maledire e cancellare dalla memoria coloro che hanno avuto la capacità di raggiungerli solo a causa dei metodi normali (per fortuna o purtroppo) per la loro epoca è forse anche peggio della semplice stupidità. È una forma pesante della ipocrisia.
Purtroppo la proliferazione di questa forma di ipocrisia sta colpendo, ultimamente, non solo la medicina. Pensiamo al mondo del cinema – un mondo dal punto professionale storicamente maschile – dove da sempre (o quasi) l’ingresso delle donne si trovava sotto le scrivanie. Fino a pochi mesi era una cosa talmente scontata, che a nessuno veniva in mente di parlarne. L’inizio improvviso della moda di parlare del harassment ha introdotto anche in questo caso delle norme di applicazione retroattiva: chi ha reso possibile, almeno dal punto di vista organizzativo, la realizzazione di diversi buoni film oggi si trova tagliato fuori dal mondo professionale solo perché teneva atteggiamenti tipici dei loro tempi.
Una parte del mondo sta andando da qualche parte sbagliata…
Come atteso, il Dipartimento del Tesoro statunitense ha diffuso il cosiddetto «Kremlin Report», cioè una lista di politici e uomini d’affari (familiari compresi) e di enti parastatali accomunati dalla vicinanza a Vladimir Putin. Si tratta di un elenco delle persone da osservare e, eventualmente, inserire nella lista dei soggetti alle varie sanzioni personali-economiche. [Io la riporto in fondo al presente post.]
Prima di leggere qualcosa sull’argomento e/o formare una propria opinione in merito, bisogna comprendere alcuni — pochi — concetti fondamentali. In primo luogo, c’è da dire che la lista dei politici appare ragionevole e potrebbe essere estesa fino a comprendere la stragrande maggioranza dei politici di livello federale, regionale e locale. Per ora, invece, pare che gli autori della lista abbiano adottato una metodologia di ricerca molto semplice: avrebbero aperto una edizione recente delle «pagine gialle» di Mosca per copiare da essa i nomi dei dirigenti delle varie strutture.
In secondo luogo, appare molto strana la lista degli imprenditori. Pare che gli autori della lista si siano limitati a copiare in massa i nomi elencati al vertice della lista Forbes-Russia. Infatti, tra gli imprenditori ho trovato i nomi delle persone che sono ricche, potenti e libere nonostante — e non grazie a — l’esistenza di Vladimir Putin al potere. Alcuni di loro anni fa hanno praticamente azzerato le loro attività economiche in Russia (come il № 59 della lista appena pubblicata Yuriy Milner o № 69 Mikhail Prokhorov) per non dipendere dal regime e non dover spartire i propri guadagni con qualcuno del potere. Alcuni altri, invece, fanno il possibile per rimanere politicamente neutrali, riuscendo a proteggere (per ora) le proprie attività (tra questi vediamo gli esempi del № 11 Petr Aven [Alfa-Bank] o il № 93 Arkadiy Volozh [Yandex.ru]).
Isomma, per adesso la lista è solo un elenco astratto che qualsiasi persona dotata dell’internet avrebbe potuto stilare in meno di un quarto d’ora (quindi molto meno dei 180 giorni che ci hanno impiegato i funzionari statunitensi). Vediamo cosa ne fannonel futuro.
E ora, finalmente, la famosa lista:
La parte politica
La parte economica
Il 20 novembre il cameraman della rete televisiva statunitense Weather Channel aveva cercato di riprendere, come molti suoi colleghi, l’abbattimento dello stadio «Georgia Dome» Atlanta (fu utilizzato per le Olimpiadi del 1996).
Essendo un tipo fortunato, ha avuto una buona compagnia negli attimi migliori dell’avvenimento:
Sulla mappa degli Stati Uniti è presente «un elfo che sta cucinando il pollo». Il suo nome è Mimal perché il personaggio è composto dagli Stati Minnesota (il cappello), Iowa (la testa), Missouri (la camicia), Arkansas (i pantaloni) e Louisiana (gli stivali).
Il pollo è Kentucky e il pollo è Tennessee.
Ole-ole, nei giorni scorsi Donald Trump ha deciso di fare una promessa che sarebbe riuscito a mantenere in breve tempo…
Battute a parte, la notizia vera è realmente curiosa: poche ore fa negli Stati Uniti sono finalmente stati resi pubblici 2891 documenti sull’omicidio del Presidente John Kennedy. Non mi va di raccontare i primi riassunti fatti da altri, quindi mi limito a comunicarvi che i documenti in questione sono ora liberamente scaricabili.
I grafomani e i detective da divano hanno un sacco di nuove fonti di ispirazione!
Bisogna festeggiare.