L’archivio del tag «urss»

La fortuna numismatica

Nei giorni scorsi la mia collezione di monete si è arricchita di alcuni preziosi esemplari. Uno di essi è il rublo sovietico commemorativo, emesso nel 1989 per i 175 anni dalla nascita del poeta ucraino Taras Shevchenko (considerato uno degli artefici della letteratura ucraina e della lingua ucraina contemporanea):

Probabilmente, qualche volta potrei usare la foto di questa moneta in qualità di una immagine di profilo (visto che la forma rotonda ci è imposta su quasi tutti i siti già da un po’ di anni). Ho pure i baffi in una certa misura simili! In ogni caso, sarà un trucco tecnico esteticamente più bello e originale di una bandierina applicata sopra una foto propria. E, ovviamente, non significa assolutamente che sono un nostalgico dell’URSS (è in realtà è proprio al contrario).
P.S.: a tutti coloro che non lo sanno comunico che il dritto delle monete commemorative sovietiche era identico a quello delle monete normali. Eccolo sempre sulla stessa moneta di cui sopra: Continuare la lettura di questo post »


Ancora un saluto a Mikhail Gorbachev

La sera del 30 agosto è morto Mikhail Gorbachev. Oggi è il giorno del suo funerale.
Giovedì avevo già scritto quello che ho potuto scrivere in quel momento (anche se di Gorbachev si potrebbe dire tantissimo), quindi oggi mi limito a pubblicare un post fotografico su alcune tappe della vita del grande personaggio storico.
Mikhail Gorbachev (al centro con il copricapo) con i compagni di classe, anni ’40:

Mikhail Gorbachev, anni ’50:

Mikhail Gorbachev a Stavropol, anni ’60: Continuare la lettura di questo post »


Mikhail Gorbachev

Ormai sapete già che ieri sera è morto Mikhail Gorbachev. Aveva 91 anni e da oltre tre anni aveva dei problemi seri di salute, quindi, purtroppo, la sua morte non è una sorpresa. È «solo» un fatto infinitamente triste.
Mikhail Gorbachev è stato un personaggio incredibile, quasi unico nella storia. Era nato, aveva studiato e si era professionalmente e politicamente formato in un sistema inizialmente totalitario, poi semplicemente ipocrita e stagnante. Un sistema che attraverso l’ideologia statale dichiarava di essere orientato al progresso sociale, ma sulla pratica avente per l’obiettivo solo il mantenimento del potere di un gruppo limitato di persone. Un sistema che ai comuni cittadini sembrava disperatamente eterno. Non importa, almeno in questa sede, se l’ideologia comunista possa essere «realizzata» in pratica. L’importante è che Mikhail Gorbachev era arrivato a diventare il capo del suddetto sistema antiumano, si era guardato attorno e aveva deciso di tentare a riformarlo. Aveva preso delle decisioni spesso giustamente criticabili e degli errori, ma lo Stato aveva iniziato a cambiare, lentamente, in meglio. La gente aveva iniziato a percepire un certo clima di libertà e di vero progresso…
Nell’agosto del 1991 un gruppo di alti funzionari sovietici – anziani e molto attaccati al vecchio sistema statale che garantiva a loro il potere eterno e il benessere esclusivo – avevano tentato un colpo di Stato: avevano istituito una entità nota in Italia con il nome di «Comitato statale per lo stato di emergenza in Unione Sovietica», avevano bloccato Gorbachev nella sua dacia a Foros (in Crimea) e tentato di bloccare il governatore della regione di Mosca Eltsin fuori città. Proprio in quel momento molti moscoviti hanno immaginato il ritorno all’URSS del modello pre-Gorbachev, si sono terrificati dalla sola idea e hanno apertamente manifestato la propria risposta: «col cazzo».
Proprio dopo il fallimento del colpo di Stato del 1991 l’URSS aveva iniziato a cadere a pezzi. Gorbachev – figlio del sistema di cui sopra – non aveva fatto alcun tentativo di aggrapparsi al potere e si era dimesso, lasciando la strada alle persone più giovani, più attive, istruite e moderne. Lo ha fatto volontariamente, all’età di soli 60 anni, dopo soli 6 anni passati al potere in uno enorme Stato non democratico. Mi sapete indicare un altro personaggio del genere nella storia del XX secolo? Potreste anche provare ad andare a vivere in una autocisterna e andare in giro con lo schermo del telefono illuminato al massimo: tanto non ci riuscite comunque.
Io, intanto, posso comunicarvi che nella storia ultramillenaria della Russia ci sono stati solo due leader – sempre in conflitto tra loro – che nelle epoche del proprio massimo potere non avevano sfruttato la possibilità di arrestare o uccidere qualsiasi persona (anche l’un l’altro) anche per la sola critica verbale del proprio operato: Gorbachev e Eltsin. Purtroppo, ora sono morti entrambi.
Uno di loro due, Mikhail Gorbachev, se ne è andato assieme, quasi in contemporanea, con una delle sue conquiste più importanti, ma mai apprezzate – forse anche non notate – dalla gente un po’ di tutto il mondo: lo scioglimento pacifico dell’URSS. Infatti, la guerra che stiamo osservando da oltre sei mesi è una delle convulsioni finali di un impero che avremmo potuto vedere già trent’anni fa. Ma, a differenza di molti altri scioglimenti che conosciamo bene, quello dell’URSS almeno ai tempi di Gorbachev non si era trasformato in una guerra.

R.I.P. Mikhail Gorbachev


La constatazione della morte

Ieri mi sono quasi perso un anniversario bello: i 30 anni dalla firma dell’Accordo di Belaveža.
Ma proprio trent’anni fa, l’8 dicembre del 1991, i Capi della RSFSR (in sostanza, la Russia) e delle Repubbliche socialiste sovietiche bielorussa e ucraina — Boris Eltsin, Stanislav Shushkevich e Leonid Kravchuk — firmarono l’accordo di Belaveža, un documento in base al quale le loro Repubbliche uscirono dall’Unione Sovietica. Diciassette giorni dopo, poi, l’URSS cessò ufficialmente di esistere. Quell’evento era preceduto e, soprattutto, seguito dai tempi abbastanza difficili per le popolazioni di tutte le ex Repubbliche sovietiche, ci sono ancora un po’ di nostalgici (mai integrati nel mondo contemporaneo o con la memoria alterata) che vedono la firma di quel documento come la fonte di molti mali di oggi. Ma, obbiettivamente, è stata ormai una necessaria constatazione di morte di una entità territoriale inutile. Non mi dispiace per essa, come non mi dispiace per il rispettivo Stato di fatto morto ancora prima.
Se la politica interna (e in un certo senso pure quella estera) della parte più estesa dell’ex URSS non stesse stilisticamente tornando ai tempi antecedenti la firma del suddetto Accordo, avrei pure espresso il desiderio di dimenticare completamente — e felicemente — molte cose e guardare solo al futuro. Con l’Accordo di Belaveža si era tentato di darmi quella possibilità…
Insomma, per è un anniversario più positivo che negativo.


Imparare storia online

Non mi capita proprio tutti i giorni, quindi ogni volta è una «bella» sorpresa: alcuni siti italiani di fatto mi impediscono la registrazione (o l’accesso ad alcuni servizi) perché sospettano una divergenza insuperabile tra i miei dati anagrafici e il mio codice fiscale.
Vi chiederete se io sia capace di inserire correttamente i propri dati?
Ahahaha triplo… No, siete voi che avete la fantasia un po’ povera!
Il motivo reale è molto più interessante: i creatori di molti siti italiani (ma in realtà anche dei database aziendali e istituzionali) non sanno che da qualche parte del nostro pianeta fino al 1991 è esistito uno staterello chiamato URSS. Uno staterello dove in quasi settant’anni di storia sono nate un po’ di persone. E, soprattutto, molte di queste persone continuano a spargersi per tutto il mondo. Nonostante tutto, molte di quelle persone nate (me compreso) in uno Stato non più esistente sono ancora in vita e devono in qualche modo interagire con le aziende e le istituzioni… Ed ecco che, molto spesso, non avendo alcuna possibilità tecnica di inserire (o scegliere dalla lista) in una form di registrazione il nome dello Stato dove mi ricordavo di essere nato – la form lo segna come nome di Stato sbagliato –, mi trovo costretto ad ammettere: nel lontano 1983 avevo già previsto tutto ed ero nato nella Federazione Russa ancora inesistente!
Purtroppo, i siti (e/o i vari database) non si accontentano di questa mia concessione alla storia moderna e al diritto internazionale e dicono:  «ah, ti abbiamo beccato!»  «ma allora il tuo codice fiscale è sbagliato!». Beh, effettivamente, nel mio codice fiscale lo Stato di nascita codificato è, giustamente, l’URSS e non la Federazione Russa…
A questo punto io, ormai totalmente confuso nelle mie conoscenze di storia, diritto e logica, ho solo due opzioni: andare a litigare con un operatore umano (il quale, come me, non ha alcun potere di raggirare le pretese della form) o falsificare il mio codice fiscale (codificando la Federazione Russa al posto dell’URSS). Con la pandemia del Covid ancora in corso, la prima opzione è molto meno praticabile di una volta: non per le mie fobie (non ne ho), ma perché lo hanno deciso le aziende e gli enti.
Non so ancora quale sia la morale di tutto questo. Devo essere contento per avere fatto delle scoperte storiche o per avere saputo della propria capacità di viaggiare nel tempo? Boh…
P.S.: non so se anche le persone nate, per esempio, nella ex Jugoslavia hanno lo stesso problema; proverò a indagare.
P.P.S.: se lavorate in una azienda o in un ente che per qualche motivo tratta i dati personali, provate a vedere se anche da voi esiste il problema descritto.


Le persone sulle monete

Questa estate, mentre mettevo in ordine alcune mie collezioni, avevo rivisto due dei miei oggetti quasi numismatici preferiti. E ho pensato di condividere con voi le relative immagini.

Sul portachiavi a sinistra vediamo Konstantin Tsiolkovskij: un ingegnere russo che tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 fu il primo a condurre delle ricerche scientifiche – prevalentemente ancora teoriche – sulla possibilità di esplorare lo spazio con l’uso dei missili.
Sull’amuleto a destra vediamo il ritratto di Ernesto Che Guevara, uno dei rivoluzionari più idealizzati (ingiustamente) al mondo. Lo conoscono quasi tutti.
Sicuramente avete già capito che in origine erano due monete cognate in due Stati facilmente immaginabili. E, infatti, si tratta di Continuare la lettura di questo post »


90 anni di Gorbachev

Non penso che ci sia il bisogno di presentare il protagonista del post di oggi. Quindi passo subito al pretesto che mi permette di scriverne.
Oggi Mikhail Gorbachev compie 90 anni.

Oltre a fare gli auguri (come se ci fosse anche una minima probabilità che egli se ne accorga), colgo l’occasione per ricordare quel falso mito che viene associato al nome di Gorbachev un po’ in tutto il mondo. Infatti, mi è capitato di sentire da molte persone – provenienti non solo dalla Russia o dall’Italia – delle frasi del tipo «Gorbachev ha fatto crollare l’URSS». Mah… se il lavoro di un anatomopatologo fosse sempre considerato la causa di morte, ci troveremmo oggi in un mondo abbastanza strano.
Il problema sta nel fatto che Gorbachev è stato un anatomopatologo che ha tentato di fare il lavoro di un rianimatore. Attraverso una serie di misure / riforme di vario genere (alcune sensate e alcune un po’ meno) Gorbachev ha tentato – con un grado di successo che ormai non ha più senso di commentare – di rianimare un grosso cadavere puzzolente e di colore viola, dimenticandosi (?) del problema principale: il corpo sul tavolo non aveva più alcuna ragione di vivere. Per un periodo abbastanza lungo, più o meno fino alla metà degli anni ’60, nell’URSS rimaneva ancora almeno una illusoria credibilità della ideologia statale. Di quella ideologia che era ancora capace di caricare molte persone di entusiasmo, di convincere che si stia costruendo un mondo migliore, «più giusto». Ma di fronte alla evidente realtà tutte le illusioni prima o poi svaniscono. Assieme a loro viene automaticamente meno anche la motivazione di mantenere in piedi ogni genere di entità che da quelle illusioni venivano motivate a funzionare e svilupparsi. Vale per le compagnie di amici, squadre sportive, aziende, Stati etc.
Mikhail Gorbachev non ha saputo, non ha voluto o non si è accorto di dover (sottolineate pure quella che preferite) rinnovare l’aspetto ideologico dell’URSS per proporre alle persone comuni e ai dirigenti locali qualche nuova (magari meno scadente, più attuale per quei tempi) motivazione alla futura vita comune. Di conseguenza, in occasione del tentato colpo di Stato nell’agosto del 1991 – quando alcuni vecchi gerarchi sovietici avevano tentato di difendere lo status quo a loro tanto conveniente – molte persone avevano capito: la scelta tra il passato noioso (da vomito) e il futuro nebbioso (ma forse migliore) va fatta ora. Il risultato è noto. Ma allo stesso tempo in molti preferiscono dimenticare che Mikhail Gorbachev aveva assistito al realizzarsi di quella scelta da prigioniero in una residenza in Crimea.
Mikhail Gorbachev è forse quel governante russo (nel senso largo del termine) degli ultimi trentacinque anni di storia, nei confronti del quale ho meno parole negative da dire o scrivere.
E quindi gli faccio serenamente gli auguri.
P.S.: per levare ogni dubbio, preciso: sono infinitamente felice che almeno l’URSS non esista più.


Il fotografo di Brezhnev

Un fatto di cronaca (o di storia?) interessante: il lunedì 28 settembre a Mosca, all’età di 81 anni, è morto Vladimir Musaelyan, il fotografo personale di Leonid Brezhnev. Svolse quel «ruolo» dal 1969 al 1982 (fino alla morte di Brezhnev).

A partire dal 1960 Musaelyan fu un fotografo della agenzia di stampa sovietica TASS e conobbe Brezhnev durante un viaggio di lavoro in Kazakistan. Non so di certo come sia stato notato, ma nei decenni successivi fu sempre molto apprezzato dal Segretario generale.
Tutte le foto più famose di Brezhnev che conosciamo oggi furono scattate da Vladimir Musaelyan. Per qualche strano motivo il suo sito personale non funziona, ma alcune delle foto storiche scattate è disponibile anche nell’archivio della TASS (prestando un po’ di attenzione, noterete che sono divise in 8 pagine).
Qui riporto solo alcuni esempi delle foto di Brezhnev:



Dopo la morte di Brezhnev, Musaelyan aveva continuato a lavorare come fotografo «istituzionale» ritraendo i leader sovietici/russi e le sedute parlamentari. Aggiungo quindi alcuni altri esempi delle sue foto: Continuare la lettura di questo post »


La musica del sabato

Il gruppo rock sovietico Gorky Park è stato un fenomeno stranissimo e, come potrei immaginare ora, non destinato a un successo duraturo a causa di tutte le sue particolarità. Prima di tutto, è un gruppo perfettamente artificiale, inventato e raccolto da un manager (Stas Namin, un personaggio a sua volta molto particolare in tutti i sensi). Si tratta dunque di una nascita abbastanza anomala: solitamente sono i gruppi pop a essere creati dai manager, mentre i gruppi rock nascono nelle cantine o nei box, per volontà di amici o conoscenti che condividono gli stessi interessi per la musica più sensata e «impegnativa». L’unica eccezione fortunata alla regola che conosco io sono i «The Rollig Stones», creati da Andrew Loog Oldham come gli anti-«The Beatles».
In secondo luogo, per il volere del manager il gruppo Gorky Park è stato fin da subito pensato come un prodotto destinato al mercato estero (in particolare gli USA). Se inizio a spiegare tutti i motivi di questa scelta, mi viene un manuale di sociologia sovietica, quindi passo subito all’aspetto culturale che volevo sottolineare. Il gruppo è stato sempre caratterizzato da una immagine che potremmo definire «kitsch russo»: esso consisteva nell’abbigliamento pseudorusso, l’uso massiccio della simbologia sovietica e degli strumenti musicali stilizzati («balalaika elettriche» etc).
Nonostante tutto questo – ma in parte anche grazie a – il gruppo ottenne un certo successo negli USA e una parte dell’Europa. Una parte della popolarità, sicuramente, fu dovuta anche all’interesse verso le persone provenienti da uno degli Stati più particolari di quel momento storico.
Quindi oggi ho pensato di postare due canzoni dal primo album dei Gorky Park: l’unico prodotto non solo dalla formazione originale, ma anche sotto la direzione del manager-creatore.
La prima canzone scelta è quella più nota: «Bang» (dall’album «Gorky Park» del 1989):

Mentre la seconda è la «My Generation» (sempre dall’album «Gorky Park» del 1989):

Nel 1990, a causa di alcuni conflitti interni, il cantante Nikolai Noskov lasciò il gruppo. I restanti tre membri del «Gorky Park», convinti delle proprie capacità e popolarità, decisero di sbarazzarsi del manager-creatore e di rimanere illegalmente negli USA dopo la scadenza dei visti. Tuttavia, non riuscirono più a produrre delle canzoni della stessa popolarità di prima. Di fatto, il gruppo si sciolse abbastanza velocemente e tutti i componenti si ridussero al pop più o meno schifoso. Da oltre vent’anni vivono tutti in Russia.


Dmitry Yazov

Ieri, all’età di 95 anni, è morto l’ultimo maresciallo ancora vivente dell’URSS – e l’ultimo Ministro della difesa dello stesso Stato – Dmitry Yazov. La sua età, il suo grado e il suo incarico non sono però sufficienti per ricordarlo sulle pagine di questo blog.

Lo ricordo in qualità di uno dei otto membri del Comitato statale per lo stato di emergenza. Sì, intendo quei otto anziani impauriti per la imminente perdita del potere che tra il 18 e il 21 agosto del 1991 avevano tentato di invertire il corso della storia con un colpo di Stato. Avevano cercato di rianimare, con tanta forza, la fottuta URSS che proprio in quei giorni passava gli ultimi giorni della propria agonia. La lotta contro la storia è già una impresa inutile; in aggiunta gli otto anziani avevano tantissima paura: se rivedete i filmati, notare facilmente come tremavano le loro mani.
Dmitry Yazov, in forza della sua professione e del suo incarico, aveva ordinato l’ingresso dell’esercito nel centro di Mosca. Allo scopo di «riconquistare» il palazzo del Governo sovietico e «difendere» altri punti strategici dal proprio popolo. Certo, una parte dei militari impiegati si era schierata con l’oppositore Boris Eltzin, ma un’altra parte era pronta a eseguire ogni ordine del Ministro Yazov.
Ecco, non so cosa sia successo nella testa di Dmitry Yazov nel corso della notte tra il 20 e il 21 agosto, ma, nonostante la pressione esercitata dai colleghi, si era rifiutato di usare l’esercito contro i cittadini comuni. E, di conseguenza, aveva ordinato il ritiro dell’esercito dalla città. Il Comitato aveva dunque perso.
Nei successivi 29 (quasi) anni sono accadute un po’ di cose. Ma, in ogni caso, ora posso dire:
Riposa in pace, Dmitry Yazov