Il 5 giugno 2012 lo studio di design russo Art. Lebedev Studio presentò la nuova identità visiva progettata per la città ucraina Odessa. L’elemento centrale del progetto è il nuovo logo della città (il porto principale della Ucraina) è una ancora:
Tale ancora è stata realizzata anche in bronzo e posizionata nel pieno centro della città:
Come previsto dal progetto, l’immagine della ancora viene utilizzata anche sulla pubblicità turistica della città (infatti, è il suo logo):
Nel 2017, invece, scopriamo che la nobile e quasi indipendente Scozia apprezza il design russo (ma pure quello ucraino) tanto da appropriarsene (https://www.friendsofanchor20for20.org/) come se fosse un prodotto della artisticità locale:
Se lo avesse fatto, per esempio, Zimbabwe, probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto: perché è un territorio poco popolare tra gli occidentali. Ma gli scozzesi in quale miracolo sperano?
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Il vice Ministro delle Infrastrutture ucraino Jurij Lavrenjuk ha dichiarato che il Governo ucraino sta valutando l’opzione di fare una causa alla Russia per la costruzione del ponte sullo stretto di Kerch. [Si tratta del ponte già in costruzione che dovrà collegare la penisola russa di Taman alla Crimea] A tale scopo si stanno calcolando le possibili perdite economiche di due porti ucraini – Mariupol e Berdyansk – dovute a 1) la prevista dagli costruttori chiusura dello stretto per 23 giorni tra l’agosto e settembre e 2) l’altezza del ponte che non permetterebbe alle nevi più grandi di accedere ai suddetti porti.
Leggendo questa notizia ho per l’ennesima volta capito due cose banalissime:
1) I ponti sono fatti anche per dividere: infatti, i gestori del porto di Odessa dovrebbero sperare che i problemi alla navigazione causati dal ponte siano in realtà ben più gravi.
2) La maggioranza dei politici moderni non è in grado di elaborare (o dichiarare pubblicamente) le strategie a lungo termine. Infatti, se i due porti ucraini diventassero inaccessibili per le grandi navi, quale sarebbe il porto geograficamente più vicino? Quello della Sebastopoli (in Crimea). Farsi restituire una regione da sempre economicamente sottosviluppata, ma ora arricchita a spese altrui con un ponte e un porto pù attraente dovrebbe essere il sogno di ogni politico ucraino responsabile.
La causa giudiziaria, comunque, è sempre un bel modo di mantenere l’attenzione dell’Occidente verso le proprie problematiche e, eventualmente, guadagnare un po’ di soldi.
Per la seconda volta di fila mi trovo a scrivere dell’Ucraina. Questa volta, però, lo faccio per riassumere la nuova puntata delle incedibili avventure del mitico Mikhail Saakashvili nella politica ucraina.
Come avevo già scritto nella puntata precedente, col tempo Saakashvili divenne un oppositore scomodo per il Presidente ucraino Poroshenko. In poche parole, Saakashvili già dai tempi della presidenza georgiana è abituato a effettuare delle riforme radicali con dei ritmi intensi (inimmaginabili in Europa), mentre Poroshenko (proprio lui invitò Saakashvili a lavorare in Ucraina regalandogli la cittadinanza) tende a effettuare le riforme molto lentamente e a piccole porzioni. Quindi mentre Saakashvili è un fanatico del proprio lavoro orientato al raggiungimento degli obiettivi massimi tra i possibili, Poroshenko dimostra di voler solo rimanere più a lungo possibile al potere fingendo di essere un buon amministratore che lotta contro le circostanze sfavorevoli. L’IMF non è particolarmente contento di quest’ultima tattica, ma ha poche possibilità di influire sulla politica interna ucraina. Quindi a Poroshenko conviene, dal punto di vista politica, mantenere una situazione caratterizzata da una tranquilla guerra periferica (nelle regioni di Lugansk e Donetsk) e delle riforme «spalmate» su un lungo periodo di tempo.
Per seguire con serenità un piano del genere bisogna però sbarazzarsi degli oppositori passionali e popolari. Il primo di tali oppositori è, appunto, Mikhail Saakashvili. Ieri è stata dunque fatta una curiosa mossa: a Saakashvili è stata revocata la cittadinanza ucraina concessagli nel 2015. La motivazione formale: incorrettezze nella modulistica ammesse dal beneficiario. Come disse Lenin in una occasione un po’ diversa, «Formalmente è corretto, praticamente è una beffa». Beh, ogni Stato ha delle proprie regole formali sulla concessione della cittadinanza e si è costretti di rispettarle. Ma l’ulteriore problema sta nel fatto che a dicembre 2015 Saakashvili fu privato della cittadinanza georgiana in seguito alla acquisizione da parte sua della cittadinanza ucraina. Quindi pare che il presidente ucraino Poroshenko, entusiasmato per la propria trovata politica, ha violato la prassi internazionale di non moltiplicare la quantità degli apolidi nel mondo ma, allo stesso tempo, si è riservato la possibilità di espellere Saakashvili dall’Ucraina per l’eventuale «violazione dell’ordine pubblico» contemplata dall’articolo 31 della Convenzione del 1954. Scommettiamo che trova presto l’occasione per farlo?
Scommetterei anche su altre due cose:
1. Le Istituzioni occidentali punteranno sempre meno su Poroshenko come sull’unico garante della pace e della democrazia in Ucraina.
2. I cittadini ucraini torneranno presto la motivazione di fare un’altra — l’ennesima — rivoluzione: penso che negli ultimi 13 anni quasi tutti gli occidentali abbiano imparato la parola maidan, ahahahaha
Ho appena scoperto che il 19 luglio il Governo ucraino ha deciso di procedere alla liquidazione – la quale dovrebbe avvenire entro due mesi – del grande (in vari i sensi) produttore degli aerei «Antonov». Le tre fabbriche del produttore verranno assegnate al gruppo industriale «Ukroboronprom» che esegue i lavori per il Ministero della Difesa ucraino.
Il motivo della operazione è la crisi dell’"Antonov«, che pur avendo firmato accordi per la costruzione di 18 aerei, ne aveva costruiti appena 2 (due) nel 2015 e ben 0 (zero) nel 2016.
Volete sapere il motivo dei ritmi così lenti? Il motivo è la guerra con la Russia, dalla quale non arrivano più le componenti necessarie per la costruzione degli aerei. Nel 2015, con la costruzione degli ultimi 2 aerei, le scorte si erano esaurite.
In questa occasione volevo parlare non della guerra e dei suoi effetti, ma di un curioso fenomeno economico-sociale. Come probabilmente alcuni di voi sanno, ai tempi dell’URSS fu molto diffusa la pratica di costruire in ogni repubblica socialista e quasi in ogni regione russa una (spesso unica) enorme realtà industriale. Ognuna di queste grosse aziende dipendeva però totalmente dalle forniture di materie prime e di vari prodotti provenienti dagli altri produttori sovietici geograficamente lontani. In sostanza, fu uno dei modi di «cucire» insieme un enorme territorio quale fu l’URSS. Dopo il crollo di quest’ultimo, però, molte delle sue ex repubbliche si trovarono con delle industrie apparentemente inutili: prive di fornitori nazionali e di mercato consolidato, ma in presenza di una alta concorrenza dei produttori esteri prima banditi dall’URSS.
Ovviamente, al giorno d’oggi – vivendo in un mondo globale – ci rendiamo sempre più conto che anche gli Stati dovrebbero specializzarsi nella produzione solo di alcuni beni senza sprecare le risorse nell’inutile tentativo di essere autosufficienti in tutto. L’"Antonov" poteva dunque benissimo rimanere l’unica industria seria dell’Ucraina. Ma porcamucca, perché in 25 anni non hanno diversificato i fornitori?! La capitolazione dell’URSS di fronte al mondo globale doveva servire anche a quello!
Mentre ci riflettete su questa Grande Domanda, io vi faccio vedere l’aereo dell’"Antonov" più conosciuto al mondo: l’AN-225.
Su quest’ultima foto l’AN-225 sta trasportando la navicella spaziale sovietica «Buran»:
Pare che le turbine a gas della Siemens arrivate in Crimea siano già quattro.
Si potrebbe entrare nei dettagli tecnico-giuridici per capire se le turbine siano da considerare dei prodotti europei per il settore energetico la cui fornitura alla Crimea è vietata dalle sanzioni dell’UE (le turbine sono prodotte da una joint production tra la Siemens e il Power Machines).
Ma oggi vorrei dedicarmi a un argomento un po’ più ampio: la reale vitalità delle sanzioni economiche europee contro la Russia.
Trovo interessante parlarne servendomi proprio del caso di cui sopra. Ripensiamo, prima di tutto, ai suoi passaggi essenziali.
La Crimea è totalmente priva della produzione propria di energia elettrica, dipendendo in tale ambito dalla Ucraina. Di conseguenza, subito dopo l’annessione in Russia fu presa la decisione di costruire due centrale termoelettriche: una in Crimea e una a Toman (dall’altra parte dello stretto di Kerc, di fronte alla Crimea).
Nell’agosto del 2015 il Technopromexport (uno dei principali appaltatori delle centrali) ordina quattro turbine della Siemens (il modello SGT-2000E), indicando che tutte servono per la centrale di Toman. In base alle caratteristiche dichiarate della centrale, però, questa ultime avrebbe avuto bisogno di sole due turbine. I mass-media iniziano a pubblicare le notizie sul presunto fatto che tutte e quattro le turbine servano per la centrale della Crimea.
Nel giugno del 2016 è stata annullata la gara d’appalto per la costruzione della centrale della Toman per l’assenza di aziende interessate. Le quattro turbine sono state messe in vendite e il Technopromexport ha ufficialmente ricordato che non possono essere utilizzate in Crimea.
Nel dicembre 2016 la Siemens ha interrotto la fornitura delle attrezzature per il funzionamento delle turbine, subendo dunque una minaccia di cause legali. Il tentativo di vendere le turbine già fornite non è andato a buon fine.
Dopo le notizie sull’arrivo delle prime due turbine in Crimea, la Siemens ha annunciato una denuncia penale nei confronti di coloro che hanno fornito le turbine alla Crimea.
Ecco, la vera bellezza economica sta proprio in quest’ultimo punto. La Siemens, dal punto di vista legale, può fare quello che le pare: non solo fare le denunce penali, ma pure chiedere il risarcimento dei danni economici o d’immagine in via civile. In ogni caso, la competenza territoriale sarà del giudice russo, cioè del giudice più indipendente al mondo. Cioè un giudice che non aspetta le istruzioni telefoniche dal Cremlino o una usb con il testo della decisione pronto proveniente da altri uffici competenti.
Voglio essere compreso bene: i dirigenti della Siemens non sono dei bambini ingenui, sanno come funzionano le cose in Russia. E non si aspettano il rientro delle proprie turbine. Ogni manager sa di essere pagato per venderei prodotti della propria azienda. Qualsiasi decisione del giudice russo darà ai manager della Siemens un motivo in più per dire «non è colpa nostra, abbiamo fatto il possibile» e, allo stesso tempo, dimostrare agli azionisti di svolgere con profitto le proprie funzioni lavorative.
Le lezioni che dobbiamo imparare noi da questa storia sono due: non dobbiamo essere idealisti; i vincoli sono fatti per essere raggirati.
Nella prossima puntata racconterò perché le sanzioni personali sono più efficienti di quelle economiche.
Poco fa avevo scritto della abolizione dei visti per gli ucraini che vogliono visitare l’UE. È importante sapere che lo Stato ucraino ha trovato un modo geniale di ringraziare per il regalo.
I miei lettori che si interessano della politica internazionale in generale e dell’Est Europa in particolare si saranno già accorti che la Polonia non è proprio entusiasta a vedere l’Ucraina avvicinarsi all’UE.
Il motivo, in effetti, è molto comprensibile. Con l’inizio della aggressione militare russa nel 2014, l’Ucraina ha intensificato la ricerca degli eroi nazionali nella propria storia (per ovvi motivi aveva iniziato a farlo già negli anni ’90).
Addirittura a partire dal 1997 in Ucraina viene ufficialmente commemorata in numerosi modi la figura del collaboratore nazista Roman Shukhevych (comandante di un battaglione speciale, responsabile dello sterminio dei polacchi e degli ebrei sul territorio ucraino): monumenti, targhe commemorative, il titolo del cittadino onorario di quattro città, l’attribuzione del suo nome alle vie e addirittura intere zone delle città… L’ultima, nel senso cronologico, trovata ucraina è stata quella di attribuire il nome di Shukhevych a una delle vie di Kiev: è successo il 1 luglio 2017.
Fare un piccolo genocidio locale ammazzando 60 mila polacchi, non chiedere scusa, dedicare una via della capitale al loro assassino e andare a «integrarsi» con l’UE? Se i polacchi si oppongono con tutti i mezzi disponibili alla integrazione con uno Stato nazista, io li capisco e appoggio.
N.B. Tutto quello che ho scritto sopra non significa, naturalmente, che io appoggio o giustifico l’invasione russa in Ucraina. I nazisti che non tendono alla espansione vanno isolati nei loro confini abituali. Coloro che condividono i sempre più evidenti «valori» dello Stato restano lì, mentre gli altri si integrano anche fisicamente con gli Stati più evoluti.
Il 1 luglio a Kiev si è svolto un vero concerto interattivo.
Il noto cantante russo Dolphin (il vero nome completo è Andrey Vyacheslavovich Lysikov) aveva visitato la Crimea questo inverno (nel suo caso per un concerto, ma non importa), quindi in base a una legge ucraina del 15 aprile 2014 non può più entrare in Ucraina. Doveva però partecipare al festival Atlas Weekend svoltosi dal 28 giugno al 2 luglio 2017. I suoi musicisti, che non erano mai stati in Crimea dopo l’annessione del 2014, sono stati accettati al confine, mentre egli no.
Il concerto, però, si è svolto comunque. A suonare erano i musicisti, mentre a cantare era il pubblico. Il concerto interattivo – possiamo anche definirlo un concerto-karaoke – è stato reso possibile anche grazie alla proiezione dei testi sullo schermo dietro ai musicisti.
C’è una soluzione a tutto!
Il 13 maggio 2017 anche le persone meno esperte dei computer hanno scoperto della esistenza del virus WannaCry. Per evitarlo, bastava fare un banalissimo aggiornamento del sistema operativo e dell’antivirus.
Il 27 giugno 2017 i computer del Governo ucraino sono stati contagiati da un virus simile a WannaCry. La portavoce del vice-premier ha pubblicato su Facebook la foto del proprio monitor:
La vastità della stupidità umana è veramente infinita.
Non faccio delle battute di leggero sfondo razzista solo perché le forti ondate del ridere non mi permettono di continuare con la scrittura.
Come avete probabilmente già sentito o letto, a partire dalla domenica 11 giugno 2017 i cittadini ucraini possono entrare in UE senza visto. Per pura curiosità sono andato a vedere le condizioni che hanno accompagnato tale gesto di grande generosità da parte dell’Europa. Con il termine curiosità intendo dire che mi sono insospettito. Infatti, non voglio offendere nessuno, ma bisogna essere realisti: rispetto a tanti altri, l’Ucraina è uno Stato poco tranquillo politicamente e poco sviluppato economicamente per godere di un simile previlegio.
Ho dunque letto le condizioni. Grazie ai loro autori ho riso bene.
Prima di tutto, gli ucraini che vogliono andare in Europa devono, una volta giunti al confine, presentare le informazioni sullo scopo del viaggio, sulla disponibilità dell’alloggio, sulla disponibilità dei mezzi finanziari sufficienti per tutta la durata della permanenza in UE, la conferma della intenzione di fare rientro in Ucraina (per esempio il biglietto di ritorno) e l’assicurazione medica. In sostanza, si tratta degli stessi documenti che normalmente si presentano per ottenere un visto. L’unica differenza: non si paga più per il rilascio del visto.
Ma non è finita. In secondo luogo, gli ucraini che vogliono andare in UE senza il visto, possono trascorrere sul territorio europeo solo 90 giorni ogni 6 mesi. Senza il visto non possono studiare o lavorare in Europa.
In terzo luogo, è stato fatto tutto il possibile per escludere da questo regime agevolato gli abitanti della Crimea e delle regioni di Donetsk e Lugansk. Infatti, gli ucraini che vogliono andare in Europa devono essere in possesso di un passaporto biometrico modernizzato (le cui caratteristiche sono state concordate con l’UE ben più tardi dei fatti del 2014).
Mi dispiace per gli amici ucraini, ma la loro euforia è poco fondata sui fatti reali. Perché per i comuni viaggiatori ucraini non c’è alcun reale cambiamento in meglio.
P.S.: non immaginate quanto mi divertono gli abitanti della Crimea che da diversi giorni stanno cercando di (ri)ottenere i passaporti ucraini. Molti di loro avevano festeggiato l’invasione russa sperando di avere le pensioni più alte e gli investimenti statali nelle infrastrutture. Ma visto che i soldi non arrivano (perché mancano anche per quasi tutto il resto della Russia – tranne la Cecenia), quegli ometti avidi stanno già inseguendo un’altra fonte di beni gratuiti.
L’Ucraina è uno Stato tecnologicamente avanzato. Non si preoccupa delle piccole banalità come la lotta alla corruzione, la costruzione delle strade o la soluzione efficace dei problemi con gli Stati vicini… Però ha un account su Facebook.
Sì, mi sono espresso bene. Lo Stato ucraino è registrato su Facebook.
Il problema è che a volte lo Stato ucraino beve un po’ troppo e si mette a scrivere delle cose strane:
Ma la modernizzazione dell’Ucraina non si ferma qui. Lo Stato ucraino si è registrato pure su Twitter e Instagram!